Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12648 del 13/05/2019

Cassazione civile sez. lav., 13/05/2019, (ud. 06/02/2019, dep. 13/05/2019), n.12648

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17014-2013 proposto da:

C.G., (OMISSIS), + ALTRI OMESSI, tutti elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DEI MILLE 41/A, presso lo studio

dell’avvocato ENNIO SCAPPATICCI, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

Avvocati ANTONINO SGROI, ANTONIETTA CORETTI, VINCENZO STUMPO,

VINCENZO TRIOLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 780/2012 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 17/07/2012 R.G.N. 2071/2010;

il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

Fatto

RILEVATO

che:

1. con sentenza del 17 luglio 2012, la Corte di Appello di Palermo confermava la decisione del Tribunale di Agrigento d rigetto della domanda proposta dagli epigrafati ricorrenti – tutti ex dipendenti della A.M. s.r.l. in mobilità – nei confronti dell’INPS ed intesa al ricalcolo dell’indennità di mobilità includendovi alcune voci non computate (indennità di trasferta giornaliera, indennità di mensa, nonchè, secondo la qualifica, indennità di trasporto e indennità di capoquadra) ed alla condanna dell’istituto al pagamento delle relative differenze;

2. ad avviso della Corte territoriale e per quanto ancora di rilievo in questa sede: dalla circostanza che l’INPS non avesse contestato la qualità di “impiantisti telefonici trasferisti” degli appellati nella memoria di costituzione innanzi al Tribunale di Napoli (il giudizio, infatti era stato riassunto innanzi al Tribunale di Agrigento a seguito della declinatoria di incompetenza del Tribunale di Napoli originariamente adito) non poteva desumersi l’integrale avallo riguardo a tutti gli altri aspetti rilevanti nella fattispecie, in particolare, con riferimento al connotato retributivo della indennità di trasferta; comunque, anche a voler ritenere la natura retributiva degli emolumenti corrisposti a titolo di indennità di trasferta, non ne era stato provato il carattere fisso e continuativo a tanto non essendo sufficiente il carattere “giornaliero” o “quotidiano e forfetario” attribuito alla detta indennità (dal contratto integrativo aziendale del 1998 e dall’accordo sindacale del gennaio 1998);

3. per la cassazione di tale decisione hanno proposto ricorso gli epigrafati lavoratori affidato a sei motivi cui resiste l’INPS con controricorso; il Procuratore Generale ha depositato requisitoria in cui conclude per l’accoglimento del ricorso;

4. entrambe le parti hanno depositato memorie in prossimità dell’udienza.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5. con i primi due motivi di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c.: per non avere la Corte territoriale considerato la non contestazione da parte dell’INPS non solo della qualità di “trasfertista” dei ricorrenti ma anche della valenza retributiva della “indennità di trasferta” conseguente alla non contestazione e dei conteggi contenuti nel libello introduttivo (da cui emergeva come l’indennità di trasferta rientrasse nelle singole “retribuzioni globali di fatto”) e dei documenti allegati al ricorso ovvero le buste paga, l’Accordo Integrativo M. s.r.l. del 1998, il Verbale ricognitivo di Accordo M. s.r.l. del gennaio 1998 (primo motivo); per non avere posto a fondamento della decisione i fatti non contestati, quindi, pacifici ritenendo, invece, che gli stessi dovessero essere provati (secondo motivo). Con il terzo motivo viene dedotta violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 51, comma 6, avendo la Corte d’appello erroneamente definito l’indennità di trasferta percepita dai ricorrenti come indennità occasionale e non assoggettabile alla disciplina previdenziale e fiscale propria della “trasferta abituale” solo perchè non risultava presente in modo continuativo nelle buste paga – mentre, secondo la giurisprudenza più recente di questa Corte, non era più richiesta la continuità dell’erogazione – e senza tenere conto che, invece, si trattava di un’indennità forfetaria avente natura retributiva e rientrante nella “retribuzione globale di fatto” perchè corrisposta, come emergeva dall’Accordo Integrativo del febbraio 1998, a tutti i dipendenti svolgenti mansioni di “impiantisti telefonici/installatori” comportanti spostamenti da un luogo all’altro per l’installazione degli impianti. Con il quarto motivo si assume la violazione dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 3 Cost. essendo l’impugnata sentenza in contrasto con decine di sentenze passate in giudicato riguardanti colleghi degli attuali ricorrenti e come questi ultimi “impiantisti telefonici/installatori” trasfertisti dipendenti della A.M. s.r.l., emesse in giudizi speculari al presente che avevano incluso l’indennità di trasferta nel computo della “retribuzione globale di fatto” ai fini della determinazione della indennità di mobilità. Con il quinto motivo viene dedotta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 437 c.p.c. per non aver considerato le numerose buste paga concernenti sette degli attuali ricorrenti relative all’ultimo anno lavorativo (in cui erano presenti le voci: a) Trasferta 3/3 base…; b) ind. Sost. Mensa/base….; c) Ind. sost. Trasporto/base….) così omettendo di esercitare i poteri istruttori ufficiosi al fine di superare le incertezze sui fatti costitutivi dei diritti in contestazione allegati nel ricorso introduttivo del giudizio. Con il sesto motivo si denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti per non avere la Corte territoriale preso in alcuna considerazione le numerose buste paga allegate all’atto di appello e di cui si è detto al quinto motivo;

6. che i primi due motivi sono infondati. La Corte d’appello non ha ritenuto non contestato dall’INPS che i ricorrenti fossero impiantisti trasfertisti e la natura retributiva della indennità di trasferta ma ha affermato che l’istituto non aveva avallato la ricorrenza di tutti gli aspetti rilevanti nella fattispecie – e non la qualifica di trasfertisti avendo evidenziato, nel costituirsi innanzi al Tribunale di Napoli, di essersi regolato nel liquidare l’indennità di mobilità solo sui dati di cui era conoscenza, ovvero quelli comunicatigli dal datore di lavoro e come da costante insegnamento di questa Corte Suprema secondo cui, il principio di non contestazione è applicabile solo ai fatti noti alla parte, non a quelli ad essa ignoti (cfr. Cass. n. 8119; Cass. 14652/16; Cass., n. 3576/13);

7. il terzo motivo è, invece, fondato. Vale qui ricordare che, secondo la giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte, il T.U. n. 917 del 1986, art. 51, comma 6, non richiede per la sua applicazione che le indennità e le maggiorazioni ivi previste siano corrisposte in maniera fissa e continuativa, anche indipendentemente dalla effettuazione della trasferta e dal tipo di essa: ciò che rileva è unicamente che si tratti di erogazione corrispettiva dell’obbligo contrattuale assunto dal dipendente di espletare normalmente le proprie attività lavorative in luoghi sempre variabili e diversi e quindi al di fuori di una qualsiasi sede di lavoro prestabilita, restando irrilevanti le modalità di erogazione dell’indennità (cfr. in tal senso Cass. nn. 396 e 3824 del 2012, 22796 del 2013). Inoltre, in argomento, è intervenuto il D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, art. 7-quinquies, (conv. in L. 1 dicembre 2016 n. 225), il quale, nel dettare disposizioni in materia di “Interpretazione autentica in materia di determinazione del reddito di lavoratori in trasferta e trasfertisti”, ha disposto che “l’art. 51, comma 6 testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917”, debba interpretarsi “nel senso che i lavoratori rientranti nella disciplina ivi stabilita sono quelli per i quali sussistono contestualmente le seguenti condizioni: a) la mancata indicazione, nel contratto o nella lettera di assunzione, della sede di lavoro; b) lo svolgimento di un’attività lavorativa che richiede la continua mobilità del dipendente; c) la corresponsione al dipendente, in relazione allo svolgimento dell’attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, di un’indennità o maggiorazione di retribuzione in misura fissa, attribuite senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove la stessa si è svolta”. Si è poi precisato al comma 2, che “Ai lavoratori ai quali, a seguito della mancata contestuale esistenza delle condizioni di cui al comma 1, non è applicabile la disposizione di cui al testo unico di cui al citato D.P.R. n. 917 del 1986, art. 51, comma 6 è riconosciuto il trattamento previsto per le indennità di trasferta di cui al medesimo art. 51, comma 5”. Indi, le Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 27093 del 15.11.2017) hanno statuito che “E’ conforme ai principi costituzionali di ragionevolezza e di tutela del legittimo affidamento nella certezza delle situazioni giuridiche, oltre che all’art. 117 Cost., comma 1, sotto il profilo del principio di preminenza del diritto e di quello del processo equo di cui all’art. 6 della CEDU, il D.L. n. 193 del 2016, art. 7 quinquies (conv. con modif. in L. n. 225 del 2016) – che ha introdotto una norma retroattiva autoqualificata di “interpretazione autentica” del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 51, comma 6 con la quale si è stabilito, al comma 1, che i lavoratori rientranti nella disciplina prevista dal comma 6 sono quelli per i quali sussistono contestualmente le seguenti condizioni: a) la mancata indicazione, nel contratto o nella lettera di assunzione, della sede di lavoro; b) lo svolgimento di un’attività lavorativa che richiede la continua mobilità; c) la corresponsione al dipendente, in relazione allo svolgimento dell’attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, di un’indennità o maggiorazione di retribuzione “in misura fissa”, attribuite senza distinguere se il dipendente si sia effettivamente recato in trasferta e dove la stessa si è svolta, e che, in caso di mancata contestuale esistenza delle suindicate condizioni, è riconosciuto il trattamento previsto per le indennità di trasferta di cui al medesimo art. 51, comma 5″. Orbene, ai predetti criteri così come individuati da questa Corte ed alla luce dello ius superveniens non risulta essersi informata l’indagine di merito condotta nell’impugnata sentenza dalla Corte d’appello che, pur ritenendo i lavoratori in questione “trasfertisti” e rilevando come il contratto integrativo aziendale del 1998 e l’accordo sindacale del gennaio 1998 avessero attribuito il carattere “giornaliero” o “quotidiano e forfetario” all’indennità di trasferta, poi non aveva considerato tale emolumento fisso e continuativo dando rilievo alle modalità di erogazione dello stesso, dunque in base ad un criterio ormai non più decisivo;

7. l’accoglimento del terzo motivo assorbe il quarto il quinto ed il sesto;

8. pertanto, va accolto il terzo motivo di ricorso, rigettati il primo ed il secondo e dichiarati assorbiti il quarto il quinto ed il sesto, l’impugnata sentenza va cassata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il terzo motivo di ricorso, rigettati il primo ed il secondo ed assorbiti il quarto il quinto ed il sesto, cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, a seguito di riconvocazione, il 6 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2019

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