Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12638 del 19/05/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 19/05/2017, (ud. 11/04/2017, dep.19/05/2017),  n. 12638

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCININNI Carlo – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 1103 del ruolo generale dell’anno

2012, proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12,

elettivamente si domicilia;

– ricorrente –

contro

V.G., rappresentato e difeso, giusta procura speciale in

calce al controricorso, dall’avv. Giacinto Pelosi, col quale

elettivamente si domicilia in Roma, presso la cancelleria della

Corte Suprema di Cassazione;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Campania, sede di Salerno, sezione 5, depositata in

data 30 giugno 2011, n. 272/5/11.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle entrate ha ricostruito maggiore materia imponibile, ai fini dell’irpef, dell’iva, dell’irap e delle conseguenti addizionali nei confronti di V.G., libero professionista, segnatamente commercialista, facendo leva sui movimenti in entrata ed in uscita dei conti correnti bancari a lui riferibili, giacchè di tali movimenti il contribuente era riuscito a fornire giustificazione soltanto in parte.

L’impugnazione del relativo avviso ha avuto successo sia in primo grado, sia in secondo; in particolare, la Commissione tributaria regionale, nel respingere l’appello dell’Agenzia, ha evidenziato che il giudice di primo grado ha escluso la configurabilità di presunzioni gravi, precise e concordanti, in quanto correttamente ha richiamato altra pronuncia similare e comunque ha reputato adeguate le giustificazioni addotte da V..

Contro questa sentenza l’Agenzia delle entrate propone ricorso per ottenerne la cassazione, che affida a due motivi, erroneamente numerati come tre, cui il contribuente replica con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Va preliminarmente dichiarata l’inammissibilità della memoria presentata dal contribuente, perchè tardiva, in quanto, a fronte della fissazione dell’adunanza per la data dell’11 aprile, la memoria è stata depositata soltanto in data 4 aprile, in violazione dell’art. 380 – bis c.p.c., comma 1, il quale riconosce alle parti la facoltà di depositate memorie, ma non oltre dieci giorni prima dell’adunanza.

2. – Con i due motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente, perchè connessi, l’Agenzia si duole, sotto i profili dell’omessa pronuncia, dell’omessa e comunque insufficiente motivazione e comunque della violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2 e il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 1, n. 2, della statuizione della sentenza impugnata concernente l’adeguatezza delle giustificazioni rese dal contribuente (primo motivo), nonchè, deducendo violazione delle medesime norme, falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2 e il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55, e omessa o comunque insufficiente motivazione, della condivisione della sentenza di primo grado da parte del giudice d’appello, non adeguatamente motivata e comunque errata, in quanto l’accertamento induttivo non abbisogna di presunzioni gravi, precise e concordanti, sibbene di meri sospetti (secondo motivo).

3. – Infondata è l’eccezione d’inammissibilità del ricorso, il quale espone adeguatamente i profili di fatto e le censure proposte, che sebbene cumulativamente proposte, sono distintamente illustrate (secondo le prescrizioni di Cass., sez. un., 6 maggio 2015, n. 9100).

4. – Nel merito, il ricorso è parzialmente fondato.

Qualora l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, nonchè il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 1, n. 2, mediante i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, laddove il contribuente deve dimostrare, con una prova non generica, ma analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili (tra varie, Cass. 29 luglio 2016, n. 15857). In proposito, questa Corte ha già chiarito che, contrariamente a quanto sostiene il contribuente, la presunzione stabilita dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, ha portata generale, nonostante l’impiego, nella versione applicabile ratione temporis, dell’accezione “ricavi” e non anche di quella di “compensi”, successivamente introdotta dalla L. n. 311 del 2004 (Cass. 27 giugno 2011, n. 14041; 3 agosto 2012, n. 14026).

Ininfluente è poi l’ulteriore contestazione concernente la regolarità della contabilità, in quanto la verifica dei movimenti bancari rientra nelle attribuzioni generali degli uffici delle imposte.

4.1. – La presunzione in questione resta invariata anche con riguardo al professionista o lavoratore autonomo, ma limitatamente ai versamenti operati sui relativi conti correnti; è, invece, venuta meno, in esito alla sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, l’equiparazione logica tra attività imprenditoriale e professionale con riguardo ai prelevamenti sui conti correnti (Cass. 9 agosto 2016, n. 16697e 16999; ord. 10 febbraio 2017, n. 3628; ord. 16 febbraio 2017, n. 4087; 28 febbraio 2017, nn. 5152 e 5153; 17 marzo 2017, n. 6947).

4.2. – Giova precisare che la Consulta, pur riferendosi in dispositivo ai compensi, ha specificato in motivazione che è arbitraria l’omogeneità di trattamento tra imprenditori da un lato e liberi professionisti e lavoratori autonomi dall’altro soltanto in relazione alla costruzione presuntiva del prelevamento come un costo a sua volta produttivo di un ricavo. E’ quindi soltanto con riguardo alla somma prelevata che la Corte ha escluso l’operatività della doppia correlazione in virtù della quale si ritiene che essa sia stata utilizzata per l’acquisizione, non contabilizzata o non fatturata, di fattori produttivi e che tali fattori abbiano prodotto beni o servizi venduti a loro volta senza essere contabilizzati o fatturati. Ciò perchè per un verso l’attività svolta dai lavoratori autonomi si caratterizza per la preminenza dell’apporto del lavoro proprio e la marginalità dell’apparato organizzativo e, per altro verso, gli eventuali prelevamenti (che peraltro dovrebbero essere anomali rispetto al tenore di vita secondo gli indirizzi dell’Agenzia delle entrate) vanno ad inserirsi in un sistema di contabilità semplificata di cui generalmente e legittimamente si avvale la categoria, da cui deriva la fisiologica promiscuità delle entrate e delle spese professionali e personali.

4.3. – Non sembra dunque persuasivo il diverso principio al quale si è attenuta questa Corte, allorquando ha stabilito che la sentenza della Corte costituzionale “ha posto fine alla assoggettabili a tassazione se non sono annotati contabilmente” (Cass. 11 novembre 2015, n. 23041).

5. – Alla luce della ricognizione del significato precettivo del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, e dell’omologa norma in tema di iva con riguardo ai lavoratori autonomi ed ai professionisti, si rivela erronea la sentenza impugnata, con la quale il giudice d’appello si è limitato a rilevare che “il contribuente, con quanto dedotto e documentato in primo grado, aveva comunque provveduto a dare sufficiente risposta a quanto previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, – comma 1, n. 2, e dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, n. 2”.

Il che ridonda nella lacunosità della relativa motivazione.

5.1. – Ne discendono l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione, che si atterrà ai principi dinanzi esposti svolgendo gli accertamenti conseguenti e regolerà le spese.

PQM

 

La Corte:

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 11 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2017

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