Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1264 del 18/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 18/01/2017, (ud. 03/11/2016, dep.18/01/2017),  n. 1264

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27109-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in perso del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che la

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

COMIL, – COMPAGNIA ITALIA LAVORI S.P.A. IN LIQUIDAZIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3599/18/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIOLE DI PALERMO – SEZIONE DISTACCATA DI CATANIA, emessa il

27/03/2014 e depositata il 25/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CRICENTI.

Fatto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La società contribuente, per definire la pendenza tributaria derivante da omessa dichiarazione IVA per l’anno 2000, ha presentato dichiarazione integrativa L. n. 289 del 2002, ex art. 8 versando la somma dovuta, in data 15.5.2003.

Il Fisco, però, ha proceduto a verifica della dichiarazione D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis riscontrando incompletezze nella dichiarazione integrativa e procedendo dunque alla rettifica.

La società ha impugnato la pretesa dell’Agenzia, ottenendo ragione delle sue tesi in entrambi i gradi di merito. In particolare i giudici di appello hanno ritenuto che la presentazione della dichiarazione integrativa consente all’Agenzia di fare una verifica solo relativamente a tale integrazione ma non già a procedere ai sensi dell’art. 36 bis cit.

L’Agenzia contesta questa ratio decidendi, ed impugna la sentenza di appello con due motivi di ricorso. Non si è costituita la contribuente.

Il ricorso è fondato.

Con il primo motivo l’Agenzia lamenta violazione della L. n. 289 del 2002, art. 8 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis. Ritiene errata l’interpretazione che ne ha dato la CIR, la quale ha deciso che la presentazione della dichiarazione integrativa ai sensi di tale norma, preclude all’Agenzia la possibilità di una rettifica D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis.

La tesi della CTR va disattesa.

In realtà, è vero che la dichiarazione integrativa preclude all’Agenzia l’attività di accertamento dei redditi, ma non le preclude l’attività di controllo formale “in quanto il legislatore – con scelta discrezionale non irragionevole poichè l’attività di cui all’art. 36 ter, pur non strettamente liquidatoria come quella di cui all’art. 36 bis, si esaurisce nell’esame testuale dei dati della dichiarazione raffrontati con documentazione (anche) esterna a questa, senza profili di tipo valutativo o interpretativo – ha costantemente fatto salvi il D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 36 bis e ter, distinguendoli dall’accertamento vero e proprio e accomunandoli nello stesso regime (Sez. 5 n. 17631 del 2015; Sez. 5 n. 2067 del 2016).

Il secondo motivo, che lamenta invece omessa pronuncia sulla questione, posta in appello, della stessa ammissibilità del versamento integrativo, può essere assorbito dal primo, una volta che, accogliendo quest’ultimo, si ritenga legittimo il controllo formale effettuato dall’Agenzia.

Il ricorso va dunque accolto sotto tale profilo e la sentenza cassata con rinvio in relazione al principio di diritto sopra affermato.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria della Sicilia (Sezione Catania), in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 3 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2017

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