Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12679 del 20/06/2016


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Cassazione civile sez. lav., 20/06/2016, (ud. 16/03/2016, dep. 20/06/2016), n.12679

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amalia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5029-2011 proposto da:

L.D., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA ANTONIO NIBBY 7, presso lo studio dell’avvocato

GIANCARLO GUARINO, rappresentato e difeso dall’avvocato MIRCO

D’ALICANDRO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

ISTITUTO NAZIONALE PER IL COMMERCIO ESTERO, C.F. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliati, in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 156/2010 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 28/02/2010 r.g.n. 469/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/03/2016 dal Consigliere Dott. LUCIA TRIA;

udito l’Avvocato GUARINI GIANCARLO per delega Avvocato D’ALICANDRO

MIRCO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- La sentenza attualmente impugnata (depositata il 28 febbraio 2010) respinge l’appello proposto da L.D. avverso la sentenza del Tribunale di Pescara n. 1979/2007, di rigetto della domanda del L. diretta ad ottenere l’affermazione dell’obbligo dell’Istituto nazionale per il commercio estero (d’ora in poi: ICE) di procedere all’attribuzione degli incarichi di coordinamento d’Area (in particolare di Coordinatore agronomo) secondo i criteri stabiliti dagli artt. 35 e 36 del CCNL Enti pubblici non economici, 1998-2001, con le consequenziali pronunce derivanti dal mancato conferimento della qualifica di Coordinatore agronomo al ricorrente.

La Corte d’appello dell’Aquila, per quel che qui interessa, precisa che:

a) il presente appello va esaminato con riferimento soltanto alla domanda del L. di riconoscimento del proprio diritto ad ottenere al risarcimento del danno da perdita di chance, in quanto a seguito del sopravvenuto collocamento a riposo dell’interessato egli ha rinunciato alle domande correlate a quella diretta ad ottenere l’attribuzione della qualifica di Coordinatore di area;

b) quanto al merito, come rilevato anche dal primo giudice, deve escludersi il carattere di illiceità del comportamento dell’ICE sia con riguardo alla obbligatorietà della selezione per titoli e alla dedotta lesione dei principi di correttezza e buona fede sia con riferimento alle valutazioni e alle scelte operate nella gestione del periodo transitorio;

c) ciò fa venire meno il fondamento stesso del diritto risarcitorio tuttora rivendicato dall’appellante, sull’assunto della possibilità, a suo dire concretamente esistente all’epoca della Delib. 14 dicembre 2001, n. 410 di conseguire l’incarico di coordinamento d’Area in oggetto;

d) infatti è risultata l’esistenza di valide e motivate ragioni di interesse pubblico che hanno fatto venire meno la necessità o la convenienza della copertura dei posti originariamente messi a concorso nel 1999, in coerenza con la disposta attribuzione della competenza sull’attività di controllo di qualità dei prodotti ortofrutticoli – tradizionalmente svolta dall’ICE fin dalla sua istituzione – prima alle Regioni e alle Province autonome e quindi ad AGECONTROL s.p.a., per effetto del D.L. n. 22 del 2005, convertito dalla L. n. 71 del 2005, con incarico all’ICE di continuare l’attività transitoriamente;

e) per completezza va precisato che comunque ai fini del danno da perdita di chance è necessario provare la realizzazione in concreto almeno di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato e impedito dalla condotta asseritamente illecita e, in primo luogo, quest’ultima;

f) mentre nella specie tale prova non è stata fornita.

2.- Il ricorso di L.D. domanda la cassazione della sentenza per due motivi; resiste, con controricorso, l’ICE, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Sintesi dei motivi di ricorso.

1.- Il ricorso è articolato in due motivi.

1.1.- Con il primo motivo si denunciano: a) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 violazione e/o falsa applicazione dei principi di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. nonchè degli artt. 35 e 36 del CCNL Enti pubblici non economici, 1998-2001;

b) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.

Ad avviso del ricorrente la Corte d’appello non avrebbe esaminato in modo corretto ed esaustivo la censura di violazione dei principi generali di buona fede e correttezza nella specie rinvenibile nel mancato rispetto del vincolo negoziale derivante dagli artt. 35 e 36 del richiamato CCNL per la selezione del personale per il lungo periodo transitorio nel quale l’Istituto ha continuato di fatto a svolgere le funzioni di controllo di qualità sui prodotti ortofrutticoli, ancorchè per legge non ne avesse più la competenza.

Tanto più che nel suddetto periodo l’Istituto avrebbe proceduto all’attribuzione di incarichi di coordinamento a dipendenti collocati nella graduatoria del concorso interno cui ha partecipato il L. in posizione più arretrata rispetto al ricorrente o aventi qualifica inferiore.

1.2.- Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla domanda risarcitoria da perdita di chance, proposta dal L..

Si sostiene che nella sentenza impugnata l’affermazione secondo cui la concreta esistenza all’epoca della Delib. 14 dicembre 2001, n. 410 della possibilità per il ricorrente di conseguire l’incarico di coordinamento d’Area si porrebbe in insanabile contrasto con la conclusiva statuizione del difetto di prova sulla effettività della possibilità di ottenere il suddetto incarico, statuizione effettuata trascurando l’obiettiva pregevolezza del curriculum dell’interessato e la favorevole comparazione tra tale curriculum e quello dei soggetti ritenuti dall’Istituto nazionale per il commercio estero (d’ora in poi: ICE) qualificati per l’incarico stesso.

2. – Esame delle censure.

2.- Il primo motivo non è da accogliere, per le ragioni di seguito esposte.

2.1.- Va innanzi precisato che la vicenda da cui è sorta la presente controversia è stata influenzata dalle diverse discipline legislative che hanno proceduto a modificare l’assetto dell’ICE e al suo interno quello dell’attività di controllo di qualità dei prodotti agroalimentari, intrecciandosi con le varie riforme riguardanti la disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti dell’Istituto, susseguitesi nel tempo.

2.2.- La suddetta attività di controllo, fin dall’istituzione dell’ICE, è sempre stata configurata come un suo preciso compito istituzionale in applicazione delle normative nazionali e comunitarie.

Così è stata considerata anche dalla la L. 25 marzo 1997, n. 68, che ha proceduto ad una nuova riforma dell’ICE, dopo quella di cui alla L. 18 marzo 1989, n. 106 – che aveva previsto che i rapporti di lavoro alle dipendenze dell’ICE erano “privatizzati”, nel senso che per il relativo trattamento economico e normativo doveva farsi riferimento alla contrattazione collettiva del settore assicurativo –

e che ha esplicitamente definito l’Istituto quale ente pubblico non economico (art. 1, comma 1), con applicazione ai rapporti di lavoro dei dipendenti dei contratti collettivi del Comparto degli enti pubblici non economici (art. 10, comma 1) e con abrogazione delle disposizioni divenute incompatibili con la nuova disciplina (art. 12, comma 4).

Tuttavia, con la L. 5 marzo 2001, n. 57 (Disposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercati) la suddetta attività di controllo di qualità sui prodotti ortofrutticoli è stata sottratta all’Istituto, avendo l’art. 21, comma 9 suddetta legge modificato in tal senso la L. n. 68 del 1997, art. 2, lett. h.

Con l’emanazione del decreto del 28 dicembre 2001, di attuazione del regolamento CE n. 1148/2001 della Commissione Europea, il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (MIPAAF) ha individuato nelle Regioni e nelle Province autonome gli organismi responsabili dell’esecuzione dei suddetti controlli, riservandosi la funzione di coordinamento generale.

Il Ministero inoltre ha delegato all’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura – AGEA (ex AIMA) i compiti di coordinamento, compresa la gestione del periodo transitorio necessario per permettere alle Regioni e alla Province autonome di attrezzarsi, prevedendo la possibilità di ricorrere ad una convenzione con l’ICE, onde assicurare continuità alla suddetta attività di controllo in detto periodo.

La fase transitoria, per la quale era stata originariamente prevista la durata di un anno, si è, di fatto, prolungata per molto tempo, non disponendo le Regioni di strutture adeguate ad assicurare un capillare controllo sui prodotti ortofrutticoli.

Così pur avendo il D.Lgs. 10 dicembre 2002, n. 306 (Disposizioni sanzionatorie in attuazione del reg. CE n. 1148 del 2001) ribadito espressamente la competenza in materia di controlli ortofrutticoli delle Regioni e delle Province autonome, tuttavia, l’ICE ha continuato a svolgere tale attività, data la perdurante impossibilità per le Regioni e le Province autonome di acquisire i compiti loro conferiti.

2.3.- Per quanto riguarda i rapporti di lavoro dei dipendenti, pur avendo l’ICE sempre conservato la natura di ente pubblico non economico (Cass. SU 15 dicembre 1994, n. 10752), tuttavia, la disposta sostituzione (a decorrere dall’1. gennaio 1998) per i rapporti di lavoro della disciplina di diritto privato con lo statuto dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001 ha comportato la rideterminazione del trattamento economico e normativo del personale e l’applicazione di tutto il complesso della disciplina dei rapporti di lavoro alle dipendenze di enti pubblici non economici, ma in contesto assimilabile, sul piano dei principi e delle regole applicabili, all’ipotesi del passaggio alle dipendenze di un diverso datore di lavoro (Cass. 5 novembre 2008, n. 26557 nonchè Cass. SU 29 aprile 2011, n. 9509).

In tal senso interpretandosi la L. 25 marzo 1997, n. 68, art. 10, comma 1, che prevedeva che il rapporto di lavoro dei dirigenti e del personale dell’ICE era disciplinato dai contratti collettivi del comparto degli enti pubblici non economici, riservando al regolamento del personale le sole materie non disciplinate dai contratti collettivi (comma 2) ed al potere deliberativo del consiglio di amministrazione la determinazione del trattamento economico accessorio per i servizi svolti all’estero (comma 3).

Pertanto, in attuazione del suddetto art. 10, l’Ente, con deliberazione del Consiglio di amministrazione dell’11 maggio 1998, ha provveduto ad inquadrare i dipendenti con il CCNL relativo al personale del Comparto degli Enti pubblici non economici (EPNE), con LA SUDDETTA decorrenza 1 gennaio 1998.

In particolare, avendo la CITATA Legge di riforma n. 68 del 1997 ampliato le funzioni dell’ICE, in linea con il mutato contesto di riferimento nazionale ed internazionale, l’Istituto nel procedere ex novo alla rideterminazione della propria dotazione organica ha stabilito – per quel qui interessa – in sede di contrattazione collettiva (artt. 35 e 36 CCNL 1998/2001) che gli incarichi dirigenziali sarebbero stati attribuiti mediante concorsi interni, per titoli professionali e di servizio ed ha altresì proceduto alla revisione e ristrutturazione dei Coordinatori agronomi in relazione all’attività di controllo dei prodotti ortofrutticoli.

Con le regole concordate si è proceduto allo svolgimento di alcuni concorsi interni, fra i quali quello per 33 posti di secondo livello differenziato (di cui 31 riservati ad agronomi e 2 riservati ad ingegneri/architetti), la cui graduatoria è stata pubblicata con comunicazione di servizio del 26 luglio 1999.

A questo concorso ha partecipato l’attuale ricorrente, ponendosi al diciottesimo posto della graduatoria.

2.4.- La modifica della disciplina dei rapporti di lavoro dei dipendenti ha comportato anche il rispetto, da parte dell’Istituto di rispettare – al pari di tutti gli enti pubblici – l’obbligo della rideterminazione della dotazione organica di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 6, comma 3, (D.Lgs. n. 29 del 1993, ex art. 6, comma 3, come sostituito prima dal D.Lgs. n. 546 del 1993, art. 4 e poi dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 5) da effettuare, secondo il testo di legge, periodicamente e comunque a scadenza triennale, nonchè ove risulti necessario a seguito di riordino, fusione, trasformazione o trasferimento di funzioni, adottando gli atti previsti dal proprio ordinamento.

Pertanto, in seguito alla abolizione della propria competenza per l’effettuazione dei suddetti controlli (disposta dalla L. n. 57 del 2001) e alla individuazione nelle Regioni e nelle Province autonome degli organismi responsabili dell’esecuzione dei suddetti controlli (decreto del MIPAAF del 28 dicembre 2001), VICE, con Delib. 7 febbraio 2002, n. 22 ha “sospeso sine die” la applicazione della propria Delib. 14 gennaio 2001, n. 410 di recepimento dei criteri concordati in sede sindacale per la selezione dei incarichi di coordinamento – con riguardo alla selezione riguardante gli incarichi di coordinamento attinenti alla funzione di controllo dei prodotti ortofrutticoli, che è quella cui aveva partecipato il ricorrente, classificandosi come idoneo nella relativa graduatoria, come si è detto.

Poi, con Delib. 28 novembre 2002, n. 380 il Consiglio di Amministrazione dell’ICE, ha approvato una revisione della propria dotazione organica relativamente al personale già addetto al servizio di controllo ortofrutticolo oppure assunto con concorsi specifici (agronomi e periti agrari).

Intanto l’ICE ha continuato, nei fatti, ad esercitare i suindicati controlli e solo nel 2005, con il D.L. n. 22, convertito dalla L. n. 71 del 2005, le relative funzioni inizialmente destinate alle Regioni e alla Province autonome, sono state assegnate ad AGECONTROL s.p.a., pur essendo stato, anche in questa fase, l’ICE chiamato ad assicurare transitoriamente l’attività di controllo per consentire ad AGECONTROL di dotarsi di una struttura organizzativa adeguata.

Per completezza si fa presente, infine, che per effetto del D.L. 8 luglio 2011, n. 98, art. 14, commi 17 – 27, convertito dallaL. 15 luglio 2011, n. 111 l’ICE è stato soppresso, è stata istituita l’ICE/Agenzia – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane e la L. 25 marzo 1997, n. 68, è stata abrogata (art. 14, comma 27, cit.).

2.5.- Nel caso all’esame la questione attorno alla quale ruotano tutte le censure è rappresentata dalla determinazione, nell’impiego pubblico privatizzato, delle conseguenze, sulla posizione del candidato risultato idoneo in una graduatoria di un concorso interno per titoli di un Ente pubblico, della decisione dell’Amministrazione di non procedere alla copertura dei posti originariamente messi a concorso, a causa di un sopravvenuto mutamento del quadro normativo nel cui ambito la procedura selettiva era stata bandita.

In particolare si deve stabilire se, in tal caso, sia ipotizzabile la violazione dei canoni generali della correttezza e buona fede.

2.6.- Al riguardo va, in primo luogo, ricordato che la giurisprudenza di questa Corte ritiene, sul piano generale, che, anche nel pubblico impiego privatizzato, il bando di concorso sia da configurare come un’offerta al pubblico, ai sensi dell’art. 1336 c.c., la quale è revocabile solo finchè non sia intervenuta l’accettazione da parte degli interessati, tanto nell’ipotesi del reclutamento di nuovo personale (Cass. SU 4 novembre 2009, n. 23327), che per il caso della copertura di posti di una determinata qualifica dell’organico attraverso il sistema del concorso interno (vedi, per tutte, Cass. 21 dicembre 2011, n. 28067; Cass. 28 novembre 2011 n. 25045; Cass. 19 giugno 2009, n. 14478). Al bando, pertanto, viene riconosciuta duplice natura giuridica: quella di provvedimento amministrativo, nella parte in cui concreta un atto del procedimento di evidenza pubblica di cui regola il successivo svolgimento, e quella di atto negoziale per gli aspetti sostanziali, in ragione della proposta di assunzione condizionata negli effetti all’espletamento della procedura concorsuale ed all’approvazione della graduatoria (vedi Cass. n. 23327 del 2009 cit., in motivazione, nonchè Cass. 20 gennaio 2009, n. 1399).

Ne consegue che, sul piano generale, è jus receptum che anche per il pubblico impiego privatizzato, l’espletamento della procedura concorsuale, con la compilazione della graduatoria finale e la sua approvazione, fa nascere nel candidato utilmente collocato il diritto soggettivo all’assunzione secondo le modalità fissate dal bando di concorso.

2.7.- Tuttavia, ove successivamente all’emanazione del bando e prima della conclusione delle operazioni concorsuali, sia cambiato il quadro normativo nel cui ambito il bando stesso era intervenuto, in base alla consolidata e condivisa giurisprudenza di questa Corte –

anche per i vincitori di concorsi e/o selezioni – la procedura concorsuale può essere interrotta o revocata perchè il diritto ad assumere l’inquadramento previsto dal bando di concorso, espletato dalla PA per il reclutamento dei propri dipendenti, è subordinato alla permanenza, al momento dell’adozione del provvedimento di nomina, dell’assetto organizzativo degli uffici in forza del quale il bando era stato emesso.

In questi casi resta salvo che la legittimità del comportamento dell’Amministrazione è sindacabile, in concreto, dal giudice ordinario sia sotto il profilo delle norme regolamentari e delle disposizioni collettive, sia sotto il profilo dell’osservanza del principio generale di correttezza di cui all’art. 1175 c.c. (Cass. 25 novembre 1999, n. 13138; Cass. SU 23 settembre 2013, n. 21671), ma l’adempimento dell’obbligo di assunzione nei limiti fissati dal nuovo assetto organizzativo non impone la valutazione alla luce dei principi di buona fede e di correttezza, i quali non operano come fonti autonome ed ulteriori di diritti se non nei limiti della previsione contrattuale (vedi, per tutte: Cass. SU, 2 ottobre 2012, n. 16728; Cass. 23 gennaio 2014, n. 1403; Cass. 4 luglio 2007, n. 15039; Cass. 21 aprile 2006, n. 9384).

Si è altresì sottolineato che tale conclusione è conforme al principio desumibile dall’art. 97 Cost., per il quale la Pubblica Amministrazione nell’organizzare i suoi uffici è tenuta a conformare la propria azione ai principi di imparzialità, efficienza e legalità.

Del resto, viene anche ricordato che la Corte costituzionale (vedi, per tutte: Corte cost. sentenza n. 75 del 2000) ha affermato dal suddetto art. 97 Cost. deriva direttamente l’esistenza di un potere-

dovere della PA di annullare i provvedimenti che abbiano disposto gli inquadramenti illegittimi, “in quanto ogni incremento del personale deve sempre dipendere dalla preventiva e condizionante valutazione delle oggettive necessità di personale” (Corte cost. sentenze n. 1 e n. 205 del 1996).

In sintesi, il diritto del candidato vincitore ad assumere l’inquadramento previsto dal bando di concorso, espletato dalla PA in regime di pubblico impiego privatizzato per il reclutamento dei propri dipendenti, è subordinato alla permanenza, al momento dell’adozione del provvedimento di nomina, dell’assetto organizzativo degli uffici in forza del quale il bando era stato emesso.

Se tale assetto organizzativo è mutato a causa di uno jus superveniens, l’Amministrazione ha il potere-dovere di bloccare i provvedimenti dai quali possano derivare nuove assunzioni che non corrispondano più alle oggettive necessità di incremento del personale, quali valutate prima dello jus superveniens, in base all’art. 97 Cost. (Cass. SU, 2 ottobre 2012, n. 16728; Corte cost.

sentenza n. 75 del 2010, entrambe citate sopra).

2.8.- Tali principi valgono, a maggior ragione, per gli idonei dei concorsi poi bloccati, per effetto di uno jus superveniens, quale è l’attuale ricorrente.

In questa ipotesi – per la quale la giurisprudenza amministrativa ha sottolineato il carattere discrezionale dell’atto di assunzione degli idonei presenti nelle graduatorie, derivando tale atto da scelte di macro-organizzazione dell’Ente (vedi, per tutte: Cons. Stato, Sezione quinta, 9 marzo 2015, n. 1186) – dagli anzidetti principi si desume che, in base all’art. 97 Cost., una PA non solo non è certamente tenuta a portare a termine una procedura selettiva volta al passaggio ad una fascia superiore di un elevato numero di dipendenti risultati idonei nella relativa graduatoria e destinati a svolgere funzioni non più assegnate alla competenza dell’Ente stesso in base ad una normativa successiva al momento in cui la selezione è stata avviata, ma che anzi la PA è tenuta ad esercitare il potere-dovere di evitare assunzioni divenute eccedentarie.

2.9.- Nè va omesso di ricordare che, in base ad consolidato indirizzo della Corte costituzionale, l’art. 97 Cost., comma 4, prescrive che anche il passaggio ad una fascia funzionale superiore comporta “l’accesso ad un nuovo posto di lavoro corrispondente a funzioni più elevate ed è soggetto, pertanto, quale figura di reclutamento, alla regola del pubblico concorso” (Corte cost.

sentenze n. 37 del 2015; n. 194 del 2002; ex plurimis, inoltre, sentenze n. 217 del 2012, n. 7 e 108 del 2011, n. 150 del 2010, n. 293 del 2009; n. 159 del 2005, n. 34 del 2004, n. 218 e n. 194 del 2002, n. 1 del 1999).

Sicchè la procedura concorsuale cui si riferiscono le presenti censure non risulta neppure conforme al suddetto principio, trattandosi di selezione esclusivamente interna per titoli e con posti riservati.

2.10.- A tutto ciò consegue che, anche ai fini che qui interessano, la suindicata discrezionalità risulta essere esercitata in modo legittimo e necessitato dalla sopravvenuta modifica del quadro di competenze di base dell’ICE, riscontratasi dopo il bando della procedura selettiva in argomento.

2.11.- In questo contesto, nel quale il comportamento dell’ICI risulta del tutto conforme ai principi di imparzialità e di buon andamento di cui all’art. 97 Cost. – alla cui stregua sono applicabili alla PA i criteri generali di correttezza e buona fede (art. 1175 e 1375 c.c.) – è del tutto irrilevante la circostanza –

peraltro, semplicemente riferita dal ricorrente – dell’avvenuto conferimento, da parte dell’Istituto, nel lungo periodo transitorio, di incarichi di coordinamento ad alcuni dipendenti collocati nella graduatoria del concorso interno cui ha partecipato il L. in posizione più arretrata rispetto al ricorrente o aventi qualifica inferiore.

Infatti, considerato che le assunzioni di personale comportano anche problemi di spesa pubblica, è del tutto evidente che altro è l’impegno che una Amministrazione assume portando avanti una procedura selettiva per 33 posti – di cui, fra l’altro, 31 per un settore sottratto alle proprie competenze dal legislatore – altro è l’impegno assunto per il conferimento di un numero molto limitato di incarichi.

Comunque, il ricorrente non offre elementi per escludere, in questa sede, la conformità ai suindicati principi dei suddetti conferimenti, i quali, peraltro, sono stati effettuati nell’esercizio di poteri discrezionali della PA., oltretutto svolti in una fase di transizione che cui durata non è stata predeterminata in modo certo.

2.12.- La Corte territoriale, con congrua e logica motivazione, ha escluso – in armonia con l’art. 97 Cost. – la illiceità del comportamento dell’ICE, in conformità con i su riportati principi.

2.13.- Del tutto logicamente la Corte aquilana ha conseguentemente affermato che essendo da escludere l’illiceità della denunciata condotta della PA – consistita nella sospensione “sine die” della applicazione della propria Delib. 14 gennaio 2001, n. 410 per la selezione riguardante gli incarichi di coordinamento attinenti alla funzione di controllo dei prodotti ortofrutticoli (che è quella cui aveva partecipato il ricorrente) a seguito della L. n. 57 del 2001 e del decreto del MIPAAF del 28 dicembre 2001 (vedi Delib. 7 febbraio 2002, n. 22) – non è configurabile alcun danno da perdita di “chance” del L..

Anche tale statuizione è del tutto conforme e alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui:

a) il danno patrimoniale da perdita di “chance” è un danno futuro, consistente non nella perdita di un vantaggio economico, ma nella perdita della mera possibilità di conseguirlo, secondo una valutazione “ex ante” da ricondursi, diacronicamente, al momento in cui il comportamento illecito ha inciso su tale possibilità in termini di conseguenza dannosa potenziale (vedi, per tutte: Cass. 17 aprile 2008, n. 10111; Cass. 12 febbraio 2015, n. 2737);

b) pertanto, il risarcimento del danno da perdita di “chance” in favore di un lavoratore, derivante dalle modalità di gestione, da parte di una PA, di procedure concorsuali di selezione del personale ovvero dalla revoca e/o dall’annullamento e/o dal blocco di una selezione già avviata dopo la pubblicazione della relativa graduatoria, non è ipotizzabile laddove sia da escludere l’illiceità del comportamento dell’Amministrazione (arg. ex: Cass. 19 dicembre 2015, n. 24833; Cass. SU 3 marzo 2010, n. 5023; Cass. 25 settembre 2012, n. 16233; Cass. 14 gennaio 2016, n. 495).

2.14.- Tutto ciò determina l’irrilevanza delle censure proposte con il secondo motivo del presente ricorso.

Come risulta anche dalla lettura della sentenza impugnata, la parte finale della motivazione nella quale la Corte ha rilevato il difetto di prova sull’esistenza di un danno da perdita di “chance” risarcibile è stata inserita nella motivazione “solo per completezza”.

Tale affermazione, infatti, risulta eccedente rispetto alla necessità logico-giuridica della decisione e, pertanto, deve considerarsi un “obiter dictum”.

In base alla costante giurisprudenza di questa Corte, le argomentazioni ultronee – c.d. “obiter dicta” – che non hanno lo scopo di sorreggere la decisione già basata su altre decisive ragioni, sono improduttive di effetti giuridici e, come tali, non sono suscettibili di gravame, nè di censura in sede di legittimità (Cass. 11 giugno 2004, n. 11160; Cass. 22 novembre 2010, n. 23635), non avendo appunto carattere vincolante (Cass. 8 febbraio 2012, n. 1815).

2.11.- Di qui l’inammissibilità del secondo motivo di ricorso.

4. – Conclusioni.

3.- In sintesi, il ricorso deve essere respinto. Le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in Euro 4000,00 (quattromila/00) per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione lavoro, il 16 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2016

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