Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12631 del 17/06/2016

Cassazione civile sez. II, 17/06/2016, (ud. 21/04/2016, dep. 17/06/2016), n.12631

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 885-2012 proposto da:

O.L., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA ANAPO 20, presso lo studio dell’avvocato CARLA RIZZO,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato VALTER ANGELI;

– ricorrente –

contro

P.V., (OMISSIS), OT.CA.

(OMISSIS) in proprio e quale erede del congiunto B.

A., B.M. (OMISSIS) quale figlio

unico ed erede di B.A. deceduto in corso di causa,

elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

Cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi

dall’avvocato GIUSEPPE BERELLINI;

– c/ricorrenti e ric. incidentali –

e contro

BE.MA., (OMISSIS), BA.NA.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA NICOLA

RICCIOTTI 9, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO COLACINO, che

li rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCA PAOLA

RENZONI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 252/2011 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 21/04/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/04/2016 dal Consigliere Dott. LUIGI GIOVANNI LOMBARDO;

udito l’Avvocato CARLA RIZZO, difensore del ricorrente, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso principale ed il rigetto del

resto;

udito l’Avvocato VINCENZO COLACINO, difensore dei controricorrenti,

e l’Avvocato GIUSEPPE BERELLINI, difensore dei ricorrenti

incidentali, che hanno chiesto il rigetto delle difese avversarie e

l’accoglimento delle conclusioni in atti depositate;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per l’inammissibilità, in

subordine per il rigetto del ricorso principale e per l’accoglimento

del ricorso incidentale.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. – O.L. convenne in giudizio P.V., Ot.Ca., B.A., Be.Ma. e Ba.Na., chiedendo la condanna degli stessi al risarcimento del danno derivatogli dalla utilizzazione che essi avevano fatto della cubatura edificatoria di pertinenza del fondo di sua proprietà, finitimo al terreno di proprietà dei convenuti.

Questi ultimi resistettero alla domanda, assumendo che l’attore, in occasione della vendita del terreno ora di proprietà di essi deducenti (terreno contrassegnato con le particelle nn. (OMISSIS) e (OMISSIS), divenute poi rispettivamente nn. 600 e 601), con scrittura privata del 6.1.1981 aveva convenuto la cessione della cubatura relativa alla particella (OMISSIS) rimasta in proprietà all’ O..

Il Tribunale di Perugia rigettò la domanda attorea.

2. – Sul gravame proposto dall’ O., la Corte di Appello di Perugia confermò la pronuncia di primo grado.

3. – Per la cassazione della sentenza di appello ricorre O. L. sulla base di nove motivi.

Resistono con controricorso P.V., Ot.

C. e B.M. (quest’ultimo nella qualità di erede di B.A., nel frattempo deceduto), che propongono altresì ricorso incidentale affidato a un motivo.

Con separato controricorso, resistono anche Be.Ma. e Ba.Na..

Tutte le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.- Vanno prima esaminate le censure mosse col ricorso principale.

1.1. – Con il primo e col secondo motivo di ricorso, che possono trattarsi unitariamente, si deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c. per l’omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4). Si deduce, in particolare, che la Corte di Appello non avrebbe considerato che P.V., a differenza degli altri convenuti, è rimasto estraneo alla scrittura privata del 6.1.1981 con la quale è stata convenuta la cessione di cubatura, avendo egli sub-acquistato un tratto del terreno dagli originari acquirenti solo nell’anno 1987 e che, in ogni caso, la Corte territoriale non avrebbe spiegato come – essendo la cessione di cubatura un contratto con effetti meramente obbligatori – il diritto di fruire della cubatura relativa al fondo dell’attore si sia potuto trasferire automaticamente al P. con l’acquisto del fondo.

Le censure non sono fondate, in quanto la Corte territoriale ha considerato che il P. è rimasto estraneo alla scrittura del 1981 relativa alla cessione di cubatura, ritenendo tuttavia (pp. 12-

13 della sentenza impugnata) che quella cessione fosse stata a lui trasferita unitamente al trasferimento della proprietà del terreno a vantaggio del quale era stata convenuta. Nè possono peraltro costituire vizio di omessa pronuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 la pretesa omessa esposizione delle ragioni della decisione, che costituiscono – semmai – il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5.

1.2. – Col terzo e col quarto motivo di ricorso, si deduce poi l’omessa, contraddittoria, insufficiente e illogica motivazione della sentenza impugnata (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5). Si deduce che la Corte di Appello non avrebbe motivato o avrebbe motivato in modo illogico circa le ragioni per le quali il diritto di fruire della cubatura relativa al fondo dell’attore si sarebbe trasferito al P. con l’acquisto del fondo, considerato che la cessione di cubatura non era stata menzionata nell’atto di trasferimento della proprietà in favore del P.; illogicamente perciò la Corte territoriale avrebbe ritenuto che tale cessione fosse compresa nel trasferimento del terreno in favore del P. in quanto accedente allo stesso fondo.

Anche queste censure sono infondate.

La Corte di Appello ha spiegato – seguendo l’insegnamento di questa Corte – che l’accordo preliminare di cessione di cubatura non ha natura di contratto traslativo reale, ma dà luogo ad un rapporto obbligatorio, col quale una parte (proprietario cedente) si impegna a prestare il proprio consenso affinchè la cubatura o parte di essa che, in base agli strumenti urbanistici, gli compete venga attribuita dalla P.A. al proprietario del fondo vicino (cessionario) compreso nella medesima zona urbanistica (Sez. 2, Sentenza n. 20623 del 24/09/2009, Rv. 609917); ha spiegato che, nel caso di specie, l’accordo intervenuto con la scrittura del 1981 – che, per quanto detto, non necessitava di forma scritta ad substantiam – non prevedeva alcun limite volumetrico, riferendosi invece a tutta la cubatura della particella di terreno rimasta in proprietà del venditore, e che il credito nascente dal detto accordo è stato ceduto al P. unitamente alla vendita dell’area da lui acquistata (pp. 10-13 della sentenza impugnata).

La motivazione sul punto risulta esente da vizi logici e giuridici, rimanendo così insindacabile in sede di legittimità.

1.3. – Col quinto motivo, si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1260 c.c., per avere la Corte territoriale ritenuto che l’obbligo assunto dall’ O., con la sottoscrizione della scrittura privata del 1981 con la quale venne convenuta la cessione di cubatura, fosse stato dagli acquirenti validamente ceduto al P. pur in assenza del consenso del debitore ceduto ai sensi dell’art. 1260 c.c., senza considerare che tale disposizione si riferisce alle obbligazioni pecuniarie e non è applicabile ad altre obbligazioni e senza considerare che, comunque, l’obbligazione aveva carattere strettamente personale, per il fatto di essere finalizzata alla costruzione delle case di abitazione degli originari acquirenti che avevano sottoscritto la scrittura privata del 1981, cosicchè la stessa non poteva essere ceduta a soggetti estranei alla convenzione.

Non avrebbe poi considerato la Corte di Appello che l’ O. aveva già adempiuto la sua obbligazione quando, dopo la sottoscrizione della scrittura privata, chiese al Comune il rilascio della concessione edilizia in favore degli acquirenti (concessione poi rilasciata nell’anno 1985). Non poteva perciò il diritto alla cessione di cubatura essere ceduto a terzi dagli originati acquirenti, avendo l’ O. già compiutamente eseguito la sua prestazione.

Anche queste doglianze non sono fondate.

Secondo la ricostruzione del fatto contenuta nella sentenza impugnata, le parti della scrittura del 1981 convennero la cessione di tutta la cubatura della particella di terreno rimasta nella proprietà del venditore: non solo della cubatura prevista in quel momento dallo strumento urbanistico, ma anche di quella che avrebbe potuto essere prevista da eventuali varianti; l’accordo, in quanto tale, non era limitato ad uno specifico progetto di costruzione nè aveva carattere personale, non essendo finalizzato alla costruzione delle case di abitazione degli originari acquirenti sottoscrittori della scrittura privata.

Sulla base di tale ricostruzione del fatto, deve ritenersi che il diritto di fruire della cubatura relativa al fondo dell’attore era ben cedibile al P. sub-acquirente del terreno, trattandosi di cessione di credito (stipulata tra gli acquirenti sottoscrittori della convenzione e il P.) che non richiedeva la forma scritta nè esigeva – ai sensi dell’art. 1260 c.c. – il consenso del debitore ceduto.

Va ricordato in proposito che, ai fini del perfezionamento della cessione del credito è normalmente necessario e sufficiente (laddove il credito non sia cioè di natura strettamente personale e non sussista uno specifico divieto normativo al riguardo) l’accordo tra il cedente e il cessionario, in quanto il contratto di cessione di credito ha natura consensuale e il suo perfezionamento consegue al solo scambio del consenso tra cedente e cessionario, che attribuisce a quest’ultimo la veste di creditore esclusivo, unico legittimato a pretendere la prestazione, pur se sia mancata la notificazione prevista dall’art. 1264 c.c. (da ultimo, Sez. 3, Sentenza n. 15364 del 13/07/2011, Rv. 619221); in altri termini, la cessione di credito è un contratto che determina la successione del cessionario al cedente nel medesimo rapporto obbligatorio con effetti traslativi immediati non solo tra essi, ma anche nei confronti del debitore, la cui tutela ai sensi dell’art. 1264 c.c., in forza del quale la cessione ha effetto nei confronti del debitore ceduto solo dopo che gli è stata notificata o in caso di sua accettazione, vale soltanto a tutelare la buona fede del solvens (Sez. 3, Sentenza n. 20548 del 20/10/2004, Rv. 577782).

L’art. 1260 c.c., peraltro, costituisce una disposizione non limitata alle obbligazioni pecuniarie (disciplinate dal codice nell’apposita sezione 1 del capo 7 del titolo 1 del Libro 4), ma relativa alle obbligazioni in generale (tanto che l’art. 1260 c.c. considera espressamente le obbligazioni di carattere strettamente personale, prescrivendo che la loro cessione – al contrario di quanto avviene di norma – necessita del consenso del debitore).

Erroneamente il ricorrente deduce che trattavasi di credito strettamente personale, per la cui cessione è necessario – ai sensi dell’art. 1260 c.c. – il consenso del debitore ceduto.

Com’è noto, la rilevanza della persona del creditore può essere di carattere economico, quando gli interessi della persona del creditore influiscono sulla misura della prestazione o quando l’esecuzione della prestazione potrebbe pregiudicare economicamente il debitore; o può essere data dalla immediatezza (fisica o morale) della relazione della persona dell’obbligato. Sono esempio di crediti strettamente personali quelli aventi ad oggetto prestazioni alimentari, prestazioni di carattere artistico o intellettuale, prestazioni di cura, etc. Nella specie, la natura del credito (cessione della cubatura di un terreno edificabile) esclude che la persona del creditore e la stessa persona del debitore possano aver rilievo giuridico, trattandosi di credito che attiene piuttosto ad una potenzialità, ad una qualità, del fondo compravenduto. Pertanto, deve escludersi che la cessione necessitasse del consenso del debitore ceduto.

Va peraltro osservato che, se la volontà dei contraenti – secondo quanto accertato dai giudici di merito – era quella per cui l’ O. obbligava a cedere tutta la cubatura del suo terreno, senza alcun limite volumetrico, ben poteva il progetto di costruzione approvato nel 1985 essere ampliato in modo da adeguarlo alle nuove previsioni urbanistiche nel frattempo intervenute, che consentivano una cubatura maggiore.

1.4. – Col sesto motivo, si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1322 c.c. e ss. e art. 1470 c.c. e ss., per avere la Corte di Appello erroneamente interpretato il contratto di compravendita del 2.4.1987 col quale il P. acquistò il terreno, non prendendo atto che in esso non era ricompreso il diritto di poter sfruttare la cubatura del fondo confinante a quello acquistato, di proprietà dell’ O.. Col settimo motivo, si deduce poi la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1362 c.c. e ss., per avere la Corte territoriale erroneamente interpretato la scrittura privata del 6.1.1981, erroneamente ritenendo che la cessione di cubatura pattuita fosse piena e non fosse, invece, limitata a quella necessaria per realizzare le case di civile abitazione progettate dal geom. T. (con esclusione pertanto della successiva maggiore cubatura che sarebbe stata attribuita al fondo dell’ O. dalla variante al piano regolatore generale). Con l’ottavo motivo, si deduce ancora l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata su un punto fondamentale della controversia, per avere la Corte territoriale erroneamente valutato le dichiarazioni testimoniali assunte, erroneamente ritenendo che la cessione di cubatura non fosse limitata a quella necessaria all’approvazione dei progetti per case di civile abitazione predisposti dal geom. T. e visionati dagli acquirenti.

Tutte e tre le censure sono inammissibili, vertendo su valutazioni di merito incensurabili in sede di legittimità.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non v’è ragione di discostarsi, in tema di ermeneutica contrattuale, l’interpretazione di un atto negoziale è tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, se non nella ipotesi di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale di cui all’art. 1362 c.c. e segg. o di motivazione insufficiente o illogica, ossia non idonea a consentire la ricostruzione dell’iter logico seguito per giungere alla decisione. Pertanto, onde far valere in cassazione tali vizi della sentenza impugnata, non è sufficiente che il ricorrente per cassazione faccia puntuale riferimento alle regole legali d’interpretazione, mediante specifica indicazione dei canoni asseritamente violati ed ai principi in esse contenuti, ma è altresì necessario che egli precisi in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato ovvero ne abbia dato applicazione sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti (Sez. L, Sentenza n. 17168 del 09/10/2012, Rv. 624346;

Sez. 2, Sentenza n. 13242 del 31/05/2010, Rv. 613151; Sez. 3, Sentenza n. 24539 del 20/11/2009, Rv. 610944); con l’ulteriore conseguenza dell’inammissibilità del motivo di ricorso che si fondi sull’asserita violazione delle norme ermeneutiche o sul vizio di motivazione e si risolva, in realtà, nella proposta di una interpretazione diversa (Sez. 1, Sentenza n. 22536 del 26/10/2007, Rv. 600183).

Sul punto, va altresì ribadito il principio secondo cui, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che l’interpretazione data al contratto dal giudice del merito sia l’unica interpretazione possibile o la migliore in astratto, ma è sufficiente che sia una delle possibili e plausibili interpretazioni;

perciò, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra (Sez. 3, Sentenza n. 24539 del 20/11/2009, Rv.

610944; Sez. 1, Sentenza n. 4178 del 22/02/2007, Rv. 595003).

Nella specie, avuto riguardo alla censura in esame, va ritenuto che i giudici di merito abbiano fatto corretta applicazione delle norme che regolano l’interpretazione delle dichiarazioni negoziali, adottando una motivazione che risulta esente da vizi logici. Piuttosto, sono le censure mosse col ricorso che non prendono compiutamente in esame le argomentazioni svolte dai giudici di merito, risultando così generiche e, anche sotto tale profilo, inammissibili, limitandosi a propone a questa Corte una interpretazione alternativa della dichiarazione negoziale.

E tuttavia, compito della Corte di cassazione non è quello di condividere o non condividere l’interpretazione del contratto contenuta nella decisione impugnata, nè quello di procedere ad una autonoma rilettura delle dichiarazioni negoziali poste a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria interpretazione a quella dei giudici del merito, dovendo invece la Corte di legittimità limitarsi a controllare se costoro abbiano dato conto delle ragioni della loro decisione e se il ragionamento, da essi reso manifesto nella motivazione della sentenza impugnata, non violi le regole della logica o le regole legali di interpretazione dei contratti; ciò che, come dianzi detto, nel caso di specie è dato riscontrare.

Anche la valutazione delle deposizioni testimoniali assunte è riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito e non è sindacabile in cassazione; a meno che la motivazione del relativo giudizio sia carente o viziata sul piano logico. Nella specie, la motivazione della sentenza impugnata, anche con riferimento alle dichiarazioni rese dal geom. T. (p. 11 della sentenza), risulta esente da vizi logici e giuridici, rimanendo pertanto insindacabile in sede di legittimità.

1.5. – Col nono motivo, si deduce infine la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1322 – 1346 c.c., per avere la Corte territoriale omesso di considerare che il rapporto obbligatorio nascente dal contratto di cessione di cubatura stipulato il 6.1.1981 aveva esaurito i suoi effetti nel 1985, a seguito del rilascio della concessione edilizia da parte del Comune sulla base della richiesta di trasferimento di cubatura ad esso indirizzata dall’ O.;

pertanto, rimaneva estranea a tale rapporto la successiva attività edilizia dei convenuti e le modifiche al progetto iniziale da essi predisposte sulla base della nuova maggiore cubatura prevista dalla sopravvenuta variante allo strumento urbanistico.

Il motivo è assorbito nel rigetto dei precedenti motivi.

Invero, una volta che i giudici di merito hanno accertato il fatto nel senso che le parti della scrittura del 1981 convennero la cessione non solo della cubatura – relativa alla particella di terreno rimasta nella proprietà del venditore – prevista in quel momento dallo strumento urbanistico, ma anche di quella avrebbe potuto essere prevista da eventuali future varianti e che l’accordo non era limitato ad uno specifico progetto di costruzione, ben poteva il cessionario pretendere e ottenere il riconoscimento della maggior potenzialità edificatoria scaturente dalla sopravvenuta variante alla strumento urbanistico e sfruttare la relativa cubatura in fasi temporali diverse.

La censura postula in realtà una diversa ricostruzione del fatto rispetto a quella compiuta dal giudice di merito; considerato invece il fatto come accertato dai giudici di merito non sussiste la dedotta falsa applicazione di norme giuridiche.

2. – Con l’unico motivo del ricorso incidentale proposto da P.V., Ot.Ca. e B.M., si deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 91 – 92 c.p.c., nonchè il vizio di motivazione della sentenza impugnata, per avere la Corte territoriale confermato la compensazione delle spese del primo grado del giudizio statuita dal primo giudice e disposto la compensazione parziale delle spese del giudizio di appello.

La doglianza è inammissibile.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non v’è ragione di discostarsi, in tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa; pertanto, esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso di altri giusti motivi (Sez. 5, Sentenza n. 15317 del 19/06/2013, Rv. 627183).

3. – In definitiva, vanno rigettati sia il ricorso principale che il ricorso incidentale. Stante la prevalente soccombenza dell’ O. rispetto ai ricorrenti in via incidentale, lo stesso va condannato al pagamento delle spese processuali nei confronti di tutti i controricorrenti, liquidate come in dispositivo.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE rigetta il ricorso principale e quello incidentale; condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese processuali in favore delle parti resistenti, che liquida per ciascuna in Euro 5.200,00 (cinquemiladuecento), di cui 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 21 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2016

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