Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12653 del 13/05/2019

Cassazione civile sez. lav., 13/05/2019, (ud. 21/02/2019, dep. 13/05/2019), n.12653

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26308-2013 proposto da:

ABC – ACQUA BENE COMUNE NAPOLI AZIENDA SPECIALE, (già ARIN S.P.A.)

C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato MARIA CRISTINA PORCELLI;

– ricorrente –

contro

C.L., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

OVIDIO 10, presso lo studio della dottoressa ANNA BEI (Studio

ROSATI), rappresentato e difeso dall’avvocato BRUNO MELE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1950/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 29/05/2013, R.G.N. 6620/2009.

Fatto

RILEVATO

che:

1. La Corte d’appello di Napoli confermava la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva accolto la domanda proposta da C.L., già dipendente di AMAN, poi ARIN s.p.a ed oggi ABC- Acqua bene comune Napoli Azienda speciale, al fine di ottenere il computo nella pensione aziendale della retribuzione in natura percepita ragguagliata al valore locativo del bene immobile concessogli in godimento, e condannato la convenuta azienda al pagamento delle differenze dovute sul trattamento pensionistico, quantificate in complessivi Euro 63.949,59.

2. Per la cassazione della sentenza ABC- Acqua bene comune Napoli Azienda speciale ha proposto ricorso, cui C.L. ha resistito con controricorso.

3. Le parti hanno depositato memorie ex art. 380 bis1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. come primo motivo di ricorso, l’Azienda ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 64 e 67 del regolamento del personale AMAN del 22.2.1945, della Delib. Commissione Amministratrice 29 settembre 1987, n. 404; del D.L. 28 febbraio 1983, n. 55, art. 30 (convertito, con modificazioni, nella L. 26 aprile 1983, n. 131), della circolare del Ministero del tesoro 15 novembre 1983 n. 608, dell’art. 1362 c.c. nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Argomenta che la nozione di stipendio, a cui poi è ricollegato (art. 64 citato) il computo della pensione, è limitata allo stipendio minimo, escluse le indennità, e che con la Delib. 28 settembre 1987 del Commissario Prefettizio è stata fissata una stretta correlazione tra trattamento pensionistico integrativo e quello CPDEL, a decorrere dal 1 gennaio 1987, nel senso di comprendere nella pensione tutti gli elementi aventi caratteristiche di fissità, continuità e irrevocabilità. Sostiene che per stabilire quali elementi retributivi debbano essere considerati ai fini del trattamento della pensione CPDEL debba farsi riferimento al D.L. 28 febbraio 1983, n. 55, art. 30, comma 3, come modificato dalla Legge di conversione 26 aprile 1983, n. 131 e alla circolare esplicativa emessa dal Ministero del Tesoro, che li determina in quelli che traggono origine da norme di legge, da decreti del Presidente della Repubblica o da contratti collettivi nazionali, con esclusione dei trattamenti previsti da contratti collettivi aziendali, mentre l’obbligatorietà dell’inclusione degli elementi retributivi in questione nella base di calcolo della pensione è conseguenza della ricezione da parte di accordo aziendale di quanto convenuto in sede di contrattazione collettiva nazionale.

5. Come secondo motivo deduce la violazione e falsa interpretazione degli artt. 2947 e 2948 c.c. in relazione all’eccezione di intervenuta prescrizione estintiva dei diritti e insufficiente, contraddittoria e inadeguata motivazione. Contesta la motivazione della Corte d’appello ove ha affermato che detta eccezione era stata formulata in maniera generica e che non era stata contestata formalmente la conformità agli originali degli atti interruttivi della prescrizione prodotti in copia fotostatica. Ribadisce che la pretesa per cui è causa stata avanzata dopo 14 anni dal collocamento in quiescenza e che gli asseriti atti interruttivi della prescrizione non potevano ritenersi tali per l’inidoneità del loro contenuto.

6. Il primo motivo non è fondato, occorrendo dare continuità all’orientamento espresso da questa Corte nella sentenza n. 6743 del 13/03/2008.

7. Si è ivi richiamata la soluzione già accolta con riferimento alla computabilità dell’indennità di incentivazione (o di presenza) nella pensione aziendale dei dipendenti dell’AMAN, secondo la quale detto emolumento, in quanto continuativamente corrisposto, in base alla disciplina aziendale, ai dipendenti della odierna ricorrente ed ancorchè erogata nelle sole giornate di effettiva presenza, è causalmente correlato all’ordinaria prestazione lavorativa, e va inclusa nella base di calcolo del trattamento pensionistico aziendale rientrando, ai sensi del D.L. n. 55 del 1983, art. 30,convertito nella L. n. 131 del 1983, nel trattamento pensionistico dei dipendenti degli enti locali – al quale dal 1 gennaio 1987 la medesima azienda ha equiparato il trattamento pensionistico dei propri dipendenti – tutti gli emolumenti fissi e continuativi dovuti come remunerazione dell’attività lavorativa (v. fra le tante pronunce, Cass. 19 dicembre 1998 n. 12730, Cass. 17 febbraio 1999 n. 1336, Cass. 4 dicembre 2000 n. 15418, Cass. 15 dicembre 2000 n. 15829, Cass. 24 luglio 2001 n. 10031, e da ultimo Cass. 3 ottobre 2007 n. 20734).

8. Si è quindi ritenuto che tale principio debba essere confermato anche con riferimento al diverso elemento retributivo costituito dall’equivalente monetario del valore locativo dell’alloggio concesso in uso al lavoratore, considerate le argomentazioni che sorreggono il richiamato consolidato orientamento ed il tenore letterale della norma.

9. Si è allo scopo valorizzata la ricostruzione del sistema pensionistico applicabile ai dipendenti dell’AMAN, ora ARIN, assunti in data anteriore al 30 gennaio 1963 – come appunto l’odierno resistente – i quali hanno conservato il diritto a percepire la pensione aziendale, prevista dal regolamento organico del 22 settembre 1945, sostitutiva della pensione erogata dalla Cassa Previdenza dei Dipendenti degli Enti Locali (CPDEL): per evitare che detti dipendenti godano di un doppio trattamento di pensione, è effettuato un conguaglio fra le due pensioni, previsto dall’accordo 15 gennaio 1968, con le seguenti modalità: la pensione erogata dalla CPDEL viene trattenuta dall’azienda, anche se una parte di questa (pensione), proporzionata ai contributi versati dal dipendente in costanza di rapporto di lavoro, è versata al dipendente in aggiunta al trattamento aziendale. Di qui la necessità pure avvertita dalla società odierna ricorrente di adeguare le basi retributive utili dei due trattamenti pensionistici, in modo da garantire la omogeneità dei valori di riferimento, poi esplicitata nella Delib. aziendale 29 settembre 1987, n. 404, in cui si chiariva che con decorrenza 1 gennaio 1987 la base imponibile delle pensioni aziendali previste dal regolamento organico del 1945, anch’esso innanzi citato, in stretta analogia con gli elementi retributivi sui quali era calcolata la pensione CPDEL, doveva comprendere tutti gli elementi retributivi aventi carattere di fissità, continuità e irrevocabilità, limitatamente al personale in servizio assunto prima del 30 gennaio 1963 e regolato agli effetti pensionistici dalle norme del regolamento organico 22 settembre 1945.

10. Il secondo motivo è inammissibile, non essendo riprodotte, nè allegate al ricorso, nè puntualmente localizzate le lettere (ritenute dal giudice di merito interruttive della prescrizione) richiamate.

11. Risultano così violate le prescrizioni desumibili dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (nel testo che risulta a seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 40 del 2006, operante ratione temporis), nell’interpretazione che ne ha in più occasioni ribadito questa Corte, secondo la quale qualora il ricorrente per cassazione si dolga dell’omessa od erronea valutazione di un documento da parte del giudice del merito, per rispettare il principio di specificità dei motivi del ricorso – da intendere alla luce del canone generale “della strumentalità delle forme processuali” – ha l’onere di indicare nel ricorso medesimo il contenuto rilevante del documento stesso, fornendo al contempo alla Corte elementi sicuri per consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti processuali: ciò allo scopo di porre il Giudice di legittimità in condizione di verificare la sussistenza del vizio denunciato, senza compiere generali verifiche degli atti senza compiere generali verifiche degli atti (v. Cass. n. 17168 del 2012, Cass. n. 1391 del 2014, Cass. n. 3224 del 2014).

12. Segue coerente il rigetto del ricorso.

13. Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza, con distrazione ex art. 93 c.p.c. in favore del difensore in virtù della dichiarata anticipazione.

14. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, rimborso delle spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge, con distrazione in favore del difensore avv. Bruno Mele.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 21 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2019

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