Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12648 del 24/05/2010

Cassazione civile sez. I, 24/05/2010, (ud. 05/05/2010, dep. 24/05/2010), n.12648

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – rel. Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21906/2005 proposto da:

G.A. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA UGO DE CAROLIS 87, presso l’avvocato IELO

ANTONIO, rappresentato e difeso dall’avvocato GAROFALO Corrado

Giuseppe, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.P.A., in persona del Presidente pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, C.SO VITTORIO EMANUELE II

32 6, presso l’avvocato SCOGNAMIGLIO Renato, che la rappresenta e

difende, giusta procura speciale per Notaio Dott. RICCARDO COPPINI di

SIENA – Rep. n. 43546 del 23.9.05;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 100/2005 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 16/04/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

05/05/2010 dal Consigliere Dott. RENATO RORDORF;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato PORCELLI VINCENZO, per

delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 16 aprile 2005 la Corte d’appello di Caltanissetta, riformando una precedente pronuncia del tribunale della medesima città, rigettò le domande del sig. G. A., volte a far dichiarare la nullità di un contratto d’intermediazione finanziaria stipulato con la Banca Monte dei Paschi di Siena (in prosieguo Monte dei Paschi), in forza del quale l’attore aveva sottoscritto obbligazioni emesse dalla medesima banca per l’importo di Euro 124.353,78, di cui aveva perciò chiesto la restituzione.

La nullità di detto contratto era stata invocata dal sig. G. per la presenza di clausole prestampate poco comprensibili e per non avergli la banca fornito adeguate informazioni sulle caratteristiche dell’investimento eseguito. Ma la corte d’appello – dopo aver disatteso una preliminare eccezione d’inammissibilità del gravame – ritenne che la pretesa dell’attore fosse infondata, avendo egli avuto piena contezza della natura e delle caratteristiche delle operazioni finanziarie compiute, in quanto ben chiarite dal programma di emissione delle obbligazioni sottoscritte ed, in generale, dalla documentazione contrattuale che gli era stata a suo tempo sottoposta.

Per la cassazione di tale sentenza il sig. G. ha proposto ricorso, al quale il Monte dei Paschi ha replicato con controricorso, illustrato anche da successiva memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con un unico, articolato motivo di ricorso il sig. G. lamenta sia vizi di motivazione della sentenza impugnata, sia la violazione di una pluralità di articoli del codice civile e di procedura civile, nonchè del D.Lgs. n. 58 del 1998, e del regolamento emanato dalla Consob in attuazione di detto decreto.

Egli assume che la corte territoriale avrebbe omesso di motivare le ragioni per le quali, discostandosi dalle conclusioni cui era pervenuto il primo giudice, ha negato la fondatezza di quanto sostenuto dalla difesa dell’appellato; sostiene che l’impugnata sentenza avrebbe confuso l’informazione resa dalla banca al cliente all’atto della stipulazione del contratto disciplinante in generale la prestazione dei servizi d’intermediazione finanziaria con l’informazione, risultata invece carente, da rendersi prima della sottoscrizione delle specifiche obbligazioni delle quali si discute;

lamenta che sia mancata, da parte della banca, la doverosa verifica preliminare circa l’esperienza del cliente in operazioni finanziarie, la sua propensione al rischio e la sua situazione patrimoniale;

insiste nel sostenere che il modulo da lui sottoscritto per l’investimento in obbligazioni del Monte dei Paschi non conteneva indicazioni chiare in ordine alla natura ed alle caratteristiche di tali obbligazioni e circa le informazioni rese al sottoscrittore;

nega che l’operazione fosse adeguata alle sue personali condizioni ed alla sua età, onde essa avrebbe abbisognato da parte sua di una specifica autorizzazione che non risultava invece mai rilasciata;

ribadisce che gravava sulla banca l’onere della prova di aver agito con la necessaria diligenza.

Da ultimo, il ricorrente richiama anche un’eccezione d’inammissibilità dell’appello, da lui sollevata dinanzi al giudice di secondo grado e da questo non accolta.

2. Le riferite doglianze non appaiono in alcun modo accoglibili.

2.1. In ordine logico, va anzitutto esaminata quella concernente la pretesa inammissibilità dell’appello, che si manifesta però del tutto priva di fondamento, non potendosi sostenere che, per il solo fatto di aver limitato le proprie conclusioni al rigetto delle domande di controparte, l’appellante non abbia altresì inteso chiedere la riforma della sentenza di primo grado, che quelle domande aveva invece accolto, nè che, in concreto, le ragioni addotte dalla medesima appellante a sostegno di dette conclusioni non implicassero, di per se stesse, una critica della sentenza appellata.

La corte d’appello è stata quindi correttamente investita del compito di esaminare detta sentenza, alla luce delle ragioni in contrario addotte dall’impugnante.

2.2. Quanto al merito, le censure formulate dal ricorrente risultano in parte inammissibili ed in parte infondate.

Inammissibili appaiono quelle che, facendo riferimento a tematiche non espressamente indicate nella motivazione della sentenza impugnata, omettono di precisare se ed in quale atto difensivo tali tematiche fossero state già prospettate nei gradi di merito.

Del pari inammissibili sono i rilievi – ivi compresi quelli concernenti il preteso difetto di forma oppure di chiarezza di clausole contrattuali o il contenuto vessatorio delle stesse – che, per alcuni aspetti, presupporrebbero accertamenti in punto di fatto circa il modo in cui si è davvero svolta la contrattazione tra la banca ed il cliente e, per altri aspetti, un esame diretto del materiale istruttorie accertamenti ed esame non consentiti al giudice di legittimità, non avendo neppure per parte sua il ricorrente compiutamente assolto l’onere di riproduzione integrale delle clausole contestate nel ricorso, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso medesimo.

L’infondatezza delle doglianze riguardanti pretese violazioni delle regole di comportamento poste a carico della banca dalla legislazione primaria e secondaria sui servizi d’investimento finanziari discende dall’assorbente rilievo (col quale deve essere qui integrata la motivazione dell’impugnata sentenza) per cui la quasi totalità delle violazioni del genere di quelle denunciate nel presente caso possono eventualmente dare adito a pretese risarcitorie o alla risoluzione per inadempimento, ma non valgono di per sè sole a determinare la nullità del contratto d’intermediazione stipulato dalla banca col cliente. In tal senso si sono pronunciate le sezioni unite di questa corte (sentenza n. 26724/07) e non vi sarebbe qui ragione di discostarsi dall’enunciato principio.

Per il resto, avendo la corte territoriale escluso, con accertamento di fatto non censurabile in questa sede, che vi sia stata violazione delle regole dettate a pena di nullità dal legislatore in ordine alla forma dei rapporti contrattuali di cui si discute, risulta perciò stesso priva di base la pretesa del ricorrente di far dichiarare la nullità degli atti negoziali da lui stipulati.

Neppure, infine, può riconoscersi un qualche fondamento alle doglianze concernenti la motivazione della sentenza impugnata: la quale ha dato sufficientemente conto delle ragioni sulle quali la decisione si è basata, senza dovere necessariamente procedere all’esame analitico di ogni singolo passaggio della contraria pronuncia di primo grado e degli argomenti difensivi dell’attore cui quella precedente pronuncia aveva invece aderito, evidentemente incompatibili col diverso iter argomentativo fatto proprio dal giudice d’appello.

3. Il ricorso va perciò rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 5.000,00 per onorari ed Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5.000,00 per onorari ed Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 5 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2010

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