Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12662 del 17/06/2016

Cassazione civile sez. VI, 17/06/2016, (ud. 25/05/2016, dep. 17/06/2016), n.12662

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12345-2015 proposto da:

C.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CASSIODORO 19, presso lo studio dell’avvocato CARLO TOTINO, che lo

rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5866/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LOMBARDIA DEL 6/10/2014, depositata l’11/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/05/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA IOFRIDA;

udito l’Avvocato Carlo Totino difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti.

Fatto

IN FATTO

C.F. propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 5866/45/2014, depositata in data 11/11/2014, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento emesso, per maggiori IRPEF, IVA ed IRAP dovute in relazione all’anno 2006, a seguito di ricostruzione in via induttiva del reddito d’impresa, non avendo il contribuente provveduto a presentare la dichiarazione annuale, – è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso del contribuente sotto il profilo della sua nullità, in quanto sottoscritto da un funzionario dell’Amministrazione finanziaria, privo di delega da parte del Direttore dell’Ufficio erariale locale.

In particolare, i giudici d’appello, nell’accogliere il gravame dell’Agenzia delle Entrate, hanno sostenuto, anzitutto, che, alla luce della documentazione prodotta dall’appellante in udienza, indispensabile ai fini del decidere e quindi utilizzabile ex art. 345 c.p.c., la contestata delega risultava sussistente in capo al sottoscrittore dell’atto impositivo. Inoltre, non ricorreva l’eccepita nullità dell’atto per violazione del c.d. contraddittorio endoprocedimentale, essendo stato il contribuente sentito nella fase amministrativa (anche attraverso un questionario inviatogli), ove egli aveva potuto svolgere le proprie deduzioni, peraltro inesistenti, non avendo lo stesso, nel merito, nulla potuto opporre), ed avendo il medesimo partecipato alla procedura di accertamento con adesione.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.

Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

IN DIRITTO

1. Il ricorrente lamenta: 1) con il primo motivo, la nullità della sentenza e del procedimento, ex art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 32, comma 1, avendo i giudici della C.T.R. ritenuto utilizzabile un documento, prodotto dall’Agenzia delle Entrate appellante in secondo grado ed in udienza, laddove, nel processo tributario di appello, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58 (norma speciale operante), la facoltà di produzione ed acquisizione di nuovi documenti non deroga al rispetto del termine di venti giorni liberi prima dell’udienza di cui all’art. 32 citato; 2) con il secondo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 avendo in ogni caso i giudici della C.T.R. ritenuto che il documento prodotto in appello dall’Agenzia delle Entrate provasse l’esistenza della delega, da parte del Direttore dell’Ufficio, in capo al sottoscrittore dell’atto, mentre, alla data di sottoscrizione, non si poteva evincere la sussistenza sia della delega effettiva sia della qualifica di dirigente, avvenuta a seguito di concorso pubblico (a seguito di sentenza della Corte Costituzionale n. 37/2015); 3) con il terzo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, e art. 7, comma 1, e della L. n. 241 del 1990, art. 3, comma 1, secondo periodo, avendo i giudici della C.T.R. respinto l’eccezione relativa alla mancata instaurazione del contraddittorio preventivo prima dell’emissione dell’avviso di accertamento; 4) con il quarto motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6 non essendosi i giudici d’appello pronunciati sull’eccepita illegittimità delle sanzioni applicate, per omessa presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2006, essendo stata allegata la colpa del professionista incaricato per la relativa presentazione.

2. La prima censura è fondata, con assorbimento degli ulteriori motivi. Invero, la produzione di nuovi documenti, consentita in appello dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, deve essere effettuata –

stante il richiamo operato dall’art. 61 decreto citato alle norme relative al giudizio di primo grado – entro il termine previsto dall’art. 32, comma 1 cit. decreto, ossia fino a venti giorni liberi prima dell’udienza con l’osservanza delle formalità di cui all’art. 24, comma 1, termine da ritenersi, anche in assenza di espressa previsione legislativa, di natura perentoria, e quindi sanzionato con la decadenza, per lo scopo che persegue e la funzione (rispetto del diritto di difesa e del principio del contraddittorio) che adempie (Cass. 2787/2006; Cass. 655/2014). Inoltre, come chiarito da questa Corte (Cass. 25464/2015; Cass. 13152/2014), a seguito dell’abrogazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 3, al giudice di appello non è più consentito ordinare il deposito di documenti, non potendo il giudice sopperire con la propria iniziativa officiosa all’inerzia delle parti. Non possono dunque considerarsi “indispensabili”, secondo la formulazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, comma 1, quelle prove che non sono state ritualmente prodotte in giudizio per inadempienza delle parti, non potendo tale lacuna essere colmata dall’esercizio dell’indicato potere giudiziale.

Questa Corte ha sì chiarito (Cass. 5837/1997; Cass.13373/2008; Cass. 6330/2014; Cass. 26831/2014) che “la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in dipendenza della denunciata violazione”, cosicchè è inammissibile l’impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito.

Tuttavia, nel caso di specie, il ricorrente ha effettivamente dedotto il pregiudizio concreto derivato, al proprio diritto di difesa o alla decisione di merito, dalla tardiva, solo in appello ed all’udienza, produzione della delega nominativa (cfr. Cass. 22803/2015) al funzionario sottoscrittore dell’atto impositivo, a fronte dell’eccepita sin dal ricorso introduttivo – nullità dello stesso atto.

3. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del primo motivo del ricorso, assorbiti i restanti, va cassata la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, non essendovi necessità di ulteriori accertamenti in fatto, va accolto il ricorso introduttivo del contribuente.

In considerazione delle ragioni della decisione e dell’esito delle fasi di merito (nonchè del solo recente consolidarsi dell’orientamento di questa Corte, in ordine alla necessità della delega nominativa al funzionario sottoscrittore dell’atto impositivo), vanno integralmente compensate tra le parti le spese dei suddetti gradi di merito.

Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

Accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo del contribuente; dichiara integralmente compensate tra le parti le spese dei gradi di merito; condanna la controricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2.000,00, a titolo di compensi, oltre rimborso forfetario spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 25 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2016

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA