Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12652 del 12/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 12/05/2021, (ud. 23/03/2021, dep. 12/05/2021), n.12652

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13082-2020 proposto da:

A.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato FRANCESCA PENTERICCI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso. AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto n. cronol. 2720/2020 del TRIBUNALE di ANCONA, il

05/03/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di Consiglio non

partecipata del 23/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. TRICOMI

LAURA.

 

Fatto

RITENUTO

che:

A.G., nato in Pakistan, impugnava la decisione della Commissione Territoriale, con cui era stata respinta la sua domanda di protezione internazionale e di permesso di soggiorno per ragioni umanitarie.

Con il decreto, il Tribunale di Ancona ha rigettato il ricorso avverso tale decisione.

Il ricorrente aveva riferito di essere fuggito dal proprio Paese perchè si sentiva minacciato a seguito di alcuni episodi che avevano riguardato la sua famiglia; segnatamente, aveva narrato che la sua famiglia, unica di religione sciita nel suo paese, aveva promosso delle preghiere in casa divenendo oggetto, una prima volta, di insulti, ed una seconda volta di aggressioni che avevano portato al ferimento della madre e del nonno; che la polizia non aveva voluto ricevere la denuncia e che egli stesso era stato attinto da colpi di arma da fuoco; che durante la degenza in ospedale aveva saputo che la sua casa era stata distrutta e che il gruppo di Lashkar-E-Jhangvi aveva accusato lui ed il nonno di blasfemia, di guisa che potevano essere uccisi; che, con la famiglia, si era trasferito in un altro paese e poi, non sentendosi sicuro, si era spostato in Europa, giungendo quindi in Italia.

Il Tribunale ha ritenuto che il racconto non era credibile perchè non circostanziato, ma connotato da molteplici contraddizioni; in particolare ha considerato che risultava poco plausibile che improvvisamente si fossero verificati episodi di ostilità ed insofferenza religiosa, mai prima riscontrati, nei confronti della famiglia del richiedente ed ha affermato che l’accusa di blasfemia non era circostanziata e che lo stesso richiedente aveva dichiarato che dopo il trasferimento dal paese, nell’ambito dello stesso Pakistan, i problemi erano cessati.

Il Tribunale, quindi, ha considerato che la domanda di protezione era stata già presentata con esito negativo dinanzi all’Autorità tedesca e, quindi reiterata dinanzi all’Autorità italiana sulla base dei medesimi fatti e la ha quindi respinta.

Il richiedente propone ricorso per cassazione con tre mezzi. Il Ministero dell’Interno ha depositato mero atto di costituzione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Il ricorso è articolato nei seguenti motivi: 1) in relazione ai capi da 3 a 9 del decreto impugnato, motivazione apparente, tautologica ed apodittica in violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; 2) in relazione ai capi 4, 5, 6, 7 del decreto, violazione dell’art. 1 A della Convenzione di Ginevra, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 1, 2 e 5, e art. 14, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, nonchè vizio di motivazione; 3) in relazione al capo 8 del decreto, violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e art. 19, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, dell’art. 3 CEDU e dell’art. 10 Cost., nonchè vizio di motivazione.

2. Il ricorso è inammissibile.

Il Tribunale ha respinto la domanda di protezione con motivazione enunciando plurime ed autonome rationes decidendi che non risultano tutte attaccate.

Sotto un primo profilo, ha respinto la domanda di protezione con una motivazione che risponde al minimo costituzionale richiesto, in quanto idonea a far comprendere l’iter logico giuridico seguito, fondata sulla scorta della ravvisata non credibilità del racconto circa le ragioni della fuga e dell’esclusione della ricorrenza dei presupposti richiesti per il riconoscimento delle diverse forme di protezione, mediante l’analisi delle fonti accreditate, che è stata oggetto delle doglianze articolate nei tre motivi di ricorso.

Sotto un secondo profilo, con una distinta ed autonoma ratio decidendi costituita dall’accertato carattere reiterativo della domanda, già proposta dinanzi all’Autorità tedesca, la ha respinta perchè “il ricorrente non ha fornito nuovi elementi necessari per aumentare la probabilità di accoglimento della sua istanza di protezione internazionale, ma ha superficialmente adito il Tribunale. Il ricorrente ha narrato nuovamente la sua storia personale, i cui aspetti erano stati già portati al vaglio di altro giudice Europeo in Germania, nè la parte ha precisato le ragioni della reiterazione, nè l’assenza di colpa relativamente all’omessa rappresentazione di fatti che non avrebbe portato al vaglio del primo giudice” (fol. 7/8 del ricorso).

Questa statuizione, conforme ai principi elaborati da questa Corte secondo i quali “In tema di protezione internazionale, i “nuovi elementi”, alla cui allegazione il D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 29, lett. b), subordina l’ammissibilità della reiterazione della domanda di riconoscimento della tutela, possono consistere, oltre che in nuovi fatti di persecuzione o comunque costitutivi del diritto alla protezione stessa, successivi al rigetto della prima domanda da parte della competente commissione, anche in nuove prove dei fatti costitutivi del diritto, purchè il richiedente non abbia potuto, senza sua colpa, produrle in precedenza innanzi alla commissione in sede amministrativa, nè davanti al giudice introducendo il procedimento giurisdizionale di cui al D.Lgs. citato, art. 35.” (Cass. n. 5089 del 28/02/2013; Cass. n. 18440 del 09/07/2019), non risulta impugnata, con l’effetto di rendere inammissibile il ricorso.

Invero, va qui ribadito che, ove il decreto impugnato sia sorretto da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, posto che, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, la censura restante non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento del decreto (Cass. n. 18641 del 27/07/2017; Cass. n. 13880 del 06/07/2020).

3. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.

Non si provvede sulle spese, in assenza di attività difensiva del resistente.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).

PQM

– Dichiara inammissibile il ricorso;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 23 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2021

 

 

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