Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12643 del 19/05/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 19/05/2017, (ud. 11/04/2017, dep.19/05/2017),  n. 12643

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCININNI Carlo – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 2419 del ruolo generale dell’anno

2013, proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12,

elettivamente si domicilia;

– ricorrente –

contro

V.G.;

– intimato –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Campania, sede di Salerno, sezione 4, depositata in

data 28 novembre 2011, n. 611/4/11.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle entrate in relazione all’anno d’imposta 2005 ha ricostruito maggiore materia imponibile, ai fini dell’irpef, dell’iva e dell’irap nei confronti di V.G., libero professionista, segnatamente commercialista, facendo leva sui movimenti in entrata ed in uscita dei conti correnti bancari a lui riferibili, giacchè di tali movimenti il contribuente non era riuscito a fornire giustificazione adeguata.

L’impugnazione del relativo avviso ha avuto successo sia in primo grado, sia in secondo. La Commissione tributaria regionale, nel respingere l’appello dell’Agenzia, ha evidenziato in generale che la presunzione fissata dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, non può operare per controversie antecedenti all’operatività della L. n. 311 del 2004, che l’applicabilità della presunzione va mediata con le ragioni del contribuente, in relazione alle movimentazioni riferibili a necessità correnti del titolare del conto o della sua famiglia e, infine, che il contribuente ha fornito le giustificazioni delle somme incassate e prelevate.

Contro questa sentenza l’Agenzia delle entrate propone ricorso per ottenerne la cassazione, che affida a due motivi, cui il contribuente non replica.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con i due motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente, perchè connessi, l’Agenzia sostiene che, contrariamente a quanto affermato dal giudice d’appello, la presunzione fissata dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, si applichi anche antecedentemente alla novella introdotta dalla L. n. 311 del 2004 (primo motivo), nonchè che pure i movimenti bancari riferibili a necessità correnti debbano essere giustificati, laddove nella fattispecie il contribuente non ha fornito alcuna adeguata giustificazione (secondo motivo).

2. – Le censure sono parzialmente fondate.

In proposito, questa Corte ha già chiarito che la presunzione stabilita dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, ha portata generale, nonostante l’impiego, nella versione applicabile ratione temporis, dell’accezione “ricavi” e non anche di quella di “compensi”, successivamente introdotta dalla L. n. 311 del 2004 (Cass. 27 giugno 2011, n. 14041; 3 agosto 2012, n. 14026).

3. – In particolare, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, nonchè il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 1, n. 2, mediante i dati e gli elementi risultanti dai conti bancari, laddove il contribuente deve dimostrare, con una prova non generica, ma analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili (tra varie, Cass. 29 luglio 2016, n. 15857).

3.1. – La suddetta presunzione resta invariata anche con riguardo al professionista o lavoratore autonomo, ma limitatamente ai versamenti operati sui relativi conti correnti; è, invece, venuta meno, in esito alla sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, l’equiparazione logica tra attività imprenditoriale e professionale con riguardo ai prelevamenti sui conti correnti (Cass., 9 agosto 2016, n. 16697e 16999; ord. 10 febbraio 2017, n. 3628; ord. 16 febbraio 2017, n. 4087; 28 febbraio 2017, nn. 5152 e 5153; 17 marzo 2017, n. 6947).

4. – Giova precisare che la Consulta, pur riferendosi in dispositivo ai compensi, ha specificato in motivazione che è arbitraria l’omogeneità di trattamento tra imprenditori da un lato e liberi professionisti e lavoratori autonomi dall’altro soltanto in relazione alla costruzione presuntiva del prelevamento come un costo a sua volta produttivo di un ricavo. E’ quindi soltanto con riguardo alla somma prelevata che la Corte ha escluso l’operatività della doppia correlazione in virtù della quale si ritiene che essa sia stata utilizzata per l’acquisizione, non contabilizzata o non fatturata, di fattori produttivi e che tali fattori abbiano prodotto beni o servizi venduti a loro volta senza essere contabilizzati o fatturati. Ciò perchè per un verso l’attività svolta dai lavoratori autonomi si caratterizza per la preminenza dell’apporto del lavoro proprio e la marginalità dell’apparato organizzativo e, per altro verso, gli eventuali prelevamenti (che peraltro dovrebbero essere anomali rispetto al tenore di vita secondo gli indirizzi dell’Agenzia delle entrate) vanno ad inserirsi in un sistema di contabilità semplificata di cui generalmente e legittimamente si avvale la categoria, da cui deriva la fisiologica promiscuità delle entrate e delle spese professionali e personali.

4.1. – Non sembra dunque persuasivo il diverso principio, secondo cui la sentenza della Corte costituzionale “ha posto fine alla presunzione legale in base alla quale le somme prelevate o versate su conti e depositi riconducibili ad esercenti attività professionale costituiscono di per se stessi ulteriori compensi assoggettabili a tassazione se non sono annotati contabilmente” (Cass. 11 novembre 2015, n. 23041).

5. – Si rivela quindi erronea la sentenza impugnata, là dove si legge che “…va detto per giusto equilibrio tra le ragioni del fisco e quelle del contribuente che non può presumersi che tutte le movimentazioni fatte da quest’ultimo sui conti bancari debbano essere considerate in nero anche quando sono attribuibili a necessità correnti del titolare del conto o della sua famiglia”.

Il che ridonda nella lacunosità della relativa motivazione.

5.1. – Ne discendono l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza, con rinvio, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione, che si atterrà ai principi dinanzi esposti.

PQM

 

La Corte:

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 11 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2017

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