Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12639 del 24/05/2010
Cassazione civile sez. I, 24/05/2010, (ud. 25/03/2010, dep. 24/05/2010), n.12639
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ADAMO Mario – Presidente –
Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –
Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –
Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –
Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
C.M., domiciliato in Roma, Via R. Grazioli Lante 16,
presso l’avv. BONAIUTI D., che lo rappresenta e difende unitamente
all’avv. P. Bonaiuti, come da mandato a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri;
– intimato –
contro
Mistero dell’Economia e delle Finanze;
– intimato –
avverso il decreto n. 3338/2007 cron. della Corte d’appello di
Perugia, depositato il 14 giugno 2007;
Sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Aniello Nappi;
Udito per il ricorrente il difensore, avv. Bonaiuti, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso.
Udite le conclusioni del P.M., Dr. PRATIS Pierfelice, che ha chiesto
l’accoglimento del secondo motivo del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con il decreto impugnato la Corte d’appello di Perugia ha condannato la Presidenza del Consiglio dei ministri al pagamento della somma di ottomila Euro in favore di C.M., che aveva proposto domanda di equa riparazione per la durata irragionevole di un giudizio promosso nel 1975 e definito in primo grado dalla Corte dei conti con sentenza del 2 febbraio 2005.
Ricorre per cassazione C.M. e lamenta che non si sia tenuto conto dell’effettiva durata del processo, che l’indennizzo sia stato determinato in misura largamente inferiore al limite minimo previsto dalla giurisprudenza, senza alcuna considerazione per la posta in gioco.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è fondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, “il giudice investito della domanda di equa riparazione del danno derivante dalla irragionevole durata del processo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, deve preliminarmente accertare se sia stato violato il termine di ragionevole durata, identificando puntualmente quale sia la misura della durata ragionevole del processo in questione, essendo questo un elemento imprescindibile, logicamente e giuridicamente preliminare, per il corretto accertamento dell’esistenza del danno e per l’eventuale liquidazione dell’indennizzo” (Cass., sez. 1^, 9 settembre 2005, n. 17999, m. 584619).
Nel caso in esame i giudici del merito non hanno determinato la durata ragionevole del giudizio, sebbene abbiano fatto riferimento alla giurisprudenza che la individua in tre anni per il primo grado.
Sicchè è a questo parametro che occorre fare riferimento. Nè rileva che la definizione del giudizio sia stata sollecitata solo il 26 luglio 1994. Infatti il D.L. 15 novembre 1993, n. 453, art. 6, commi 1 e 2, come modificato dalla legge di conversione 14 gennaio 1994 n. 19, dispone che, a seguito della istituzione delle sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti, la parte interessata alla definizione di un giudizio pendente in materia pensionistica deve presentare a pena d’estinzione istanza di prosecuzione, entro sei mesi dalla comunicazione della ricezione del fascicolo effettuata dalla segreteria della sezione regionale ai sensi dell’art. 1, comma 4 bis. Ne consegue che, non essendo stata dichiarata l’estinzione del giudizio, l’istanza di prosecuzione fu tempestivamente depositata.
La durata irragionevole del giudizio va pertanto determinata in circa ventisette anni. Errata di conseguenza è la determinazione dell’indennizzo in soli Euro 8.000,00, dal momento che la giurisprudenza ha “individuato nell’importo compreso tra Euro 1.000,00 ed Euro 1.500,00 la base di calcolo dell’indennizzo per ciascun anno in relazione al danno non patrimoniale, da quantificare poi in concreto avendo riguardo alla natura e alle caratteristiche di ciascuna controversia” (Cass., sez. 1^, 26 gennaio 2006, n. 1630, m.
585927). Mentre è irrilevante il fatto che il giudizio abbia avuto esito negativo per il ricorrente (Cass., sez. 1^, 30 dicembre 2005, n. 29000).
Il decreto impugnato va pertanto cassato. Tuttavia, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la cassazione può essere disposta senza rinvio e l’indennizzo determinato in Euro 26.250,00 in ragione di Euro 750,00 per i primi tre anni e di euro 1.000 per ciascuno degli anni rimanenti.
Le spese seguono la soccombenza.
PQM
La Corte, in accoglimento del ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna la Presidenza del Consiglio dei ministri al pagamento in favore di C.M. della somma di Euro 26.250,00 oltre interessi legali dalla domanda, nonchè al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 1.300,00 (di cui Euro 200 per esborsi) per la fase di merito e in Euro 1.600,00 (di cui Euro 100,00 per esborsi), oltre spese generali e accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 25 marzo 2010.
Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2010