Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12661 del 09/06/2011

Cassazione civile sez. trib., 09/06/2011, (ud. 03/05/2011, dep. 09/06/2011), n.12661

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 20463/2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

AGRICOLA CARLA DI FERRARI FEDERICO ANDREA & C. SAS in persona

del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA SALARIA 259, presso lo studio dell’avvocato PASSALACQUA MARCO,

che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati ALBERTO VILLA,

SALVANESCHI LAURA, giusta procura speciale a margine della seconda

pagina del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 61/2009 della Commissione Tributaria Regionale

di MILANO del 23.2.09, depositata il 18/05/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/05/2011 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO TERRUSI;

udito per la controricorrente l’Avvocato Laura Salvaneschi che si

riporta agli scritti e chiede la trattazione del ricorso in pubblica

udienza;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. PIETRO GAETA

che condivide la richiesta della pubblica udienza.

Fatto

FATTO E DIRITTO

– Ritenuto che è stata depositata, dal consigliere appositamente nominato, la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Con sentenza 18.5.2009 la commissione tributaria regionale della Lombardia ha accolto l’appello di Agricola Carla di Ferrari Federico Andrea s.a.s. avverso la sentenza 196/47/2007 della commissione tributaria provinciale di Milano, la quale aveva disposto uno sgravio solo parziale di una cartella di pagamento per omesso versamento dell’Iva – anno 2001.

Il disputandum atteneva invero alla validità del ravvedimento eccepito dalla società onde avversare la cartella in toto, ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13.

Considerato che il giudice di primo grado aveva disposto uno sgravio solo parziale, sul rilievo che il ravvedimento operoso non potevasi ritenere perfezionato, stante che la sanzione era stata versata in misura inferiore al dovuto, la commissione regionale ha ritenuto simile circostanza ininfluente a fronte della pacifica volontà del contribuente di regolarizzare la propria posizione fiscale verso l’erario. In proposito ha osservato che dall’esame letterale della norma non risulta che da un errore di calcolo sul computo della sanzione possa scaturire l’invalidità del ravvedimento, che invece consegue “solo quando non siano stati versati sanzioni ed interessi e/o quando non sia rispettato l’obbligo di contestualità dei versamenti dell’imposta, degli interessi e della sanzione”.

Per la cassazione di questa sentenza ricorre l’agenzia delle entrate, articolando un motivo – al quale l’intimata resiste con controricorso – inteso a denunciare violazione e falsa applicazione del D.Lgs. cit., art. 13, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Il motivo, sorretto da idoneo quesito di diritto, appare manifestamente fondato, dal momento che, in casi simili, il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13, comma 2, pone come condizioni di operatività del ravvedimento tanto il versamento del tributo, quanto il versamento delle sanzioni – nella prevista misura ridotta – e degli interessi legali.

Trattasi di condizioni di perfezionamento dell’istituto, come chiaramente si evince dall’impiego dell’espressione “deve” di cui al citato comma 2, a proposito del versamento integrale della sanzione (sebbene nella misura ridotta dal comma 1) contestualmente alla regolarizzazione dell’obbligo tributario, ivi compresi gli interessi di mora; come appare confermato dal testuale riferimento alla condizione di perfezionamento di cui al comma 3, della medesima disposizione, salva la fissazione in tal caso di un termine (60 giorni) per il versamento dalla notifica dell’avviso di liquidazione;

e come del resto vuole la logica, trattandosi di ravvedimento comunque soggetto al pagamento di una ben determinata sanzione (sebbene in frazione del minimo di legge per le singole ipotesi).

Pertanto sembra doversi affermare che solo l’integrale – e dunque necessariamente esatto – adempimento degli obblighi predetti consente di beneficiare degli effetti dell’istituto di cui all’art. 13, D.Lgs. cit. Sulla base delle esposte considerazioni, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio e definito con pronunzia di manifesta fondatezza.”; – che la parte intimata, nella memoria di cui all’art. 380 bis c.p.c., comma 3, pur convenendo sul fatto che non possa porsi in dubbio “che le condizioni per il perfezionamento del ravvedimento operoso siano il contestuale pagamento del tributo, della sanzione e degli interessi”, ha insistito nell’affermare che la norma dianzi citata “nulla dice in relazione all’ipotesi dell’irregolare versamento della sanzione, limitandosi a sanzionare l’ipotesi dell’omesso versamento del tributo, della sanzione e degli interessi”;

– che la complessiva tesi, di cui pur non si fatica a cogliere il grado di contraddizione, è manchevole per la sostanziale ragione che la sanzione prevista in caso di ravvedimento va comunque pagata in esatta conformità della previsione normativa, che la contempla in una frazione dell’importo di legge;

– che l’obiezione si risolve nell’inaccettabile assunto della rilevanza di un pagamento purchessia – ancorchè incompleto – della pur ridotta sanzione di legge; e in tal senso contrasta con la previsione specifica, a tenore della quale il ravvedimento in ogni caso “si perfeziona” con l’esecuzione di tutti pagamenti previsti (carico tributario, interessi e sanzione, così come appositamente determinata), salvo il differimento di sessanta giorni laddove la liquidazione debba essere eseguita dall’amministrazione finanziaria (D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13, comma 3);

– che pertanto la prospettata difforme interpretazione, di cui alla ripetuta memoria, contrasta l’evidente automatismo che intercorre tra il ravvedimento e il pagamento consequenziale di tutti gli importi discendenti;

– che può in tal senso pervenirsi alla (niente affatto ingiustificata) conclusione che il mancato integrale versamento dell’importo stabilito per la sanzione ridotta rileva – esso pure – alla stregua di fattispecie impediente l’efficacia dell’istituto di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13, con conseguente legittimità della ripresa in misura di legge (30 %) della sanzione dovuta;

– che l’ulteriore riferimento dell’intimata alla generale, e qui invece preclusa, possibilità di riduzione sanzionatoria in percentuale del 10 %, ove la violazione risulti dall’amministrazione finanziaria autonomamente individuata ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, comma 3, e art. 6, comma 5, dello st. del contribuente, subordinatamente alla ricezione del c-d. avviso bonario, non assume dignità di argomentazione giuridicamente rilevante in vista dell’interpretazione del differente istituto che qui unicamente interessa;

– che in conclusione il collegio condivide le considerazioni di cui alla relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;

– che alla cassazione dell’impugnata sentenza può la Corte far conseguire la decisione di merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto; donde l’originario ricorso avverso la cartella di pagamento va rigettato;

– che la mancanza di precedenti pronunzie di questa Corte sulla specifica questione di diritto giustifica la compensazione integrale delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria impugnazione del contribuente avverso la cartella di pagamento. Compensa le spese processuali.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 3 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2011

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