Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12652 del 19/05/2017

Cassazione civile, sez. trib., 19/05/2017, (ud. 26/04/2017, dep.19/05/2017),  n. 12652

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. BOTTA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17786/2013 R.G. proposto da:

Fondazione Istituto Sacra Famiglia ONLUS, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma,

piazzale Clodio 32, presso l’avv. Lidia Sgotto Ciabattini, che,

unitamente all’avv. Bassano Baroni, la rappresenta e difende giusta

delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Comune di Andora, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma via Maresciallo Pisudski 118, presso l’avv.

Francesco Paoletti, rappresentato e difeso dagli avv.ti prof. Mario

Alberto Quaglia e Paolo Gaggero, giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Liguria (Genova), Sez. 8, n. 20/8/12 del 7 novembre 2011, depositata

il 24 maggio 2012, non notificata.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 26 aprile

2017 dal Consigliere Dott. Raffaele Botta.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che:

– la controversia concerne l’impugnazione di un avviso di accertamento per ICI 2006 in relazione ad un immobile dell’ente intimato in (OMISSIS) utilizzato per lo svolgimento di attività di assistenza e ricovero per disabili per il quale l’ente stesso reclamava il riconoscimento dell’esenzione prevista dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i);

– l’ente locale ha notificato controricorso per ribadire le proprie posizioni difensive;

Preso atto che il P.G. non ha depositato conclusioni scritte;

Viste le memorie depositate dalle parti ad ulteriore illustrazioni delle reciproche posizioni difensive.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

– con il primo motivo di ricorso, la Fondazione denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), affermando che erroneamente il giudice di merito aveva escluso l’applicabilità nella specie dell’esenzione disposta dalla norma richiamata pur ricorrendone le condizioni, in particolare alla luce del D.L. n. 223 del 2006, art. 39 e della Circolare del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 26 gennaio 2009 n. 2/DF; in proposito la parte ricorrente preliminarmente chiede che sia proposta alla Corte di Giustizia questione pregiudiziale relativamente alla corretta interpretazione da dare a quanto disposto dalla decisione della Commissione europea del 19 dicembre 2012;

– deve essere congiuntamente valutato, per connessione logica, il quarto motivo di ricorso con il quale la parte ricorrente denuncia l’insufficienza della motivazione con la quale il giudice di merito ha giustificato la ritenuta esclusione nel caso delle condizioni per il riconoscimento dell’esenzione di cui al richiamato del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i);

– in ragione della chiarezza dalla quale è connotata la decisione della Commissione europea del 19 dicembre 2012 possa essere disattesa la richiesta di domanda pregiudiziale alla Corte di Giustizia formulata dalla parte ricorrente, anche in considerazione della sostanziale conformità del consolidato orientamento di questa Corte ai principi enunciati nella ricordata decisione della Commissione, come riconosce la stessa parte ricorrente nella memoria depositata per l’odierna udienza (con riferimento in particolare alle sentenze nn. 6711 del 2015 e 13970 del 2016) precisando che sia possibile risolvere la questione mediante “una interpretazione (della norma di esenzione) conforme ai principi e alle norme comunitarie” secondo le indicazioni della Commissione alla luce dei rilievi e dei principi espressi nella richiamata giurisprudenza di legittimità;

– le censure sopraindicate sono fondate sulla base delle seguenti considerazioni:

a) Vero è che questa Corte ha affermato che “in tema d’imposta comunale sugli immobili (ICI), il D.L. n. 203 del 2005, art. 7, comma 2 bis (introdotto dalla Legge di Conversione n. 248 del 2005), che ha esteso l’esenzione disposta dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), alle attività indicate nella medesima lettera a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse, e il D.L. n. 223 del 2006, art. 39, convertito nella L. n. 248 del 2006, che ha sostituito il comma 2 bis dell’art. 7 cit., estendendo l’esenzione alle attività che non abbiano esclusivamente natura commerciale, non si applicano retroattivamente, trattandosi di disposizioni che hanno carattere innovativo e non interpretativo” (Cass. n. 14795 del 2015; nello stesso senso in precedenza Cass. n. 14530 del 2010).

b) Tuttavia la Corte ha anche ritenuto che in ogni caso: “l’esenzione di cui al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. (i), anche in base all’evoluzione di cui al D.L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 7, comma 2 bis, conv. in L. 2 dicembre 2005, n. 248 (come sostituito dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 39, comma 1, conv. in L. 4 agosto 2006, n. 248), impone di considerare realizzate in senso non esclusivamente commerciale le attività sanitarie e assistenziali che, in ciascun ambito territoriale e secondo la normativa ivi vigente, per le concrete modalità di svolgimento, non siano orientate alla realizzazione di profitti, senza che rilevi il mero fatto dell’esistenza di una convenzione pubblica alla base di tale attività. Ne consegue che il contribuente ha l’onere di dimostrare l’esistenza, in concreto, dei requisiti dell’esenzione, mediante la prova che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti (poichè di tipo assistenziale e sanitario), non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale ed abbia quelle finalità solidaristiche alla base delle ragioni di esenzione, mentre spetta al giudice di merito l’obbligo di accertare in concreto le circostanze fattuali, senza far ricorso ad astrazioni argomentative” (Cass. n. 6711 del 2015);

c) Ad avviso della Corte “l’esenzione dall’imposta prevista dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i), è subordinata alla compresenza di un requisito soggettivo, costituito dallo svolgimento di tali attività da parte di un ente che non abbia come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, (art. 87, comma 1, lett. c), cui il citato art. 7 rinvia), e di un requisito oggettivo, rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell’immobile di attività di assistenza o di altre attività equiparate, il cui accertamento deve essere operato in concreto, verificando che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti, non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale” (Cass. n. 14226 del 2015);

d) Si tratta, quindi, di un accertamento di fatto da parte del giudice circa l’esercizio con modalità “non commerciali” di una determinata attività che secondo la norma potrebbe astrattamente considerarsi esente: questa Corte non ha mancato di evidenziare che “la sussistenza del requisito oggettivo – che in base ai principi generali è onere del contribuente dimostrare non può essere desunta esclusivamente sulla base di documenti che attestino “a priori” il tipo di attività cui l’immobile è destinato, occorrendo invece verificare che tale attività, pur rientrante tra quelle esenti, non sia svolta, in concreto, con le modalità di un’attività commerciale” (Cass. n. 5485 del 2008);

– la sentenza impugnata non è in linea con l’orientamento di questa Corte come sopra ricordato: manca, da un lato, un rigoroso (e convincente) accertamento delle condizioni per il riconoscimento dell’esenzione, in particolare in ordine alle modalità non commerciali di svolgimento dell’attività e non risulta dato il giusto rilievo all’onere della prova che grava sull’ente che reclama l’esenzione, e d’altro, la motivazione è caratterizzata da una sostanziale apoditticità laddove afferma la natura commerciale delle attività svolte dalla Fondazione “deve ritenersi sussistere – anche considerandone le specifiche modalità d’esercizio”;

– i restanti due motivi di ricorso sono inammissibili in quanto le norme del T.U.I.R. e del D.Lgs. n. 460 del 1997, delle quali si denuncia la violazione e falsa applicazione concernono esclusivamente le imposte sui redditi e sono estranee all’applicazione della disciplina sull’ICI;

pertanto devono essere accolti il primo e il quarto motivo di ricorso, nel senso di cui in motivazione, rigettati i restanti, e la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa alla Commissione Tributaria Regionale della Liguria, in diversa composizione, delegando il giudice del rinvio per la liquidazione delle spese relative alla presente fase di legittimità.

PQM

 

Accoglie il primo e il quarto motivo di ricorso, rigettati i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione Tributaria Regionale della Liguria, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 26 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2017

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