Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1264 del 21/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 21/01/2021, (ud. 09/09/2020, dep. 21/01/2021), n.1264

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17610-2018 proposto da:

RETE FERROVIARIA ITALIANA SPA (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CLAUDIO MONTEVERDI 16, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

CONSOLO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

G.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA 109,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE FONTANA, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato FABIO RUSCONI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 361/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 12/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARCHESE

GABRIELLA.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

la Corte di appello di Firenze respingeva l’appello proposto da Rete Ferroviaria Italiana nei confronti di G.M. e CNPCP -Consorzio nazionale cooperative Pluriservizi della rete Ferroviaria Italiana Attività a 360 – società cooperativa e Cooperativa di facchinaggio L.M. s.r.l. (di seguito, Cooperativa), avverso la sentenza del Tribunale di Firenze con cui era stata accolta la domanda proposta dal lavoratore (id est: dal G.), diretta all’accertamento della violazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 27 e 29, in relazione agli appalti intercorsi tra RFI e la Cooperativa, aventi ad oggetto i servizi di assistenza delle persone con disabilità o a mobilità ridotta (PMR), e, per l’effetto, all’accertamento del diritto all’assunzione a tempo indeterminato alle dipendenze di Trenitalia;

a fondamento del decisum, la Corte di appello, previo esame delle risultanze di causa, osservava che, per ricondurre la prestazione del lavoratore nell’ambito di un genuino contratto di appalto, non rilevasse tanto soffermarsi sulla gestione delle situazioni impreviste quanto piuttosto valutare se la cooperativa avesse fornito “l’ organizzazione dei mezzi necessari per lo svolgimento del servizio in questione o se, invece(…) (avesse) fornito solo manodopera”, per poi pervenire, all’esito del controllo così condotto, alla conclusione di un appalto illecito posto che l’appaltatore (id est: la cooperativa) si era limitato alla messa a disposizione del personale operativo e alla (sua) gestione amministrativa mentre ogni indicazione circa le modalità del servizio da svolgere giungeva alla cooperativa già predeterminata da RFI;

per la cassazione di tale sentenza, RFI ha proposto ricorso affidato ad un unico motivo, cui ha resistito, con controricorso, G.M.;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio;

la parte controricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

secondo l’insegnamento di questa Corte: “Il D.Lgs. n. 276 del 2003, ha disciplinato la figura dell’appalto, che ai sensi dell’art. 29 si distingue dalla somministrazione di lavoro sulla base dei criteri, già enucleati con riferimento alla disciplina previgente, dell’autonomia organizzativa e funzionale dell’attività dell’appaltatore, (…) che può anche risultare, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto, dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, nonchè per l’assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d’impresa. Nel caso in cui il potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto sia invece svolto dall’appaltante, potrà configurarsi un appalto illecito, ovvero una somministrazione irregolare. Già nel vigore della L. n. 1369 del 1960, in caso di appalto caratterizzato da uno scarso apporto di mezzi materiali comunemente definiti a bassa intensità organizzativa e ad alta intensità di lavoro – per accertare la sussistenza della fattispecie vietata dalla L. n. 1369 del 1960, art. 1, la giurisprudenza di questa Corte aveva attribuito rilievo preponderante alla diretta organizzazione, direzione e controllo dei dipendenti assunti dall’interposto da parte del committente. Si è poi precisato che nell’interposizione illecita le disposizioni impartite debbano essere riconducibili al potere direttivo del datore di lavoro, in quanto inerenti a concrete modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative, e non al solo risultato di tali prestazioni, il quale può formare oggetto di un genuino contratto di appalto” (principio consolidato, ribadito, in ultimo, da Cass. n. 3632 del 2020);

coerentemente con tale regola di diritto, la Corte di appello ha osservato come, per ricondurre la prestazione del lavoratore nell’ambito di un genuino contratto di appalto, non rilevasse tanto soffermarsi sulla gestione delle “situazioni impreviste” per valutare se le indicazioni al lavoratore “in questi casi (id est: nelle situazioni impreviste) venissero fornite da RFI (…) ” quanto piuttosto valutare se la cooperativa avesse fornito ” organizzazione dei mezzi necessari per lo svolgimento del servizio in questione o se, invece, (…) (avesse fornito) solo manodopera”;

alle corrette premesse teoriche, è seguita, all’esito di un accertamento di merito, non validamente censurato in questa sede, la considerazione della Corte territoriale dell’insussistenza, in capo all’appaltatore, dell’organizzazione dei “mezzi” e della mera messa a disposizione, in favore di RFI, del personale operativo; a tale riguardo, i giudici del merito hanno osservato come l’appaltatore si fosse limitato a mettere a disposizione (della committente) il personale operativo ” in quanto ogni indicazione circa le modalità del servizio da svolgere giungeva alla cooperativa già predeterminata nei modelli che venivano consegnati al G.”;

ai fini dell’espresso giudizio, i giudici hanno anche valorizzato la circostanza che “gli addetti alla Sala Blu (dipendenti di RFI) intervenivano (…) direttamente nei confronti del G., nel corso della prestazione lavorativa, per le indicazioni e gli interventi che si potevano rendere necessari, senza passare ogni volta tramite il referente della cooperativa”;

i passaggi enucleati riflettono l’accertamento della Corte di merito in ordine al controllo direttivo ed organizzativo del personale e sono alla base dell’affermazione di esistenza dello stesso in capo all’appaltante, elemento sintomatico di un appalto illecito, ovvero di una somministrazione irregolare;

a fronte di detto impianto argomentativo, il motivo finisce per risolversi in una critica dell’iter logico-argomentativo che sorregge la decisione, così schermando deduzione di vizio della motivazione, senza, tuttavia, indicare, nei termini rigorosi richiesti dal vigente testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (applicabile alla fattispecie) il “fatto storico”, non esaminato, che abbia costituito oggetto di discussione e che abbia carattere decisivo (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053), ovvero prospettare una situazione di “anomalia motivazionale;

in base alle svolte argomentazioni il ricorso va rigettato;

le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;

sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15 % e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 9 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021

 

 

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