Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12655 del 25/06/2020

Cassazione civile sez. II, 25/06/2020, (ud. 16/10/2019, dep. 25/06/2020), n.12655

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27938/2015 proposto da:

Capital Edil Tecno Srl, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma Via Vito Giuseppe Galati

100/c, presso lo studio dell’avvocato Enzo Giardiello rappresentata

e difesa dall’avvocato Antonio Roca;

– ricorrente –

contro

C.N., elettivamente domiciliata in Roma Via Dei Banchi

Nuovi 39, presso lo studio dell’avvocato Giuseppe Jannetti Del

Grande che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

Francesco Onofri;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 442/2015 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 09/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/10/2019 da Dott. COSENTINO ANTONELLO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato Enzo Giardiello con delega depositata in udienza

dall’avvocato Antonio Roca, difensore della ricorrente, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato Giuseppe Jannetti Del Grande, difensore della

resistente, che ha chiesto il rigetto del ricorso e l’accoglimento

del controricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione del marzo 2008 la società Capital Edil Tecno s.r.l. – premesso che il 20 marzo 2007 aveva stipulato con la sig.ra C.N. un contratto preliminare in forza del quale quest’ultima si era impegnata a venderle terreni di sua proprietà, in agro del Comune di (OMISSIS), con l’accordo di acquistare a propria volta parte dei fabbricati che la stessa Capital Edil Tecno avrebbe edificato su detti terreni – conveniva la suddetta sig.ra C., davanti al Tribunale di Brescia, per sentirla dichiarare inadempiente alle obbligazioni su di lei gravanti in base al menzionato contratto preliminare e per sentire pronunciare, ai sensi dell’art. 2932 c.c., il trasferimento in suo favore della proprietà degli immobili dedotti in contratto.

La convenuta, costituitasi in giudizio, resisteva alla domanda concludendo, in via principale, per la declaratoria di nullità od inefficacia del contratto preliminare e, in subordine, per la pronuncia giudiziale di risoluzione dello stesso, per causa imputabile alla società attrice, da condannarsi al risarcimento dei danni.

Il Tribunale di Brescia rigettava la domanda introduttiva dichiarando la nullità del detto contratto preliminare per la mancata determinazione e determinabilità dell’oggetto dello stesso, con specifico riguardo alla carente identificazione degli immobili che la promissaria acquirente avrebbe dovuto edificare e cedere alla sig.ra C..

Adita con il gravame proposto dalla Capital Edil Tecno, la Corte d’appello di Brescia rigettava l’impugnazione e condannava l’appellante alla refusione delle spese del giudizio. Secondo la Corte bresciana le doglianze mosse dall’appellante all’interpretazione del contratto inter partes svolta dal primo giudice non potevano trovare accoglimento perchè la rilettura del contratto invocata dalla Capital Edil Tecno era resa impossibile dalla mancata produzione in appello, da parte di quest’ultima, del proprio fascicolo di primo grado, nel quale era contenuta la scrittura che documentava il contratto preliminare dedotto in giudizio. La Corte d’appello, in sostanza, ha rigettato l’impugnazione della Capital Edil Tecno sul rilievo di non esser stata messa dall’appellante in condizione di prendere visione del documento contrattuale sulla cui interpretazione si fondava l’impugnazione della sentenza di prime cure.

La società Capital Edil Tecno ha proposto ricorso, sulla scorta di cinque motivi, per la cassazione della sentenza della Corte bresciana.

La convenuta C.N. ha presentato controricorso.

La causa è stata chiamata alla pubblica udienza del 16.10.19, per la quale entrambe le parti hanno depositato una memoria e nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 3, si denuncia la violazione ovvero la falsa applicazione degli artt. 2967 c.c., 168 e 169 c.p.c. e dell’art. 72 disp. att. c.p.c., in cui la Corte territoriale sarebbe incorsa omettendo qualsiasi disamina della controversia sulla base del mero rilievo della mancanza in atti del fascicolo di primo grado dell’appellante Capital Edil Tecno.

Il motivo si articola in due distinte censure.

Con la prima censura, specificamente riferita alla dedotta violazione dell’art. 2697 c.c., la ricorrente assume che era pacifico che il contratto fosse stato stipulato e che, d’altra parte, “le sue parti in contestazione erano riportate in tali e tante difese delle parti, che l’accidentale mancanza del documento rappresentativo del preliminare non avrebbe potuto esimere il Giudicante nel valutare compiutamente le censure espresse nel gravame” (pag. 8, ultimo capoverso, del ricorso).

Con la seconda censura, specificamente riferita alla dedotta violazione degli artt. 168 e 169 c.p.c. e dell’art. 72 disp. att. c.p.c., la ricorrente lamenta che la Corte territoriale abbia omesso qualunque “verifica circa la presenza e le sorti il fascicolo di parte attorea di primo grado” (pag. 10, primo rigo, del ricorso). Assume la ricorrente che alla parte processuale non potrebbe essere ascritto un onere di vigilanza continuativa sul contenuto del proprio fascicolo e che, d’altra parte, per il disposto dell’art. 168 c.p.c., comma 2, tra gli “atti di istruzione” che il cancelliere deve inserire nel fascicolo di ufficio andrebbero compresi anche i documenti offerti dalle parti. Ad avviso della ricorrente, quindi, la Corte territoriale avrebbe dovuto verificare se il fascicolo di parte fosse stato ritirato e, in caso contrario, avrebbe dovuto avvisare la parte stessa affinchè procedesse al deposito.

Entrambe le suddette censure sono infondate.

Quanto alla prima censura, la dedotta violazione dell’art. 2697 c.c., non sussiste, perchè correttamente la Corte territoriale ha ritenuto che l’onere di provare il contratto posto a fondamento della domanda della società Capital Edil Tecno gravasse su quest’ultima. La ricorrente del resto, in realtà, nemmeno contesta che gravasse su di lei l’onere di produrre il contratto su cui basava la propria pretesa ma, in sostanza, sostiene che l’esistenza ed il contenuto di tale contratto esulavano dal thema probandum, in quanto pacifici tra le parti, cosicchè l’unica questione che la Corte d’appello avrebbe dovuto affrontare era quella del significato da attribuire alle clausole contrattuali pacificamente sottoscritte dalle parti e ampiamente riprodotte nei rispettivi scritti difensivi.

Anche in questi termini, tuttavia, la doglianza non può trovare accoglimento, giacchè, trattandosi di contratto soggetto al requisito della forma scritta a pena di nullità, ai sensi degli artt. 1350, n. 1, e 1351 c.c., la produzione della scheda contrattuale non era surrogabile dalle ammissioni delle parti sul contenuto del relativo testo, quali desumibili dalla parziale trascrizione di tale contenuto negli atti difensivi delle parti stesse. E’ fermo insegnamento di questa Corte, infatti, che per i negozi giuridici per i quali la legge prescrive la forma scritta ad substantiam, la prova della loro esistenza e dei diritti che ne formano l’oggetto richiede necessariamente la produzione in giudizio della relativa scrittura, che non può essere sostituita da altri mezzi probatori e neanche dal comportamento processuale delle parti, che abbiano concordemente ammesso l’esistenza del diritto costituito con l’atto non esibito (cfr. Cass. 26174/09, Cass. 1452/19). Nè a tale principio potrebbe drogarsi quando, come nella specie, la discussione verta non sull’esistenza del contratto ma sulla sua interpretazione; la necessità della produzione del documento contrattuale, quando la conclusione del contratto sia pacifica e si discuta soltanto della sua interpretazione, è stata infatti esclusa dalla giurisprudenza di questa Corte esclusivamente con riferimento ai contratti per i quali la forma scritta sia richiesta ad probationem tantum (cfr. Cass. 565/79: “Nella controversia inerente a rapporto contrattuale, ancorchè soggetto alla forma scritta ad probationem (nella specie, ai sensi dell’art. 385 c.n., trattandosi di noleggio di nave), la produzione del relativo documento non è necessaria, qualora sia in contestazione non l’esistenza od il contenuto del negozio, ma solo l’interpretazione del significato di determinate clausole, per considerazioni estrinseche al loro pacifico testo letterale”).

Quanto alla seconda censura, essa non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata; i riferimenti svolti nel motivo di ricorso alla giurisprudenza elaborata da questa Corte in relazione all’ipotesi dello smarrimento del fascicolo di parte o del fascicolo d’ufficio sono infatti inconferenti, giacchè dall’impugnata sentenza non emerge che il fascicolo di primo grado della Capital Edil Tecno sia stato smarrito nel corso del giudizio di appello, ma emerge semplicemente che tale fascicolo non è mai stato prodotto nel giudizio di appello (“posto che questi non ha ritenuto di dimettere il fascicolo di primo grado” pag. 3, secondo capoverso, della sentenza).

Sempre nel corpo della seconda censura in cui si articola il primo motivo di ricorso la ricorrente svolge poi due affermazioni in diritto che è opportuno, anche per esigenze nomofilattiche, confutare espressamente.

A pagina 10 del ricorso si afferma che fra gli “atti di istruzione” che il cancelliere deve inserire nel fascicolo d’ufficio ai sensi dell’art. 168 c.p.c., comma 2, dovrebbero intendersi compresi anche i documenti offerti in comunicazione dalle parti. L’assunto è errato, perchè gli atti di istruzione vanno identificati non nei documenti (c.d. prove costituite), ma nelle prove costituende, come fatto palese dal disposto dell’art. 60 disp. att. c.p.c., che espressamente disciplina il “tempo degli atti di istruzione”, chiarendo quando questi ultimi “debbono essere assunti”.

A pagina 11 del ricorso si sostiene, poi, che, per il combinato disposto dell’art. 347 c.p.c. e dell’art. 72 disp. att. c.p.c., il cancelliere del giudice a quo sarebbe tenuto a trasmettere al giudice di appello, insieme con il fascicolo d’ufficio, anche i fascicoli delle parti; anche questo assunto è errato, avendo questa Corte già chiarito, con la sentenza n. 8528/06, che “Nel giudizio di appello è onere della parte produrre in giudizio il proprio fascicolo di primo grado, essendo esclusa la trasmissione al secondo giudice, unitamente al fascicolo d’ufficio, anche dei fascicoli di parte”.

Il primo motivo di ricorso va quindi, conclusivamente, rigettato.

Con il secondo motivo di ricorso, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 3, si denuncia la violazione ovvero la falsa applicazione degli artt. 1346, 1418, 1321, 1322, 1362 c.p.c. e segg. e art. 1419 c.c.. La ricorrente, premesso che la sentenza della Corte di appello avrebbe “neghittosamente recepito quella di primo grado” (pag. 11, ultimo rigo, del ricorso), censura analiticamente il ragionamento seguito dal Tribunale di Brescia per affermare l’indeterminatezza o in determinabilità del prezzo pattuito nel contratto preliminare inter partes.

Con il terzo motivo di ricorso, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente denuncia la violazione ovvero la falsa applicazione degli artt. 1351 e 2932 c.c., in cui il Tribunale, prima, e la Corte d’appello, poi, sarebbero incorsi estendendo al preliminare avente ad oggetto la vendita dei terreni la nullità ipoteticamente sussistente in ordine alla pattuizione sui fabbricati di edificare.

Il secondo ed terzo motivo di ricorso possono essere esaminati congiuntamente perchè entrambi risultano privi di pertinenza alle motivazione della sentenza impugnata. Con tali motivi, infatti, si censura sostanzialmente la sentenza di primo grado, criticando l’interpretazione del contratto inter partes offerta dal Tribunale. Le censure non attingono, viceversa, la ratio decidendi della sentenza d’appello, la quale non ha in alcun modo affrontato le questioni discusse nei mezzi di ricorso in esame, ma si è limitata ad affermare di non poter valutare le censure mosse dalla Capital Edil Tecno alla interpretazione del contratto inter partes offerta dalla sentenza di primo grado per la mancanza in atti della scrittura contrattuale. Sia il secondo che il terzo motivo devono quindi essere disattesi, alla luce del principio che con il ricorso per cassazione non possono essere proposte, e vanno, quindi, dichiarate inammissibili, le censure rivolte direttamente contro la sentenza di primo grado (Cass. 6733/14).

Con il quarto motivo di ricorso, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente lamenta la violazione ovvero la falsa applicazione del D.Lgs. 20 giugno 2005, n. 122, art. 2. La censura concerne il riferimento dell’impugnata sentenza (pag. 4, primo capoverso) al fatto che la sig.ra C. aveva comunque “riproposto analiticamente ed espressamente tutte le altre questioni (tra le quali quella relativa alla mancata prestazione della fideiussione) e che nulla, al riguardo, ha replicato l’appellante nei termini del contraddittorio”. Nello stesso motivo di ricorso si sottolinea che la questione relativa alla mancata prestazione della fideiussione di cui al D.Lgs. 20 giugno 2005, n. 122, art. 2, doveva ritenersi assorbita dalla statuizione di nullità del contratto; tuttavia, per tuziorismo, la ricorrente impugna l’inciso relativo alla “mancata prestazione della fideiussione” per l’ipotesi che essa “dovesse essere inteso come richiamo di ulteriore eccezione di nullità formulata dalla convenuta”. Nel motivo si sostiene, quindi, che la previsione dettata dal D.Lgs. n. 122 del 2005, art. 2, concernendo solo la compravendita di immobili da edificare, non potrebbe applicarsi riguardo alla promessa di vendita di terreni, oggetto della domanda proposta dalla odierna ricorrente.

Il motivo non può trovare accoglimento, non essendo sorretto dal necessario interesse all’impugnazione. Esso infatti, come correttamente rileva la stessa ricorrente, attinge una statuizione priva di portata decisoria, in quanto non esprime una specifica ratio decidendi. Il rilievo che l’appellante non avesse replicato all’eccezione sollevata dalla sig.ra C. in relazione al disposto del D.Lgs. n. 122 del 2005, art. 2, non significa, evidentemente, che la Corte d’appello fosse esonerata dall’onere di scrutinare la fondatezza di detta eccezione; la mancanza di tale scrutinio rende palese che la Corte ha correttamente considerato l’eccezione medesima assorbita dalla conferma della declaratoria di nullità del contratto pronunciata del primo giudice.

Con il quinto motivo di ricorso, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 5, si denuncia l’omesso esame di fatti decisivi discussi in corso di causa, con particolare riferimento alla circostanza che Capital Edil Tecno aveva versato alla sig.ra C. la somma di Euro 15.000 a titolo di anticipazione sulla futura compravendita da parte dell’attrice. Secondo la ricorrente tale circostanza avrebbe dovuto essere valutata non solo come fatto concorrente da tener presente in sede di interpretazione negoziale, ma anche come comportamento concludente, riferibile anche alla promittente venditrice, onde fugare ogni dubbio circa la natura contrattuale della stipulazione intercorsa fra le parti.

Il motivo va disatteso in quanto, al pari del secondo e del terzo mezzo d’impugnazione, risulta privo di pertinenza alle motivazione della sentenza impugnata. Quest’ultima, va ancora ribadito, non ha in alcun modo affrontato il merito della questione della nullità del contratto dedotto in giudizio, ma si è limitata ad affermare di non poter valutare le censure mosse dalla Capital Edil Tecno alla interpretazione del contratto inter partes offerta dalla sentenza di primo grado, per la mancanza in atti della scrittura contrattuale.

In definitiva, nessuno dei motivi di ricorso può trovare accoglimento e, conseguentemente, il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza.

Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, del raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la società ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 8.000, oltre Euro 200 per esborsi ed oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto.

Si dà atto che il presente provvedimento è firmato dal solo presidente del collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1, lett. a).

Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 giugno 2020

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