Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12653 del 25/06/2020

Cassazione civile sez. II, 25/06/2020, (ud. 15/10/2019, dep. 25/06/2020), n.12653

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16838/2015 proposto da:

G.C., G.M., G.P.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14 A-4,

presso lo studio dell’avvocato GABRIELE PAFUNDI, che li rappresenta

e difende unitamente all’avvocato ALFREDO FERRARI;

– ricorrenti –

contro

IMMOBILIARE DOLOMITI AGENZIA D’AFFARI S.N.C. DI S. DOTT.

L. & C., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 20,

presso lo studio dell’avvocato ANGELA BUCCICO, rappresentata e

difesa dall’avvocato MAURIZIO AGOSTINELLI;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 2/2015 della CORTE D’APPELLO di TRENTO,

depositata il 15/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/10/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza depositata il 15 gennaio 2015 la Corte d’appello di Trento, pronunciando a seguito di cassazione con rinvio della precedente sentenza della medesima Corte, in accoglimento dell’appello proposto da Immobiliare Dolomiti Agenzia d’Affari s.n.c. (d’ora innanzi, la Immobiliare Dolomiti), ha condannato G.C., G.M. e G.P.: a) a pagare, in favore della prima, la somma di 13.640,00 Euro, oltre interessi legali dal 16 dicembre 2003 al saldo; b) a restituire alla prima la somma di 13.822,32 Euro, oltre interessi legali; c) a pagare le spese del doppio grado del giudizio.

2. Per quanto ancora rileva, la Corte territoriale ha osservato: a) che la Corte di Cassazione, con sentenza n. 21106 del 16 settembre 2013, aveva cassato con rinvio la precedente decisione del giudice di secondo grado, rilevando che, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte d’appello, era incapace di testimoniare C.D., marito di G.M., il quale aveva confermato nella sua deposizione che il titolare della Immobiliare Dolomiti, aveva rinunciato alla provvigione; b) che, secondo la Corte di Cassazione, infatti, risultava che al C. fosse stato affidato dai G. un mandato senza rappresentanza a vendere l’immobile del quale erano comproprietari con altre persone, in esecuzione del quale il primo si era avvalso della mediazione della Immobiliare Dolomiti; c) che, nel caso di specie, la deposizione verteva proprio sul negozio posta in essere dal C., quale mandatario dei G..

Ciò posto, la Corte d’appello di Trento ha rilevato: a) che la Immobiliare Dolomiti, dopo che il giudice istruttore aveva disatteso l’eccezione di incapacità del teste, non aveva anche eccepito la nullità della deposizione, nè immediatamente dopo nè nella successiva udienza; b) che, tuttavia, la deposizione del C., pur dovendosi ritenere validamente acquisita al processo, era inattendibile per varie ragioni; c) che, infatti, il C., oltre ad essere marito di una delle parti gravata dall’onere del pagamento della provvigione, era stato direttamente interessato all’esito della controversia, quale mandatario senza rappresentanza di un gruppo di venditori; d) che, inoltre, dalle restanti emergenze processuali – e, in particolare, dalle deposizioni dei testi M.P.G. e Mi.Ma. – emergevano circostanze idonee a smentire del tutto la dedotta esistenza di una rinuncia al pagamento della provvigione dovuta; e) che il M. era assolutamente estraneo alla controversia, avendo da tempo adempiuto la propria obbligazione di pagamento della quota di provvigione, al pari del Mi., il quale aveva solo rappresentato un altro gruppo di venditori, che avevano da tempo adempiuto la propria obbligazione; f) che i medesimi G., sempre per il tramite del C., avevano ottenuto in precedenza da altro mediatore, la rinuncia scritta alla provvigione, ove la mediazione fosse andata a buon fine; g) che l’eccezione di carenza di legittimazione passiva, oltre ad essere stata formulata dai G. per la prima volta in sede di rinvio, era infondata, dal momento che era accertato che i venditori, tra i quali gli stessi G., erano stati messi in contatto con l’acquirente e con quest’ultimo avevano concluso l’affare grazie alla mediazione della Immobiliare Dolomiti, che aveva partecipato anche alla redazione del contratto preliminare e del contratto definitivo; h) che, in definitiva, indipendentemente dall’eventuale personale obbligazione del C., i G. dovevano ritenersi obbligati, in quanto il contratto preliminare, al pari del successivo contratto definitivo, era intervenuto direttamente tra l’acquirente e i venditori; i) che, infine, infondata era l’eccezione di nullità del contratto di mediazione, sia perchè la circostanza della mancata iscrizione del legale rappresentante della Immobiliare Dolomiti nel ruolo previsto dalla L. 2 febbraio 1939, n. 39, non era stata contestata sino al deposito della comparsa conclusionale di primo grado, sia perchè gli stessi G. avevano depositato certificato camerale dal quale emergeva l’iscrizione della società nel ruolo, con la conseguenza che da ciò si desumeva logicamente, in forza della L. n. 39 del 1939, art. 3, comma 5, l’iscrizione anche del legale rappresentante dell’epoca; I) che, in ogni caso, a fronte della tardiva contestazione, la Immobiliare Dolomiti, in sede di appello, aveva prodotto un certificato attestante la regolare iscrizione, all’epoca dei fatti, anche del legale rappresentante che aveva concretamente operato nella trattativa; m) che tale produzione doveva ritenersi ammissibile ai sensi dell’art. 345 c.p.c..

3. Avverso tale sentenza G.C., G.M. e G.P. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a sette motivi, cui la Immobiliare Dolomiti ha resistito con controricorso, proponendo, altresì, ricorso incidentale affidato ad un unico motivo. Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis. 1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso principale, si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione dell’art. 345 c.p.c., comma 2 e art. 394 c.p.c., in relazione all’art. 81 c.p.c., per avere la Corte territoriale ritenuto tardiva l’eccezione di difetto di legittimazione passiva, al contrario rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo. Aggiungono i ricorrenti che era stata proprio la Immobiliare Dolomiti a individuare nei suoi scritti difensivi il C. come corresponsabile in solido o responsabile esclusivo.

2. Con il secondo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione dell’art. 1705 c.c., per avere la Corte territoriale ritenuto di individuare anche nei mandanti i titolari delle obbligazioni derivanti dal contratto concluso dal mandatario senza rappresentanza.

I ricorrenti precisano che i G. non avevano avuto alcun rapporto con la Immobiliare Dolomiti sino al momento in cui quest’ultima li aveva contattati per richiedere il pagamento della provvigione e che la società non era intervenuta in sede di conclusione nè del contratto preliminare nè del contratto definitivo.

3. I due motivi, esaminabili congiuntamente per la loro stretta connessione logica, sono infondati.

Premesso che solo assertivamente i ricorrenti criticano l’affermazione della Corte territoriale, secondo la quale l’agenzia partecipò alla stipulazione del preliminare e del definitivo, resta il dato assorbente che l’eccezione avente ad oggetto l’inesistenza di un rapporto diretto tra le parti del presente procedimento deve ritenersi tardiva.

E’ certamente esatto, invero, che la titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio è un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, sicchè spetta all’attore allegarla e provarla, ma resta salvo il riconoscimento o lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione della stessa da parte del convenuto (Cass., Sez. Un., 16 febbraio 2016, n. 2951).

In tale cornice deve essere valorizzato il carattere chiuso del giudizio di rinvio nel quale è preclusa alle parti, tra l’altro, ogni possibilità di presentare nuove domande, eccezioni, nonchè conclusioni diverse, come pure l’ammissibilità di motivi di impugnazione differenti da quelli che erano stati formulati nel giudizio di appello conclusosi con la sentenza cassata, giacchè questi ultimi continuano a delimitare, da un lato, l’effetto devolutivo dello stesso gravame e, dall’altro, la formazione del giudicato interno (v., ad es., per siffatti principi, Cass. 21 febbraio 2019, n. 5137).

4. Con il terzo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione dell’art. 115 c.p.c., comma 2, con riguardo alla mancata iscrizione del legale rappresentante della Immobiliare Dolomiti nel ruolo, giacchè il principio di non contestazione opera, si osserva, solo nel caso di fatti allegati dalla controparte, laddove, nel caso di specie, tale presupposto non era sussistente. Pertanto, i G., in sede di comparsa conclusionale, non avevano effettuato una contestazione tardiva, ma solo rilevato il totale difetto di allegazione e di prova di un fatto costitutivo della pretesa attorea.

5. Con il quarto motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione della L. 3 febbraio 1989, n. 39, art. 3, comma 5 e del D.M. 21 dicembre 1990, n. 452, art. 11, dal momento che tali previsioni non consentono di desumere necessariamente dall’iscrizione della società di mediazione nel ruolo la conseguenza dell’iscrizione del legale rappresentante, giacchè le due previsioni consentono la prima anche in caso di possesso dei requisiti per l’iscrizione, da parte di colui, diverso dal legale rappresentante, che eserciti attività mediatoria o sia preposto al ramo di attività.

6. Con il quinto motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione dell’art. 345 c.p.c., comma 3 e art. 153 c.p.c., per avere la sentenza impugnata ritenuto tempestiva la produzione del documento teso a dimostrare l’iscrizione del legale rappresentante della Immobiliare Dolomiti al ruolo dei mediatori, alla luce di una contestazione ritenuta come tardivamente proposta dai G..

Le censure, esaminabili congiuntamente per la loro stretta connessione, sono infondate.

E’ esatto che l’iscrizione è elemento costitutivo della domanda (v., di recente, Cass., Sez. Un., 2 agosto 2017, n. 19161) e, tuttavia, nel momento in cui, come è pacifico, la Immobiliare Dolomiti allegò di essere iscritta al ruolo degli agenti di affari in mediazione, a fronte di una attività di mediazione svolta dal legale rappresentante dell’epoca, ossia S.L., appare evidente l’allegazione anche della iscrizione di quest’ultimo, non foss’altro perchè presupposta, proprio in ragione dell’attività concretamente esercitata, dalla L. n. 39 del 1989, art. 3.

In questa cornice di riferimento, va ribadito che, anche in materia di mediazione la non contestazione del convenuto costituisce un comportamento univocamente rilevante ai fini della determinazione dell’oggetto del giudizio, con effetti vincolanti per il giudice, che dovrà astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato acquisito al materiale processuale e dovrà, perciò, ritenerlo sussistente. Ne consegue che l’eccezione concernente la mancata iscrizione del mediatore nel relativo albo professionale, qualora sia proposta dal convenuto – al fine di far valere la nullità del contratto e paralizzare la pretesa del mediatore al pagamento della provvigione, della L. 2 febbraio 1989, n. 39, ex art. 6 – soltanto nella comparsa conclusionale d’appello, non comporta il dovere del giudice di compiere verifiche probatoria in ordine alla sua fondatezza (v., ad es., Cass. 21 giugno 2013, n. 15658).

Il carattere assorbente del rilievo che precede rende superflua ogni altra considerazione, con riguardo ai restanti motivi, comunque infondati, sia perchè, come detto, lo S. esercitò concretamente attività mediatoria (talchè del tutto ragionevolmente la sua iscrizione è stata tratta dalla L. n. 39 del 1989, art. 3), sia perchè, del tutto legittimamente la Corte territoriale ha acquisito la documentazione attestante siffatta iscrizione, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis (la prima sentenza di appello è stata depositata il 27 luglio 2007, talchè il giudizio non era pendente in primo grado, alla data di entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69: v. della L. 69 del 2009 cit., art. 58, comma 2).

7. Con il sesto motivo, si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione degli artt. 1294 e 1755 c.c., in relazione all’art. 116 c.p.c., per avere la Corte territoriale, nel considerare attendibili i testi M. e Mi. esclusivamente in quanto avevano già adempiuto al pagamento della propria quota di provvigione, trascurato di considerare che gli stessi erano solidalmente obbligati con gli altri venditori al pagamento dell’intera provvigione ed erano, pertanto, portatori di un interesse concreto e attuale rispetto all’esito della causa.

La censura non introduce – per evidenti ragioni di tardività – questioni di incapacità a testimoniare dei soggetti indicati (questioni, peraltro, completamente fuori fuoco, quanto al Mi., il quale, secondo la Corte d’appello, è stato mero rappresentante del gruppo di venditori che gli aveva conferito procura).

Sebbene prospettata in termini di violazione di legge, essa, in realtà, aspira ad una rivalutazione delle risultanze istruttorie, collocandosi al di fuori del perimetro del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Invero, posto che la sentenza impugnata è stata depositata in data 15 gennaio 2015, viene in questione l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo risultante dalle modifiche apportate dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), conv., con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 (pubblicata nel S.O. n. 171, della Gazzetta Ufficiale 11 agosto 2012, n. 187), e applicabile, ai sensi del medesimo art. 54, comma 3, alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del decreto (al riguardo, va ricordato che, ai sensi dell’art. 1, comma 2, della Legge di Conversione, quest’ultima è entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale).

Come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte, l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, così come novellato, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053).

Evidentemente nessuno di tali profili viene in questione nel motivo in esame.

8. Con l’unico motivo del ricorso incidentale si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione dell’art. 2909 c.c., per avere la Corte territoriale esaminato le eccezioni concernenti la nullità del contratto di mediazione e le correlate questioni della carenza di prove dell’iscrizione del legale rappresentante nel ruolo dei mediatori e della tardività della relativa produzione documentale, che dovevano, invece, ritenersi precluse dalla formazione del giudicato sul punto.

Secondo la ricorrente, siffatte eccezioni erano state proposte dai G. dinanzi alla Corte d’appello, a seguito del gravame della Immobiliare Dolomiti: la Corte, nella prima sentenza, aveva rigettato la domanda proposta da quest’ultima, senza prendere posizione sulle stesse.

Tuttavia, si doveva ritenere che la Corte di cassazione, sia pure occupandosi solo della questione della capacità a testimoniare del C., sollevata col ricorso principale, avesse implicitamente rigettato le eccezioni, indicate dai G. nel loro controricorso.

La doglianza è infondata.

Il rigetto per altre ragioni dell’appello della Immobiliare Dolomiti (nello specifico, la ritenuta dimostrazione di una rinuncia alla provvigione) ha comportato, all’evidenza, l’assorbimento delle altre questioni poste dai G. per conseguire il medesimo risultato.

Ne discende che questi ultimi, in quanto totalmente vittoriosi, non avevano l’onere di proporre impugnazione incidentale condizionata. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, infatti, nel giudizio di cassazione, è inammissibile il ricorso incidentale condizionato con il quale la parte vittoriosa nel giudizio di merito sollevi questioni che siano rimaste assorbite, ancorchè in virtù del principio cd. della ragione più liquida, non essendo ravvisabile alcun rigetto implicito, in quanto tali questioni, in caso di accoglimento del ricorso principale, possono essere riproposte davanti al giudice di rinvio (v., ad es., Cass. 23 luglio 2018, n. 19503).

Deve, pertanto, escludersi che si sia formato il giudicato sulle questioni sopra ricordate.

9. In conseguenza della reciproca soccombenza, vanno compensate le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale e quello incidentale. Compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principali e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 giugno 2020

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