Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12657 del 18/06/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 12657 Anno 2015
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: MANCINO ROSSANA

SENTENZA
sul ricorso 21104-2013 proposto da:
ANM – AZIENDA NAPOLETANA MOBILITA’ SPA 06937950639,
in persbna del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, -VIA GERMANICO 96, presso lo studio
dell’avvocato LUCA DI PAOLO, rappresentata e difesa dall’avvocato
FRANCESCO CASTIGLIONE giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro
PLATANO GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in ROMA,
PIAZZA CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentato e difeso

Data pubblicazione: 18/06/2015

dall’avvocato VINCENZO RICCARDI giusta procura a margine del
controricorso;
controricorrente avverso la sentenza n. 1583/2013 della CORTE D’APPELLO di

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
21/04/2015 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA MANCINO.

Svolgimento del processo e motivi della decisione

L Il lavoratore intimato nel presente giudizio di legittimità, dipendente

della Azienda Napoletana Mobilità S.p.A. (A.N.M.) come conducente
di autobus di linea senza l’ausilio del bigliettaio, chiedeva al Tribunale
del lavoro di Napoli che venisse dichiarato il diritto alla corresponsione
mensile della voce “agente unico” in misura pari a 20 minuti della
retribuzione normale di autista di 7 livello con tre scatti di anzianità a
far tempo dal 1990 (indennità che non era stata adeguata nel tempo) e
condannata l’azienda alle differenze retributive, da quantificarsi in
separato giudizio.
2 L’A.N.M. si costituiva ritualmente ed eccepiva la prescrizione

quinquennale contestando, nel merito, la fondatezza della domanda.
3. Il Tribunale di Napoli accoglieva la domanda.
4. A seguito di ricorso della società, la Corte di appello di Napoli, in
parziale accoglimento del gravame, condannava l’A.N.M. a
corrispondere, nei limiti della prescrizione quinquennale, con
quantificazione in diverso giudizio, le differenze retributive spettanti a
titolo di adeguamento della indennità di agente unico in misura pari a
20 minuti delle retribuzione normale dell’autista di 7^ livello con tre
Ric. 2013 n. 21104 sez. ML – ud. 21-04-2015
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NAPOLI del 5/03/2013, depositata il 21/03/2013;

scatti di anzianità, tenendo conto dei successivi inquadramenti
contrattualmente corrispondenti a tale qualifica.
La Corte territoriale ricostruiva in motivazione la complessa vicenda
contrattuale conseguita al processo di soppressione della figura del
bigliettaio ed alla conseguente istituzione della figura dell’agente unico.
Rilevava, poi, che la Giunta regionale campana aveva nel 1986
determinato l’indennità spettante (all’agente unico per il fatto di essere
l’unico operatore presente nel condurre l’autobus, cui si aggiunge
un’ulteriore indennità nel caso in cui lo stesso agente “unico” operi
anche da bigliettaio) nella misura della paga pari a 20 minuti spettanti
ad un autista di settimo livello con 3 scatti di anzianità, all’epoca
corrispondenti a L. 2.397 lorde giornaliere. Nell’Accordo regionale del
1988 fu prevista la detta indennità nella misura della paga pari a 20
minuti spettanti ad un autista di settimo livello con 3 scatti di anzianità
dall’1/1/1990 pur nella consapevolezza che gli inquadramenti erano in
corso di modifica per via della ricordata soppressione generalizzata
della figura di bigliettaio. Per la Corte di appello era da escludere che si
volesse cristallizzare l’importo nella misura fissata all’1/1/1990 senza
tener conto della successiva evoluzione contrattuale e retributiva, come
peraltro già stabilito da questa Corte di cassazione con le decisioni n.
3775/2004 e 4257/2004 (in cui era stato esaminato il caso in cui
l’agente percepiva le due indennità operando anche da bigliettaio),
affermando principi mutuabili perfettamente anche alla fattispecie in
esame. Ad avviso dei giudici di appello, inoltre, il comportamento
tenuto dalle parti sociali non poteva togliere efficacia ad un disposto
contrattuale chiarissimo ed inequivoco. Infine, per completezza
espositiva, la Corte del gravame affermava che alcuna allegazione e
alcun contraddittorio si era formato sull’applicabilità del C.C.N.L.
Autoferrotranvieri del 1989.
Ric. 2013 n. 21104 sez. ML
-3-

ud. 21-04-2015

5.

»

6: Per la cassazione di tale decisione propone ricorso l’A.N.M., con tre

motivi.
7. Resiste il lavoratore con controricorso.
8. Entrambe le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 cod.

9. Con il primo motivo la società denuncia violazione e/o falsa
applicazione dell’art. 6 del c.c.n.l. degli autoferrotran.vieri e
intemavigatori del 23/7/1976, dell’art. 1 del c.c.n.l. del 12/3/1980,
dell’art. 18 dell’Accordo nazionale del 2/10/1989, dell’art.3
dell’Accordo del 27/11/2000, nonché dell’art. 36 Cost. e art. 2109 cod.
civ. (art. 360 c.p.c., n. 3); violazione e/o falsa applicazione dell’art.
2697 c.c., commi 1 e 2, art. 112 c.p.c. e art. 167 c.p.c., commi 1 e 2, art.
416 c.p.c., commi 2 e 3, art. 345 c.p.c., commi 1, 2 e 3, art. 436 c.p.c.,
commi 1 e 2, art. 437 c.p.c., commi 2 e 3 (art. 360 c.p.c., n. 3) ed
ancora omesso esame di un fatto (un documento) decisivo per il
giudizio, già oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., n. 5)
costituito dalla portata degli Accordi nazionali del 2 ottobre 1989 e
dell’il aprile 1995.
10. La parte ricorrente si duole che la Corte territoriale non abbia tenuto
conto della decisiva portata, ai fini della risoluzione della controversia
de qua, rivestita dall’Accordo nazionale del 2/10/1989 (che al punto 18.

così recita: «Per effetto degli aumenti retributivi di cui alla presente
ipotesi di accordo rientranti nella “retribuzione normale”, sono
soggetti a rivalutazione esclusivamente i seguenti istituti: aumenti
periodici di anzianità (A.P.A.), per effetto degli aumenti delle
retribuzioni conglobate dall’i /9/1989 e dall’I /1 /1991; lavoro
straordinario; lavoro festivo; lavoro notturno; indennità di trasferta;
indennità di diaria ridotta; trattamento di fine rapporto. Ogni altro
compenso e/o indennità eventualmente espressi in misura percentuale
Ric. 2013 n. 21104 sez. ML – ud. 21-04-2015
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proc. civ.

restano confermati in cifra fissa con il conseguente
riproporzionamento della percentuale medesima sulla relativa base di
calcolo”) e di quello dell’11/4/1995 (che al punto 13. così dispone:
<>).
Evidenzia, inoltre, che il contenuto della disposizione, oltre a fornire
significativo indice del comportamento delle parti sociali, non poteva
che confutare l’esistenza stessa di un elemento costitutivo della
domanda proposta dai lavoratori deponendo chiaramente nel senso
della corresponsione della indennità in questione in misura fissa e non,
come preteso, soggetta a variazione in rapporto all’adeguamento della
paga oraria di riferimento (cfr. punto 5^ dell’Accordo regionale del 15
marzo 1988: “L’equiparazione dell’indennità “agente unico” nei limiti
massimi ammissibili in base alla L.R. 15 marzo 1984, n. 13, art. 3, sarà
realizzata a partire dal 1 gennaio 1990, pari a corrispettivi 20 minuti di
paga oraria normale dell’autista livello 7″ con tre scatti”).
Ric. 2013 n. 21104 sez. ML ud. 21-04-2015
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7della legge n. 438 del 1992, il c.c.n.l. avrà scadenza il 31 dicembre

12. Con il secondo motivo la società denuncia violazione e/o falsa
applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1366 cod. civ. in riferimento
all’interpretazione dell’Accordo del 15 marzo 1988 (art. 360 c.p.c., n.
3). Assume che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte

delle parti contrattuali di volere determinare un meccanismo di
adeguamento automatico per il futuro. L’Accordo del 1988 era un dato
empirico, non un riferimento parametrico; era un limite massimo
tenuto conto della Delib. di Giunta del 1986; la qualifica di riferimento
non era più presente nel sistema di inquadramento del personale
dell’A.N.M.. Nessuna protesta era poi intervenuta dopo la denegazione
del preteso diritto per circa 15 anni.
13. Con il terzo motivo la società denuncia violazione e/o falsa
applicazione della L.R. Campania 25 gennaio 1983, n.16, art. 4, comma
1, lett. a come modificata dalla L.R. Campania 15 marzo 1984, n. 13
(art. 360 c.p.c., n. 3), nonché omesso esame circa un fatto decisivo per
il giudizio, già oggetto di discussione tra le parti (art 360 c.p.c., n. 5).
Evidenzia che il compenso era stato definito in cifra fissa, il che
comprovava come non fosse destinato a mutare in via automatica, ma
certamente non era stato escluso che potesse aumentare per via di una
nuova determinazione. Nel 1990 vi era stato un aumento dovuto però
al convergere all’1/1/1990 di A.N.M. e C.T.P. verso un unico importo
ricavato da quello che era stato per anni il comune indicatore dei costi
standards dei servizi resi dalla aziende per il trasporto pubblico urbano.

14. Il primo motivo è infondato.
15. Parte ricorrente incentra i propri rilievi sulla omessa considerazione, da
parte della Corte territoriale, degli Accordi nazionali del 2.10.1989 e
dell’11.4.1995, il cui contenuto (“snodo-chiave” della presente causa)
consentirebbe di ritenere che l’emolumento oggetto di rivendicazione
Ric. 2013 n. 21104 sez. MI – ud. 21-04-2015
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territoriale, dall’indicato Accordo regionale non emergeva la volontà

era stato “cristallizzato” in cifra fissa. Evidenzia che i giudici di appello
hanno violato il disposto dell’art. 3 dell’Accordo nazionale del
27/11/2000 il quale, elencando tassativamente gli elementi retributivi
che costituiscono la retribuzione normale, non annovera l’indennità di

indennità corrisposte in modo variabile e saltuario, i c.c.n.l. 23.7.1976
e 12.3.1980), con la conseguente esclusione dall’ambito della
retribuzione normale, restando così fuori dal previsto congelamento
16. In via preliminare, occorre ricordare che, come di recente chiarito dalle
sentenze di questa Corte di legittimità, nn. 6335 e 7385 del 2014
(seguite da numerose decisioni conformi), la denuncia di violazione o
di falsa applicazione dei “contratti o accordi collettivi di lavoro” è stata
aggiunta D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 2 (sostitutivo del precedente testo
dell’art. 360 cod. proc. civ. ed in particolare modificativo del suo
comma 1, n. 3) a quella delle “norme di diritto”: così parificando i
primi alle seconde sul piano processuale.
17.Tale disposizione, che si accompagna all’introduzione dell’art. 420-bis
cod. proc. dv. (ad opera dell’art. 18 d.lgs. cit), in coerente simmetria
con quanto già previsto dal d.lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 5 e
art. 64, in materia di controversie nel lavoro pubblico contrattualizzato,
segna il punto di approdo del movimento di distacco (sul piano
processuale) del contratto collettivo dallo schema del negozio giuridico
con conseguente allontanamento dall’ “assolutismo legislativo” ed
estensione della funzione nomofilattica della Corte di cassazione a
quella che è stata definita quale “tutela dello svolgimento ragionevole e
ragionevolmente prevedibile dell’intero ordinamento della collettività,
in tutte le sue espressioni normative”.
18. Ciò comporta, come è stato precisato, la necessità di ascrivere la
doglianza all’errore di diritto, direttamente denunciabile per cassazione
Ric. 2013 n. 21104 sez. ML – ud. 21-04-2015
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cui si discute (come peraltro già avevano disposto, escludendo le

senza (più) la necessità di indicazione, a pena di inammissibilità della
doglianza stessa, del criterio ermeneutico violato (artt. 1362 ss. cod.
dv.), così come analoga indicazione non è necessaria per le altre norme
di diritto (con riferimento, in particolare, all’art. 12 disp. prel. cod. dv.)
– cfr. le citate sentenze nn. 6335 e 7385 del 2014, che, con un percorso

legislativo” di cui si è detto, si pongono, invero, in contrasto rispetto al
diverso orientamento espresso da Cass. nn. 9070 e 9054 del 2013, n.
17168 del 2012 e n. 13242 del 2010, secondo cui l’interpretazione di
una norma contrattuale, com’è quella contenuta in un contratto
collettivo di diritto comune, è operazione che si sostanzia in un
accertamento di fatto, come tale riservato al giudice di merito ed
incensurabile in cassazione se non per vizi attinenti ai criteri legali di
ermeneutica o ad una motivazione carente o contraddittoria -.
19. Di certo la parificazione, sul piano processuale, dei “contratti o accordi
collettivi di lavoro” alle “norme di diritto” ad opera del D.Lgs. n. 40
del 2006, art. 2 comporta, per la cassazione della sentenza impugnata
per violazione del c.c.n.l., l’enunciazione del principio di diritto ai sensi
dell’art. 384 c.p.c., comma 1, e la decisione della causa nel merito, ai
sensi del comma 2, quando non siano necessari ulteriori accertamenti
di fatto.
20. A tale enunciazione la Corte di legittimità può pervenire anche
esaminando altre clausole (diverse da quella specificamente oggetto di
rilievo) del c.c.n.l. ovvero attraverso una interpretazione mediante
collegamento con altri contratti collettivi, conclusi in tempi diversi.
21. E suddetto materiale interpretativo è tuttavia conoscibile d’ufficio dalla
Corte di legittimità solo in quanto ufficialmente pubblicato (così i
c.c.n.l. del pubblico impiego).

Ric. 2013 n. 21104 sez. ML – ud. 21-04-2015
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argomentativo coerente con l’allontanamento dall’ “assolutismo

:

2Z

Per il resto è necessario che la norma pattizia (oggetto di diretta
interpretazione ovvero elemento interpretativo esterno) non solo
risulti ritualmente acquisita al fascicolo di parte nel giudizio di merito
ma, laddove il ricorso per cassazione si fondi su di essa, che venga

23. Deriva da tali premesse, come già ritenuto da Cass. 19507 del 2014, ed
altre numerose conformi, che il motivo, per come formulato, superi il
vaglio di ammissibilità (non essendo, peraltro, censurata una erronea
interpretazione da parte del giudice di merito della norma pattizia
denunciata bensì lamentata l’assenza di ogni considerazione di tale
norma) e rappresenti, altresì, un elemento di novità rispetto alle
questioni esaminate nelle decisioni di questa Corte citate nella sentenza
impugnata.
24. Va, poi, considerato che, se pure è vero che la Corte di legittimità,
nell’esercizio del potere di interpretare i contratti collettivi nazionali,
deve potere disporre di tutti gli elementi occorrenti per la ricostruzione
della volontà contrattuale, per decidere una volta per tutte
sull’interpretazione delle clausole, onde assicurare quell’uniformità e
certezza che è lo scopo dell’art. 360, n. 3, c.p.c., come attualmente
formulato, tuttavia vi è un diverso atteggiarsi del concetto di
“conoscibilità” della fonte normativa (quanto ad esistenza e a
contenuto) – che, in ragione delle sopra espresse considerazioni, non
sembra possa essere considerato più un “fatto”, almeno nel giudizio di
cassazione -, da parte del giudice esclusivamente con mezzi propri, jura
novit curia) a seconda che si versi in una ipotesi di violazione del c.c.n.l.
privatistico rispetto ad una in cui le questioni attengano ad un c.c.n.l.
del pubblico impiego.
25. Ed infatti, a differenza della legge e dei contratti collettivi del pubblico
impiego (pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale), il c.c.n.l. privatistico non
Ric. 2013 n. 21104 sez. ML – ud. 21-04-2015
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anche prodotta in uno con il ricorso stesso (art. 369, n. 4, c.p.c.).

è conoscibile se non con la collaborazione (onere di allegazione e di
produzione) delle parti.
26. Rilevante è, dunque, che la fonte normativa possa essere conosciuta
dal giudice a prescindere dall’iniziativa di parte la quale, laddove

regole processuali sulla distribuzione dell’onere della prova e sul
contraddittorio.
27. Se è vero, poi, che ai sensi dell’art. 420, quinto comma, c.p.c., il giudice
può richiedere alle associazioni sindacali il testo dei contratti e accordi
collettivi di lavoro, anche aziendali, da applicare nella causa, tale potere
non può che essere esercitato in base alle allegazioni e deduzioni delle
parti, restando la relativa eventualità pur sempre nell’ambito di
applicazione del principio dispositivo e permanendo l’onere delle parti,
che vogliano far valere l’applicazione di un determinato contratto
collettivo, di provarne l’esistenza e di produrlo in giudizio (si tratta,
dunque, di una discrezionalità limitata alla rilevanza del contratto o
accordo collettivo ai fini della decisione e solo il giudizio positivo di
rilevanza da luogo ad un dovere di acquisizione).
28. Esaminati i rilievi della ricorrente alla luce degli indicati principi, deve,
allora, ritenersi che, nello specifico, alla suddetta conoscibilità dei
richiamati Accordi nazionali fosse di ostacolo la tardiva allegazione e
deduzione (in sede di gravame) e la originaria mancanza di
contraddittorio in ordine alle questioni sollevate in relazione ad essi.
29. Nessun rilievo può essere, dunque, mosso alla Corte territoriale che
non ha preso in considerazione gli Accordi predetti ed ha deciso la
causa sulla sola base delle deduzioni, in fatto ed in diritto, così come
delineate e delimitate dalle posizioni assunte dalle parti nel corso del
giudizio di primo grado.

Ric. 2013 n. 21104 sez. ML – ud. 21-04-2015
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necessaria (come nel caso del c.c.n.l. privato), resta assoggetta alle

30. Né questa Corte può esaminare il contenuto di tali Accordi in virtù del
principio jura novit curia che, come detto, presuppone una conoscibilità
della fonte normativa rispetto alla quale non risultino di ostacolo
preclusioni allegative e deduttive già verificatesi.

dell’orientamento di questa Corte già espresso nelle decisioni nn. 3775
e 4257 del 2004 (citate nella sentenza impugnata) e, nella recente Cass.
n. 13406 del 2013 e la già richiamata Cass. n.19507 del 2014 (ed altre
numerose successive conformi).
32.11 thema decidendum,

prescindendo dai rilievi di cui sopra si è detto, è se

l’Accordo regionale del 15 marzo 1988 abbia offerto un parametro per
determinare il compenso spettante al conducente unico o invece abbia
indicato una cifra determinata, incrementabik ma solo con una nuova
deliberazione ad hoc.
33. La Corte di appello, ricostruita l’evoluzione del sistema contrattuale e
retributivo del settore a seguito dell’introduzione della figura
dell’agente unico” (eventualmente con mansioni anche di bigliettaio) e
ricordato che la L.R. n. 13 del 1983 e la Delib. Giunta campana 2
dicembre 1986, istituenti limiti di bilancio (da tenere in
considerazione), non potevano incidere nella determinazione, M
concreto, dell’ammontare dell’indennità concessa all’agente unico
demandata alla contrattazione collettiva, ha poi riprodotto il tenore
letterale del citato Accordo regionale del 15 marzo 1988 nel quale era
stato pattuito che “l’equiparazione della indennità agente unico nei
limiti massimi ammissibili in base alla L.R. 15 marzo 1984, n. 13 sarà
realizzata a partire dal IL gennaio 1990, pari a corrispettivi di 20 minuti
di paga oraria dell’autista livello 7^ con 3 scatti”.
34. Per la Corte territoriale le parti collettive non potevano non sapere
(anche per l’incontro del 2 marzo 1986 presso il Ministero dei
Ric. 2013 n. 21104 sez. ML – ud. 21-04-2015
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31. Gli altri due motivi di ricorso sono infondati alla luce

Trasporti e per l’Accordo nazionale del 24 aprile 1987 che disciplinava
in sede di prima applicazione il passaggio alla qualifica di agente di
movimento di quinto livello) del mutamento degli inquadramenti in
atto con la soppressione della qualifica di bigliettaio: se pure si era

nel 1986 era evidente che si fosse voluto far riferimento ai nuovi
inquadramenti ormai maturati ed operativi al momento dell’Accordo.
35. La Corte territoriale ha, così, sottolineato che le somme erogate dal
1990 non erano computate sul compenso di L. 2397 previsto dalla
Delib. del 1986, ma sul compenso di L. 3280 “corrispondente
esattamente ai venti minuti di retribuzione del lavoratore che,
precedentemente inquadrato come autista del 7 livello con tre scatti di
anzianità, alla data dell’1/1/1990 percepiva la maggiore retribuzione
relativa all’anno in corso”.
36. Per la Corte, dunque, non vi era stata alcuna cristallizzazione del
compenso con riferimento a quanto stabilito dalla Delibera del 1986,
avendo voluto le parti aggiornare il compenso con decorrenza
1/1/1990 tenuto conto dei mutamenti intervenuti nella contrattazione
collettiva e del paramento scelto già nel 1986 (venti minuti di
retribuzione di un agente), con quella determinata qualifica e quella
determinata anzianità di servizio.
37. Ad avviso dei giudici partenopei, si era insomma consentito al
compenso di lievitare, tenuto conto della fisiologica dinamica salariale,
ma solo nei limiti stabiliti dal paramento già ricordato.
38. La Corte territoriale ha anche ricordato le due già citate sentenze di
questa Corte (nn. 3775 e 4257 del 2004) che hanno affermato principi
rafforzativi dell’orientamento come sopra espresso in una controversia
in cui conducenti che svolgevano mansioni anche di bigliettaio

Ric. 2013 n. 21104 sez. ML – ud. 21-04-2015
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utilizzata la terminologia contrattuale recepita dalla Giunta regionale

reclamavano il compenso di 20 minuti più un altro compenso di venti
minuti per il “doppio incarico”.
39. In tali decisioni questa Corte di legittimità ha affermato che il
riferimento a venti minuti di paga oraria è un tipico criterio di
determinazione parametrica sensibile alle variazioni della retribuzione

40. Pertanto l’interpretazione della clausola dell’Accordo regionale accolta
dalla Corte di appello è congruamente e logicamente motivata e
risponde ai canoni ermeneutici codicistici posto che parte da una
interpretazione di natura letterale (come è riconosciuto nello stesso
motivo) cui aggiunge una valutazione di natura sistematica, che tiene
conto dell’evoluzione contrattuale derivata da fasi di ristrutturazione
produttiva che aveva portato alla creazione dell’ “agente unico” e, da
ultimo, è sorretta da elementi direttamente tratti dalla prima
applicazione dell’Accordo del 1988 che portò ad una commisurazione
del compenso riferito al parametro scelto ma aggiornato alla luce
dell’evoluzione salariale e di inquadramento intervenuta dal 1988 al
1990.
41. A ciò si deve aggiungere che la soluzione offerta appare coerente con i
principi già fissati da questa Corte in controversie di natura analoga
riguardanti l’istituzione dell’agente unico e la determinazione del suo
compenso (nel caso in cui avesse operato anche da bigliettaio).
42

La soluzione interpretativa adottata secondo la quale si è scelto un
riferimento parametrico per stabilire il compenso e non si è invece
stabilito un mero dato empirico da rinegoziare e rideterminare ha,
quindi, alla base elementi di natura letterale, sistematica, legati alla
prassi applicativa dell’Accordo in parola ed infine trova conforto in
principi già affermati da questa Corte perfettamente applicabili alla
fattispecie (molto simile nei suoi contorni) in esame.
Ric. 2013 n. 21104 sez. ML – ud. 21-04-2015
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parametro, al pari di quello espresso in misura percentuale.

43. Quanto alle ulteriori doglianze, va rilevato, sempre in conformità a
quanto ritenuto da Cass. n. 13406 del 2013, che non appare sussistere
alcuna violazione della disciplina regionale che fissava solo un limite
massimo per il 1986, poi non più aggiornato attraverso Delib. di

l’Accordo del 1988 ha introdotto un riferimento parametrico per il
compenso che trova riscontro – come hanno accertato gli stessi giudici
di appello – nella prima applicazione dell’Accordo stesso
determinandosi l’importo già riferito al valore dei “20 minuti”, come
stabilito nel 1986 stilla base di un inquadramento non più operante,
secondo un principio di adeguamento automatico (al pari di quanto
riscontrato da questa Corte nei precedenti già citati e che riguardano la
medesima vicenda di un nuovo inquadramento professionale del
personale addetto alla guida di automezzi – ed al soppresso servizio di
biglietteria -), globalmente considerato.
44. Del resto la lettera della clausola contrattuale – ha correttamente
osservato la Corte – milita senz’altro per l’indicazione di un parametro
piuttosto che di una mera cifra fissa in quanto, se davvero le parti
contrattuali avessero voluto indicare un compenso in cifra fissa e
cristallizzarlo sino a successive determinazioni, l’avrebbero indicato
direttamente in una certa somma senza passare attraverso formule di
più complessa e inevitabilmente controversa lettura.
45. Da tanto consegue che il ricorso deve essere rigettato.
46. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in
base a quanto previsto dal D.M. 10 marzo 2014, n. 55 (art. 28), devono
essere poste a carico della parte soccombente, con distrazione in
favore dell’avvocato Vincenzo Riccardi dichiaratosi antistatario.
47. 11 ricorso è stato notificato in data successiva a quella (31/1/2013) di

entrata in vigore della legge di stabilità del 2013 (L. 24 dicembre 2012,
Ric. 2013 n. 21104 sez. ML – ud. 21-04-2015
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Giunta; ad avviso della Corte territoriale – per le ragioni già dette —

n. 228, art. 1, comma 17), che ha integrato il D.P.R. 30 maggio 2002, n.
115, art. 13, aggiungendovi il comma 1 quater del seguente tenore:
“Quando l’impugnazione, anche incidentale è respinta integralmente o
è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è

pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o
incidentale, a norma art. 1 bis. Il giudice da atto nel provvedimento
della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e
l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”.
48. Essendo il ricorso in questione (avente natura chiaramente

impugnatoria) integralmente da respingersi, deve provvedersi in
conformità.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la società ricorrente al pagamento,
in favore della controparte, delle spese del presente giudizio di
legittimità che si liquidano in Euro 100,00 per esborsi, nonché in Euro
4.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e
rimborso forfettario in misura del 15%, da distrarsi in favore
dell’avvocato Vincenzo Riccardi dichiaratosi antistatario. Dichiara
dovuto dalla ricorrente l’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello versato.
Così deciso in Roma, il 21 aprile 2015

Consi re relatore

tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato

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