Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12675 del 12/05/2021

Cassazione civile sez. I, 12/05/2021, (ud. 10/03/2021, dep. 12/05/2021), n.12675

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 16342/2020 proposto da:

S.E., rappresentato e difeso dall’Avv. Andrea Diroma, come da

procura speciale a margine del ricorso per cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica,

domiciliato ex lege in Roma, Via dei Portoghesi, 12, presso gli

uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia n. 3974/2019,

pubblicata il 30 settembre 2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10 marzo 2021 dal consigliere Dott. Lunella Caradonna.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con sentenza del 30 settembre 2019, la Corte di appello di Venezia ha rigettato l’appello proposto da S.E., cittadino nato in (OMISSIS), avverso l’ordinanza del Tribunale di Venezia del 12 aprile 2018, che aveva respinto il ricorso proposto nei confronti della decisione della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale.

2. La Corte di appello ha ritenuto il gravame proposto manifestamente infondato, evidenziando che la vicenda del richiedente (che aveva riferito di essere scappato dopo avere ferito il capo del proprio villaggio all’esito di una lite sulla proprietà di un terreno) e le ragioni del suo allontanamento non erano inquadrabili in alcuna delle fattispecie di protezione internazionale, tenuto anche conto della situazione del paese di provenienza e che anche un singolo attentato terroristico (quello del (OMISSIS) in cui avevano perso la vita 13 cittadini (OMISSIS)) per quanto grave non giustificava un diverso giudizio; nemmeno poteva essere riconosciuta la protezione umanitaria, non essendo stati allegati elementi idonei a definire la durata dell’esposizione al rischio ed escluso che la situazione geopolitica della regione di Casamance giustificasse la protezione richiesta, il percorso di integrazione non poteva operare quale unico motivo idoneo a giustificare la tutela umanitaria.

3. S.E. ricorre per la cassazione del decreto con atto affidato a due motivi.

4. L’Amministrazione intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1, in combinato disposto con il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 e la violazione dell’art. 8 CEDU, sulla sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, non avendo la Corte d’appello tenuto conto delle informative prodotte riguardanti il contesto aggiornato della situazione politica e militare della Regione di (OMISSIS).

2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta l’omesso esame della persistenza del conflitto tra bande armate ribelli e l’esercito del (OMISSIS) e del periodo trascorso in Libia, oltre che la mancata acquisizione delle informazioni riguardanti il trattamento dei migranti in transito in Libia nel periodo tra la fine del 2014 e il giugno del 2015.

2.1 I motivi, che vanno trattati unitariamente perchè connessi, sono inammissibili.

2.2 Innanzi tutto deve premettersi che la Corte di appello ha affermato che non si ravvisavano i presupposti per la concessione della protezione umanitaria per la mancanza di qualsiasi elemento, anche a livello di allegazione, idoneo a definire la presumibile durata di una esposizione a rischio, atteso che la protezione richiesta in via subordinata era necessariamente a tempo e ciò avuto riguardo anche alla situazione geopolitica della regione di (OMISSIS) e al percorso di integrazione avviato dall’appellante.

La indicata ratio decidendi, relativa al difetto di specificità della sussistenza di gravi situazioni di vulnerabilità in merito alla richiesta di protezione umanitaria non è stata minimamente censurata dal ricorrente, con conseguente inammissibilità dei motivi.

2.3 Ciò posto, il tema della generale violazione dei diritti umani nel Paese di provenienza costituisce senz’altro un necessario elemento da prendere in esame nella definizione della posizione del richiedente; tale elemento, però, deve necessariamente correlarsi alla vicenda personale dell’istante, il quale è, perciò, onerato quantomeno di allegare i suddetti fattori di vulnerabilità (Cass., 8 gennaio 2019, n. 231; Cass., 5 aprile 2019, n. 9651).

Infatti, la proposizione della domanda di protezione internazionale dello straniero non si sottrae all’applicazione del principio dispositivo, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio, con la conseguenza che la carenza del quadro assertivo (nella specie in ragione della sua evidente genericità) nemmeno giustifica la spendita, da parte dello stesso, dei poteri istruttori officiosi a lui assegnati nel giudizio vertente sulle diverse forme del diritto di asilo, dato che, in ragione dell’indeterminatezza della condizione di vulnerabilità dell’istante, non si sarebbe saputo ove indirizzare.

2.4 Sul punto, la Corte distrettuale ha diffusamente evidenziato, alla stregua delle acquisite informazioni (pagg. 6, 7, 8 e 9), l’assenza di criticità nel Paese di provenienza del richiedente ed ha escluso sue situazioni di vulnerabilità soggettiva derivante dalla grave violazione dei diritti umani subita nel Paese di provenienza, in conformità del disposto degli artt. 2, 3 e 4 CEDU (Cass., 5 aprile 2019, n. 9651).

Inoltre, la protezione umanitaria tutela situazioni di vulnerabilità in conformità ad idonee allegazioni da parte del richiedente di situazioni di rischio, che, nel caso in esame, neppure rilevano dalla stessa narrazione del ricorrente, tenuto conto anche dei motivi del suo allontanamento dal paese di origine e degli approfondimenti istruttori operati dai giudici di secondo grado che hanno precisato che nella regione di (OMISSIS) si verificano scontri armati tra forze di sicurezza (OMISSIS) e ribelli saltuariamente e che la situazione regionale è in miglioramento e tende alla normalizzazione.

2.5 Non sussiste nemmeno l’omesso esame di fatti decisivi, perchè la Corte di appello ha preso in esame, ritenendola irrilevante, la persistenza del conflitto tra bande armate ribelli e l’esercito del (OMISSIS) (come già precisato) e ciò senza prescindere dall’ulteriore profilo di inammissibilità del vizio lamentato per il mancato rispetto delle prescrizioni sulle modalità di deduzione del vizio motivazionale ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come individuate dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza 7 aprile 2014, n. 8053.

2.6 Il ricorrente, in conclusione, svolge doglianze generiche, non curandosi, come già detto, nemmeno della specifica ratio decidendi posta a fondamento della decisione impugnata e sollecita un’inammissibile rivalutazione degli accertamenti di fatto effettuata dai Giudici di merito, che hanno, con adeguata motivazione, escluso, nel caso concreto, la sussistenza di fattori di vulnerabilità soggettiva ed oggettiva.

3. Per quanto esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Nulla sulle spese poichè l’Amministrazione intimata non ha svolto attività difensiva.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 10 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2021

 

 

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