Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12637 del 25/06/2020

Cassazione civile sez. II, 25/06/2020, (ud. 09/07/2019, dep. 25/06/2020), n.12637

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16891/2018 proposto da:

M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CASSIODORO

1/A, presso lo studio dell’avvocato GIULIANO SCARSELLI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MONICA GIOMMETTI;

– ricorrente e c/ricorrente incidentale –

contro

T.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA XX SETTEMBRE

3, presso lo studio dell’avvocato BRUNO NICOLA SASSANI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCO PAOLO LUISO;

– controricorrente –

TA.MA., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUDOVISI 35,

presso lo studio dell’avvocato MARIO GIUSEPPE RIDOLA, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato SERGIO MENCHINI;

– controricorrente incidentale –

e contro

T.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 718/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 28/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/07/2019 dal Consigliere Dott. MARIA ROSARIA SAN GIORGIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale, rigetto del ricorso incidentale condizionato;

uditi gli Avvocati SCARSELLI Giuliano e GIOMMETTI Monica, difensori

del ricorrente che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato LUISO Francesco Paolo, difensore del resistente che

si riporta agli atti;

udito l’Avvocato MENCHINI Sergio, difensore della controricorrente

incidentale che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Nel 1979 M.G. e G.G., a seguito della mancata consegna da parte di T.G., per avvenuto trasferimento di proprietà per effetto di un contratto stipulato in quell’anno, dell’immobile in (OMISSIS) sede dell’albergo (OMISSIS), chiesero ed ottennero il sequestro conservativo dell’immobile e quindi promossero un giudizio di merito chiedendo inizialmente solo la convalida del sequestro ed in corso di causa anche la risoluzione del contratto per inadempimento imputabile al T.. Questi, a sua volta, chiese la risoluzione per inadempimento dei primi.

Il Tribunale di Lucca, con sentenza del 1989 confermata in appello con sentenza del 15 luglio del 1994 ed in cassazione nel 1997, respinse entrambe le domande, ritenendo inammissibile quella proposta dagli attori per mancata contestuale proposizione del giudizio di merito ed infondata quella avanzata dal convenuto.

2.- In pendenza di detto giudizio il M., in proprio e quale erede di G.G., con atto di citazione del 4 ottobre 1994, convenne innanzi al Tribunale di Lucca, sez. distaccata di Viareggio, la sola Ta.Ma., erede, insieme al fratello M.G., del padre G., per sentir accertare l’avvenuto trasferimento del bene o, in subordine, ove si fosse qualificato detto contratto come preliminare di vendita, perchè venisse emessa sentenza di trasferimento dell’immobile ex art. 2932 c.c.. Il Tribunale adito, con sentenza del 22 novembre 1996, dichiarò inammissibile la domanda in quanto proposta dopo che la domanda di risoluzione era stata già avanzata e in pendenza del relativo giudizio.

Tale sentenza fu riformata in appello, per avere la Corte territoriale giudicato prescritto il diritto azionato dal M..

Questa Corte, con sentenza n. 15171 del 2001, annullò tale pronuncia con rinvio avendo ritenuto la precedente domanda di risoluzione interruttiva della prescrizione anche in relazione alla successiva domanda di adempimento.

A seguito della riassunzione del giudizio innanzi alla Corte d’appello di Firenze, questa rimise gli atti al giudice di primo grado per la integrazione del contraddittorio nei confronti dell’altro erede di T.G., T.M.R., che il M. non aveva citato sul presupposto che, avendogli costui ceduto la sua quota ereditaria di comproprietà sull’immobile in questione con scrittura privata del 13 gennaio 1979, fosse ormai privo di legittimazione passiva. Nelle more Ta.Ma. aveva promosso altra azione per ottenere il riscatto della quota ereditaria ceduta dal fratello al M., domanda accolta dal Tribunale con sentenza del 1996, riformata dalla Corte d’appello di Firenze con sentenza annullata con rinvio da questa Corte e poi confermata dalla stessa Corte in sede di rinvio con decisione passata in giudicato.

3.- Il Tribunale di Lucca, Sez. distaccata di Viareggio, con sentenza del 27 giugno 2011, rigettò la domanda in riassunzione del M., ritenendo fondata la eccezione, avanzata da Ta.Ma., costituitasi nel giudizio, dell’avvenuto scioglimento del contratto per mutuo consenso, in quanto le domande già proposte nel precedente giudizio manifestavano la volontà delle parti di far venire meno il rapporto contrattuale, non ostando all’accoglimento della eccezione stessa, non sollevata in precedenza, la natura chiusa del giudizio di rinvio, non trattandosi nella specie di un tal giudizio, in quanto la Corte di merito aveva fatto regredire il processo ad una fase anteriore all’intero corso del giudizio.

Tale decisione venne riformata dalla Corte d’appello di Firenze che, con sentenza del 2012, dispose, in esecuzione del contratto del 1979, qualificato come preliminare di vendita, il trasferimento dell’immobile in favore del M. subordinatamente al pagamento del residuo prezzo di Euro 191089,05, considerando che, poichè la pronuncia in primo grado doveva essere considerata come emessa ai sensi dell’art. 394 c.p.c., l’eccezione di risoluzione del contratto per mutuo consenso era inammissibile perchè nuova.

4.- Questa Corte, con sentenza n. 4317 del 2016, ha, invece, ritenuto che, essendosi svolta un’attività incompatibile con l’art. 394 c.p.c., che disciplina il giudizio di rinvio, in quanto diretta a dare ingresso a parti diverse rispetto a quelle del giudizio di appello, la fase tenuta davanti al primo giudice non subisse i limiti del giudizio di rinvio, ed ha cassato la sentenza con rinvio.

Il M. ha riassunto il giudizio innanzi alla Corte d’appello di Firenze, ribadendo le proprie domande e deducendo che lo scioglimento di un contratto avente ad oggetto il trasferimento di diritti su beni immobili non poteva avvenire che con forma scritta e non per facta concludentia.

5.-La Corte d’appello, con sentenza del 28 marzo 2018, ha rigettato la domanda osservando che la necessità della forma scritta ad substantiam sussiste solo in ipotesi di manifestazione di mutuo dissenso delle parti, e non in caso di accertamento giudiziale della sussistenza di un fatto estintivo dei diritti nascenti dal negozio bilaterale, rappresentato nella specie dall’avvenuto scioglimento del rapporto contrattuale in conseguenza della volontà in tal senso manifestata dalle parti mediante la reciproca richiesta di risoluzione del contratto in questione nel diverso giudizio concluso con la sentenza del Tribunale di Lucca del 1989, passata in giudicato nel 1997. Aggiunse che il M. non avrebbe potuto più chiedere l’adempimento in base al principio di diritto secondo il quale, quando i contraenti richiedano reciprocamente la risoluzione del contratto, ciascuno attribuendo all’altro la condotta inadempiente, il giudice deve comunque dichiarare la risoluzione del contratto, atteso che le due contrapposte manifestazioni di volontà, pur estranee ad un mutuo consenso negoziale risolutorio, in considerazione delle premesse contrastanti, sono tuttavia dirette all’identico scopo dello scioglimento del rapporto negoziale.

6.- La cassazione di questa sentenza è richiesta da M.G. con ricorso affidato a tre motivi, cui resistono con controricorso sia T.M.R. sia Ta.Ma., che propone altresì ricorso incidentale condizionato, cui il M. resiste con controricorso. Nell’imminenza della udienza pubblica hanno depositato memorie M.G., T.M.R. e Ta.Ma..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Va preliminarmente esaminata la eccezione di inammissibilità di tutti i motivi del ricorso principale, sollevata dal controricorrente e ricorrente incidentale alla stregua del rilievo del carattere di novità degli stessi, in quanto involgenti questioni non trattate nel giudizio di primo grado.

2.- La eccezione è priva di fondamento.

Ed infatti, con riguardo al primo motivo, ove si denuncia un omesso esame di un punto decisivo della controversia, il gravame non può che riferirsi ad un vizio rinvenuto nella sentenza di secondo grado, peraltro relativo ad un punto che era stato oggetto di discussione fin dall’atto di citazione del giudizio di primo grado del 1994. Quanto al secondo motivo, è sufficiente esaminare le conclusioni della parte attrice in riassunzione nel giudizio di appello per comprendere come oggetto della domanda fosse l’adempimento del contratto del 1979, e, conseguentemente, per escludere la novità della deduzione relativa alla violazione dell’art. 1453 c.c. Infine, in riferimento alla terza censura, è agevole il rilievo che lo stesso controricorrente riconosce che la questione della previsione della forma scritta ad substantiam per la risoluzione del contratto avente ad oggetto il trasferimento di diritti su beni immobili era stata oggetto dell’atto in riassunzione del M..

3.- Passando all’esame dei singoli motivi, con il primo di essi si deduce, dunque, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti in punto di presunta risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. La sentenza impugnata, nell’affermare essersi verificata la risoluzione del contratto in forza delle posizioni processuali delle parti nel primo giudizio, concluso con la sentenza del Tribunale di Lucca del 1989, avrebbe omesso di considerare che il contratto preliminare di cui si tratta non è stato risolto, essendo stata la risoluzione richiesta da una delle parti dichiarata inammissibile e quella richiesta dall’altra rigettata dal Tribunale con la pronuncia passata in giudicato a seguito della sentenza di questa Corte n. 2248 del 1997. Il giudice di secondo grado, dunque, avrebbe tenuto conto solo delle domande e non dell’esito del processo cui le stesse avevano dato luogo.

4.- La censura è infondata.

Non vi è stata, in realtà, la denunciata omissione da parte della Corte di merito. Per un verso, infatti, essa ha puntualmente riferito, nella narrativa (pag. 5), che “la sentenza 28.9.1989 n. 941/89 del Tribunale di Lucca, con la quale detto Tribunale aveva respinto entrambe le domande (di risoluzione), ritenendo inammissibile quella proposta dagli attori per mancata contestuale proposizione del giudizio di merito ed infondata quella avanzata dal convenuto, era stata confermata sia in appello con sentenza 15.7.1994 n. 966/94, sia in Cassazione, con sentenza 13.3.1997 n. 2248/97”; per l’altro, non menziona detto esito decisorio nella illustrazione dell’iter argomentativo della sua pronuncia per la buona ragione che esso rimane irrilevante – donde la inconferenza della invocazione del parametro censorio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – ai fini della stessa, la quale affonda le proprie radici nella considerazione della volontà manifestata concordemente da entrambe le parti, con le rispettive domande di risoluzione del contratto, di pervenire a detto risultato. Così come, del resto, aveva fatto la sentenza di primo grado, che aveva accolto l’eccezione relativa all’avvenuto scioglimento del contratto per mutuo consenso, sollevata dalla convenuta con riferimento alla richiesta di risoluzione per inadempimento dell’altro formulata da entrambe le parti nel precedente giudizio, quello definito con sentenza dello stesso Tribunale nel 1989, nonostante tale sentenza, poi confermata dalla Corte d’appello e da questa Corte, avesse dichiarato inammissibile l’una delle due domande e rigettato l’altra. Di più: nell’accogliere detta eccezione sollevata dalla T., il giudice di primo grado aveva sottolineato che, a prescindere dalla ritualità e fondatezza delle domande di risoluzione sollevate nel giudizio precedente, esse rendevano manifesta la volontà delle parti di far venir meno il rapporto contrattuale. E tale impostazione è stata confermata dalla sentenza impugnata. La quale, pertanto, non è incorsa nel vizio denunciato.

5.- Con il secondo motivo, come si è anticipato, si lamenta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1453 c.c., comma 2 e dell’art. 24 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Avrebbe errato la Corte di merito nell’escludere che, una volta rigettata la sua richiesta di risoluzione del contratto nel precedente giudizio, il M. potesse chiedere l’adempimento in un diverso procedimento, ritenendo che quando un contraente richieda la risoluzione.

6. – La censura è meritevole di accoglimento.

Secondo l’orientamento di questa Corte, cui il Collegio intende dare continuità, il divieto, posto dall’art. 1453 c.c., di chiedere l’adempimento, una volta domandata la risoluzione del contratto, viene meno e non ha più ragion d’essere quando la domanda di risoluzione venga rigettata, rimanendo in vita in tal caso il vincolo contrattuale e risorgendo l’interesse alla esecuzione della prestazione, con inizio del nuovo termine prescrizionale del diritto di chiedere l’adempimento (Cass., sentt. n. 26152 del 2010 e n. 6672 del 1988). E se ne è tratta l’ulteriore conseguenza che le due domande, di risoluzione e di adempimento, possono essere proposte, in via subordinata, anche nello stesso giudizio.

Nessun dubbio, pertanto, che nella specie, in cui il M. propose la domanda di adempimento con atto di citazione del 4 ottobre 1994, dopo che già nel 1989 il Tribunale di Lucca aveva respinto la domanda di risoluzione del contratto, con sentenza confermata dalla Corte d’appello con pronuncia del 15 luglio 1994, n. 966.

7. – Resta assorbito dall’accoglimento del secondo motivo l’esame del terzo, con il quale si denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1325,1350,1351,1453 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1 per aver errato la Corte di merito nel ritenere che solo il mutuo dissenso negoziale necessita della forma scritta ad substantiam e non anche quello giudiziale.

8.- Venendo all’esame del ricorso incidentale, esso si articola in tre censure. Con la prima di esse si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 324 c.p.c., art. 329 c.p.c., comma 2, art. 342 c.p.c., art. 2909 c.c. e la nullità della sentenza, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, per avere la Corte di merito riesaminato nel merito la questione concernente lo scioglimento del contratto, nonostante su di essa si fosse formato il giudicato interno. Infatti, la sentenza del Tribunale di Lucca, sez. dist. di Viareggio, del 2011 aveva accertato che, per effetto delle reciproche domande delle parti di risoluzione proposte nel precedente giudizio, il contratto de quo si fosse sciolto, ed il soccombente, M., nel proporre appello avverso detta sentenza, si era limitato ad impugnarla in rito, deducendo che il Tribunale non avrebbe potuto deciderla, ma non nel merito, non essendosi soffermato sulla pronuncia nella parte relativa all’accertamento dell’avvenuta risoluzione del contratto, pertanto divenuto definitivo.

9.- La doglianza non coglie nel segno.

La questione dell’intervenuto scioglimento del contratto per effetto delle reciproche domande di risoluzione proposte in un separato processo non era in effetti coperta dal giudicato. Ed infatti essa ha continuato a costituire il punto sul quale si sono incentrati i successivi gradi del giudizio.

Il M. aveva impugnato la sentenza del Tribunale ritenendo che la eccezione di risoluzione del contratto dovesse essere considerata inammissibile perchè nuova in un giudizio che, essendo conseguente alla rimessione disposta dal giudice di appello, non era qualificabile come un vero e proprio giudizio di primo grado, e nel quale la pronuncia doveva essere considerata come emessa ai sensi dell’art. 394 c.p.c.. Il problema se quella fase del giudizio rimessa al Tribunale fosse o meno ancora intrisa dei limiti fisionomici del giudizio di rinvio era strettamente collegato alla valutazione dell’ammissibilità del rilievo in quel giudizio della questione inerente allo scioglimento del contratto de quo per mutuo consenso. E la Corte d’appello aveva condiviso la impostazione del M., disponendo il trasferimento dell’immobile oggetto del giudizio in favore dell’appellante. Questa Corte, invece, con la sentenza n. 4317 del 2016, premesso che nel giudizio di rinvio ex art. 383 c.p.c., il giudice di appello che rimette la causa in primo grado, ai sensi dell’art. 354 c.p.c., comma 1, per l’integrazione del contraddittorio nei confronti di un litisconsorte pretermesso nelle precedenti fasi del procedimento di merito e di legittimità, viola l’art. 394 c.p.c., che preclude al giudice del rinvio l’esame dell’integrità del contraddittorio, ha stabilito che, in tal caso, qualora avverso tale pronuncia non sia stata proposta impugnazione, la sentenza acquisisce efficacia irretrattabile e la conseguente fase, tenutasi davanti al giudice cui la causa è stata rimessa, va intesa non come impropria prosecuzione del giudizio di rinvio, ma quale giudizio iniziato ex novo, sicchè le parti sono reintegrate nella pienezza di tutti i poteri processuali propri del giudizio di primo grado e il giudice può riesaminare liberamente la controversia, senza i vincoli di statuizioni pregresse.

I riflessi della soluzione offerta da questa Corte riguardavano l’ammissibilità della eccezione di risoluzione per mutuo dissenso sollevata dalla T. dinanzi al giudice di primo grado. Ma nessun rilievo di giudicato è stato operato da questa Corte neanche con riferimento all’accertamento da parte del Tribunale dell’intervenuta risoluzione del contratto.

Nè può considerarsi contrastare con tale conclusione l’affermazione, contenuta nella sentenza in esame, che “la questione della risoluzione del contratto per mutuo consenso non costituiva nemmeno oggetto di necessaria eccezione in senso proprio, essendo tale vicenda un fatto oggettivamente estintivo dei diritti nascenti dal negozio bilaterale, desumibile dalla volontà in tal senso manifestata, anche tacitamente dalle parti, che poteva, perciò, essere accertato d’ufficio dal giudice, dando rilievo alla reciproca richiesta di risoluzione del contratto stesso avanzata in diverso giudizio (Cass. 17 marzo 2014, n. 6125; Cass. 20 giugno 2012, n. 10201; Cass. 24 maggio 2007, n. 12075)”.

Il richiamato passaggio motivazionale esprime un principio di diritto idoneo ad offrire soluzione alla questione all’esame della Corte d’appello, cui la causa veniva rinviata, e che, infatti, è stato posto alla base della decisione oggi impugnata, ma non assume la portata di un rilievo di giudicato interno, come vorrebbe la ricorrente incidentale, sull’accertamento, contenuto nella sentenza del Tribunale di Viareggio nel 2011, della intervenuta risoluzione del contratto per effetto delle reciproche domande in tal senso proposte in separato giudizio.

Ne è dimostrazione la circostanza che la Corte d’appello, con la sentenza oggi impugnata, ha riesaminato nel merito detta questione, confermando, peraltro, la decisione del primo giudice.

10. – L’argomentazione da ultimo esposta dà conto della infondatezza del secondo motivo del ricorso incidentale, con il quale si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 384 c.p.c. e nullità della sentenza, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, avendo la Corte d’appello riesaminato nel merito la questione concernente lo scioglimento del contratto, nonostante questa Corte avesse statuito che la reciproca proposizione di domande di risoluzione in un anteriore processo integra un fatto giuridico estintivo del rapporto inter partes. Ed infatti, come si è dianzi rilevato, la Corte d’appello ha definito la controversia rinviata al suo esame sulla base della soluzione indicata nella pronuncia di questa Corte, la quale, peraltro – va precisato -, ha enunciato il principio di diritto, vincolante, come tale, per il giudice di rinvio, con esclusivo riferimento al tema del rapporto tra la fase del giudizio rimessa al Tribunale per la integrazione del contraddittorio dalla Corte d’appello, adita come giudice di rinvio, ed i limiti dello stesso giudizio di rinvio, di cui all’art. 384 c.p.c., comma 2 e art. 394 c.p.c., comma 3.

11.- Con il terzo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 394 c.p.c., comma 2 e 3 e nullità della sentenza, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la Corte d’appello esaminato nel merito la eccezione di difetto di forma scritta dell’atto di scioglimento del contratto, nonostante si trattasse di una eccezione nuova, in quanto proposta per la prima volta nel giudizio di rinvio.

12. – Anche tale censura è priva di fondamento.

In disparte il difetto di interesse alla stessa da parte della ricorrente incidentale, va rilevato che, con la richiamata pronuncia del 2016, questa Corte ha chiarito che, avendo il giudice di rinvio, ex art. 383 c.p.c., rimesso la causa in primo grado ai sensi dell’art. 354 c.p.c., comma 1, rilevando che doveva essere integrato il contraddittorio, ed essendosi, perciò, svolta un’attività incompatibile con l’art. 394 c.p.c., che disciplina il giudizio di rinvio, in quanto diretta a dare ingresso a parti e conclusioni diverse rispetto al giudizio di appello, la fase conseguentemente tenutasi davanti al primo giudice non conosceva i limiti propri del giudizio di rinvio da cassazione, ma doveva svolgersi come giudizio iniziato ex novo, reintegrando, quindi, le parti nella pienezza di tutti i poteri processuali del giudizio di primo grado e con la possibilità per il tribunale di riesaminare liberamente la controversia, senza i vincoli di statuizioni pregresse.

13. – Conclusivamente, deve essere accolto il secondo motivo del ricorso principale, rigettato il primo, assorbito il terzo. Il ricorso incidentale deve essere rigettato. La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata ad altra sezione della Corte d’appello di Firenze – cui è demandato anche il regolamento delle spese del presente giudizio – che la riesaminerà alla luce del principio di diritto enunciato sub 6.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, del contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso principale, rigetta il primo, assorbito il terzo. Rigetta il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, ad altra sezione della Corte d’appello di Firenze.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, del contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 9 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 giugno 2020

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA