Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1268 del 18/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 18/01/2017, (ud. 11/11/2016, dep.18/01/2017),  n. 1268

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

O.O., domiciliato in Roma presso la Cancelleria della Corte di

Cassazione, rappresentato e difeso dall’avv. Franco Libori, giusta

procura speciale in calce al ricorso, che dichiara di voler ricevere

le comunicazioni relative al processo al fax n. 075/5727823 e alla

p.e.c. franco.libori-avvocatiperugiapec.it;

(ammesso gp 15/06/2016);

– ricorrente –

nei confronti di:

Ministero dell’Interno;

Commissione Territoriale per Riconoscimento della Protezione

Internazionale di Bari;

Procuratore Generale presso la Corte di appello di Bari;

– intimati –

avverso la sentenza n. 497/2016 della Corte di appello di Bari,

emessa il 16 febbraio 2016 e depositata il 27 aprile 2016, n. R.G.

1179/2015.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che in data 22 agosto 2016 è stata depositata relazione ex art. 380 bis c.p.c. che qui si riporta:

Rilevato che:

1. La Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Bari ha dichiarato inammissibile l’istanza proposta da O.O. per il riconoscimento del suo diritto alla protezione internazionale rilevando trattarsi di reiterazione di una precedente istanza già respinta con provvedimento confermato nei vari gradi del giudizio di impugnazione.

2. Il Tribunale di Bari, con ordinanza dell’11 giugno 2015, ha respinto l’Impugnazione del provvedimento della Commissione territoriale.

3. Ha proposto appello O.O. ribadendo di essere proveniente da (OMISSIS), di essere di religione cristiana e di aver abbandonato la Nigeria a causa degli scontri verificatisi nella propria regione per il controllo del territorio da parte delle popolazioni in conflitto degli Ego e degli Ova. Ha rivendicato pertanto il suo diritto a ottenere la protezione internazionale.

4. La Corte d’Appello di Bari, con sentenza n. 56/16, ha confermato la decisione di primo grado ritenendo non necessaria una nuova audizione dell’appellante esaustivamente intervistato in occasione del primo procedimento. Ha ritenuto inoltre che la situazione prospettata dall’ O., riferita già nella precedente procedura, non rientra in alcuna delle condizioni rilevanti per accordare protezione internazionale nelle forme principali (status di rifugiato, protezione sussidiaria) ovvero nella forma residuale e temporanea prevista dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32. In particolare ha rilevato che nessuna informazione è stata portata sulla permanenza del conflitto territoriale riferito dal richiedente. Mentre per ciò che concerne la situazione generale della Nigeria essa presenta – sulla base di quanto riscontrato dalla Corte di appello consultando le informazioni accessibili dal sito web del M.A.E. – un miglioramento rispetto al passato, salva la situazione di instabilità e di criticità rilevabile in aree come quelle del Nord est estranee alla frequentazione del ricorrente.

5. O.O. propone ricorso per Cassazione basato su cinque motivi di impugnazione.

Ritenuto che:

1. Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 29, comma 1, lett. b) (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3);

la motivazione apparente, insufficiente e/o contraddittoria circa un punto decisivo della controversia; la sussistenza di nuovi elementi in merito alle condizioni personali e/o all’attuale situazione della Nigeria; la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 29, comma 1, lett. b) (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3); l’omesso esame di un fatto decisivo: la attuale e grave situazione della Nigeria anche nella sua parte sud.

2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1 della Convenzione di Ginevra (ratificata in Italia con L. n. 722 del 1954) nonchè della L. n. 39 del 1990, art. 1 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3); la motivazione apparente, insufficiente e/o contraddittoria circa un punto decisivo della controversia; la sussistenza del presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato; la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1 della Convenzione di Ginevra (ratificata in Italia con L. n. 722 del 1954) nonchè della L. n. 39 del 1990, art. 1 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5); l’omesso esame di un fatto decisivo: il fondato e ragionevole timore di persecuzione per motivi di carattere etnico, religioso e di appartenenza a un determinato gruppo sociale.

3. Con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3); la motivazione apparente, insufficiente e/o contraddittoria circa un punto decisivo della controversia; la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria; la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5); l’omesso esame di un fatto decisivo: la non applicazione di personale minaccia o danno alla protezione sussidiaria.

4. Con il quarto motivo di ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 in combinato disposto con il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 contenente il testo unico immigrazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3; la motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria circa un punto decisivo della controversia: la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria e per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari; la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 in combinato disposto con il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 contenente il testo unico immigrazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5; l’omesso esame di un fatto decisivo: la persistenza di grave violenza indiscriminata e diffusa anche nella parte sud della Nigeria.

5. Con il quinto motivo di ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1 contenente il testo unico immigrazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3; la motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria circa un punto decisivo della controversia: la sussistenza dei presupposti per il divieto di espulsione per motivi umanitari; la violazione e/o falsa Applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1 contenente il testo unico immigrazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5; l’omesso esame di un fatto decisivo: la vulnerabilità del soggetto per motivi di razza, religione e condizioni sociali.

6. Il ricorso appare palesemente infondato in tutti i suoi motivi. La motivazione della sentenza impugnata è infatti accurata e esauriente nell’esporre le ragioni che hanno portato la Corte di appello alla decisione di rigetto del gravame. La situazione della Nigeria è stata presa in considerazione specificamente dalla Corte di appello, e non presenta sulla base delle stesse deduzioni del ricorrente, e sul riscontro delle informazioni disponibili sui siti web del M.A.E., le condizioni, richieste dalla normativa in materia di protezione sussidiaria, per poter affermare che il ritorno nel paese di provenienza del richiedente lo esporrebbe a particolari rischi per la sua persona. Infatti risulta dalle informazioni disponibili on line il regredire del fenomeno (OMISSIS) nelle sole regioni del nord-est mentre lo stato di provenienza del richiedente risulta geograficamente distante migliaia di chilometri dal nord est della Nigeria e fra gli stati del sud risulta fra i meno interessati dai conflitti armati e dalle violenze che hanno da anni afflitto le zone petrolifere. Nè il ricorrente ha cercato di contrastare il rilievo della Corte di appello circa la mancanza di qualsiasi informazione sulla persistenza del conflitto locale che, secondo quanto riferito dall’odierno ricorrente con la prima domanda di protezione internazionale, avrebbe coinvolto la sua popolazione di appartenenza (Edo). Quanto al rischio di azioni terroristiche isolate, connesse agli insuccessi militari di (OMISSIS), che si paventano soprattutto a Lagos e Abuja, la situazione nigeriana non presenta particolari differenze da quelle dell’Italia e dell’Europa. Non sono infine evidenti i fatti non considerati dalla Corte distrettuale che avrebbero dovuto indurre alla concessione della protezione umanitaria, salva una valutazione che si rimette al Collegio circa il radicamento del richiedente in Italia e le sue condizioni di salute, che consisterebbero in una lesione dell’apparato uditivo, causata dalle ferite riportate negli scontri fra le popolazioni dello stato Edo, e che egli sostiene di non poter curare adeguatamente in Nigeria.

7. Sussistono pertanto i presupposti per la trattazione della controversia in camera di consiglio e se l’impostazione della presente relazione verrà condivisa dal Collegio per il rigetto del ricorso.

La Corte, rilevato che la memoria difensiva del ricorrente, depositata in data 7 novembre 2016, reitera le difese svolte con il ricorso, ritenuta condivisibile la relazione sopra riportata e fondata la proposta di rigetto del ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2017

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