Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12678 del 05/06/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 12678 Anno 2014
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: FALASCHI MILENA

Accertamento

Legittimazione —
Integrazione cont

SENTENZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 24146/07) proposto da:
MILANI ELISABETTA, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale in calce al ricorso,
dall’Avv.to Giuseppe Vella del foro di Milano e dall’Avv.to Ciro Castro del foro di Roma e
domiciliata presso la cancelleria della Corte di Cassazione in Roma, piazza Cavour n. 1;

ricorrente

contro
CONDOMINIO DI VIA MONTI SABINI n. 13 – Milano, in persona dell’Amministratore pro tempore,
rappresentato e difeso dall’Avv.to Ambrogio Meoli del foro di Milano, in virtù di procura speciale
apposta in calce al controricorso, e domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione in
Roma, piazza Cavour n. 1;
– controricorrente –

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Data pubblicazione: 05/06/2014

e contro
FERRARA VANDA, LEZZA DANIELE, GIANELLI VALDEMARO, NEGRI GIAMPAOLA, SACCHI
FRANCESCO, SALVI MARIA PIA, VISCONTI CHIESA PIERINA MARIA, ZEPPA RENATA,

FRATTINI ANGELO, POLENGHI GILBERTO e PRETI FERNANDO, tutti nella qualità di
condomini, domiciliati in appello presso lo studio dell’Avv.to Ambrogio Meoli in Milano, via Adige
n. 12;
– intimati –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 2482 depositata il 10 ottobre 2006.
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 18 febbraio 2014 dal

Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;
uditi gli Avv.ti Ciro Castro, per parte ricorrente, e Marcello Ambrogio Meoli, per parte

resistente;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Lucio

Capasso, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 22 novembre 2000 il Condominio di via Monti Sabini n. 13 in
Milano evocava, dinanzi al Tribunale di Milano, Elisabetta MILANI proponendo actio confessoria

RAPPOSELLI ELSA, CORSI MARIA, GAZZOTTI GIAN CARLO, FRATTINI ROBERTO,

servitutis ex art. 1079 c.c. per sentire accertare e dichiarare la propria titolarità del diritto di passo
pedonale e carraio attraverso il fornice dell’edificio contrassegnato col civico n. 228 in via G.
Ripamonti in Milano, di proprietà della convenuta.
Instauratosi il contraddittorio, nella resistenza della MILANI, la quale eccepiva pregiudizialmente
la carenza di legittimatio ad processum dell’Amministratore del Condominio, nonché quella ad
causam del Condominio, il giudice adito, rigettate le eccezioni processuali, dichiarava la titolarità

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n

in capo al Condominio del diritto di passo pedonale e carraio attraverso la fornice dell’edificio
contrassegnato col civico n. 228 di via Ripamonti, Milano, ponendolo a carico della servente
proprietà della Milani.

legittimazione ad processum e ad causam del Condominio, nel merito, accertata la proprietà del
Comune di Milano del cancello prospiciente la via Ripamonti, dichiararsi la sua carenza di
legittimazione passiva, la Corte di appello di Milano, nella resistenza dell’appellato Condominio,
nonché, per quanto occorreva, personalmente dei condomini Vanda Ferrara, Daniele Lezza,
Valdemaro Gianelli, Giampaola Negri, Francesco Sacchi, Maria Pia Salvi, Pierina Maria Visconti
Chiesa, Renata Zeppa, Elsa Rapposelli, Maria Corsi, Gian Carlo Gazzotti, Roberto Frattini,
Angelo Frattini, Gilberto Polenghi e Fernando Preti, dichiarato il difetto di legittimazione ad
causam del Condominio, rimetteva la causa avanti al giudice di primo grado per l’integrazione del
contraddittorio.
A sostegno della decisione adottata la corte distrettuale — premesso che sussisteva la
rappresentanza sostanziale in capo all’amministratore – evidenziava che l’eccezione di carenza di
legittimazione ad causam del Condominio era basata sulla natura di diritto esclusivo di ogni
singolo condomino (servitù) e sull’assenza di un mandato di diritto sostanziale conferito da
ciascun condomino all’amministratore, che andava condivisa giacchè il titolo su cui fondava la
servitù era la proprietà esclusiva di ciascun condomino, rispetto alla quale la proprietà
condominiale era una mera proiezione con carattere accessorio, da cui conseguiva la necessità di
uno specifico mandato rilasciato dai singoli condomini all’amministratore per far valere propri diritti
esclusivi verso terzi.
Concludeva che essendo mancata partecipazione dei singoli condomini al giudizio di primo grado,
andava ordinata l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli stessi, come peraltro richiesto

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In virtù di rituale appello interposto dalla MILANI, con il quale insisteva nelle eccezione di difetto di

dallo stesso Condominio, irrilevante la circostanza che gli stessi si fossero costituiti in appello
trattandosi di diritto esclusivamente ed ab origine del singolo condomino.
Avverso la indicata sentenza della Corte di appello di Milano ha proposto ricorso per cassazione

intimati i condomini.
Fissata pubblica udienza al 4.6.2013, la causa veniva rinviata a nuovo ruolo per l’acquisizione
della delibera assembleare di autorizzazione dell’Amministratore a stare in giudizio, prodotta con
nota del 15.10.2013.
Parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE

L’esame delle singole censure formulate con il ricorso deve essere preceduto da quello
della pregiudiziale eccezione di nullità della costituzione del Condominio, con conseguente
inammissibilità del controricorso, formulata da parte ricorrente, sotto il profilo del difetto di
deposito del mandato conferito all’Amministratore dall’assemblea condominiale di autorizzazione
per stare in giudizio, per avere la medesima assemblea condominiale, con il verbale del 15
ottobre 2007, conferito l’incarico al difensore, Avv.to Marcello Ambrogio Meoli, è non già al
soggetto legittimato a stare in giudizio ai sensi dell’art. 75 c.p.c. per il medesimo Condominio,
ossia l’Amministratore.
L’eccezione è infondata alla luce del principio, convalidato dalle SS.UU. di questa Corte

la MILANI, articolato su tre motivi, al quale ha replicato il Condominio con controricorso, rimasti

(sentenza n. 18331 del 2010), secondo cui, nell’offrire la corretta esegesi della norma contenuta
nell’art. 1131 c.c., comma 2 – a mente del quale l’amministratore può essere convenuto in
giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio – raccordandola con il
principio dell’attribuzione in capo all’assemblea di condominio del potere gestorio, ha affermato
che l’amministratore di condominio può anche costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza
sfavorevole, anche senza previa autorizzazione a tanto dall’assemblea, ma dovrà, in tal caso,

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e,.

ottenere la necessaria. ratifica del suo operato da parte dell’assemblea per evitare pronuncia di
inammissibilità dell’atto di costituzione ovvero di impugnazione.
Nella specie, a seguito della rimessione in termini disposta con ordinanza interlocutoria di questa
Corte, il controricorrente Condominio ha depositato in data 15 ottobre 2013 copia del verbale

costituzione nel presente giudizio, ricorrendo peraltro il caso affatto diverso di autorizzazione
sussistente fin dal principio — per essere la delibera del 15.10.2007 — di cui è stata data
tardivamente solo la prova in giudizio. In questa ipotesi, a norma dell’art. 182 c.p.c., il giudice è
tenuto – ove rilevi un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio
che determina la nullità della procura al difensore – a provvedere alla sanatoria di tale vizio,
dovendosi equiparare la nullità della procura “ad litem” al difetto di rappresentanza processuale
(in tal senso Cass. SS.UU. n. 28337 del 2011), senza alcun effetto preclusivo.
Al riguardo, inoltre, non appaiono condivisibili i dubbi esposti dalla ricorrente in ordine alla validità
del predetto verbale di assemblea del 15 ottobre 2007 a conferire all’Amministratore i necessari
poteri per nominare quale difensore l’Avv. Meoli. Quanto al tenore della delibera — che ad avviso
della ricorrente conterrebbe un mandato o rappresentanza processuale direttamente al
professionista e non già all’amministratore — basti osservare come l’autorizzazione
dell’assemblea a resistere in sostanza non è che un mandato all’amministratore a conferire la
procura ad litem al difensore che la stessa assemblea ha il potere di nominare, onde, in

dell’assemblea condominiale, relativa al conferimento del mandato al difensore Avv. Meoli per la

definitiva, l’amministratore non svolge che una funzione di mero nuncius (v. Cass. sentt. n. 22294
del 2004 e n. 1422 del 2006; per un orientamento difforme, v. le risalenti sentenze n. 1337 del
1983, n. 5203 e n. 7256 del 1986), per cui esprimere la volontà di ‘dare mandato all’Avv. Marcello
Meoli… a rappresentare e difendere il condominio nel giudizio pendente’ costituisce valida
delega, essendo stata poi in concreto la procura speciale alla lite, in calce al controricorso,
sottoscritta dall’Amministratore, rag. Dionigi Rezzani, nel pieno rispetto dell’art. 75 c.p.c..

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m

Venendo all’esame del ricorso, con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e
falsa applicazione degli artt. 75,77 e 100 c.p.c., nonché degli artt. 1130 e 1131 c.c., oltre a nullità
della sentenza impugnata, per non essere condivisibili le affermazioni della corte di merito in

letterale, pacifico sia il senso delle parole usate sia l’inesistenza di qualsivoglia riferimento
all’amministratore del Condominio. In altri termini, l’azione spiegata dal Condominio, volta a
vedere riconosciuta una servitù di passaggio, ha introdotto una controversia concernente
l’estensione del diritto di ciascun condomino in dipendenza dei rispettivi acquisti, per tale ragione
non poteva riconoscersi la legittimatio ad processum, cioè il potere dell’amministratore del
Condominio a stare in giudizio in rappresentanza del condomino esulando la controversia de qua
dalla sfera di rappresentanza attribuita all’amministratore dall’art. 1131 c.c.. Aggiunge la
ricorrente che non esiste in atti la prova che il Rag. Paolo Rezzani fosse l’amministratore del
Condominio allorquando conferì il mandato al suo difensore nel giudizio di primo grado,
amministratore all’epoca della delibera era il Rag. Dionigi Rezzani. Il motivo conclude ponendo il
seguente quesito di diritto “giudichi la Suprema Corte se l’amministratore del Condominio di via
Monti Sabini n. 13 in Milano fosse dotato della legittimatio ad processum avendo promosso un
giudizio relativo al diritto di servitù di passaggio su un fondo limitrofo di proprietà della ricorrente
Milani Elisabetta (diritto di natura esclusiva del singolo condomino) che esula dalle attribuzioni
conferitegli dall’art. 1130 c.c. e dalla sfera di rappresentanza attribuitagli dall’art. 1131 c.c. e
senza avere provato nel corso del giudizio di primo grado il suo rapporto di rappresentanza con
l’ente rappresentato ex artt. 75 e77 c.p.c.”.

Con il secondo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1130 e 1131
c.c. e degli artt. 102 e 354 c.p.c., nonché nullità della sentenza impugnata, in quanto pur avendo
affermato la corte ambrosiana che l’amministratore del Condominio è estraneo alla causa, ha
ritenuto applicabile alla specie l’art. 354 c.p.c.. Infatti mancando la partecipazione dei singoli

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ordine all’interpretazione della delibera condominiale del 22.6.1998 non supportata da alcun dato

condomini, non poteva essere disposta l’integrazione necessaria del contraddittorio, non
rientrando l’amministratore del condominio nella categoria di un litisconsorte necessario rispetto ai
partecipanti al Condominio stesso. Il motivo culmina nel seguente quesito di diritto: “Giudichi la

c.p.c. litisconsorte necessario dei condomini non essendo in detto giudizio costituito alcuno di essi
e se in grado di appello fosse applicabile l’art. 354 c.p.c. che postula l’esistenza di un
litisconsorzio necessario di natura sostanziale”.
Le censure, per la loro stretta connessione argomentativa, vanno esaminate congiuntamente.
Esse sono fondate e pertanto meritano accoglimento.
Con le doglianze, come sopra illustrate, la ricorrente ha inteso sostenere che l’amministratore del
Condominio non ha legittimazione a far valere un diritto spettante in modo esclusivo ai singoli
condomini, riguardando il preteso diritto di servitù di passaggio, con accesso attraverso il fornice
esistente nell’edificio della medesima MILANI, l’estensione del diritto di ciascuno dei condomini in
virtù dei rispettivi acquisti, che resta nell’esclusiva disponibilità dei titolari, giacchè incide nella
sfera dei diritti e degli interessi individuali.
Ai fini della trattazione dell’argomento proposto occorre esaminare la natura giuridica dell’organo
cui nel condominio è affidata la gestione amministrativa e cioè dell’amministratore, e le funzioni
allo stesso affidate dalla legge, con particolare riguardo alla tutela in sede giudiziaria dei diritti di
cui sono rispettivamente titolari l’ente condominiale e i singoli condomini. Partendo dal

Suprema Corte se il Condominio attore nel giudizio di primo grado fosse da ritenere ex art. 102

presupposto che il Condominio è privo di personalità giuridica, in quanto unicamente ente di
gestione delle cose comuni e che l’amministratore può agire in virtù della sola delibera
assembleare, anche non totalitaria, a tutela della gestione delle stesse, occorre individuare il
fondamento normativo del potere di rappresentanza ed i suoi limiti.
Le norme alle quali occorre fare riferimento sono gli artt. 1130 e 1131 c.c., che, rispettivamente,
disciplinano, il primo, le attribuzioni dell’amministratore e il secondo, in forma specifica, la

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m

rappresentanza del Condominio da parte dell’amministratore. Dall’art. 1131 c.c., si deduce che il
potere di rappresentanza dell’amministratore è contenuto nei limiti delle attribuzioni previste
dall’art. 1130 c.c., ossia si riferisce alle parti e servizi comuni, nonché alle controversie riguardanti

dell’assemblea, nonché, in genere, tutta l’attività di ordinaria amministrazione giusta l’elenco
analitico di attribuzioni previsto dall’art. 1130 c.c.. Nei limiti di tali attribuzioni, o dei maggiori poteri
eventualmente conferitigli dal regolamento di condominio o dall’assemblea, egli ha la
“rappresentanza” dei condomini e può stare in giudizio sia per essi contro terzi sia contro alcuno
di essi per tutti gli altri (art. 1131, commi 1 e 2, c.c.).
Il sistema che si delinea consiste, pertanto, nel separare le situazioni di carattere condominiale
da quelle di carattere individuale del singolo condomino e soltanto in ordine alle prime
l’amministratore è legittimato ad esercitare le funzioni di rappresentanza, pur ammissibile un
intervento dell’amministratore anche per la tutela degli interessi esclusivi del singolo condomino,
purché colui gli conferisca espressa procura. Si tratta di una figura del tutto speciale di
rappresentanza, che si distingue dal modello di rappresentanza volontaria, in ragione della
determinazione legale delle relative attribuzioni. Secondo la giurisprudenza consolidata,
l’amministratore del condominio raffigura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con
rappresentanza, con la conseguente applicazione, nei rapporti tra amministratore e ciascuno dei
condomini, delle disposizioni sul mandato. Ovviamente, come è desumibile, la rappresentanza,
non soltanto processuale, dell’amministratore del condominio è circoscritta alle attribuzioni, ai
compiti ed ai poteri, stabiliti dall’art. 1130 c.c.. Ove si tratti invece di azioni a tutela dei diritti
esclusivi dei singoli condomini, tale legittimazione può trovare fondamento soltanto nel mandato
conferito all’amministratore da ciascuno dei partecipanti alla comunione, e non nel meccanismo
deliberativo dell’assemblea condominiale, ad eccezione dell’equivalente ipotesi di una unanime,
positiva deliberazione di tutti i condomini (cfr. Cass. 3 marzo 1984 n. 4623; Cass. 29 febbraio

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i beni comuni. All’amministratore del Condominio compete l’esecuzione delle deliberazioni

1988 n. 2129; Cass. 11 marzo 1988 n. 2401; Cass. 3 aprile 2003 n. 5147). Invero il potere di
estendere – come nella specie con la domanda di accertamento dell’esistenza del diritto di servitù
di transito – il dominio acquisito con gli atti di acquisto delle singole proprietà immobiliari è un

all’amministratore solo in virtù di un mandato speciale rilasciato da ciascuno dei condomini
interessati. L’assemblea, infatti (come affermato da Cass. 29 agosto 1997 n. 8246), può
deliberare, con le prescritte maggioranze, solo sulle questioni che riguardano parti comuni
dell’edificio o il Condominio nel suo complesso, oppure sulle liti attive e passive che, esorbitando
dalle attribuzioni istituzionali dell’amministratore, riguardino pur sempre la tutela dei diritti dei
condomini su tali parti, ma non anche sulle questioni concernenti l’esistenza, il contenuto o
l’estensione dei diritti spettanti ai condomini in virtù dei rispettivi acquisti, diritti che restano
nell’esclusiva disponibilità dei titolari (v. Cass. 8 agosto 1979 n. 4637). In questa seconda ipotesi
non possono non rientrare, ad avviso del Collegio, i casi delle azioni reali (di accertamento o
costitutive) dirette ad individuare ed/od ad estendere la sfera del dominio acquisito pro quota da
ciascun condomino con gli atti d’acquisto delle singole unità immobiliari condominiali, ossia
all’atto dell’ingresso nel Condominio. Anche in questi casi, invero, l’azione giudiziale esula
dall’ambito della mera tutela di una già acquisita proprietà comune, per incidere nella sfera dei
diritti e degli interessi individuali: ogni (acquisto od) estensione della proprietà comune, se da un
lato comporta un proporzionale accrescimento dell’oggetto del diritto di comproprietà di ciascun
condomino, implica, dall’altro, la corrispondente, proporzionale assunzione degli obblighi e degli
oneri tutti correlati all’acquisto (concorso alle spese di acquisizione del bene, di conservazione
dello stesso, ecc). E tanto basta ad escludere che la proposizione di un’azione volta – come la
domanda di accertamento della servitù di transito attraverso la fornice di proprietà di un terzo (ma
anche di un condomino) – a conseguire una simile estensione, possa considerarsi rientrante nei

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potere estraneo al meccanismo deliberativo dell’assemblea condominiale e può essere conferito

poteri deliberativi dell’assemblea condominiale e che la rappresentanza processuale del
Condominio possa essere, nella stessa ipotesi, affidata all’amministratore.
Con riferimento al caso di specie, la proposizione della domanda diretta non alla difesa della
proprietà comune (come erroneamente sostiene il controricorrente) ma ad ottenere (come

Condominio di via Monti Sabini, deve, in difetto di un’unanime positiva deliberazione di tutti i
condomini, ritenersi esorbitante dai poteri deliberativi dell’assemblea condominiale, da un lato, e
da quelli di rappresentanza processuale del Condominio da parte dell’amministratore, dall’altro.
In altri termini, pur avendo la corte territoriale correttamente enunciato il principio che basandosi
la richiesta sul riconoscimento di un diritto di natura esclusiva del singolo condomino, per cui
occorreva una specifico mandato rilasciato da ciascun condomino all’amministratore, ha errato
nel fare conseguire dalla statuizione l’obbligo della integrazione del contraddittorio nei confronti
dei condomini. L’amministratore, infatti, non è da ritenere litisconsorte necessario dei singoli
condomini, per essere sfornito di legitimatio ad causam, oltre che di legitimatio ad processum,
per difetto di potere di rappresentanza dei singoli condomini, esulando la controversia, per
quanto già detto, dalle attribuzioni conferitegli dall’art. 1130 c.c. (in termini v. Cass. 14 novembre
1989 n. 4840).
Con il terzo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 92, 97,
102, 183 e 354 c.p.c., nonché nullità della sentenza per avere la corte di merito disposto la
compensazione delle spese di lite del grado di appello, non avendo peraltro il Condominio
chiesto nè alla prima udienza di trattazione né in quelle successive la integrazione del
contraddittorio e non costituiti i condomini in primo grado. A conclusione è posto il seguente
quesito di diritto: “Giudichi la Suprema Corte se, accertata la carenza di legittimati° ad
processum dell’amministratore del Condominio attore, la carenza di legittimati° ad causam del
Condominio nel giudizio, l’inosservanza dell’attore nel giudizio di primo grado dell’art. 183, V

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rilevato dalla ricorrente) la declaratoria di esistenza del preteso diritto reale in favore del

comma, c.p.c., ricorrono giusti motivi per compensare le spese di lite tra le parti ex art. 92 c.p.c.
per il solo giudizio di appello”.
L’accoglimento delle censure relative al difetto di legittimazione e all’estensione dei poteri
dell’amministratore, comporta l’assorbimento dell’ulteriore doglianza contenuta nel terzo motivo,

Per effetto dell’accoglimento del ricorso la sentenza impugnata va cassata, ma non essendo
necessari ulteriori accertamenti, la causa va decisa nel merito, ai sensi dell’art. 382, ult. parte,
c.p.c., dichiarando inammissibile la domanda di accertamento della servitù, non ricorrendo le
ipotesi dell’art. 102 c.p.c. concernente la necessità di integrazione del contraddittorio in primo
grado, né dell’art. 354 c.p.c. riguardante la rimessione della causa da parte del giudice di appello
al primo giudice, ove questi non abbia provveduto alla detta integrazione, che si riferiscono
all’ipotesi di litisconsorzio necessario di natura sostanziale e postulano che almeno uno dei
soggetti legittimati sia stato evocato in giudizio.
In ordine alle spese di entrambi i gradi del giudizio di merito e di quello di legittimità, in
considerazione della incertezza esistente nella meno recente giurisprudenza di questa Corte in
ordine ai rapporti tra azioni conservative di cui all’art. 1130 c.c., n. 4 e azioni di carattere reale in
senso stretto, ritiene il Collegio di compensare le spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.
La Corte, accoglie il ricorso;
cassa senza rinvio la sentenza impugnata e dichiara inammissibile la domanda di accertamento
del diritto di servitù proposta dall’Amministratore del Condominio attore;
dichiara interamente compensate fra le parti le spese di lite di tutti i gradi di giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2′ Sezione Civile, il 18 febbraio 2014.

con cui la ricorrente lamenta la pronuncia sulle spese processuali.

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