Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12671 del 20/06/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile sez. lav., 20/06/2016, (ud. 23/02/2016, dep. 20/06/2016), n.12671

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16001-2014 proposto da:

I.N.P.G.I. – ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA DEI GIORNALISTI

ITALIANI “GIOVANNI AMENDOLA”, P.I. (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 69, presso lo studio dell’avvocato

PAOLO BOER, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

B.M., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA DI S.COSTANZA 46, presso lo studio dell’avvocato

LUIGI MANCINI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

AGOSTINO CALIFANO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 579/2013 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 17/12/2013 r.g.n. 512/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/02/2016 dal Consigliere Dott. FEDERICO DE GREGORIO;

udito l’Avvocato BOER PAOLO;

udito l’Avvocato MANCINI GIULIO per delega Avvocato MANCINI

LUIGI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 579 del 13 nov. – 17 dicembre 2013, la Corte d’Appello di GENOVA, nel disattendere l’interposto gravame, confermava la statuizione di primo grado (n. 167/13), con la quale era stata parzialmente accolta la domanda di B.M., giornalista iscritto all’INPGI e titolare di pensione di anzianità dall’ottobre 2005 presso detto Istituto. L’attore aveva chiesto la disapplicazione dell’art. 15 del regolamento dell’Ente, in materia di cumulo tra pensione di anzianità e retribuzione da lavoro autonomo e subordinato, avendo subito la decurtazione del proprio trattamento pensionistico per il fatto di avere iniziato, dopo il suo collocamento in quiescenza (da epoca successiva al compimento del 58 anno di età), attività di lavoro autonomo. L’INPGI, ai sensi dell’art. 15 del suo Regolamento interno, aveva operato trattenute sulla pensione in ragione di complessivi 111.921,80 Euro. Quindi, il ricorrente aveva invocato le più favorevoli norme sul divieto di cumulo tra pensione e reddito da lavoro autonomo e subordinato, previste nell’AGO dalla L. n. 388 del 2000, art. 72, comma 2, e dalla L. n. 289 del 2002, art. 44, comma 2.

Il giudice del lavoro, adito con l’appellata sentenza, aveva accolto la domanda limitatamente all’importo di 50.016,58 Euro, oltre accessori, spese compensate, a titolo di trattenute indebitamente operate per gli anni dal 2006 al 2010, tenuto conto, in particolare, che anche nel regime AGO, per i titolari di pensione di anzianità liquidata con il sistema contributivo e con decorrenza successiva al 2003 senza aver maturato almeno 37 anni di contribuzione, vigeva sino all’entrata in vigore della L. n. 133 del 2008, art. 19 (che aveva abolito il divieto di cumulo dal primo gennaio 2009) il regime d’incumulabilità tra pensione e redditi nell’importo minore tra il 30% della quota eccedente il trattamento minimo di pensione ed il 30% del reddito da lavoro autonomo percepito.

La Corte territoriale con la sentenza de qua confermava, dunque, la decisione appellata dall’INPGI, condividendo il ragionamento di cui alla pronuncia di questa Corte, sez. lav., 26 gennaio 2012 n. 1098, espressamente richiamata, secondo la quale agli iscritti all’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani si applica la stessa disciplina prevista per gli iscritti all’Assicurazione Generale Obbligatoria, facente capo all’INPS, in quanto l’INPGI gestisce, per espresso disposto della L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 76, una forma di assicurazione sostitutiva di quella garantita dall’INPS, mentre gli art. 72, comma 1, della legge appena citata, e L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 44, comma 1, poi seguiti dal D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 19, come convertito con L. 6 agosto 2008, n. 133, parificano il trattamento pensionistico a carico dell’AGO e quelli a carico delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima. Ne derivava la disapplicazione dell’art. 15 del Regolamento dell’INPGI, che disciplina la materia del cumulo tra reddito da lavoro e trattamento pensionistico in maniera diversa da quanto previsto nel regime relativo all’AGO. Avverso la sentenza della Corte genovese, non notificata, ha proposto ricorso l’INPGI con ricorso per cassazione (di cui è stata chiesta la notifica il 16 giugno 2014), affidato a due motivi.

Ha resistito il B. con controricorso.

Inoltre, l’Istituto ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI della DECISIONE

Con il primo mezzo l’Istituto ricorrente, censurando la sentenza per violazione del D.Lgs. n. 509 del 1994, artt. 2 e 3, della L. n. 289 del 2002, art. 44, della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, e all’art. 15 del proprio Regolamento, approvato con D.M. 24 luglio 1995, sostiene che il principio di autonomia posto dal D.Lgs. n. 509 del 1994 consente ad esso INPGI di disciplinare in maniera autonoma, e quindi diversamente da quanto disposto per l’AGO dalle norme sopra citate, anche la materia del cumulo tra reddito da lavoro e trattamento pensionistico. Sottolinea il ricorrente l’autonomia finanziaria e la salvaguardia dell’equilibrio finanziario quale obbligo posto espressamente a carico degli enti privatizzati ai sensi delD.Lgs. n. 509 del 1994; inoltre, la L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, conferisce il potere a detti enti di variare aliquote e coefficienti di rendimento; ed ancora la L. n. 289 del 2002, art. 44, comma 7, riferendosi espressamente alla disciplina del cumulo tra pensioni e redditi, prevede che gli enti privatizzati possono applicare le disposizioni di cui al presente articolo, nel rispetto del principio di autonomia.

La sentenza impugnata non avrebbe fornito validi motivi giustificativi della disapplicazione all’Inpgi della facoltà di scostamento dalla disciplina di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 44 cit..

Con il secondo motivo, denunziando violazione della L. n. 388 del 2000, art. 76, e del D.Lgs. n. 509 del 1994, art. 3, comma 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si critica la sentenza in relazione all’interpretazione “dell’obbligo di coordinamento” di cui al citato art. 76, perchè questo non rappresenterebbe un limite all’autonomia, ma la modalità con cui detta autonomia deve esplicarsi. Inoltre, tutta la normativa regolatrice dell’INPGI non aveva mai impedito che la sua disciplina risultasse concretamente differenziata rispetto al sistema generale, di talchè l’obbligo di “coordinamento” non andava confuso con quello di “conformazione”.

I motivi possono essere trattati congiuntamente, in quanto relativi a questioni connesse.

E’ da premettere che, a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, l’INPGI è stato trasformato (con decorrenza 1/1/1995) da ente pubblico previdenziale in una fondazione, avente natura giuridica privata. Nell’ambito dell’attribuita “autonomia gestionale, organizzativa e contabile”, ed “in relazione alla natura pubblica dell’attività svolta” (art. 2, comma 1, del decreto citato), la “gestione economico – finanziaria” dell’Istituto “deve assicurare l’equilibrio di bilancio mediante l’adozione di provvedimenti coerenti alle indicazioni risultanti dal bilancio tecnico” (art. 2, comma 2).

Su tale premessa deve essere letta e interpretata la norma di cui alla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 76, comma 4, per la quale “le forme previdenziali gestite dall’INPGI devono essere coordinate con le norme che regolano il regime delle prestazioni e dei contributi delle forme di previdenza sociale obbligatoria, sia generali che sostitutive” e, in particolare, deve essere apprezzato il significato del termine “coordinamento”.

Esso infatti esprime, nel suo essenziale contenuto semantico, la relazione che si instaura fra due concetti o enti che si trovano allo stesso livello (nella specie, fra due sistemi di previdenza autonomi in quanto fondati su principi organizzativi diversi) e costituisce una opzione linguistica e concettuale, da parte del legislatore, ben distinta da quella di “conformazione” o di “adeguamento”, che l’integrità di tale autonomia avrebbe, invece, posto in dubbio, contraddicendo alle fondamentali premesse ordinamentali racchiuse nella privatizzazione dell’Istituto.

E’, pertanto, da condividere il rilievo già svolto nella sentenza n. 11023/2006 di questa Corte, e ripreso in successive pronunce, per il quale la necessità di un “coordinamento”, pur costituendo un limite, per il suo stesso contenuto, “è di per sè stessa, sul piano negativo, la negazione d’una diretta e necessaria efficacia delle norme di previdenza sociale nell’ordinamento dell’Istituto, e, sul piano positivo, l’affermazione d’un autonomo potere di adeguare le norme stesse alle interne esigenze, ed in particolare alle esigenze di bilancio”.

In seguito, le Sezioni Unite civili di questa Corte con sentenza n. 17589, pubblicata il 4/9/2015, hanno affermato il principio, secondo cui con riferimento alle disposizioni in materia pensionistica di cui al D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 24, conv. dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, la disciplina applicabile agli iscritti all’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani (INPGI) è quella assicurata dalle misure adottate dall’Istituto stesso ai sensi dell’art. 24, comma 24, dello stesso D.L. n. 201, così come previsto per gli iscritti agli altri enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza privatizzati ai sensi del D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, come tali indicati nella tabella a quest’ultimo allegata.

Con la suddetta pronuncia è stato posto in rilievo come l’Assicurazione Generale Obbligatoria gestita dall’INPS e le forme di assistenza e previdenza obbligatoria gestite dagli enti gestori dotati di personalità giuridica privata, pur essendo entrambe dirette a garantire ai loro iscritti la tutela assicurativa, siano organizzate con modalità del tutto autonome: la prima, infatti, è assoggettata ad una disciplina di carattere legislativo, mentre le seconde, dopo la riforma introdotta dalla L. Delega 24 dicembre 1993, n. 537 e dal decreto delegato 30 giugno 1994, n. 509 ad una disciplina elaborata dagli organi deliberanti degli enti privatizzati, in attuazione di principi enunciati dalla legge, e assoggettata alla vigilanza dei Ministeri competenti.

Le Sezioni Unite hanno precisato che non può ritenersi che tra le forme esclusive e sostitutive dell’AGO, cui è riferita la disciplina del richiamato comma 4, rientri alcuno degli enti privatizzati a seguito del D.Lgs. n. 509 e ricompresi nella tabella ad esso allegata.

Infatti, la circostanza che per indicare le disposizioni dirette ad attuare il contenimento della spesa pensionistica riservate agli iscritti degli enti privatizzati gestori di forme obbligatorie di previdenza ed assistenza il legislatore abbia indicato una sede specifica (il D.L. n. 201 del 2011, art. 24, comma 24), diversa da quella riservata alle misure concernenti coloro che sono iscritti all’AGO e alle forme esclusive e sostitutive della medesima (comma 4 e seguenti), è chiaro indice della volontà di adottare due diversi schemi di intervento.

Di conseguenza, va escluso che, nonostante l’ambiguità dell’espressione normativa, le disposizioni contenute nell’art. 24, comma 4, possano avere una estensione così ampia da abbracciare anche posizioni assicurative ricomprese nell’ambito del successivo comma 24.

La sentenza sottolinea come tale convinzione nasca “innanzitutto da una fondamentale esigenza di logicità dell’intervento legislativo, in quanto sarebbe incomprensibile la ragione per cui il legislatore dopo aver affermato la rilevata divaricazione, coerente con i principi generali dell’ordinamento previdenziale, al punto da prevedere due differenti sedes materiae, consenta allo stesso tempo una commistione tra i diversi sistemi. Tale commistione sarebbe tanto più grave ove si consideri che i due sistemi previdenziali sono fondati su principi organizzativi diversi, essendo le contribuzioni, i requisiti soggettivi e le modalità di godimento delle prestazioni per l’AGO fissati direttamente dalla legge, e per gli enti privatizzati rimessi ai rispettivi statuti e regolamenti, seppure sotto la vigilanza dell’Autorità centrale. Nulla, ovviamente, avrebbe impedito al legislatore di procedere ad una determinazione autoritativa anche per gli iscritti agli enti privatizzati, ma non è questo il caso, atteso che in considerazione delle rilevate diversità dei sistemi, sarebbe stata necessaria una espressa disposizione derogatoria.

La rilevata divaricazione dei due sistemi previdenziali, per ciò che riguarda tanto i contributi come le prestazioni pensionistiche, comportando la non confrontabilità dei due regimi, induce a ritenere manifestamente infondata ogni questione di legittimità costituzionale in proposito. La sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata e la causa rinviata, anche per le spese, alla Corte di appello di Genova in diversa composizione, la quale si atterrà al principio di diritto sopra enunciato.

Non ricorrono, infine, i presupposti di legge per il pagamento dell’ulteriore contributo unificato, atteso l’accoglimento dell’impugnazione.

P.Q.M.

la CORTE accoglie il ricorso e cassa l’impugnata sentenza, con rinvio, anche per le spese, alla Corte di appello di Genova in diversa composizione. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della NON sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2016

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA