Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12683 del 13/05/2019

Cassazione civile sez. VI, 13/05/2019, (ud. 07/02/2019, dep. 13/05/2019), n.12683

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28317-2017 proposto da:

ISTITUTO DELLE SUORE DI MARIA CONSOLATRICE, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

GIAMBATTISTA VICO 22, presso lo STUDIO LEGALE TRIBUTARIO SANTACROCE

& ASSOCIATI, rappresentato e difeso dall’avvocato MICHELE

PROCIDA;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI AREZZO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato STEFANO PASQUINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1018/2/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di FIRENZE, depositata il 18/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 07/02/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROSARIA

MARIA CASTORINA.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte:

costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1-bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue;

Con sentenza n. 1018/2/2017, depositata il 18.4.2017 non notificata, la CTR della Toscana rigettava l’appello in riassunzione dell’Istituto delle Suore di Maria Consolatrice il quale aveva presentato ricorso in riassunzione a seguito del rinvio di questa Corte operato con sentenza n. 8652/2015 per accertare lo svolgimento diretto della attività esercitata nell’immobile in relazione al quale era contestato il diritto all’esenzione ICI.. Ricorre per cassazione la contribuente affidando il suo mezzo a due motivi.

Resiste il Comune di Arezzo.

1. Con il primo motivo di ricorso l’Istituto delle Suore di Maria Consolatrice deduce nullità della sentenza per violazione dell’art. 384 c.p.c., e del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, lett. I), in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4.

2. Con il secondo motivo di ricorso il contribuente deduce violazione dell’art. 384 c.p.c., e del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, lett. I), in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

3. Le censure sono suscettibili di trattazione unitaria.

Esse sono infondate.

Il ricorrente, formulando il vizio di violazione di legge, vuole in realtà modificare l’accertamento di fatto svolto dalla CTR la quale chiamata ad accertare il requisito soggettivo ha affermato che non sussisteva l’utilizzazione diretta degli immobili per i quali era richiesta l’esenzione dell’ICI.

L’orientamento di questa Corte è saldamente ancorato al concetto di utilizzazione diretta del bene da parte dell’ente possessore come condizione necessaria perchè a quest’ultimo spetti il diritto all’esenzione prevista dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, nel caso di esercizio delle attività considerate normativamente “esentabili”. E’ infatti, insegnamento di questa Corte, quello secondo cui, “In tema d’imposta comunale sugli immobili (ICI), l’esenzione dall’imposta che il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett.i), prevede per gli immobili utilizzati dai soggetti di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 87, comma 1, lett. c), (enti pubblici e privati, diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato e non aventi per oggetto esclusivo o principale l’esercizio d’attività commerciali), purchè destinati esclusivamente – fra l’altro – allo “svolgimento d’attività assistenziali”, esige la duplice condizione dell’utilizzazione diretta degli immobili da parte dell’ente possessore e dell’esclusiva loro destinazione ad attività peculiari che non siano produttive di reddito (Cass. n. 21756/2010). L’esenzione non spetta, pertanto, nel caso di utilizzazione indiretta, ancorchè assistita da finalità di pubblico interesse”. (cfr. Cass. 18838/2006, 8496/2010, 2821/2012, più recentemente, Cass. n. 10483/2016). In particolare, secondo Cass. n. 4502/2012 “In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’esenzione prevista dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i), è subordinata alla compresenza di un requisito oggettivo, rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell’immobile di attività di assistenza o di altre attività equiparate, e di un requisito soggettivo, costituito dal diretto svolgimento di tali attività da parte di un ente pubblico o privato che non abbia come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali (del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 87,comma 1, lett. c), cui il cit. art. 7 rinvia). La sussistenza del requisito oggettivo deve essere accertata in concreto, verificando che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti, non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale”. Nel caso di specie, l’assunto difensivo della ricorrente, che mira a interpretare il disposto del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), nel senso che anche un “utilizzo indiretto” attraverso un diverso soggetto giuridico, ancorchè anch’esso senza finalità di lucro, rientrerebbe nel perimetro normativo dell’esenzione fiscale richiesta, non può essere accolta. Non ignora il collegio la pronuncia di Cass. n. 25508/15 in cui, tuttavia, tra i due enti – comodante e comodatario – esisteva “un rapporto di stretta strumentalità nella realizzazione dei suddetti compiti, che autorizzava a ritenere una compenetrazione tra di essi e a configurarli come realizzatori di una medesima “architettura strutturale”, circostanza nella specie non sussistente.

Il ricorso deve essere, conseguentemente, rigettato.

Le spese dell’intero giudizio devono essere compensate, attesa l’evoluzione nel tempo della giurisprudenza in materia di esenzione ICI, anche tra le stesse parti, senza esenzione dal raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese dell’intero giudizio. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1- quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2019

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