Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12638 del 17/06/2016


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Cassazione civile sez. II, 17/06/2016, (ud. 12/05/2016, dep. 17/06/2016), n.12638

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23370-2011 proposto da:

M.R., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, LARGO C GOLDONI 47, presso lo studio dell’avvocato FABIO

PUCCI, che lo rappresenta e difende in virtù di procura in calce al

ricorso;

– ricorrenti –

contro

M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CELIMONTANA

38, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PANARITI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato POTITO MARIA

PASQUARELLA giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

P.M.A., MI.GI., M.M., M.M.

A., M.C., MI.GI., MI.MA.AN.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1394/2011 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 27/04/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/05/2016 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

udito l’Avvocato Ascanio Penzi per delega dell’Avvocato Pucci per

il ricorrente, e l’Avvocato Giovanna Miale per delega dell’Avvocato

Panariti per il controricorrente;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato in data 16/3/2002, M.R. deduceva di essere comproprietario, unitamente ai fratelli G., C. e M., nonchè a Mi.Ma.An. e Mi.Gi., del lastrico solare sito a nord-est del fabbricato in (OMISSIS), e che non era stato possibile addivenire alla divisione bonaria del bene. Ciò premesso conveniva in giudizio gli altri comproprietari dinanzi al Tribunale di Napoli onde sentir pronunciare lo scioglimento della comunione.

Si costituiva M.G. il quale, oltre a dedurre che M. G. e Ma.An. non erano comunisti, evidenziava in ogni caso di avere usucapito la proprietà esclusiva del bene, avendolo posseduto come proprietario esclusivo per oltre trent’anni a far data dal 1973. In tale anno, infatti, si era trasferito nell’appartamento contrassegnato col numero interno (OMISSIS), confinante con il terrazzo di copertura oggetto di causa, e che aveva eseguito una serie di opere che denotavano in maniera inequivoca la sua intenzione di usare il terrazzo come proprietario esclusivo, atteso che aveva creato una porta di collegamento fra il terrazzo ed il salotto dell’abitazione, aveva aperto la finestra nella parete della cucina che affacciava sul terrazzo, e nel 1978 aveva realizzato una vetrata con blocchetti di vetrocemento che aggettava sulla superficie del terrazzo, il tutto senza alcuna opposizione da parte degli altri germani M..

Inoltre agli inizi degli anni ’80 aveva intrapreso ulteriori opere di miglioramento, ed in data 20/10/1983 aveva subito il sequestro penale di una struttura in profilati metallici realizzata sul terrazzo in assenza di concessione, sebbene poi in seguito fosse stato assolto in grado di appello dal reato di abusivismo edilizio contestatogli.

Pertanto poichè fin dal 1973 aveva il possesso esclusivo delle chiavi per accedere al terrazzo attraverso il vano scala del civico n. (OMISSIS), negli atti di divisione degli altri immobili ubicati nei fabbricati di cui ai civici nn. (OMISSIS), non si era fatto alcun riferimento al terrazzo in questione, in quanto sempre considerato di proprietà esclusiva del convenuto.

Spiegava pertanto domanda riconvenzionale per sentire accertare l’avvenuto acquisto del terrazzo a titolo di usucapione ovvero, in via gridata, chiedeva che fosse accertato l’acquisto del terrazzo a seguito dell’atto di divisione del 25/7/2001, quale pertinenza dell’appartamento di cui all’interno n. (OMISSIS), che con la divisione gli era stato attribuito in proprietà esclusiva.

Si costituivano altresì i germani M.M. e C. i quali riconoscevano la fondatezza della domanda riconvenzionale del fratello G., ammettendo il pacifico ed esclusivo possesso del bene da parte di quest’ultimo.

Si costituivano altresì Mi.Gi. e Ma.An. che invece aderivano alla domanda dell’attore, assumendo di essere proprietari pro quota del lastrico solare ai sensi dell’art. 1117 c.c..

All’esito dell’istruttoria, il Tribunale di Napoli con sentenza del 23/6/2004, rigettava la domanda dell’attore ed accoglieva la domanda riconvenzionale, dichiarando che il convenuto G. aveva acquistato per usucapione la proprietà esclusiva del terrazzo.

A seguito di appello proposto da M.R., la Corte di Appello di Napoli con la sentenza n. 1394 del 27/4/2011, rigettava la domanda riconvenzionale di usucapione, ma accoglieva la domanda riconvenzionale proposta dall’originario convenuto in via subordinata, accertando che questi era proprietario esclusivo del terrazzo oggetto di causa, in quanto costituiva pertinenza dell’appartamento di cui all’interno n. (OMISSIS) trasferitogli con l’atto di divisione del 25/7/2011.

Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso sulla base di due motivi M.R. ed ha resistito con controricorso M. G..

Gli altri intimati non hanno svolto difese in questa sede.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente occorre rilevare l’irritualità della costituzione in qualità di difensore aggiunto del controricorrente, dell’avvocato Mi.Gi., non avendo la parte provveduto alla nomina di tale difensore mediante procura speciale validamente rilasciata.

In tal senso occorre ricordare che secondo la giurisprudenza della Corte (cfr. Cass. 27 agosto 2014 n. 18323), nel giudizio di cassazione, il nuovo testo dell’art. 83 c.p.c. secondo il quale la procura speciale può essere apposta a margine od in calce anche di atti diversi dal ricorso o dal controricorso, si applica esclusivamente ai giudizi instaurati in primo grado dopo la data di entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45 (ovvero, il 4 luglio 2009), mentre per i procedimenti instaurati anteriormente a tale data, se la procura non viene rilasciata a margine od in calce al ricorso e al controricorso, si deve provvedere al suo conferimento mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata, come previsto dall’art. 83 c.p.c., comma 2.

Poichè nella fattispecie il giudizio risultava pendente già in epoca anteriore alla data del 4/7/2009, non può trovare applicazione la nuova previsione di cui all’art. 83 c.p.c., palesandosi pertanto l’inidoneità della procura con firma autenticata dal solo difensore apposta a margine della comparsa di costituzione di difensore in aggiunta a quello già nominato.

2. Con il primo motivo di ricorso si deduce la contraddittorietà ovvero l’omessa motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui, una volta disattesa la domanda di usucapione proposta da parte del convenuto, è stata comunque accolta la domanda finalizzata al riconoscimento della medesima qualità di proprietario esclusivo del convenuto, ma a titolo derivativo in considerazione dell’esistenza di un vincolo pertinenziale tra l’appartamento assegnato in favore del convenuto ed il terrazzo per cui è causa.

La sentenza impugnata, chiamata a pronunziarsi circa la fondatezza della domanda riconvenzionale di usucapione proposta da parte dell’odierno controricorrente, domanda accolta in primo grado dal Tribunale di Napoli, sul presupposto che effettivamente il convenuto avesse posseduto il terrazzo, originariamente e pacificamente in comunione tra i germani M., in maniera esclusiva, dopo aver compiuto una complessiva disamina degli elementi fattuali emersi nel corso del giudizio, e dopo aver richiamato i principi giurisprudenziali ritenuti applicabili ai fini del riconoscimento dell’usucapione del bene comune da parte del singolo comunista, ha concluso per l’accoglimento dell’appello, ritenendo che pertanto non fosse possibile attribuire ai comportamenti tenuti da parte di M. G., e risalenti ad oltre 20 anni prima della proposizione della domanda, l’idoneità a configurare l’esercizio di un possesso utile ad usucapire Tuttavia, se doveva escludersi che il comportamento de quo fosse in grado di manifestare l’inequivoca intenzione di escludere gli altri comproprietari dal possesso del bene comune, poteva però trovare accoglimento la domanda riconvenzionale proposta in via subordinata da parte del convenuto, e riproposta ex art. 346 c.p.c., essendo risultata assorbita all’esito del giudizio di primo grado, in conseguenza dell’accoglimento della domanda di usucapione.

A parere della Corte distrettuale, la realizzazione di un accesso diretto dall’appartamento al terrazzo, realizzato nel 1979 da M. G. “previa concessione degli altri fratelli”, aveva oggettivamente posto il terrazzo al servizio del bene principale, rappresentato dall’appartamento di cui all’interno n. (OMISSIS), di modo che, in occasione della successiva attribuzione dello stesso appartamento in sede di divisione in data 25/7/2001, doveva ritenersi che M.G. avesse acquistato anche il terrazzo, che ormai ne costituiva pertinenza ex art. 818 c.c., e ciò anche in assenza di un’esplicita menzione dello stesso nell’atto di acquisto.

Riepilogate sinteticamente le motivazioni della sentenza impugnata, con il motivo di ricorso in esame, come peraltro sottolineato anche dalla difesa del controricorrente, si censura non già una contraddittorietà della motivazione del giudice d’appello, quanto piuttosto si evidenzia un’incompatibilità logica esistente tra le due domande proposte in via riconvenzionale da parte dell’originario convenuto.

Deve però escludersi, oltre che l’assenza di vizio motivazionale nella sentenza impugnata, anche la stessa contraddittorietà delle difese svolte da parte del convenuto, trattandosi all’evidenza di domande proposte l’una in via principale e l’altra in via subordinata, di modo che correttamente il giudice d’appello, una volta disattesa la richiesta di acquisto a titolo originario, non già dell’intera proprietà del bene in questione, ma esclusivamente delle quote appartenenti in origine agli altri fratelli, ha delibato l’ulteriore richiesta finalizzata ad ottenere il riconoscimento dell’acquisto della proprietà del cespite, non più a titolo originario, bensì a titolo derivativo. Inoltre, proprio la circostanza appena segnalata, e che cioè la domanda di usucapione non proveniva da parte di un soggetto del tutto estraneo all’originario ambito dei proprietari, quanto dal titolare di una quota, ed era relativa alle quote vantate dagli altri comproprietari, sconfessa l’assunto di parte ricorrente secondo cui la domanda in concreto accolta da parte della Corte d’appello sarebbe logicamente incompatibile con l’iniziale affermazione, posta sostegno della domanda di usucapione, di non essere proprietario del lastrico oggetto di causa.

Il motivo pertanto deve essere rigettato.

Con il secondo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 817 c.c. nonchè la contraddittorietà e carenza di motivazione della sentenza impugnata.

Nell’illustrazione del motivo, la parte dopo aver fornito una descrizione dei beni oggetto di causa, rileva la contraddittorietà della decisione impugnata, sostenendo che non potrebbe allo stesso tempo affermarsi che il godimento del lastrico solare non sarebbe mai avvenuto in maniera esclusiva da parte di M.G., ed altresì riconoscere la sussistenza di un vincolo pertinenziale tra il bene e l’appartamento successivamente assegnato al controricorrente.

Deduce il ricorrente che, per un valido riconoscimento della costituzione del vincolo pertinenziale, sarebbe stato necessario un asservimento esclusivo del terrazzo, uso esclusivo che non può ritenersi esservi stato, avendo la stessa sentenza affermato che il lastrico continuò di fatto ad essere utilizzato da tutti i comproprietari. Si contesta altresì la correttezza dell’affermazione secondo cui vi sarebbe stata una volontà di tutti i comproprietari del terrazzo per la creazione del vincolo pertinenziale, non potendosi pertanto attribuire alla circostanza di fatto, costituita dal consenso all’apertura di una porta tra l’appartamento ed il lastrico, il significato di una volontà implicita, idonea a costituire il rapporto di pertinenza.

Anche tale motivo è privo di fondamento.

Quanto alla erronea o falsa applicazione dell’art. 817 c.c., la sentenza impugnata risulta essersi conformata alla costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui per la costituzione del vincolo pertinenziale ai sensi dell’art. 817 c.c. – sono necessari un elemento oggettivo, consistente nella materiale destinazione del bene accessorio ad una relazione di complementarietà con quello principale, e un elemento soggettivo, consistente nell’effettiva volontà del titolare del diritto di proprietà, o di altro diritto reale sui beni collegati, di destinazione della res al servizio o all’ornamento del bene principale (cfr. ex multis Cass. 21 settembre 2011 n. 19206; Cass., 28 aprile 2006 n. 9911) non apparendo necessario in relazione a tale secondo elemento che la destinazione in modo durevole di una cosa a servizio od ornamento di un’altra si manifesti in una forma solenne, ancorchè abbia ad oggetto immobili (cfr. Cass. 15 maggio 2000 n. 6230).

Nella vicenda in esame, risulta effettivamente il riscontro da parte del giudice di merito di entrambi gli elementi costantemente ritenuti necessari per la sussistenza del vincolo pertinenziale, emergendo dalla lettura della sentenza impugnata sia il riferimento alla relazione di complementarietà instauratasi tra l’appartamento, successivamente assegnato al convenuto, ed il terrazzo in oggetto, sia il fatto che entrambi i beni erano in comunione tra le medesime parti, che avevano acconsentito al collegamento.

La Corte distrettuale colloca, infatti, cronologicamente la creazione del nesso di pertinenza nel 1979, allorchè venne creato l’accesso diretto al terrazzo dall’appartamento di cui all’interno numero (OMISSIS).

A tale data, sia l’appartamento che il terrazzo erano in comunione tra i germani M., i quali nel predisporre il regolamento di condominio del fabbricato, nel quale è collocato il lastrico per cui è causa, previdero espressamente che tale cespite non rientrava tra i beni condominiali ex art. 1117 c.c., ma era destinato a rimanere in comunione ordinaria fra di loro.

Quanto invece alla pretesa contraddittorietà ovvero carenza della motivazione resa sul punto dalla sentenza impugnata, occorre ribadire che, sempre alla luce dei principi ripetutamente affermati in sede di legittimità (cfr. da ultimo Cass. 4 marzo 2014 n. 5027) l’accertamento della sussistenza, o meno, di un vincolo pertinenziale costituisce apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito e incensurabile in sede di legittimità se soggetto da adeguata e logica motivazione (conforme Cass. 2 marzo 2006 n. 4599, per la quale l’accertamento in ordine alla sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi che caratterizzano il rapporto pertinenziale fra due immobili e consistenti nella volontaria e permanente destinazione di uno di essi al servizio dell’altro comporta un giudizio di fatto che, come tale, è incensurabile in sede di legittimità se espresso con motivazione adeguata ed immune da vizi logici).

I giudici di merito, da un lato, hanno dato conto dell’esistenza del requisito della contiguità tra il bene principale (appartamento) e quello costituente pertinenza, motivando altresì in maniera logica e congruente in ordine alle ragioni per le quali era possibile ravvisare l’esistenza di un consenso, sebbene informale, reso da parte di tutti gli altri comproprietari, all’iniziativa finalizzata ad assicurare la destinazione del terrazzo a servizio dell’appartamento, sebbene solo materialmente attuata da parte di M.G..

Inoltre, alcuna rilevanza può assumere nella fattispecie la circostanza che il bene asservito come pertinenza, funga anche da copertura dello stabile, ben potendosi obiettare che tale destinazione, come confermato dalla previsione di cui all’art. 1126 c.c., è perfettamente compatibile con il riconoscimento di una proprietà esclusiva in capo ad un singolo condomino, ovvero che il bene possa risultare pertinenziale ad un’unità immobiliare in proprietà esclusiva. Pertanto la creazione del vincolo pertinenziale oltre a non immutare il regime proprietario del bene (che all’epoca della sua creazione, continuava a rimanere in comunione tra i germani M.) non incide in alcun modo nemmeno sulla suddetta funzione di copertura.

Inoltre, la stessa conclusione alla quale pervenuto il giudice di merito, e che cioè il possesso esercitato da parte del convenuto sino all’inizio degli anni ’80 dello scorso secolo, non avesse il carattere dell’esclusività tale da giustificare la possibilità di usucapire la proprietà delle quote degli altri comunisti, risulta perfettamente coerente con l’affermazione secondo cui la nascita del vincolo pertinenziale presupponeva un consenso, sebbene esternato in maniera informale, da parte degli altri comunisti, e quindi anche del ricorrente.

L’individuazione compiuta da parte del giudice di merito, degli atti Ovvero dei comportamenti costituenti valide estrinsecazioni dell’elemento soggettivo di cui sopra si risolve peraltro in un accertamento di fatto, non sindacabile in questa sede, in presenza di una motivazione logica e coerente.

Anzi, proprio in tale prospettiva, l’assenso alla creazione di un vincolo pertinenziale fra il terrazzo ed il bene principale (l’appartamento), che all’epoca cui risale la creazione del nesso di pertinenza, era ancora in proprietà comune, costituisce una forma di manifestazione del possesso del bene da parte di tutti i comunisti, occorrendo avere riguardo a tal fine non già alla persona fisica che trae vantaggio dalla pertinenza, bensì all’utilità oggettiva arrecata al bene principale, che come detto all’epoca era ancora in comunione.

Anche tale motivo deve quindi essere disatteso, con l’integrale rigetto del ricorso.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo che segue.

Nulla per le spese per quanto riguarda gli intimati che non hanno svolto difese.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese in favore del controricorrente che liquida in Euro 2.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda Seconda Civile, il 12 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2016

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