Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12673 del 25/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 25/06/2020, (ud. 23/01/2020, dep. 25/06/2020), n.12673

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32254-2018 proposto da:

R.L., S.P., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

PANAMA 86, presso lo studio dell’avvocato ANDREA MELUCCO, che li

rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

C.R., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso da se

medesimo;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 624/2018 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 24/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

GRASSO;

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che la Corte d’appello di Perugia, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettò l’impugnazione avanzata da S.P. e R.L. avverso la sentenza di primo grado, la quale, in accoglimento della domanda proposta da C.R., aveva dichiarato l’inefficacia, ai sensi dell’art. 2901 c.c., nei confronti dell’attore, della costituzione di un fondo patrimoniale;

che la S. e il R. ricorrono avverso la decisione di secondo grado prospettando tre motivi di doglianza, ulteriormente illustrati da memoria, e che l’intimato resiste con controricorso;

considerato che la prima censura, con la quale i ricorrenti prospettano nullità della sentenza per violazione dell’art. 164, c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, per la sussistenza di vizi riguardanti la edili adionis, vizio che non avrebbe potuto trovare sanatoria nella condotta dei convenuti, non supera il vaglio d’ammissibilità in quanto:

– la sentenza, alle pagg. 3-5, affrontato il motivo d’appello concernente il punto oggi riproposto, lo disattende col sostegno di compiuta motivazione, con la quale afferma la sufficiente specificazione di causa petendi e petitum;

– soggiunge, poi, la Corte locale che, in ogni caso, il dedotto vizio si sarebbe sanato, avendo i convenuti compreso il significato dell’atto, tanto da essersi compiutamente difesi;

– i ricorrenti qui si dolgano della decisione senza contrapporre ad essa puntuali ragioni di contrasto, in relazione allo specifico contenuto della citazione, limitandosi, in definitiva, a dissentire dal risultato cui giunge la sentenza d’appello, così offrendo una critica in questa sede insondabile, nonostante venga denunziata la violazione di una norma processuale;

– ciò rende superfluo il vaglio della seconda ratio decidendi, secondo la quale, secondo la Corte di Perugia, l’eventuale vizio sarebbe rimasto sanato;

considerato che il secondo motivo, con il quale i ricorrenti denunziano nullità della sentenza per violazione dell’art. 102 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, per essere stato citato in giudizio il R., coniuge della S., che non era comproprietario dell’immobile conferito nel fondo patrimoniale, è manifestamente infondato in quanto:

– nel giudizio promosso dal creditore personale di uno dei coniugi per la declaratoria di inefficacia dell’atto di costituzione di un fondo patrimoniale stipulato da entrambi i coniugi, sussiste litisconsorzio necessario del coniuge non debitore, ancorchè non sia neppure proprietario dei beni costituiti nel fondo stesso, in quanto beneficiario dei relativi frutti, destinati a soddisfare i bisogni della famiglia, e, quindi, destinatario degli eventuali esiti pregiudizievoli conseguenti all’accoglimento della domanda revocatoria (Sez. 3, n. 19330, 03/08/2017, Rv. 645489; conf., ex multis, Cass. n. 21494/2011);

considerato infine che il terzo motivo, con il quale i ricorrenti allegano violazione e falsa applicazione degli artt. 2697,2901 e 170 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per non avere l’attore dimostrato che i coniugi R./ S. avevano “impiegato l’istituto del fondo patrimoniale per sottrarre i beni al creditore”, è manifestamente destituito di giuridico fondamento in quanto:

– la Corte locale, invero, ha fatto puntuale applicazione del consolidato principio secondo il quale, in tema di revocatoria ordinaria di un fondo patrimoniale costituito successivamente all’assunzione del debito (come nella specie), è sufficiente, ai fini della cd. “scientia damni”, la semplice consapevolezza del debitore di arrecare pregiudi7io agli interessi del creditore, ovvero la previsione di un mero danno potenziale, rimanendo, invece, irrilevanti tanto l’intenzione del debitore di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore, quanto la relativa conoscenza o partecipazione da parte del terzo (cfr., ex multis, Sez. 3, n. 13343, 30/06/2015, Rv. 635807), nè qui, ovviamente, si pone la questione della partecipazione del terzo alla dolosa preordinazione (non si è in presenza di contratto a titolo oneroso stipulato con un terzo, nè, tantomeno, di un negozio giuridico anteriore all’insorgere del debito, ma ben successivo);

considerato che le spese legali debbono seguire la soccombenza e possono liquidarsi, in favore del controricorrente siccome in dispositivo, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonchè delle attività espletate;

considerato che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento, in favore del resistente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso trinciparg a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 giugno 2020

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