Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12679 del 12/05/2021

Cassazione civile sez. I, 12/05/2021, (ud. 16/03/2021, dep. 12/05/2021), n.12679

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 4635/2019 r.g. proposto da:

C.A., rappresentato e difeso dall’avvocato Tucci Giovanna,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore il Ministro;

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di MILANO, depositato in data

20/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/3/2021 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con il decreto impugnato il Tribunale di MILANO ha respinto la domanda di protezione internazionale ed umanitaria avanzata da C.A., cittadino del (OMISSIS), dopo il diniego di tutela da parte della locale commissione territoriale, confermando, pertanto, il provvedimento reso in sede amministrativa.

Il tribunale ha ricordato, in primo luogo, la vicenda personale del richiedente asilo, secondo quanto riferito da quest’ultimo; egli ha infatti narrato: i) di essere nato in (OMISSIS) e di essere originario della (OMISSIS); il) di essere stato costretto a fuggire dal suo paese per il timore di essere ucciso dai figli di una donna a cui apparteneva una somma di danaro, che, in una data imprecisata del 2014, egli aveva ricevuto dal proprio datore di lavoro ed aveva consegnato ad uno sconosciuto.

Il tribunale ha ritenuto che: a) non erano fondate le domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, sub D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a e b, in ragione della complessiva valutazione di non credibilità del racconto, che risultava, per molti aspetti, non plausibile e lacunoso e perchè mancavano i presupposti applicativi dell’invocata tutela protettiva tra cui anche il requisito dell’attualità del pericolo ed anche perchè il prospettato pericolo avrebbe potuto essere contenuto tramite l’intervento delle autorità di polizia; b) non era fondata neanche la domanda di protezione sussidiaria ex art. 14, lett. c, del D.Lgs. n. 251 del 2007, in ragione dell’assenza di un rischio-paese riferito al (OMISSIS), paese di provenienza del richiedente, collegato ad un conflitto armato generalizzato; c) non poteva accordarsi tutela neanche sotto il profilo della richiesta protezione umanitaria, perchè il ricorrente non aveva dimostrato un saldo radicamento nel contesto sociale italiano, non emergendo neanche il pericolo di una compressione dei diritti umani fondamentali in caso di rimpatrio in (OMISSIS).

2. Il decreto, pubblicato il 20/12/2018, è stato impugnato da C.A. con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.

L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

Con ordinanza interlocutoria del 23.9.2020 è stato disposto rinvio in attesa della definizione, in pubblica udienza, della questione del diritto del richiedente asilo all’audizione giudiziale.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la carenza di motivazione del decreto impugnato nella parte in cui è espressa una valutazione di non credibilità, mentre la Commissione territoriale non aveva messo in dubbio quanto descritto dal richiedente.

2. Con il secondo mezzo si deduce violazione di legge ed illogicità del decreto nella parte in cui non era stata disposta la rinnovazione della sua audizione, nonostante la mancata disponibilità della videoregistrazione del colloquio dinanzi alla Commissione territoriale. Ad avviso del ricorrente il Tribunale avrebbe dovuto disporre la sua audizione per integrare le rilevate lacune del racconto, dato che non era disponibile la video registrazione. Denuncia, inoltre, l’illogicità della motivazione del decreto in quanto, da un lato, il Tribunale aveva ritenuto compiutamente indagate dalla C.T. le ragioni di fuga e, dall’altro, aveva espresso una valutazione di attendibilità completamente diversa da quella effettuata dalla stessa Commissione. Rileva il ricorrente di non aver fornito, con il ricorso di primo grado, ulteriori elementi probatori a sostegno della vicenda personale narrata, poichè la stessa era stata ritenuta veritiera dalla C.T..

3. Con il terzo motivo si censura il provvedimento per carenza assoluta di motivazione del decreto nella parte relativa al diniego di protezione sussidiaria. Deduce il ricorrente che non sarebbe possibile individuare l’iter motivazionale in base al quale il Tribunale aveva ritenuto insussistente il pericolo di persecuzione diretta e personale o la possibilità per lo stesso di essere sottoposto a violenze, minacce o violazioni di diritti e libertà fondamentali.

4. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia carenza e manifesta illogicità del decreto nella parte in cui è negato il riconoscimento della protezione umanitaria. Ad avviso del ricorrente il Tribunale è giunto a conclusioni non coerenti con le premesse logico-fattuali di partenza, atteso che, pur avendo il giudice del merito sottolineato l’importanza della dimostrazione dell’integrazione sociale, non ha tenuto conto della documentazione prodotta, comprovante un effettivo apprendimento della lingua italiana ed un’importante comprensione dei valori fondanti la società italiana.

5. Il ricorso è infondato.

5.1 II primo motivo è inammissibile.

In realtà, il ricorrente sollecita questa Corte – con osservazione, peraltro, dedotto in modo generico – ad un nuovo scrutinio della valutazione di credibilità del racconto, con deduzioni che si pongono, all’evidenza, ben al di là del perimetro delimitativo dell’area di cognizione del giudizio di legittimità.

5.2 Il secondo motivo è, in parte, infondato e, in altra parte, inammissibile.

6.1.1 Sotto il primo profilo ed in relazione alla questione dell’audizione del richiedente, giova ricordare che, secondo un orientamento espresso recentemente da questa Corte (cui anche questo Collegio intende fornire continuità applicativa, condividendone le ragioni), in riferimento alla mancata audizione del richiedente in sede giurisdizionale in caso di procedimento D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 bis “nei giudizi in materia di protezione internazionale il giudice, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione territoriale, ha l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione, ma non anche quello di disporre l’audizione del richiedente, a meno che: a) nel ricorso non vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda (sufficientemente distinti da quelli allegati nella fase amministrativa, circostanziati e rilevanti); b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) il richiedente faccia istanza di audizione nel ricorso, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire chiarimenti e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile” (Sez. 1, Sentenza n. 21584 del 07/10/2020; in senso conforme, anche Sez. 1, Sentenza n. 22049 del 13/10/2020, secondo cui verbatim “il corredo esplicativo dell’istanza di audizione deve risultare anche dal ricorso per cassazione, in prospettiva di autosufficienza; in particolare il ricorso, col quale si assuma violata l’istanza di audizione, implica che sia soddisfatto da parte del ricorrente l’onere di specificità della censura, con indicazione puntuale dei fatti a suo tempo dedotti a fondamento di quell’istanza”).

6.1.2 Ciò posto, la doglianza articolata dal ricorrente sul punto qui in discussione risulta, in primis, infondata perchè – secondo i principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità sopra richiamata (e qui confermata), non esiste un obbligo del giudice ad audire il richiedente – e, in secondo luogo, inammissibile perchè le censure articolate dal ricorrente si presentano comunque formulate in modo del tutto generico e dunque irricevibile, non avendo il richiedente spiegato e specificato, nel presente ricorso per cassazione, i fatti a suo tempo dedotti a fondamento dell’istanza di audizione avanzata innanzi ai giudici del merito e non avendo neanche dedotto la rilevanza ed utilità del predetto mezzo istruttorio.

Non è neanche condivisibile la contestazione relativa alla mancata audizione giudiziale per il denunciato ribaltamento della valutazione di non credibilità del racconto nella decisione del Tribunale rispetto a quella della Commissione territoriale, posto che il diniego di tutela di quest’ultima si era fondato sul diverso profilo della non riconducibilità della vicenda personale del richiedente nel paradigma applicativo dell’invocata protezione internazionale, come emerge incontestabilmente dalla lettura del provvedimento qui di nuovo impugnato e come peraltro neanche contestato in modo specifico ed autosufficiente nel motivo di ricorso qui in esame.

5.3 il terzo motivo è invece inammissibile perchè in realtà le doglianze non si confrontano con la ratio decidendi principale posta a sostegno della decisione di diniego dell’invocata protezione internazionale, nelle sue declinazioni dello status di rifugiato e di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a e b, e cioè la valutazione di non credibilità del racconto.

5.4 Anche il quarto motivo – articolato in relazione al rigetto della richiesta di permesso di soggiorno per motivi umanitari – è inammissibile perchè volto, anche in questo caso, a sollecitare la Corte di legittimità ad un nuovo giudizio di merito sul presupposto fattuale dell’integrazione sociale in Italia, su cui invece il tribunale ha sviluppato un’adeguata motivazione con scrutinio in fatto degli elementi di prova raccolti, scrutinio che non è più censurabile in questa sede se non nei ristretti limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Ne consegue il complessivo rigetto del ricorso.

Nessuna statuizione è dovuta per le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata difesa dell’amministrazione intimata.

Per quanto dovuto a titolo di doppio contributo, si ritiene di aderire all’orientamento già espresso da questa Corte con la sentenza n. 9660-2019.

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 16 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2021

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