Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1264 del 22/01/2014
Civile Sent. Sez. 5 Num. 1264 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: IOFRIDA GIULIA
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore
p.t., domiciliata in Roma Via dei Portoghesi 12,
presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la
rappresenta e difende ex lege
– ricorrente contro
Grassano Francesco Antonio
intimato
–
avverso la sentenza n. 65/03/2008 della Commissione
Tributaria regionale della Basilicata, depositata
il 26/05/2008;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 27/11/2013 dal Consigliere
Dott. Giulia Iofrida;
udito l’Avvocato dello Stato, Paola Zerman, per
parte ricorrente;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Federico Sorrentino, che ha concluso
per il rinvio a nuovo ruolo del ricorso ed in
subordine per il rigetto.
Ritenuto in fatto
Data pubblicazione: 22/01/2014
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per
cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti di
Grassano Francesco Antonio (che non resiste con
controricorso), avverso la sentenza della
04Y5LLICkTA
Commissione Tributaria Regionale della rempa,
depositata in data 26/05/2008, con la quale – in
una controversia concernente impugnazione di un
avviso
di
recupero
del
credito
d’imposta
contribuente, esercente l’attività di fabbricazione
di porte in legno, ai sensi dell’art.8 1.388/2000,
– è stata confermata la decisione n. 76/03/2006
della Commissione Tributaria Provinciale di Matera,
che aveva accolto il ricorso del contribuente,
ritenendo illegittimo l’atto impositivo in quanto
emesso, in data 30/12/2003, a seguito di un
processo verbale di constatazione notificato il
5/12/2003, prima del decorso del termine dilatorio,
di 60 gg., concesso dall’art.12 dello Statuto del
contribuente.
In particolare, i giudici d’appello hanno sostenuto
che l’atto era stato emesso dopo soli venticinque
giorni dalla notifica del P.V.C., in violazione
dell’art.12 1.212/2000, con sua conseguente
nullità, e che, nel merito, sulla legittimità del
recupero del credito, l’Ufficio aveva addotto
“semplici giustificazioni e non motivazioni”.
Considerato in diritto.
Preliminarmente,
il Collegio ritiene di non
accogliere la richiesta del P.G. di rinvio del
ricorso a nuovo ruolo in attesa della pronuncia
della Corte Costituzionale, a seguito di ordinanza
interlocutoria di questa Corte n. 24739 del 2013,
con la quale è stata sollevata ex
officio
la
questione di legittimità costituzionale, per
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utilizzato, per gli anni 2002 e 2003, dal
contrasto con gli artt.3 e 53 Cost., dell’art. 37
bis,
comma 4, d.p.r. n. 600 del 1973, laddove
quest’ultimo sanziona, con la nullità, l’avviso di
accertamento
uantielusivo”
che non sia stato
preceduto dalla richiesta di chiarimenti nelle
forme e nei tempi ivi prescritti. Invero, la
questione sollevata nel suddetto giudizio non
rileva nel presente (nel quale si controverte sul
1.212/2000, Statuto del contribuente), essendo del
tutto interna alla specifica tematica dell’abuso
del diritto.
L’Agenzia ricorrente lamenta, con il primo motivo,
la violazione dell’art.12 comma 7 1.212/2000, ai
sensi dell’art.360 n. 3 c.p.c., e dell’art.62 comma
l d.lgs. 546/1992, stante la natura meramente
“programmatica”
contemplante
della disposizione, non
alcuna
sanzione
per
la
sua
inosservanza.
La censura è infondata.
Come di recente affermato da questa Corte a S.U.
(n. 18184/2013), “In tema di diritti e garanzie del
contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’art.
12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212
deve
essere
interpretato
nel
senso
che
l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta
giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento
– termine decorrente dal rilascio al contribuente,
nei cui confronti sia stato effettuato un accesso,
un’ispezione o una verifica nel locali destinati
all’esercizio
dell’attività,
della
copia
del
processo verbale di chiusura delle operazioni
determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche
ragioni di
urgenza,
l’illegittimità dell’atto
impositivo emesso “ante tempus”, poiché detto
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termine dettato dall’art.12 comma 6 ° della
termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi
del contraddittorio procedimentale, il quale
costituisce primaria espressione dei principi, di
derivazione costituzionale, di collaborazione e
buona fede tra amministrazione e contribuente ed è
diretto al migliore e più efficace esercizio della
potestà impositiva. Il vizio invalidante non
consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto
l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva
assenza
detto
di
requisito
(esonerativo
dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza,
nella concreta fattispecie e all’epoca di tale
emissione, deve essere provata dall’ufficio”.
A fronte di tali principi di diritto, deve
rilevarsi che l’Agenzia delle Entrate non risulta,
dagli atti, avere allegato, nel corso del giudizio
di
merito,
ragioni
urgenza,
di
ai
fini
dell’emanazione dell’atto impositivo, prima del
decorso del termine di legge, essendosi la stessa
limitata ad invocare la non sanzionabilità della
violazione
dell’art.12
dello
Statuto
del
contribuente.
Il
secondo
motivo
(vizio
di
nullità
per
ultrapetizione della sentenza, in violazione
dell’art.112 c.p.c., ex art.360 n. 4 c.p.c.) ed il
terzo motivo (vizio di omessa motivazione su fatto
decisivo e controverso, ai sensi dell’art.360 n. 5
c.p.c.), entrambi attinenti al merito della pretesa
impositiva ed alla statuizione, pure contenuta in
sentenza, circa il vizio di motivazione dell’atto
impugnato, in difetto di doglianza sul punto del
contribuente, sono assorbiti.
Per tutto guanto sopra esposto, il ricorso deve
essere respinto.
dei motivi di urgenza che ne hanno determinato
Le spese processuali vanno integralmente compensate
tra le parti, atteso l’evolversi della
giurisprudenza di questa Corte, successivamente
alla proposizione del ricorso,
P.Q.M.
La
Corte
rigetta
il
ricorso
e
dichiara
integralmente compensate tra le parti le spese del
presente giudizio di legittimità.
Quinta sezione civile, il 27/11/2013.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della