Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12646 del 18/06/2015


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 12646 Anno 2015
Presidente: FORTE FABRIZIO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso 14405-2013 proposto da:
KAOS EDIZIONI S.R.L. (p.i. 07737370150), in persona
del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIOVANNI
NICOTERA 29, presso l’avvocato MARIA ALICIA MEJIA
FRITSCH, che la rappresenta e difende unitamente
2015
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all’avvocato GIANFRANCO MARIS, giusta procura in
calce al ricorso;
– ricorrente contro

Data pubblicazione: 18/06/2015

:

CONFALONIERI FEDELE, elettivamente domiciliato in
ROMA, PIAZZA CAVOUR 17, presso l’avvocato FABIO
LEPRI, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato ERNESTO CAGGIANO, giusta procura a
margine del controricorso;
controricorrente

avverso la sentenza n. 2852/2012 della CORTE
D’APPELLO di MILANO, depositata il 28/08/2012;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 04/05/2015 dal Consigliere
Dott. GIUSEPPE DE MARZO;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato DI LORETO

ANNA, con delega, che si riporta;
udito, per il controricorrente, l’Avvocato LEPRI
FABIO che si riporta;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per
l’inammissibilità, in subordine rigetto del
ricorso.

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con sentenza depositata in data 28 agosto 2012, la Corte d’appello di Milano, in
parziale riforma della decisione di primo grado, ha ritenuto diffamatoria
l’affermazione contenuta nel libro “Le corna del diavolo”, con la quale si attribuiva
a Fedele Confalonieri la circostanza non vera dell’emissione di assegni a vuoto e,

loro, al risarcimento dei danni sofferti dal primo, quantificati nella misura di euro
15.000,00, oltre interessi legali dalla sentenza al saldo, nonché al pagamento della
somma di cui all’art. 12 I. n. 47 del 1948, liquidata, all’attualità, in euro 5.000,00,
oltre interessi legali dalla sentenza al saldo.
2. La Corte d’appello ha rilevato che, mentre la qualifica di “gran frequentare” del
bollettino dei protesti appariva giustificata, al di là della colorazione polemica, in
quanto agganciata ad un fatto riscontrato ed incontrovertibile, con riguardo al
mancato pagamento di alcune cambiali, il riferimento all’emissione di assegni a
vuoto, privo di ogni aggancio con la realtà, assumeva una connotazione
fortemente disdicevole, alla luce della considerazione che, all’epoca dei fatti, tale
condotta era sanzionata penalmente e comunque indicava il Confalonieri come
imprenditore che aveva tenuto un comportamento fraudolento, per avere emesso
dei titoli di credito nella consapevolezza della loro scopertura.
3. Avverso tale sentenza la Kaos Edizioni s.r.l. propone ricorso per cassazione
affidato a sette motivi. Il Confalonieri resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 24,
comma secondo, 111, comma secondo Cost., 300, commi primo, secondo e
quinto, cod. proc. civ., nonché omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione
circa un fatto controverso decisivo per il giudizio.
In particolare, la ricorrente deduce che, a pag. 5 della comparsa conclusionale
d’appello, la difesa della Kaos s.r.l. e del Petrini aveva dichiarato l’avvenuto
decesso di quest’ultimo, senza che il processo venisse interrotto.

in conseguenza, ha condannato la Kaos Edizioni s.r.l. e Carlo Petrini, in solido tra

2. Con il secondo motivo, si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 304,
298 e 299 cod. proc. civ., con conseguente nullità del procedimento e della
sentenza impugnata, pronunciata nonostante che, prima della sua delibazione, si
fosse verificato l’evento interruttivo rappresentato dal decesso del Petrini.
3. Con il terzo motivo si lamenta omessa, insufficiente e contraddittoria

dalla morte del Petrini, che la Corte territoriale non ha assolutamente preso in
considerazione, al fine di spiegare la scelta di emettere comunque la sentenza
impugnata.
4. I primi tre motivi, per la loro stretta connessione logica, possono essere
esaminati congiuntamente.
Va premesso che il terzo motivo è inammissibile, giacché, in tema di vizi del
procedimento, l’accertamento demandato alla Corte di cassazione deve consistere
unicamente nella verifica del rispetto, da parte del giudice di merito, della legge
processuale, a nulla rilevando il modo in cui egli abbia motivato la propria
decisione (Cass., sez. 3, sentenza 31 luglio 2012, n. 13683).
Del pari, inammissibili sono i primi due motivi.

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infatti, esatto che il riferimento dell’art. 300, comma 5, cod. proc. civ.,

all’udienza di discussione deve correlarsi, qualora manchi tale udienza, alla
scadenza dei termini per lo scambio delle comparse e delle memorie di cui all’art.
190 cod. proc. civ. (Cass., sez. 3, sentenza 21 gennaio 2014, n. 1120; sez. 1,

sentenza 26 luglio 2013, n. 18128; sez. 3, sentenza 7 gennaio 2011, n. 259); così
come è esatto che dalla violazione delle norme sull’interruzione del processo
discende la nullità di tutti gli atti compiuti successivamente al verificarsi dell’evento
interruttivo o alla dichiarazione o notificazione di esso.
Tuttavia, trattasi di nullità relativa eccepibile, ex art. 157 cod. proc. civ., soltanto
dalla parte nel cui interesse sono poste le norme sull’interruzione, ossia dalla parte
colpita dall’evento interruttivo (Cass., sez. 3, sentenza 13 novembre 2009, n.
24025; sentenza 28 novembre 2007, n. 24762, sulla scia di Sez. Un., sentenza 5

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motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio, costituito

luglio 2007, n. 15142), mentre, nel caso di specie, la nullità viene dedotta dalla
coobligata solidale.
Ad ogni, modo, per pura completezza argomentativa, va aggiunto che la doglianza
è manifestante infondata, in quanto la dichiarazione, da parte del procuratore, di
uno degli eventi che, a norma dell’art. 300 cod. proc. civ., comportano
tale

effetto, il quale, pertanto, non si verifica, se la dichiarazione stessa è stata resa
per uno scopo meramente informativo, in difetto del detto elemento intenzionale o
dei necessari requisiti formali – quali la formulazione in udienza o in atto notificato
alle altre parti – e senza astensione dall’attività difensiva (Cass., sez. 1, sentenza
22 gennaio 1993, n. 782; sez. 1, sentenza 23 novembre 2000, n. 15131; sul
carattere negoziale della dichiarazione, v. anche, Sez. Un., sentenza 4 luglio
2014, n. 15295), laddove, nel caso di specie, nonostante l’incidentale menzione
del decesso del Petrini nella comparsa conclusionale, tanto quest’ultimo atto,
quanto la memoria di replica sono stati presentati anche nel suo interesse dal
difensore.
5. Con il quarto motivo si lamentano violazione e falsa applicazione degli artt. 9,
21, 33 Cost. e 51 cod. pen., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in
particolare sottolineando che, a fronte del riconoscimento della sentenza
impugnata, secondo la quale si vede in tema di esercizio del diritto di satira, non
poteva darsi rilievo, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte, al parametro
della verità.
6. Con il quinto motivo si lamenta omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Premesso che il requisito della continenza attiene alla forma dell’esposizione e
che, nel caso concreto, la Corte territoriale lo ha ritenuto sussistente, la ricorrente
si duole del fatto che si sia attribuito rilievo alla non veridicità del fatto
dell’emissione di assegni scoperti, senza considerare che, nel caso di specie, il

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l’interruzione del processo, deve essere finalizzata al conseguimento di

brano aveva carattere satirico, ossia esprimeva una critica, corrosiva ed
impietosa, fondata su una rappresentazione che, al fine di provocare ilarità,
enfatizza e deforma la realtà.
7. 11 quarto e il quinto motivo, in quanto, con alcune sfumature, ripropongono la
medesima censura, vanno esaminati congiuntamente.

Per intanto, si osserva che la censura relativa al significato che assume il requisito
della continenza è inammissibilmente dedotta dalla ricorrente, dal momento che
l’affermazione della sentenza impugnata, secondo cui il menzionato requisito non
risulta violato, alla luce della veridicità dei fatti relativi alle cambiali non onorate, è
funzionale alla pronuncia di parziale rigetto della domanda risarcitoria del
Confalonieri, con la conseguenza che la Kaos Edizioni s.r.l. difetta di ogni
interesse a dolersene.
Quanto, invece, al rapporto tra il parametro della verità e le espressioni satiriche,
si rileva che le decisioni invocate dalla ricorrente, già in astratto, non conducono
affatto al risultato auspicato.
Ed, infatti, la sentenza 4 setteMbre 2012, n. 14822 di questa Corte, nel distinguere
la divulgazione a mezzo stampa di notizie lesive dell’onore, per il caso che sia
operata nel legittimo esercizio del diritto di cronaca ovvero attraverso
manifestazioni satiriche, chiarisce in modo non equivoco e qui condiviso, che il
diritto di satira, quale modalità corrosiva e spesso impietosa del diritto di critica, è
sottratto al parametro della verità, in quanto esprime, mediante il paradosso e la
metafora surreale, un giudizio ironico su un fatto, ma aggiunge che, appunto per
questo motivo, ne ricorre l’esercizio solo se il fatto è espresso in modo
apertamente difforme dalla realtà, sicché possa apprezzarsene subito
l’inverosimiglianza e il carattere iperbolico (nello stesso senso, si veda
sostanzialmente Cass., sez. 3, sentenza 8 novembre 2007, n. 23314, anch’essa
richiamata dalla ricorrente).

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Essi sono infondati.

Nel caso di specie, al contrario, il riferimento all’emissione di assegni a vuoto
viene presentata dall’autore come la riproduzione apparentemente attendibile di
fatti reali, come peraltro si desume dall’accostamento al mancato pagamento delle
cambiali e alla pubblicazione della notizia sul bollettino dei protesti.
Del resto, a ben vedere il riferimento nella sentenza impugnata all’esercizio del

riguardo al segmento motivazionale concernente le affermazioni relative al
protesto delle cambiali, rappresenta un’espressione di carattere generale, priva di
ogni portata qualificatoria, dal momento che, nel percorso argomentativo seguito,
assume portata decisiva l’accertata verità dei fatti.
In definitiva, le conclusioni della sentenza impugnata, quanto alla sussistenza
della responsabilità, appaiono prive di ogni vizio logico — giuridico.
8. Con il sesto motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt_ 11 I. n.
47 del 1948, 1292 e 2055 cod. civ., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio,
contestando la condanna in solido della Kaos s.r.l. e del Petrini, nonostante il
decesso di quest’ultimo.
La censura è inammissibile, dal momento che la ricorrente non ha alcun interesse
a dolersi della condanna anche di altro soggetto.
9. Con il settimo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1226
e 2056 cod. civ., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in
ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio, rilevando, per un verso,
che il Gonfalonieri non aveva fornito alcuna prova certa e concreta della
sussistenza del danno, né la prova del nesso causale tra il pregiudizio e il
comportamento addebitato alle controparti e, per altro verso, che la sentenza
impugnata non aveva dato conto dei criteri, oggettivi e soggettivi, che devono
presiedere alla determinazione del risarcimento conseguente alla diffamazione a
mezzo stampa.
La doglianza è infondata.

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diritto di critica e di satira, letteralmente utilizzato, ancora una volta, solo con

Sebbene vada ribadito che nella diffamazione a mezzo stampa, il danno alla
reputazione, di cui si invoca il risarcimento, non è in re ipsa, ma richiede che ne
sia data prova, anche a mezzo di presunzioni semplici (si veda, di recente, Cass.,
sez. 3, sentenza 18 novembre 2014, n. 24474), osserva la Corte che la sentenza
impugnata, con motivazione assolutamente razionale, ha considerato come la

penalmente illecita, caratterizzata dalla emissione di assegni privi di copertura,
abbia leso la sua onorabilità e correttezza, gettando discredito sul destinatario
dell’accusa.
In tale prospettiva, non è dato cogliere alcun vizio argomentativo, con riguardo alla
sussistenza dei pregiudizio e della sua riconducibilità causale alla condotta
dell’autore dello scritto e della casa editrice che ha pubblicato il volume.
Quanto, poi, alla liquidazione del risarcimento, va rilevato che, in tema di ristoro
del pregiudizio causato da diffamazione a mezzo stampa, la liquidazione del
danno morale va necessariamente operata con criteri equitativi, il ricorso ai quali è
insito nella natura del danno e nella funzione del risarcimento, realizzato mediante
la dazione di una somma di denaro compensativa di un pregiudizio di tipo non
economico (Cass., sez. 3, sentenza 5 dicembre 2014, n. 25739).
Al riguardo, va, inoltre, ribadito che, nell’operare la valutazione equitativa, il giudice
di merito non è, d’altra parte, tenuto a fornire una dimostrazione minuziosa e
particolareggiata della corrispondenza tra ciascuno degli elementi esaminati e
l’ammontare del danno liquidato, essendo necessario e sufficiente che il suo
accertamento scaturisca da ún esame della situazione processuale globalmente
considerata (Cass. n. 25739/2014 cit.).
Infine, si rileva che, sebbene il motivo di ricorso sia formalmente diretto anche
contro la pena di cui all’art. 12 della I. n. 47 del 1948, le doglianze sono tutte
indirizzate all’accertamento dell’esistenza del danno e alla sua liquidazione, talché
non attingono in alcun modo l’indicata pena pecuniaria, la quale non rientra nel
risarcimento del danno né costituisce una duplicazione delle voci di danno

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falsa attribuzione al Confalonieri di una condotta fraudolenta, all’epoca

risarcibile, ma integra una ipotesi eccezionale di pena pecuniaria privata prevista
per legge, che come tale può aggiungersi al risarcimento del danno
autonomamente liquidato in favore del danneggiato (v., ad es., Cass., sez. 3,
sentenza 26 giugno 2007, n. 14761).
10. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Le spese seguono la

P. Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio di legittimità, liquidate in euro 4.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi,
oltre spese forfetarie e accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater
del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il
versamento da parte della ricorrente principale dell’ulteriore importo, a titolo di
contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del
comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il 4 maggio 2015
Il Consigliere Estensore

soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

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