Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12670 del 20/06/2016


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Cassazione civile sez. lav., 20/06/2016, (ud. 17/02/2016, dep. 20/06/2016), n.12670

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VENUTI Pietro – Presidente –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29074-2013 proposto da:

ISPRA ISTITUTO SUPERIORE PROTEZIONE RICERCA AMBIENTALE (ex A.P.A.T –

AGENZIA PER LA PROTEZIONE DELL’AMBIENTE) C. F. (OMISSIS),

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI C.F. (OMISSIS) –

DIREZIONE GENERALE PER LE DIGHE E LE INFRASTRUTTURE IDRICHE ED

ELETTRICHE (ex R.I.D. – REGISTRO ITALIANO DIGHE), in persona dei

legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domiciliano

in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI, 12 ope legis;

– ricorrenti –

contro

G.P.M., Q.M.;

– intimate –

avverso la sentenza n. 10606/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 11/02/2013 R.G.N. 1024/08;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/02/2016 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza dell’11 febbraio 2013, la Corte d’Appello di Roma, confermava la decisione resa dal Tribunale di Roma e accoglieva la domanda proposta da G.P.M.A. e Q. M. nei confronti dell’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i Servizi Tecnici – APAT ora I.S.P.R.A. nonchè nei confronti del Registro Italiano Dighe – RID, avente ad oggetto il riconoscimento del diritto a percepire l’indennità di specificità organizzativa prevista dall’art.18 del contratto integrativo per la Presidenza del Consiglio dei Ministri sottoscritto in data 15.9.2004 con condanna degli Enti al pagamento dei relativi importi mensili.

La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto il diritto sussistente stante l’operatività della disciplina legale e collettiva in ordine alla pregressa spettanza dell’indennità in questione ed al temporaneo mantenimento della stessa e la genericità delle eccezioni relative alla detraibilità dall’importo a tale titolo dovuto delle somme percepite per lavoro straordinario ed all’assorbimento dell’importo medesimo in altra indennità di cui peraltro non risulta provata la corresponsione.

Per la cassazione di tale decisione ricorrono l’ISPRA ed il Ministero Infrastrutture e Trasporti – Direzione generale dighe ed infrastrutture idriche ed elettriche affidando l’impugnazione a quattro motivi. Le lavoratrici, già contumaci in appello, alle quali peraltro il ricorso qui in esame è stato ritualmente notificato, sono rimaste intimate.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con i primi due motivi, rispettivamente rubricati con riguardo alla violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 18 del CCNI per la Presidenza del Consiglio dei Ministri del 15.9.2004, del D.P.R. n. 207 del 2002, art. 19, comma 5, e dell’art. 11 del CCNI 5.12.2002 e con riguardo alla violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 7, comma 5, i ricorrenti censurano l’erroneità della pronuncia della Corte territoriale per aver questa sancito la spettanza dell’indennità di specificità organizzativa e già in precedenza dell’indennità di produttività di cui all’art. 10 del CCNL del 5.12.2002, per di più in concorso tra loro, per quanto le stesse fossero destinate a remunerare la disponibilità a prestazioni che, per essere volte a favorire la gestione flessibile degli orari presso la Presidenza del Consiglio, mai avrebbero potuto essere rese dal personale già trasferito all’APAT, risultando così la loro corresponsione indebita ai sensi del divieto posto dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 7, comma 5, di erogare quote di retribuzione accessoria a fronte di prestazione effettivamente non rese.

Il terzo motivo, intitolato alla violazione e falsa applicazione degli artt. 1366 e 1377 c.c., è inteso a censurare espressamente il convincimento della Corte territoriale in ordine alla concorrente efficacia dell’art. 18 del CCNL del 15.9.2004 e dell’art. 10 del 5.12.2002 che, al contrario, data l’identità dell’oggetto della regolamentazione ivi posta, avrebbero dovuto essere intese, in corretta applicazione delle regole di ermeneutica contrattuale, in rapporto di successione l’una con l’altra tale che alla sopravvenienza della seconda avrebbe dovuto corrispondere l’abrogazione della prima, conseguendone la detraibilità dalle somme dovute a titolo di indennità di specificità organizzativa di quelle percepite a titolo di indennità di produttività.

Nel quarto motivo la denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. afferisce all’erronea valutazione delle risultanze probatorie, con specifico riguardo all’omessa considerazione dell’operatività del principio di non contestazione in ordine alle allegazioni in fatto introdotte dall’Istituto odierno ricorrente, comprensive della circostanza relativa all’effettiva corresponsione dell’indennità di cui all’art. 10 CCNI 5.12.2002 e dello straordinario, che ha indotto la Corte territoriale a concludere nel senso del difetto di prova della corresponsione degli emolumenti relativi a maggiorazioni connesse alla flessibilità dell’orario e come tali concorrenti con l’indennità in questione.

Passando all’analisi delle proposte censure, è a dirsi come i primi due motivi su cui si articola la proposta impugnazione risultino infondati, dovendo condividersi l’interpretazione che, in piena coerenza con la ratio della disposizione, la Corte territoriale ha inteso accogliere dell’art. 19 dello Statuto dell’APAT recepito in D.P.R. 8 agosto 2002, n. 207, ritenendo estesa all’indennità di “specificità organizzativa” di cui è causa – per quanto emolumento retributivo di natura accessoria previsto da un contratto collettivo integrativo, destinato, perciò, ad esplicare la sua efficacia nell’ambito della sola amministrazione cui lo stesso si riferisce e per di più istituito in epoca successiva al trasferimento all’APAT del personale in precedenza addetto ai Servizi tecnici nazionali presso la Presidenza del Consiglio – la garanzia prevista dalla predetta disposizione a favore del medesimo personale concernente il mantenimento del trattamento giuridico ed economico previsto dai contratti attuali e dai loro rinnovi fino al completamento delle relative procedure di inquadramento ed alla stipulazione del primo contratto integrativo collettivo dell’Agenzia.

La Corte ha correttamente considerato come l’assegnazione all’APAT delle funzioni in precedenza di competenza della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per i Servizi tecnici nazionali e del personale ad esso ivi addetto delinei una vicenda di trasferimento regolata, quanto alla disciplina del rapporto di lavoro del personale interessato, dal citato D.P.R. n. 207 del 2002, art. 19 in evidente consonanza con il disposto del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 31 che, con riferimento all’ipotesi del trasferimento o conferimento di attività svolte da pubbliche amministrazioni, enti pubblici o loro aziende ad altri soggetti pubblici o privati, prevede per il personale che passa alle dipendenze di tali soggetti, l’applicazione dell’art. 2112 c.c. in tema di trasferimento d’azienda nell’ambito del rapporto di lavoro privato, osservandosi le procedure di informazione e di consultazione di cui alla L. n. 428 del 1990, art. 47.

Orbene, tale norma prevede che il cessionario è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti nazionali, territoriali ed aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all’impresa del cessionario; il che dà conto dell’estensione della garanzia posta dal citato art. 19 dello Statuto APAT e della sua peculiarità rispetto alla norma generale del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19 dovendosi di conseguenza ritenere che la stessa ricomprende, quanto al trattamento economico qui in questione, ogni voce retributiva, qualunque ne sia la fonte, ovvero sia che si tratti di contratto collettivo nazionale che di contratto integrativo concluso a livello di singola amministrazione, che sarebbe di spettanza del personale soggetto alla disciplina in essere presso l’amministrazione di provenienza e che la sua durata eccede i limiti desumibili dal citato art. 2112 c.c. andando ben oltre il termine ivi fissato per relationem alla scadenza dei contratti collettivi vigenti presso il cedente all’atto del trasferimento per riferirsi al diverso termine, parimenti fissato per relationem al completamento delle relative procedure di inquadramento ed alla stipulazione del primo contratto integrativo collettivo dell’Agenzia, come del resto ampiamente conferma il riferimento espressamente contenuto nel citato art. 19 ai successivi rinnovi dei contratti in corso, da intendersi, per quanto sopra detto, attinente anche ai contratti integrativi.

Appare, quindi, evidente come la ratio della disposizione in esame si identifichi nel regolamentare, nell’intertempo, fino all’emanazione della disciplina a regime, significativamente individuata nella stipulazione del primo contratto integrativo proprio del nuovo ente cessionario delle attività, il rapporto di lavoro del personale ad esso trasferito assoggettandolo alla disciplina contrattuale collettiva, nazionale ed integrativa, tempo per tempo in vigore presso l’amministrazione di provenienza, come, del resto, si evince dalla stessa formulazione testuale della norma, che non fa riferimento, come in altre analoghe ipotesi, al mantenimento del trattamento economico maturato dal singolo dipendente all’atto del trasferimento, con conseguente irrilevanza dell’essere l’istituzione dell’indennità in questione in favore del personale della Presidenza del Consiglio sopravvenuta in epoca successiva al trasferimento.

Nè osta al riconoscimento in favore dei ricorrenti dell’indennità in questione la circostanza che la stessa, prevista dal contratto integrativo per la singola amministrazione di riferimento, fosse destinata a remunerare prestazioni utili a rispondere ad esigenze proprie dell’amministrazione di provenienza, alle quali i ricorrenti risultavano estranei in quanto impiegati presso altro ente. E ciò, da un lato, per il rilievo assorbente del carattere speciale e temporaneo della norma, la cui operatività, tra l’altro, si è protratta nel tempo, consentendo l’applicabilità al personale trasferito dei successivi rinnovi contrattuali relativi all’amministrazione di provenienza ed il determinarsi di tali effetti qui considerati dall’Ente resistente perversi, per il ritardo nell’attivazione della contrattazione integrativa presso l’APAT e, dall’altro, in considerazione del recepimento, sia pur, per quanto detto, irrilevante, del CCI per la Presidenza del Consiglio del 15 settembre 2004 da parte della stessa APAT appunto nel rispetto di quanto previsto dal D.P.R. n. 207 del 2002, art. 19 cui ha fatto seguito l’adempimento da parte dei ricorrenti delle formalità cui il predetto CCI, all’art. 18, subordinava la spettanza dell’istituita indennità di specificità organizzativa.

Le medesime argomentazioni rendono ragione dell’inapplicabilità alla fattispecie del divieto posto dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 7, comma 5, a carico delle amministrazioni pubbliche di erogare trattamenti economici accessori non corrispondenti a prestazioni effettivamente rese.

Il terzo e quarto motivo devono invece ritenersi inammissibili stante l’assoluta genericità e contraddittorietà dei rilievi sollevati, censurandosi la pronunzia della Corte territoriale per non aver ritenuto l’implicita abrogazione dell’art. 10 dell’accordo collettivo del 5.12.2002, istitutivo dell’indennità di produttività ad opera dell’art. 18 del CCI del 2004, a dire dei ricorrenti, inteso a sostituire la predetta indennità con quella qui rivendicata denominata di specificità organizzativa fondata sui medesimi presupposti di disponibilità oraria, nel contempo sostenendo che il dipendente il quale si fosse trovato nelle condizioni di rendere le relative prestazioni avrebbe dovuto optare per una delle due indennità, così da presuppone, in termini palesemente contraddittori, la contestuale vigenza delle stesse, situazione che fa parimenti da sfondo alla richiesta di compensazione di quanto dovuto in ipotesi di riconoscimento del diritto all’indennità di specificità organizzativa con quanto versato a titolo di indennità di produttività, di cui l’Agenzia ricorrente lamenta il rigetto da parte della Corte territoriale, e che appare ancora una volta in contraddizione con l’affermata abrogazione dell’art. 10 citato, a meno di non ritenere che l’Ente avesse continuato a corrispondere l’importo relativo ad una indennità ormai abrogata successivamente alla sua abrogazione, mentre per quel che riguarda lo straordinario, di cui parimenti si assume il pagamento richiedendosi relativamente all’importo versato la compensazione, non si dà conto nè della contestualità della vigenza con l’indennità di specificità organizzativa nè dell’incompatibilità dell’erogazione di entrambe, precludendo a questa Corte qualsiasi scrutinio in parte qua dell’impugnata sentenza.

Il ricorso va dunque rigettato, senza attribuzione di spese per non aver le lavoratrici intimate svolto alcuna attività difensiva. I ricorrenti, in quanto Amministrazioni dello Stato, sono esonerati dal pagamento del contributo di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2016

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