Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12684 del 12/05/2021

Cassazione civile sez. III, 12/05/2021, (ud. 17/02/2021, dep. 12/05/2021), n.12684

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14557-2019 proposto da:

F.L., nella qualità di esercente la responsabilità

genitoriale sul figlio minore F.F., elettivamente

domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA della CORTE SUPREMA DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avv.to VINCENZO INFANTE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA; CIRCOLO

DIDATTICO (OMISSIS) – CAPOLUOGO (OMISSIS), elettivamente domiciliati

in ROMA, presso la SEDE dell’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che li

rappresenta e difende;

– controricorrenti –

nonchè

INTER PARTNER ASSISTANCE SA, e AXA ASSISTANCE ASSICURAZIONI SA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 4879/2018 della CORTE D’APPELLO DI NAPOLI,

depositata in data 29/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/02/2021 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI.

 

Fatto

RITENUTO

Che:

con sentenza resa in data 29/10/2018L,21a Corte d’appello di Napoli ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado rilevato il difetto di legittimazione passiva della Direzione Didattica Statale, (OMISSIS) – ha rigettato la domanda proposta da F.L., in qualità di esercente la responsabilità genitoriale sul figlio F., per la condanna del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, nonchè del nominato Istituto scolastico, al risarcimento dei danni subiti dal piccolo F.F. in occasione dell’incidente dedotto in giudizio, verificatosi all’interno di un’aula dell’Istituto scolastico (OMISSIS);

a fondamento della decisione assunta la corte territoriale ha rilevato la correttezza della decisione assunta dal primo giudice, nella parte in cui aveva escluso che il fatto dannoso dedotto in giudizio dall’originario attore potesse in alcun modo ricondursi alla responsabilità dell’istituto scolastico;

avverso la sentenza d’appello F.L., nella qualità spiegata, propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi d’impugnazione, illustrati da successiva memoria;

l’Avvocatura Generale dello Stato, costituitasi per il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, e per la Direzione Didattica Statale, (OMISSIS), resiste con controricorso;

nessun altro intimato ha svolto difese in questa sede.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con il primo motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 132 c.p.c., n. 4, dell’art. 118 disp. att. c.p.c., nonchè per omesso esame di fatti decisivi controversi (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), per avere il giudice d’appello dettato una motivazione contraddittoria e meramente apparente, essendosi riferito per relationem alla sentenza emessa dal giudice di primo grado, senza tuttavia coordinarne i contenuti con le argomentazioni poste a fondamento del rigetto dei motivi di appello, con la conseguente elaborazione di una motivazione incongrua e incompleta, del tutto inadeguata a dar conto dell’itinerario logico-giuridico seguito ai fini della decisione assunta;

con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 1218 e 2697 c.c., nonchè dell’art. 112 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente distribuito gli oneri relativi alla prova dei fatti di causa tra le parti in lite, sollevando illegittimamente il Ministero convenuto dalla prova del fatto impeditivo della propria responsabilità nella specie imposto dalle norme di legge richiamate;

con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, artt. 112 e 246 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente confermato la legittimità della decisione del primo giudice, nella parte in cui ha negato l’ingresso alla prova testimoniale e alla prova tecnica la cui ammissione era stata invocata dall’attore ai fini della prova della responsabilità dell’amministrazione convenuta e dei danni subiti;

con il quarto motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 1218 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente escluso la sussistenza dei presupposti per l’affermazione della responsabilità dell’amministrazione convenuta in relazione al fatto dannoso dedotto in giudizio;

il primo motivo è fondato e suscettibile di assorbire la rilevanza delle restanti censure;

osserva il Collegio come, ai sensi dell’art. 132 c.p.c., n. 4, il difetto del requisito della motivazione si configuri, alternativamente, nel caso in cui la stessa manchi integralmente come parte del documento/sentenza (nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere, siccome risultante dallo svolgimento processuale, segua l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione), ovvero nei casi in cui la motivazione, pur formalmente comparendo come parte del documento, risulti articolata in termini talmente contraddittori o incongrui da non consentire in nessun modo di individuarla, ossia di riconoscerla alla stregua della corrispondente giustificazione del decisum;

infatti, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, la mancanza di motivazione, quale causa di nullità della sentenza, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poichè intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili;

in ogni caso, si richiede che tali vizi emergano dal testo del provvedimento, restando esclusa la rilevanza di un’eventuale verifica condotta sulla sufficienza della motivazione medesima rispetto ai contenuti delle risultanze probatorie (ex plurimis, Sez. 3, Sentenza n. 20112 del 18/09/2009, Rv. 609353 – 01);

in altre parole, il vizio di motivazione previsto dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e dall’art. 111 Cost. sussiste quando la pronuncia riveli un’obiettiva carenza nell’indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, nè alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (Sez. L, Ordinanza n. 3819 del 14/02/2020, Rv. 656925 – 02);

sotto altro profilo, deve ritenersi nulla, siccome apparente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, la motivazione che non costituisce espressione di un autonomo processo deliberativo, quale la sentenza di appello motivata per relationem alla sentenza di primo grado, attraverso una generica condivisione della ricostruzione in fatto e delle argomentazioni svolte dal primo giudice, senza alcun esame critico delle stesse in base ai motivi di gravame (Sez. L, Sentenza n. 27112 del 25/10/2018, Rv. 651205 – 01);

più in particolare, benchè la sentenza d’appello possa essere certamente motivata per relationem rispetto alla decisione di primo grado, è tuttavia sempre necessario che il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi d’impugnazione, ovvero dell’identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicchè dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente, mentre va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame (Sez. 1, Ordinanza n. 20883 del 05/08/2019, Rv. 654951 – 01; Sez. L, Ordinanza n. 28139 del 05/11/2018, Rv. 651516 – 01);

nel caso di speci vale rilevare come la motivazione dettata dalla corte territoriale a fondamento della decisione impugnata si sia laconicamente limitata a escludere la fondatezza dell’appello in considerazione del carattere corretto ed esauriente delle elaborazioni e delle conclusioni fatte proprie dal giudice di primo grado, senza tuttavia dar conto, in alcun modo, delle ragioni concrete di tale conferma in relazione ai motivi di impugnazione, omettendo di procedere ad alcun riferimento, neppure indiretto, al quadro probatorio disponibile, nè ad alcuna disamina logico-giuridica idonea a rendere trasparente il percorso argomentativo seguito ai fini della decisione, anche in relazione alla mancata esplicitazione del concreto ed effettivo sviluppo dei fatti ch’ebbero a condurre alle conseguenze dannose dedotte in giudizio;

ritiene il Collegio che una simile, elementare articolazione argomentativa non permetta in alcun modo di ricostruire e comprendere (in termini quanto meno sufficienti) l’effettivo percorso logico-giuridico seguito dalla corte d’appello, essendosi quest’ultima del tutto sottratta all’indispensabile indicazione delle ragioni e degli indici concreti necessari a dar conto della ritenuta linearità e della coerenza effettive dell’iter logico-giuridico fatto proprio dal primo giudice, con particolare riguardo alle decisive questioni concernenti le effettive modalità di verificazione dei fatti e la concreta entità del compendio probatorio disponibile;

l’insufficiente iter argomentativo compendiato dal giudice a quo nel provvedimento impugnato non è, pertanto, valso a integrare gli estremi di un discorso giustificativo logicamente lineare e comprensibile, elaborato nel pieno rispetto dei canoni di correttezza giuridica e di congruità logica, risultando, come tale, inidoneo a sottrarsi alle censure in questa sede illustrate dal ricorrente;

sulla base delle argomentazioni che precedono, rilevata la fondatezza del primo motivo d’impugnazione (assorbiti i restanti), deve essere disposta la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con il conseguente rinvio alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, cui è altresì rimesso di provvedere alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo; dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, cui è altresì rimesso di provvedere alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 17 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2021

 

 

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