Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12676 del 05/06/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 12676 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: D’ASCOLA PASQUALE

SENTENZA

sul ricorso 15718-2008 proposto da:
SENTENZA ANNA C.F.SNTNNA56T70F839F,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA G D ROMAGNOSI 1/B, presso lo
studio dell’avvocato PANSIVI GUSTAVO, rappresentata e
difesa dagli avvocati BUANO ITALO, BELMONTE GUIDO;
– ricorrente contro

2014
452

FORMI SANO

ANTONIETTA

C.F.FRMNNT39A70C495C,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BOCCA DI LEONE
78, presso lo studio dell’avvocato VANNI FRANCESCO,
rappresentata e difesa dall’avvocato CAPUANO

Data pubblicazione: 05/06/2014

GABRIELE;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 207/2008 della CORTE D’APPELLO
di SALERNO, depositata il 15/02/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

D’ASCOLA;
udito l’Avvocato Capuano Gabriele difensore della
controricorrente

che

si

riporta

agli

scritti

difensivi in atti e chiede il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

im

udienza del 11/02/2014 dal Consigliere Dott. PASQUALE

Svolgimento del processo
Raffaele Calvetti nel 1989 aveva promesso in vendita alla odierna
ricorrente Anna Sentenza un appartamento, sito in Massa di Somma,
facente parte della costituzione di dote della moglie Antonietta
Formisano, atto risalente al 1966.

nel possesso dell’immobile, agiva nel novembre 1998 nei confronti
della vedova Antonietta Formisano, convenuta in proprio e nella
qualità di erede del marito, chiedendo l’adempimento coattivo del
contratto e il risarcimento dei danni.
Contumace la convenuta, dichiarata tale per la tardività
costituzione La domanda veniva accolta con sentenza 2 dicembre
2004 del tribunale di Nocera Inferiore.
La Corte di appello Salerno con sentenza 15 febbraio 2008,
notificata il 2 aprile successivo, ha accolto l’appello della
signora Formisano, rilevando che il preliminare non era stato
sottoscritto dall’appellante, il cui consenso non poteva essere
dato tacitamente.
La promissaria acquirente Anna Sentenza ha proposto ricorso per
cassazione, notificato il 3 giugno 2008.
L’intimata ha resistito con controricorso e ha depositato memoria.
Motivi della decisione
2) La sentenza impugnata contiene due errori, discussi in ricorso,
ma non decisivi.
Il primo errore concerne l’asserita necessità, per perfezionare
la vendita del bene parafernale, non solo della sottoscrizione dei
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Qti

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Deceduto il Calvetti, la promissaria acquirente, da subito immessa

coniugi, ma anche della autorizzazione del Tribunale (sentenza
impugnata pag. 9).
Parte ricorrente ha fatto rilevare che nell’atto di costituzione
di dote tale formalità era stata espressamente esclusa.
Ha citato fedelmente il testo della specifica clausola contenuta

proprietà della moglie e possono essere alienati col loro consenso
senza autorizzazione dell’autorità giudiziaria>>
Tale rilievo non incide in modo risolutivo sulla ratio
imperniata –

decidendi,

a prescindere dalla mancanza di autorizzazione –

sull’assenza di consenso scritto della odierna resistente,
proprietaria del bene.
3) Il secondo errore concerne la definizione del contratto
preliminare – concluso dal Calvetti, ma non sottoscritto dalla
moglie, proprietaria del bene per averlo ricevuto in dono dal
padre, con atto di costituzione di dote come contratto
inesistente.
Il ricorso evidenzia che il bene non era stato dichiarato
inalienabile nell’atto costitutivo e che tale definizione è quindi
erronea.
La qualificazione di

inesistenza è imprecisa, giacchè il difetto

di potere di alienare il bene, rilevato dalla Corte di appello
sotto più profili, si risolve in nullità della vendita, che può
essere fatta valere da uno dei due coniugi (dalla moglie anche
dopo sciolto il matrimonio), ai sensi dell’art. 190 c.c. (che reca

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nell’atto costitutivo, verificata in atti: «I beni rimangono di

in rubrica: nullità dell’alienazione della dote), nel testo
anteriore alla riforma.
L’art. 227 della legge n. 151/75 (Riforma del diritto di famiglia)
dispone infatti che “le doti e i patrimoni familiari costituiti
prima dell’entrata in vigore della presente legge continuano ad

L’errata definizione non inficia tuttavia il nucleo della
decisione, che risale alla mancanza di sottoscrizione da parte di
uno dei coniugi, in particolare della moglie, proprietaria
dell’immobile.
4) Con il primo motivo la ricorrente si duole che la Corte di
appello di Salerno non abbia considerato che l’attrice aveva
convenuto la Formisano anche quale erede del marito Calvetti,
dichiaratosi procuratore della moglie; che la promessa di vendita
sottoscritta dal Calvetti, sarebbe stata ratificabile dalla
convenuta, anche in caso di mancanza della procura, che
l’acquirente non si era fatta consegnare; che gli effetti
obbligatori discendenti sul contraente Calvetti si erano
trasferiti sulla vedova ed erede; che “l’obbligazione così assunta
sarebbe stata coercibile”.
La censura non è fondata.
Fermo che, come rilevato dai giudici di appello, l’alienazione di
beni dotali immobiliari deve rispondere alle esigenze di forma di
cui agli artt. 1350 e 2721 cod. civ. (Cass.1034/1971; 1482/1953),
rimane decisiva la circostanza che la proprietaria del bene non

I

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^ (I\

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essere disciplinati dalle norme anteriori.”

aveva sottoscritto il contratto preliminare e che quindi non può
essere costretta al trasferimento (coattivo) ex art. 2932 c.c..
4.1) Anche se ella fosse succeduta quale erede al marito – la
circostanza è contestata fieramente in controricorso e non risulta
accertata dalla sentenza di appello – in ogni caso non sarebbe

L’erede subentra infatti negli obblighi del

de culus e l’obbligo

assunto verso la sig.ra Sentenza dal coniuge non proprietario
Calvetti era di vendere la cosa altrui, cioè della moglie di cui
egli, nel preliminare, si era dichiarato procuratore speciale.
L’erede risponderebbe pertanto solo della violazione contrattuale,
commessa dal marito, discendente dalla mancata ratifica
contrattuale (Cass. 1708/00) da parte del soggetto falsamente
rappresentato, ratifica che la convenuta, quale moglie in regime
dotale e unica proprietaria del bene immobile non ha inteso
effettuare con la indispensabile forma scritta (Cass. 27399/09).
Dal mancato adempimento degli obblighi derivatile quale erede, la
Formisano potrebbe eventualmente essere chiamata a rispondere
sotto il profilo risarcitorio, come il defunto marito, ma non è
giuridicamente concepibile in forza del fenomeno di successione
ereditaria, che produce confusione dei patrimoni, la confusione
delle due posizioni soggettive contrattuali.
In sostanza: quale erede la Formisano non può assumere
obbligazioni maggiori di quelle che gravavano sul defunto marito,
di natura, in ipotesi, soltanto risarcitoria (eventualmente ex
art. 190 c. 2 c.c. testo originario), poiché il marito non avrebbe
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possibile per questa via il conseguimento della pretesa attorea.

potuto

costringerla

a

il

prestare

consenso

scritto

all’alienazione.
5) Con il secondo motivo la ricorrente si duole della omessa
pronuncia sulla domanda di risarcimento del danno – da liquidarsi
in separata sede – formulata in prime cure.

responsabilità per danni e che la Corte di appello abbia omesso di
occuparsi della domanda perché aveva ritenuto inesistente il
contratto preliminare.
Deduce che qualora la Formisano fosse dichiarata esente
dall’obbligo, quale erede del marito, di dare esecuzione al
contratto, non si potrebbe però considerarla “sottratta
all’adempimento di quell’obbligo per equivalente: attraverso cioè
il risarcimento del danno, che la signora Sentenza aveva chiesto”.
La censura è inammissibile per duplice ordine di ragioni.
5.1) Va subito rilevato che essa

omette di riportare i precisi

termini della domanda risarcitoria formulata in primo grado, come
era indispensabile per far comprendere:

in primo luogo se avesse

formulato la domanda risarcitoria, di cui non v’è traccia nella
sentenza impugnata;

in secondo luogo se avesse agito chiedendo il

risarcimento dei danni da ritardo nell’adempimento di trasferire
la proprietà del bene, da conseguire in via coattiva, ovvero, come
ora ventila in ricorso,

chiedendo in via subordinata,

il

risarcimento dei danni da mancata alienazione del bene promessole
dal Calvetti.

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Sostiene che il Tribunale di Nocera non si era pronunciato sulla

Giova ricordare che nel ricorso per cassazione, qualora una
determinata questione giuridica – che implichi accertamenti di
fatto

non risulti trattata in alcun modo nella sentenza

impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in
sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di

allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice
di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza e
specificità del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto
del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte
di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima
di esaminare nel merito la questione stessa (Cass 230/06;1435/13).
La censura deve essere cioè proposta dal ricorrente in conformità
alle regole fissate al riguardo dal codice di rito (SU 8077/12).
5.1.1) Inoltre va rilevato che la , parte che, in sede di ricorso
per cassazione, deduce che il giudice di appello sarebbe incorso
nella violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per non essersi
pronunciato su un motivo di appello o, comunque, su una
conclusione formulata nell’atto di appello, e’ tenuta, ai fini
dell’astratta idoneità del motivo ad individuare tale violazione,
a precisare – a pena di inammissibilità – che il motivo o la
conclusione sono stati mantenuti nel giudizio di appello fino al
momento della precisazione delle conclusioni (Cass. 5087/10).
L’omissione di ogni specificazione è già motivo di inammissibilità
del ricorso.

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inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di

5.2) Mette conto però rilevare, come osservato da parte
controricorrente, che la pretesa risarcitoria genericamente
considerata, non è stata trascurata dai giudici di merito, ma è
stata esaminata e respinta, restando incensurata.
Il tribunale di Nocera – l’esame degli atti è sul punto consentito

infatti rigettato «la domanda di risarcimento danni formulata
nell’atto di citazione in giudizio, non avendo parte attrice
indicato e provato alcun danno derivante dalla mancata stipula del
contratto definitivo».
A fronte del rigetto della domanda, parte attrice avrebbe dovuto
proporre – sotto ogni profilo risarcitorio inizialmente dedotto,
accessorio o subordinato che fosse – appello incidentale nel
costituirsi davanti alla Corte di Salerno.
Non lo ha fatto, come rivela l’esame degli atti. Si è pertanto
formato il giudicato interno.
Anche per questa ragione il secondo motivo risulta inammissibile.
Il ricorso va complessivamente rigettato.
Ne deriva la condanna alla refusione delle spese di lite,
liquidate in dispositivo, in relazione al valore della
controversia.
PQM

La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di lite
liquidate in euro 3.500 per compenso, 200 per esborsi, oltre
accessori di legge.
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dalla natura processuale del vizio e dalla puntuale difesa – ha

Così deciso in Roma nella Camera di consiglio della 2^ sezione

Il Consigliere est.

2014
Il Preside

civile tenuta 1’11 febbraio

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