Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1266 del 21/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 21/01/2021, (ud. 09/09/2020, dep. 21/01/2021), n.1266

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27629-2018 proposto da:

R.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI 4,

presso lo studio dell’avvocato ALDO PINTO, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

NEDIA SNC, RO.AN., RO.CE.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 738/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 23/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09 /09 /2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARCHESE

GABRIELLA.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

la Corte di appello di Bologna, in riforma della decisione di primo grado, ha respinto il ricorso di R.V., volto all’accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro con la società Nedia s.n.c. e alla condanna di somme a titolo di differenze di retribuzione;

a fondamento del decisum, il giudice di appello, sulla premessa che tra le parti era intervenuta una scrittura privata con la quale esse (id est: le parti) estinguevano il precedente rapporto di lavoro subordinato per costituire un (nuovo) rapporto societario con cui il ricorrente si impegnava, come socio d’opera, a fornire attività lavorativa a fronte della attribuzione di una quota del 20% degli utili, ha ritenuto non dimostrato, dal lavoratore, che la prestazione eseguita non fosse coerente agli obblighi derivanti dall’accordo;

avverso la sentenza, ha proposto ricorso per cassazione R.V., fondato su un unico motivo;

è rimasta intimata la società Nedia s.n.c.;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio;

la parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

con l’unico motivo di ricorso è dedotto omesso esame di un fatto decisivo della controversia oggetto di discussione tra le parti; si imputa alla sentenza impugnata di non aver considerato la circostanza relativa alla mancata partecipazione del ricorrente agli utili della società;

il motivo è inammissibile;

questa Corte ha oramai chiarito come l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo in vigore ratione temporis, consenta di denunciare in cassazione (oltre all’anomalia motivazionale – nella specie non invocata -) solo il vizio dell’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia (Cass. Sez. U, n. 8053 del 2014; più di recente, Cass. n. 27415 del 2018, in motiv.; Cass. n. 14014 del 2017, in motiv.; Cass. n. 9253 del 2017, in motiv.);

a tale riguardo, è stato anche precisato che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio in esame qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice (Cass. Sez. Un. cit. e Cass. n. 27415 cit.);

nel caso di specie, il fatto indicato come omesso è stato esaminato dalla Corte di merito; i giudici hanno valutato la circostanza rappresentata dalle somme concretamente percepite dal lavoratore (sulla base del documento richiamato in ricorso: estratti conto della società) salvo pervenire a conclusioni non condivise dalla parte qui ricorrente, perchè non appaganti;

in particolare, la Corte territoriale ha osservato come anche al R. risultassero versate somme a titolo di “prelievo socio” in misura variabile (v. pag. 6 sentenza impugnata: “500 Euro, 1000 Euro, 2200 Euro (…)”) e come anche ai soci (cioè a coloro che tali fossero pacificamente) venissero riconosciute somme con la dicitura “prelievo socio stipendio”; tuttavia, l’iter argomentativo rende evidente come la Corte di merito non abbia inteso attribuire un valore decisivo alle causali formalmente espresse in relazione alle somme, di volta in volta, versate, per apprezzare, invece, ai fini della ricostruzione della fattispecie concreta, altri elementi. Il coordinamento dei molteplici dati acquisiti costituisce espressione della tipica attività valutativa del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità;

il ricorso è dunque inammissibile;

non deve adottarsi alcun provvedimento sulle spese, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva;

la parte ricorrente è comunque tenuta al versamento dell’ulteriore importo pari al contributo unificato se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 9 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021

 

 

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