Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12648 del 18/06/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 1 Num. 12648 Anno 2015
Presidente: CECCHERINI ALDO
Relatore: DI VIRGILIO ROSA MARIA

ha pronunciato la seguente

T

SENTENZA

sul ricorso 3424-2013 proposto da:
ROANA CEREALI S.N.C. DI ROANA CRISTINA E C. (C.F.
00765440292), in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

Data pubblicazione: 18/06/2015

PIAZZA CAVOUR 17, presso l’avvocato MASSIMO
PANZARANI, che la rappresenta e difende unitamente
2015
865

all’avvocato FRANCESCO ZARBO, giusta procura in
calce al ricorso;
– ricorrente contro

1

FALLIMENTO RIGON AGRICOLTURA S.R.L., in persona del
le

Curatore

dott.

CARLO

VIGNAGA,

elettivamente

.5. domiciliato in ROMA, PIAZZA VESCOVIO 21, presso
l’avvocato TOMMASO MANFEROCE, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato MARCO DALLA

controricorrente

avverso la sentenza n. 2370/2012 della CORTE
D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 07/11/2012;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 12/05/2015 dal Consigliere
Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato PANZARANI

MASSIMO che si riporta;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANNA MARIA SOLDI che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

VERITA’, giusta procura in calce al controricorso;

2

”•■••-“–

Svolgimento del processo
Roana Cereali s.n.c. proponeva ricorso ex art.103 1.f. nei
confronti del Fallimento della Rigon Agricoltura s.r.1.,
rivendicando la proprietà del mais stoccato nei silos

dell’impianto di essiccazione e stoccaggio di granaglie
sito in Arquà Polesine, del quale sosteneva di avere il
godimento in forza del contratto stipulato con la Rigon
Agricoltura (successivamente dichiarata fallita il
18/12/1998), denominato di comodato, ma in realtà di
conduzione verso corrispettivo.
La domanda veniva respinta; il giudizio di opposizione si
concludeva in primo grado con la reiezione e la condanna
della Roana a pagare al Fallimento la somma di lire
7

650.950.000, concordata all’atto di vendita a Roana dei
cereali stoccati nei silos, otre iva ed interessi;
dichiarata dalla Corte d’appello l’inammissibilità
dell’impugnazione, ritenendosi censurata solo una delle due
statuizioni addotte dal Tribunale per la reiezione
dell’opposizione, veniva proposte ricorso per cassazione;
con la sentenza n.4813 del 2011, la Suprema Corte
accoglieva il primo motivo di ricorso, per avere la Corte
del merito assiomaticamente concluso per l’inammissibilità
dell’appello, senza verificare se l’appellante avesse
censurato anche la seconda ratio decidendi

del Tribunale,

e cassava con rinvio la sentenza impugnata.
%

3

Riassunta la causa da Roana Cereali, la Corte territoriale,
con sentenza in data 12/7-7/11/2012, ha respinto l’appello
e condannato Roana alle spese.
La Corte del merito, rilevato che con l’appello Roana aveva
effettivamente censurato anche la seconda statuizione del

e

Tribunale, ha ritenuto fondata l’eccezione della Curatela,
trattarsi non di locatio rei, ma di affitto di azienda o di
ramo d’azienda, non iscritto nel Registro delle Imprese ex
art. 2556, 2 0 comma c.c., e quindi inopponibile alla
curatela ex art.45 1.f.
Propone ricorso Roana, sulla base di quattro motivi.
Si difende con controricorso il Fallimento.
La ricorrente ha depositato la memoria ex art.378 c.p.c.
Motivi della decisione
1.1.- Col primo motivo, la ricorrente si duole della
violazione e/o falsa applicazione degli artt. 324 c.p.c.,
384 c.p.c. e 2909 c.c.; sostiene che la Corte del merito
avrebbe violato i limiti del giudizio di rinvio, avendo la
S.C. nella sentenza 4813/2011 qualificato il contratto come
locatio

rei, e su detta qualificazione ha fondato

l’accoglimento del motivo di ricorso, con rinvio alla Corte
territoriale.
2.1.- Il primo motivo è infondato.
La sentenza di questa Corte 4813/2011 non si è pronunciata
su questioni di merito, ma solo sull’ammissibilità
4

dell’appello e, nel valutare tale profilo preliminare

t

non

ha operato la specifica qualificazione del rapporto tra
Roana e Rigon, ma si è limitata ad utilizzare la
terminologia della sentenza impugnata, osservando che

l’invocazione, da parte dell’appellante, dell’opponibilità
del contratto di locazione implicava la rivendicabilità dei
beni generici depositati nei silos.
Questa Corte ha infatti specificamente cassato la pronuncia
della Corte territoriale, per non avere valutato se Roana,
con la deduzione “in atto d’appello che “la sentenza sul
punto è quantomeno sbrigativa, posto che si limita ad
osservare che il mais è bene fungibile e non vi sarebbe
quindi prova della corrispondenza tra il cereale recapitato
e quello rinvenuto dal curatore. Tale affermazione merita
di essere criticata, tenuto conto che il Tribunale trascura
che, prima della locazione a Roana Cereali s.n.c.,
l’impianto di Rigon Agricoltura s.r.l. era inattivo e
quindi vuoto e che successivamente la gestione esclusiva è
stata dell’appellante…” non avesse,

per l’appunto,

contestato la correttezza della seconda

ratio decidendi

sulla quale si fondava la pronuncia del Tribunale, atteso
che, una volta dimostrata l’opponibilità al fallimento del
contratto di locazione, e dunque la sussistenza di un
titolo

(la

detenzione

in

esclusiva

dell’impianto)

\A,

astrattamente idoneo ad evitare che il mais stoccato nei
5

silos divenisse di proprietà della Rigon, l’appartenenza
(pacifica) del cereale alla categoria dei beni di genere
non avrebbe di per sè giustificato il rigetto della
domanda.”
Né la qualificazione del rapporto come contratto di

.

locazione piuttosto che di affitto d’azienda può ritenersi
presupposto logico ed inderogabile della decisione
indicata, essendo estranea la qualificazione al profilo
d’impugnazione accolto dalla pronuncia di cassazione con
rinvio.
Ne consegue che il Giudice del rinvio non aveva altro
vincolo che valutare l’ammissibilità dell’impugnazione e
decidere nel merito, senza incontrare altri limiti che
quelli propri dell’effetto devolutivo dell’appello.
1.2.- Col secondo motivo, la ricorrente denuncia il vizio
di violazione e falsa applicazione dell’art.2556, 2 0 comma
c.c.; sostiene che il requisito della forma scritta vale
solo sul piano della prova e non della validità dell’atto
(salvo che la forma scritta sia richiesta dalla natura dei
beni), di talchè, in forza dell’art.12 delle preleggi, deve
ritenersi obbligatoria l’iscrizione nel Registro delle
imprese solo per i contratti stipulati per scrittura
privata o atto pubblico, per la natura dei beni o per la
volontà delle parti.
2.2.- Il motivo è infondato.
6

Va a riguardo osservato che l’affitto d’azienda non
richiede la forma scritta per la sua validità, a meno che
tale forma non sia richiesta per la natura dei singoli beni
trasferiti o per la particolare natura del contratto, né il
dell’art.2556

c.c

contraddice

detta

capoverso

affermazione, atteso che detta disposizione non attiene
alla validità del contratto, ma al regime dell’opponibilità
ai terzi, per la quale la norma in questione richiede
l’iscrizione nel Registro delle imprese, che a sua volta
postula l’atto pubblico o la scrittura privata autenticata;
e detta formalità comporta l’applicazione dell’art.45 1.f.
Ne consegue l’infondatezza dell’interpretazione offerta
dalla ricorrente, che tende a confondere i due diversi
piani della validità e dell’opponibilità del contratto.
1.3.- Con il terzo mezzo, Roana cereali denuncia l’omesso
esame di fatti decisivi per il giudizio, nonché la
violazione dell’art.2704 c.c.; fa valere a riguardo la
molteplicità degli elementi che depongono, in tesi, per la
certezza della data del contratto di cui si discute.
2.3.- Il motivo è inammissibile.
Al presente giudizio si applica ratione

temporis

(la

sentenza impugnata è stata depositata il 7 novembre 2012)
l’art.360 n.5 c.p.c., come sostituito dall’art.54, l ° comma
lett. b) del d.l. 83/2012, convertito con modificazioni
nella 1. 134/2012; come ritenuto nella recente pronuncia
7

I
i
,

delle Sezioni unite, 19881/2014, “il controllo previsto dal
nuovo n. 5) dell’art. 360 c. p. c. concerne – l’omesso

..

esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui
esistenza risulti dal testo della sentenza (rilevanza del

dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche
del dato extratestuale), che abbia costituito oggetto di
discussione e abbia carattere decisivo (vale a dire che se
esaminato avrebbe determinato un esito diverso della
controversia). L’omesso esame di elementi istruttori, in
quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto
decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico
rappresentato sia stato comunque preso in considerazione
dal giudice, ancorché questi non abbia dato conto di tutte
le risultanze probatorie astrattamente rilevanti.”
Nella specie, la ricorrente si duole dell’omesso esame di
allegazioni della parte e di documenti prodotti in causa,
non quindi di “fatti storici”,

sia pure secondari (in

realtà, il fatto di cui si controverte è l’affitto
d’azienda, sul quale il Giudice si è pronunciato), di
talchè il motivo non è riconducibile alla formulazione del
nuovo art.360 n.5 c.p.c.
1.4.- Col quarto mezzo, la ricorrente denuncia la
violazione e/o falsa applicazione dell’art.2704 c.c., per
non avere la Corte del merito valutato tutta la serie di
documenti prodotti (in particolare, la denuncia di
8

variazione all’Ufficio Iva del 22/9/1998, gli assegni
bancari e le relative fatture della Rigon annotate sui
registri contabili regolarmente tenuti e vidimati), che
avrebbero consentito di affermare che Roana aveva la

gestione esclusiva dell’impianto di essiccazione dal 3/9798
e che il mais di cui è causa non poteva essere che della
ricorrente.
1.4.- Il motivo è infondato.
Nella specie, non è in discussione la certezza della data
del contratto, ma il criterio di regolamentazione del
conflitto tra il rivendicante e la massa dei creditori
fallimentari, di talchè a nulla varrebbe la certezza della
data anteriore al fallimento del contratto non iscritto nel
Registro delle Imprese prima della dichiarazione di
fallimento.
3.1.- Conclusivamente, va respinto il ricorso; le spese di
lite, liquidate come in dispositivo, seguono la
soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alle
spese, liquidate in euro 10.000,00, otre euro 200,00 per
esborsi; oltre spese forfettarie ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del d.p.r. 115 del
2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore
9

importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso principale, a norma del comma l bis
dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, in data 12 maggio 2015
nte

Il P

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA