Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1263 del 19/01/2018


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile, sez. III, 19/01/2018, (ud. 19/10/2017, dep.19/01/2018),  n. 1263

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. H.K. convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Bolzano, Sezione distaccata di Bressanone, M.S. e Ho.He., chiedendo che fosse riconosciuto il suo diritto di riscatto agrario in relazione alla quota di comproprietà della interessenza Laviz, pari a 52/684, che l’ Ho. aveva venduto al M. al prezzo di Euro 150.000 in violazione del suo diritto di prelazione.

A sostegno della domanda espose di essere proprietario e coltivatore diretto del maso chiuso (OMISSIS) e che, in quanto tale, egli era partecipante e confinante della interessenza Laviz; che quest’ultima non aveva esercitato il proprio diritto di prelazione di cui alla L.P. Bolzano 7 gennaio 1959, n. 2, art. 16 e che, di conseguenza, lo stesso spettava ai singoli partecipanti. Precisò anche di aver dichiarato all’ Ho. di essere interessato all’acquisto, ma che tale offerta non aveva avuto alucun seguito.

Si costituì in giudizio il solo M., eccependo in rito in difetto di giurisdizione o di competenza del Tribunale in considerazione dell’esistenza di una clausola compromissoria prevista dagli statuti dell’interessenza, e chiedendo nel merito il rigetto della domanda.

Il convenuto Ho. rimase contumace.

Il Tribunale accolse l’eccezione preliminare, dichiarò l’improcedibilità della domanda e condannò l’attore al pagamento delle spese di lite.

2. La pronuncia è stata impugnata dall’attore soccombente e la Corte d’appello di Trento, Sezione distaccata di Bolzano, con sentenza del 23 maggio 2015, ha rigettato l’appello ed ha condannato l’appellante al pagamento delle ulteriori spese del grado.

Ha osservato la Corte territoriale che doveva essere accolta la tesi dell’appellante secondo cui nella specie la controversia non ricadeva nella sfera di operatività della clausola compromissoria di cui all’art. 10 dello statuto della interessenza Laviz, per cui la domanda doveva essere considerata proponibile e, perciò, da scrutinare nel merito.

Ciò premesso – ed escluso di dover rimettere la causa in primo grado ai sensi degli artt. 353 e 354 c.p.c. – la Corte di merito ha dichiarato che la domanda dell’appellante doveva essere rigettata. Ed infatti, l’interessenza Laviz soggiace alle disposizioni della citata legge provinciale, il cui art. 16 stabilisce che, in caso di cessione di quote della comunione agraria, il diritto di prelazione spetta all’interessenza e, in subordine, ai partecipanti coltivatori diretti. Nella specie, tale norma non era stata violata, perchè l’ Ho. aveva venduto le sue quote al M., anch’egli componente della comunione agraria, e non ad un terzo, per cui lo scopo tutelato dalla legge, cioè garantire la continuazione della interessenza, era stato comunque rispettato. D’altra parte, nè la citata legge provinciale, nè lo statuto della interessenza Laviz regolano il caso dell’esercizio del diritto di prelazione da parte di più soci; per cui, non potendosi fare applicazione analogica delle norme sulla prelazione agraria di cui alla L. 26 maggio 1965, n. 590, e L. 14 agosto 1971, n. 817, la Corte d’appello ha concluso nel senso che, in caso di più aspiranti, la scelta è rimessa al venditore.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Bolzano propone ricorso H.K. con atto affidato a cinque motivi.

Resiste M.S. con controricorso affiancato da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., decisione ultra petitum e mancato rilievo della improponibilità dell’eccezione di clausola compromissoria per arbitrato irrituale.

Rileva il ricorrente che il M., costituendosi in giudizio, aveva eccepito l’esistenza di una clausola compromissoria per arbitrato rituale, per cui la sentenza di primo grado, recepita in appello, avrebbe erroneamente definito quella clausola come contenente un arbitrato irrituale.

1.1. Il motivo è inammissibile per evidente difetto di interesse.

E’ sufficiente rilevare, a questo proposito, che l’eccezione relativa all’esistenza di una clausola compromissoria, in base alla quale il giudice di primo grado aveva dichiarato l’improcedibilità della domanda, è stata ritenuta priva di fondamento dalla Corte d’appello, la quale ha correttamente ritenuto di dover decidere il merito della causa senza rimetterla al Tribunale. Ne consegue che ogni discussione sulla portata della clausola compromissoria non riveste più alcun interesse in questa sede.

2. Con il secondo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., oltre ad omesso esame di un fatto decisivo, per non avere la Corte d’appello deciso sulla domanda di riscatto proposta in qualità di confinante coltivatore diretto.

Osserva il ricorrente che egli aveva esercitato il riscatto sia come componente della interessenza Laviz che come proprietario coltivatore diretto confinante del maso (OMISSIS).

3. Con il terzo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione della L.P. Bolzano 7 gennaio 1959, n. 2, art. 16 e dell’art. 12 preleggi.

Rileva il ricorrente che l’art. 16 cit. non fa distinzione tra la vendita a terzi e la vendita ad altri compartecipanti, poichè essa si riferisce ad ogni vendita di quote; non sarebbe possibile, quindi, darne una lettura interpretativa come ha fatto la Corte d’appello.

4. Con il quarto motivo si lamenta violazione dell’art. 1362 c.c. e dell’art. 4 dello statuto della interessenza Laviz.

Anche la norma statutaria, infatti, non fa distinzione tra la vendita a terzi e la vendita ad altri compartecipanti, prevedendo anzi un diritto di prelazione in favore dei compartecipanti e, in subordine, degli agricoltori residenti nel territorio del Comune dove si trovano i beni. Non sarebbe possibile, dunque, una diversa interpretazione.

5. Con il quinto motivo si lamenta violazione degli artt. 12 e 14 preleggi, a causa dell’esclusione dell’applicazione analogica della L. 26 maggio 1965, n. 590, art. 8 e della L. 14 agosto 1971, n. 817, art. 7.

Il ricorrente osserva di essere anch’egli, come l’acquirente effettivo della quota M., partecipante della interessenza Laviz e, in quanto tale, titolare del diritto di prelazione. La Corte d’appello, dando atto di ciò, avrebbe errato nel negare di poter applicare le norme generali sulla prelazione ed il riscatto in rapporto alla situazione di conflitto tra due aventi diritto. Richiamando la giurisprudenza di legittimità, il ricorrente evidenzia che, qualora si verifichi una situazione di conflitto tra più soggetti tutti titolari del diritto di prelazione (e di riscatto), è compito del giudice individuare quale tra di loro sia il più qualificato all’acquisto. Detta valutazione va compiuta tenendo presente che la L.P. Bolzano n. 2 del 1959, art. 16, è ispirato alla tutela della piccola e media proprietà rurale, per cui non può essere rimessa alla volontà del venditore la scelta di quale sia l’acquirente più titolato per l’acquisto.

6. I motivi dal secondo al quinto, pur essendo diversi tra loro, esigono una trattazione unitaria, attesa la sostanziale convergenza delle doglianze poste dal ricorrente.

6.1. La questione sulla quale la Corte è chiamata a pronunciarsi riguarda l’interessenza agraria, ossia un particolare istituto previsto dalla L.P. Bolzano 7 gennaio 1959, n. 2. Si tratta di stabilire se ed in quali limiti siano applicabili a tale istituto, in assenza di un’espressa previsione nella normativa positiva, le norme sul riscatto agrario di cui alla L. n. 590 del 1965 e L. n. 817 del 1971. Più specificamente, occorre decidere quali siano i margini di applicabilità della normativa ora richiamata in caso di conflitto tra più acquirenti del medesimo fondo, che siano tutti componenti dell’interessenza; questione alla quale la Corte di Bolzano ha risposto affermando che, in caso di più aspiranti, la scelta sia rimessa al cedente.

Nella vicenda in esame, infatti, si è verificato che uno dei soci dell’interessenza Lavitz, H. Ho., essendo intenzionato a cedere le sue quote e non avendo l’interessenza stessa esercitato il proprio diritto di prelazione, ha venduto tali quote a M.S. anzichè a H.K., il quale gli aveva manifestato espressamente la propria volontà di acquisto. La particolarità del caso risiede nel fatto che entrambi i potenziali acquirenti erano componenti dell’interessenza.

L’odierno ricorrente pone una serie di censure fra le quali la più significativa è senz’altro quella del quinto motivo, ove viene richiamata la giurisprudenza di questa Corte in materia di prelazione e riscatto agrario in caso di conflitto tra più acquirenti aventi tutti diritto di prelazione.

Tale giurisprudenza, con orientamento consolidato, ha in più occasioni affermato che, in presenza di una pluralità di coltivatori diretti proprietari di terreni diversi, tutti confinanti con il fondo rustico posto in vendita, a ciascuno dei medesimi spetta il diritto di prelazione e riscatto di cui alla L. n. 817 del 1971, art. 7, comma 2, n. 2). Ove si verifichi una situazione di conflittualità, per effetto dell’esercizio della prelazione o riscatto da parte di due o più dei predetti confinanti, la scelta del soggetto preferito è compito riservato al giudice del merito, che dovrà accordare prevalenza ad uno piuttosto che agli altri aspiranti alla prelazione, alla stregua della maggiore o minore attitudine a concretare la finalità perseguita dalla citata norma e, cioè, l’ampliamento delle dimensioni territoriali dell’azienda diretto-coltivatrice, che meglio realizzi le esigenze di ricomposizione fondiaria, di sviluppo aziendale e di costituzione di unità produttive efficienti sotto il profilo tecnico ed economico. Pertanto il giudice, in funzione del compimento della scelta da operare per la soluzione del suddetto conflitto fra posizioni di diritto soggettivo, deve prescindere dalla priorità temporale dell’iniziativa dell’uno o dell’altro confinante, come anche dalle eventuali preferenze espresse dal venditore, mentre è tenuto a valutare l’entità, le caratteristiche topografiche, fisiche e colturali dei terreni in possibile accorpamento, l’esuberanza della forza lavoro che i confinanti siano in grado di riversare sul fondo in vendita, nonchè la stabilità nel tempo che l’azienda da incrementare possa assicurare (così la sentenza 20 gennaio 2006, n. 1106, ribadendo il principio di cui alla sentenza 1 aprile 2003, n. 4916, poi ancora confermato dalla sentenza 29 gennaio 2010, n. 2045).

6.2. La risposta al descritto quesito, sul quale questa Corte, a quanto risulta, non si è mai in precedenza pronunciata, richiede un rapido inquadramento sistematico.

Lo statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige, contenuto nel D.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, conferisce alle province autonome una competenza normativa esclusiva in materia di “ordinamento delle minime proprietà culturali, anche agli effetti dell’art. 847 c.c.; ordinamento dei “masi chiusi” e delle comunità familiari rette da antichi statuti o consuetudini”, nonchè in materia di usi civici (così l’art. 8, n. 8 e n. 7, da leggere in coordinamento con l’art. 4 dello stesso statuto speciale). Si tratta, com’è noto, di una potestà legislativa che affonda le sue radici in una tradizione antichissima e consolidata che vede l’esistenza, in quei territori e più direttamente nella Provincia di Bolzano, di istituti del tutto particolari, ai quali il legislatore costituente dello statuto speciale ha voluto garantire pieno riconoscimento e cittadinanza nell’ordinamento.

La Provincia autonoma di Bolzano ha esercitato tale potestà in materia di riordinamento delle associazioni agrarie (interessenze, vicinie, comunità agrarie etc.) con la citata legge provinciale n. 2 del 1959. Ai fini che qui interessano, occorre rilevare che l’art. 1 di tale legge definisce le interessenze, analogamente alle altre forme di associazioni agrarie ivi indicate, come “comunioni private di interesse pubblico” e dispone che alle medesime si applichino le disposizioni del codice civile per quanto “non è disposto dalla presente legge”. Il successivo art. 8 prevede che tali comunioni agrarie siano regolate da un apposito statuto approvato dalla maggioranza assoluta dei compartecipanti, calcolata secondo le quote da ciascuno possedute. L’art. 16, comma 1, stabilisce che il partecipante “può cedere ad altri il godimento della cosa comune, nei limiti della propria quota, solo previa autorizzazione dell’assemblea della comunione”; aggiunge, poi, che l’alienazione delle quote “deve essere autorizzata dall’assemblea della comunione, salvo che le quote vengano alienate assieme all’immobile congiunto” e completa la disciplina con la previsione per cui “alla comunione e, in subordine, ai compartecipanti coltivatori diretti spetta il diritto di prelazione, da esercitarsi entro il termine di trenta giorni dalla conoscenza dell’atto preliminare o definitivo di vendita”.

Già queste poche disposizioni pongono in luce come l’interessenza sia un istituto del tutto particolare, che per certi versi si avvicina agli usi civici ed alle proprietà collettive e per altri a quello del maso chiuso, nella parte in cui tende a fare sì che le quote e gli immobili rimangano, in caso di alienazione, preferibilmente nelle stesse mani, posto che il diritto di prelazione viene riconosciuto in primo luogo alla comunione e poi ai compartecipanti coltivatori diretti.

La Corte costituzionale, occupandosi della materia nella risalente (ma sempre attuale) sentenza n. 87 del 1963, dichiarò non fondata la questione di legittimità costituzionale della L.P. Bolzano n. 2 del 1959, artt. 1 e 2. In quella pronuncia la Corte pose in luce le particolari ragioni storiche che avevano indotto il legislatore costituente a riconoscere alle Regioni dotate di autonomia speciale una competenza legislativa esclusiva in materia di usi civici, rilevò che le associazioni agrarie del Trentino-Alto Adige non potevano essere collegate in ogni caso al maso chiuso, ne riconobbe la natura di comunioni private e ribadì che le popolazioni dell’arco alpino erano “favorevoli alla persistenza delle antiche comunità e delle antiche forme di godimento e di uso delle terre comuni”, in contrasto con le “tendenze legislative imperiali” che erano nel senso della progressiva liquidazione degli usi civici e della sistemazione delle terre sulle quali essi venivano esercitati.

6.3. Osserva questo Collegio che la Corte territoriale, con un accertamento di merito non contestato e comunque non suscettibile di riesame in questa sede, ha affermato che l’art. 4 dello statuto dell’interessenza Lavitz, conformandosi alle disposizioni della L.P. Bolzano n. 2 del 1959, art. 16, prevede che, in caso di cessione di quote, il diritto di prelazione spetta in primis all’interessenza stessa e poi “ai contadini che sono residenti nel Comune in cui si trovano i beni della comunione”. Ha quindi rilevato che entrambi i potenziali acquirenti erano componenti dell’interessenza e che nessuna violazione dello statuto e della legge provinciale sussisteva, perchè le quote non erano state vendute a terzi.

6.4. Tutto ciò premesso, ritiene la Corte che il ricorso non sia fondato.

La L.P. n. 2 del 1959, dispone, come si è detto, che le interessenze qui in esame siano regolate dalla medesima e, per quanto ivi non disposto, dal codice civile. Deve ritenersi che, in considerazione della competenza legislativa esclusiva di cui gode la Provincia autonoma nella materia, il richiamo al codice civile sia chiuso, limitato, e quindi non comprensivo anche delle altre leggi che regolano il diritto di prelazione e riscatto agrario, e ciò a prescindere dal fatto che la L.P. Bolzano n. 2 del 1959, sia precedente rispetto alla Legge Statale n. 590 del 1965.

L’esistenza, in relazione al caso concreto in esame, di una lacuna legislativa nella legge provinciale – lacuna giustamente evidenziata dalla Corte d’appello e sulla cui esistenza non vi è alcun dubbio – impone al giudice di risolvere la causa secondo le regole di cui all’art. 12 disp. gen., comma 2, ossia attingendo “alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe”. Nella specie, il richiamo al codice civile contenuto nella legge provinciale traccia una rotta che è sufficientemente sicura, imponendo di applicare le norme sulla comunione ordinaria, istituto che è quello che maggiormente si avvicina a quello della “comunione privata di interesse pubblico” che è, appunto, l’interessenza agraria. In materia di comunione vale la regola generale dell’art. 1103 c.c., comma 1, in base al quale ciascun partecipante “può disporre del suo diritto e cedere ad altri il godimento della cosa nei limiti della sua quota”. Nè può ritenersi applicabile la regola dettata dall’art. 732 c.c., comma 2, in tema di diritto di prelazione del coerede nella comunione ereditaria, che prevede che in caso di più coeredi che intendono esercitare il riscatto, la quota è assegnata a tutti in parti uguali. Da un lato, infatti, la genericità del rinvio al codice civile impone l’applicazione delle norme sulla comunione ordinaria e non quelle sulla comunione ereditaria; dall’altra, l’attribuzione in parti uguali non avrebbe alcun significato nel particolare contesto dell’interessenza così come regolata dalla legislazione della Provincia di Bolzano.

Deve ritenersi, pertanto, che la decisione della Corte d’appello secondo cui il cedente è libero di scegliere a chi vendere, in caso di conflitto tra più potenziali acquirenti tutti titolari del diritto di prelazione, vada esente dalle prospettate censure.

7. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

La novità e complessità delle questioni trattate consiglia di compensare integralmente le spese del giudizio di cassazione.

Sussistono tuttavia le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente le spese del giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 19 ottobre 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2018

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA