Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12665 del 05/06/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 12665 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
LAORETI Vittoria (LRT VTR 21T60 I921P), rappresentata e
difesa, per procura speciale in calce al ricorso, dagli
Avvocati Attilio Biancifiori e Benito Panariti, elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in Roma,
via Celimontana n. 38;
– ricorrente contro
SETTIMI Francesco (STT FNC 35S20 I921A), rappresentato e
difeso, per procura speciale a margine del controricorso,
dagli Avvocati Massimo Rossi e Lavinia M.L. Rossi, elettivamente domiciliato in Roma, viale Parioli n. 79/H, presso
lo studio dell’Avvocato Michele Lobianco;

Data pubblicazione: 05/06/2014

- controricorrente e ricorrente incidentaleAvverso la sentenza della Corte d’appello di Perugia n.
201/2010, depositata in data 24 aprile 2010.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Dott. Stefano Petitti;
sentiti gli Avvocati Benito Panariti e Michele Lobianco, con delega;
sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Aurelio Golia, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso principale per quanto
di ragione e il rigetto dell’incidentale.
Ritenuto che con atto di citazione notificato il 13
dicembre 2001 Settimi Francesco, premesso di aver stipulato con Laoreti Vittoria un contratto preliminare in virtù
del quale lo stesso si era impegnato ad acquistare per il
prezzo di £. 40.000.000 una casa rurale con annessi agricoli e terreno circostante; che contestualmente aveva versato a titolo di caparra confirmatoria la somma di £.
10.000.000 e che il residuo prezzo sarebbe stato pagato in
parte attraverso l’estinzione dei debiti della Laoreti,
per i quali risultava pendente una esecuzione immobiliare
sul compendio oggetto del contratto e in parte in contanti, al momento della stipulazione del contratto definitivo; che, estinti tali debiti, la Laoreti rinviava la sti-

udienza del 10 dicembre 2013 dal Consigliere relatore

pula del contratto definitivo; conveniva in giudizio la
Laoreti dinnanzi al Tribunale di Terni chiedendo che, ex
art. 2932 cod. civ., venisse disposto il trasferimento
della proprietà del compendio oggetto del preliminare al

che tale giudizio veniva riunito, per ragioni di connessione, con quello nel frattempo instaurato dalla Laoreti, avente ad oggetto la domanda di quest’ultima di rescissione del contratto per lesione ex art. 1448 cod.
civ., sulla base di una grave sproporzione tra le prestazione della parte acquirente e di quelle della venditrice
e i due giudizi venivano trattenuti in decisione;
che il Tribunale adito, accertata la rescindibilità
del contratto preliminare stipulato tra le parti, in accoglimento della domanda subordinata ex art. 1450 cod. civ.
nel frattempo formulata dal Settimi, determinava il prezzo
stabilito per l’acquisto del compendio oggetto del preliminare in 37.000,00 euro ed assegnava alle parti un termine di giorni sessanta per l’adempimento dei rispettivi obblighi di pagare il residuo prezzo e di trasferire la proprietà;
che avverso tale sentenza proponeva appello la Laoreti
sostenendo che l’offerta proposta dal Settimi ex art. 1450
cod. civ. era tardiva o comunque generica ovvero ancora
che esulasse dai poteri del procuratore del convenuto; che

prezzo pattuito;

la Corte nel determinare il prezzo equo si era erroneamente discostata dal

quantum accertato dal CTU e non aveva,

inoltre, tenuto conto della rivalutazione monetaria e degli interessi legali dalla data di stipulazione a quella

che il Settimi spiegava appello incidentale sostenendo
che il Tribunale avrebbe dovuto accogliere la domanda formulata ex art. 2932 cod. civ.; che, comunque, la sentenza
gravata era errata per aver riconosciuto la sussistenza
delle condizioni di rescindibilità del contratto in assenza di qualsivoglia prova e, in via subordinata, deduceva
l’erronea applicazione degli artt. 1448 e 1450 cod. civ.;
che l’adita Corte d’appello di Perugia, con sentenza
n. 201 del 2010, depositata il 24 aprile 2010, così decideva: “in parziale riforma della sentenza pronunciata tra
le parti dal Tribunale di Terni determina il prezzo di
vendita del bene oggetto del contratto preliminare stipulato tra le parti in euro 39.189,04 (con riferimento alla
data della presente pronuncia) da adeguare in base agli
indici ISTAT (da calcolare sul valore del bene al momento
della stipulazione del preliminare, pari ad euro
33.225,08) per il periodo intercorrente fino al momento
della stipulazione del contratto definitivo o dello spirare del termine assegnato per la sua stipulazione (termine
da calcolare a decorrere dal momento del passaggio in giu-

del pagamento effettivo;

dicato della sentenza); conferma nel resto l’appellata
sentenza; dichiara totalmente compensate tra le parti le
spese del presente grado”;
che in particolare la Corte territoriale respingeva

l’appello incidentale; respingeva le richieste

dell’appellante principale riguardanti l’offerta del Settimi ex art. 1450 cod. civ., ritenendo che la stessa non
potesse considerasi tardiva, stante la natura negoziale
dell’offerta e l’assenza di limiti temporali per la sua
presentazione; rigettava altresì la doglianza avente ad
oggetto la determinazione del prezzo equo operata dal Tribunale, in considerazione del valore soltanto indicativo
dell’accertamento del CTU ed accoglieva parzialmente la
doglianza in merito alla rivalutazione monetaria, sostenendo che questa doveva essere riconosciuta fino al momento della stipulazione e comunque fino alla scadenza del
termine massimo indicato per la stipulazione del contrat-

t o;
che Laoreti Vittoria ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza sulla base di tre motivi così formulati: a) violazione e/o errata e/o falsa applicazione
dell’art. 1450 cod. civ., in relazione all’art. 360 n. 3
cod. proc. civ.; b) violazione e/o errata e/o falsa applicazione dell’art. 1450 cod. civ., in relazione all’art.
360 n. 3 cod. proc. civ. in merito alla mancata applica-

toto

in

zione degli interessi legali; c) insufficiente e/o contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della
controversia in merito alla mancata applicazione degli interessi legali sulla somma rivalutata a decorrere dalla

in relazione all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.;
che ha resistito con controricorso il Settimi, il quale ha anche proposto ricorso incidentale lamentando violazione e/o errata e/o falsa applicazione dell’art. 1448
cod. civ. in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc.
civ., nella parte in cui la Corte d’appello ha ravvisato
l’approfittamento nella medesima consapevolezza dello stato di bisogno con motivazione assolutamente carente sul
punto;
che la Laoreti ha resistito, con controricorso, al ricorso incidentale.
Considerato

che pregiudiziale all’esame del ricorso

principale è l’analisi del ricorso incidentale;
che il ricorso incidentale è infondato;
che, invero, in tema di rescissione del contratto per
lesione, vale il principio per cui il requisito dello stato di bisogno, richiesto dall’art. 1448 cod. civ., non va
necessariamente inteso come assoluta indigenza, essendo
sufficiente ad integrarlo anche una contingente situazione
di difficoltà economica, per carenza di liquidità, tale da

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stipulazione del contratto preliminare di compravendita,

non consentire di far fronte ad impegni di pagamento con
mezzi normali e da incidere sulla libera determinazione a
contrarre; l’accertamento di tale requisito costituisce
una valutazione di fatto riservata al giudice di merito,

tivata (Cass. n. 2328 del 2010; Cass. n. 8200 del 1998);
che, nel caso di specie, i requisiti per la rescissione furono già adeguatamente vagliati dal Tribunale, il cui
operato è stato poi avallato dalla Corte distrettuale, che
ha congruamente motivato in ordine a tutti e tre i presupposti fondamentali affinché potesse giustificarsi la rescissione: la lesione ultra dimidium, lo stato di bisogno,
la conoscenza di esso da parte dell’altro contraente e
l’approfittamento;
che l’inconsistenza della censura del ricorrente incidentale si manifesta a pieno se si considera che essa è
sorretta, inammissibilmente, esclusivamente da valutazioni
di fatto difformi da quelle rese dal giudice di merito;
che quanto al ricorso principale, il vizio denunciato
da parte ricorrente nella prima doglianza consisterebbe
nell’avere i giudici di appello considerato che l’offerta
ex art. 1450 cod. civ. avesse natura negoziale e, in quanto tale, non incorresse nelle preclusioni processuali stabilite per la presentazione di domande giudiziali, igno-

incensurabile in sede di legittimità, se adeguatamente mo-

rando così il mutamento della giurisprudenza di legittimità sul punto;
che la ricorrente sostiene quindi che la Corte
d’appello avrebbe violato o falsamente applicato l’art.

all’offerta di reductio ad aequitatem di cui all’art. 1450
cod. civ., con conseguente dichiarazione di decadenza della relativa domanda giudiziale, ai sensi degli artt. 167 e
183 cod. proc. civ., per non essere stata presentata entro
i termini perentori fissati da tali articoli;
che la censura è infondata;
che in primo luogo va rilevato come questa si basi su
un presupposto erroneo, e cioè la natura processuale della
offerta presentata ex art. 1450 cod. civ.;
che, infatti, sentenze successive a quella citata da
parte ricorrente a sostegno della propria censura affermano la natura negoziale, ora in via esclusiva, ora congiuntamente a quella giudiziale, a seconda che la richiesta
venga effettuata in sede giudiziale o no (Cass. n. 6630
del 1988);
che la sentenza citata, pur aderendo alla tesi della
natura processuale dell’offerta, prosegue però affermando
che “la domanda di

reductio ad aequitatem del contratto

rescindibile può essere proposta, nel processo di rescissione, in tutto il corso del giudizio di primo grado, fino

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1450 cod. civ., non attribuendo natura processuale

alla precisazione delle conclusioni, ed anche in grado di
appello; e può essere proposta in separato processo (anche
in prevenzione all’iniziativa della parte lesa) fino a che
la sentenza di rescissione non sia passata in giudicato”

che, dunque, posto che nel giudizio di appello non è
stata riproposta la questione della idoneità formale
dell’offerta effettuata dal procuratore del Settimi, deve
ritenersi che la formulazione della offerta di reductio ad
aequitatem sia stata correttamente presa in esame dal Tribunale e dalla Corte d’appello, non essendo rispetto ad
essa predicabile il verificarsi di preclusioni, stante,
appunto, il suo connotato di istituto sostanziale, che per
il suo operare presuppone, oltre all’adeguatezza, proprio
che la rescissione venga accertata, e quindi ben può essere formulata all’esito del detto accertamento;
che il primo motivo è pertanto infondato;
che con il secondo motivo, formulato in via subordinata, la ricorrente principale denuncia l’erronea applicazione dell’art. 1450 cod. civ., dolendosi che i giudici
d’appello abbiano erroneamente applicato la norma in merito alla decorrenza degli interessi legali sulla somma stimata equa a titolo di prezzo di compravendita
dell’immobile oggetto del contratto preliminare, avendo
ritenuto che questi decorressero dallo spirare del termine

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(Cass. n. 2748 del 1972);

fissato per la stipulazione del definitivo e non dalla data di stipulazione del contratto preliminare o, al più
tardi, dal momento in cui si sarebbe dovuto stipulare il
definitivo nell’originaria intenzione delle parti;

menta vizio motivazionale in relazione alla mancata applicazione degli interessi legali sulla somma rivalutata a
decorrere dalla stipulazione del contratto preliminare di
compravendita;
che i due motivi, suscettibili di essere esaminati
congiuntamente, non sono fondati;
che vale infatti il principio per cui, nell’ipotesi di
contratto preliminare di compravendita, il promittente
venditore ha diritto agli interessi compensativi, ex art.
1499 cod. civ., solamente per il periodo successivo alla
data prevista per detta stipulazione, sul presupposto, comunque, che sia provata la certezza e definitività del
prezzo, anche se non ancora esigibile. (Cass. n. 6967 del
1999);
che analoghe considerazioni valgono quando, come nel
caso di specie, il bene non sia ancora stato consegnato,
atteso che l’art. 1499 cod. civ., a norma del quale, nel
caso di anticipata consegna della cosa fruttifera compravenduta, sono dovuti, salvo patto contrario, gli interessi
sul prezzo, non è applicabile al contratto preliminare nel

che con il terzo motivo la ricorrente principale la-

caso di anticipata consegna della cosa; pertanto, il promittente venditore che, senza ricevere il prezzo, ha consegnato la cosa prima della stipulazione del contatto definitivo, può pretendere gli interessi compensativi sul

del contatto definitivo, a meno che non vi sia stata costituzione in mora del creditore (Cass. n. 2676 del 1994;
Cass. n. 3646 del 2001; Cass. n. 9043 del 2006);
che, in conclusione, il ricorso principale e quello
incidentale devono essere rigettati;
che in considerazione della reciproca soccombenza,
sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le
spese del giudizio di legittimità.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale; compensa tra le parti le spese del giudizio di
legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
VI-2 Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il
10 dicembre 2013.
Il Consigliere estensore

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dal componente più anziano a norma dei ‘art. 132, ult. comma,

prezzo da pagare solo dalla prevista data di stipulazione

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