Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12629 del 25/06/2020

Cassazione civile sez. lav., 25/06/2020, (ud. 15/01/2020, dep. 25/06/2020), n.12629

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27024/2014 proposto da:

V.I., B.R., VO.AL., M.T.,

D.C.F., P.A., tutti elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA OTTAVILLA 14, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO

COLANGELO, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

AZIENDA OSPEDALIERA (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, CIRCONVALLAZIONE

GIANICOLENSE 87, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE FRATTO, che

la rappresenta e difende unitamente agli avvocati VINCENZO

GAMBARDELLA, EGIDIO MAMMONE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4299/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 11/06/2014 R.G.N. 5449/2012.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Il Tribunale di Roma, accogliendo la domanda dei dirigenti medici di primo livello indicati in epigrafe, con sentenza del 2.5.2012, condannava l’Azienda ospedaliera (OMISSIS) al pagamento in favore dei ricorrenti delle somme segnatamente indicate per ciascuno di essi a titolo di straordinario per il lavoro prestato oltre l’orario di 38 ore nel corso del rapporto di lavoro per i periodi rispettivamente indicati;

2. la Corte d’appello di Roma, decidendo sull’impugnazione dell’Azienda ospedaliera, con sentenza dell’11.6.2014, in riforma della decisione di prime cure respingeva le domande;

la Corte territoriale richiamava, a sostegno del decisum, l’orientamento espresso dalla sentenza di questa Corte, a Sezioni Unite, n. 9146/2009 secondo il quale l’art. 65 del c.c.n.l. 5 dicembre 1996, area dirigenza medica e veterinaria, nel prevedere la corresponsione di una retribuzione di risultato compensativa anche dell’eventuale superamento dell’orario lavorativo per il raggiungimento dell’obiettivo assegnato, escludeva in generale il diritto del dirigente, incaricato della direzione di struttura, ad essere compensato per il lavoro straordinario, senza che, dunque, fosse possibile distinguere tra il superamento dell’orario di lavoro preordinato al raggiungimento dei risultati assegnati e quello imposto da esigenze del servizio ordinario, poichè la complessiva prestazione del dirigente deve essere svolta al fine di conseguire gli obiettivi propri ed immancabili dell’incarico affidatogli;

evidenziava che detto principio, giusta quanto affermato da questa Corte nella successiva Cass. n. 8958/2012, fosse applicabile anche per i dirigenti di primo livello, essendo l’art. 65 c.c.n.l. disposizione relativa a tutta la dirigenza;

esaminando, poi, in dettaglio le disposizioni del c.c.n.l. del 1996, riteneva che le uniche disposizioni concernenti un compenso per il lavoro svolto oltre le 38 ore settimanali fossero quelle sui servizi di guardia medica e di pronta disponibilità, sì da confermare il principio generale della non riconducibilità dell’attività medico-ospedaliera in parametri strettamente di tipo temporale e quindi della necessità di una retribuzione della detta attività con trattamenti accessori e specifici, in considerazione della struttura peculiare del lavoro medico-dirigenziale in tale contesto pubblicistico;

rilevava che nei contratti individuali di incarico dei ricorrenti fosse richiamato il trattamento accessorio (retribuzione di risultato) mentre non vi fosse alcuna menzione di orario contrattuale quale normale orario di lavoro;

riteneva che non fosse stata mai allegata nel ricorso di primo grado l’evenienza di una durata della prestazione lavorativa tale da eccedere i limiti della ragionevolezza in rapporto alla tutela costituzionalmente garantita del diritto alla salute;

3. avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i dirigenti medici con quattro motivi;

4. l’azienda ospedaliera ha resistito con controricorso;

5. entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per i motivi di diritto così di seguito formulati;

1.1. questione pregiudiziale ex art. 267 TFUE per violazione dei principi di diritto dell’Unione Europea in materia di proporzionalità, con riferimento all’art. 2 n. 9 (definizioni di “riposo adeguato”), all’art. 12 (protezione in materia di sicurezza e salutè) e all’art. 13 (ritmo di lavoro) comuni alle direttive 93/104/CE e 2003/88/CE, anche alla luce dell’art. 31, par. 2, della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea in materia di condizioni di lavoro giuste ed eque nonchè dell’art. 2, par. 4 della Carta sociale Europea riveduta, fatta a Strasburgo il 3 maggio 1996 sul diritto ad un’equa retribuzione, in relazione all’art. 65, comma 3, secondo periodo del c.c.n.l. 1994-1997, area dirigenza medica-veterinaria;

sostengono che la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto del fatto che il citato art. 65, così come interpretato (essendosi ritenuta legittima la differenziazione del trattamento retributivo dei sanitari dirigenti in ragione della previsione della retribuzione di risultato, compensativa dell’eventuale superamento del monte orario delle 38 ore settimanali), si porrebbe in contrasto con il principio di proporzionalità, costituente il parametro per valutare la legittimità di qualsiasi atto delle istituzioni dell’Unione;

evidenziano che l’Azienda non avesse mai provato nè in primo grado nè in sede di gravame che l’indennità di risultato fosse stata loro corrisposta;

rilevano che i trattamenti sostitutivi erogati sotto forma di indennità di risultato (in realtà nella specie neppure corrisposta) non possono disattendere le definizioni enucleate nelle direttive comunitarie ed in particolare quanto previsto dagli art. 2, nn. 9, 12, e 13 della direttiva 93/104/CE in materia di riposo adeguato, sicurezza e salute, ritmo di lavoro e misure necessarie a garantire le pause, così violando il diritto dell’Unione Europea e la stessa Carta dei diritti fondamentali, che all’art. 31 sancisce il diritto di ogni lavoratore a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose, con eliminazione dei rischi;

rilevano che l’art. 17 comune alle direttive 93/104/CE e 2003/88/CE non prevede alcuna deroga per gli stati membri agli indicati artt. 12 e 13;

chiedono, pertanto, che venga disposto rinvio pregiudiziale di interpretazione alla Corte di Giustizia ai sensi dell’art. 267 TFUE relativamente alla questione se l’art. 2, n. 9, l’art. 12 e l’art. 13, comuni alle direttive 93/104/CE e 2003/88/CE ostino all’art. 65, comma 3 secondo periodo che sancisce: “La retribuzione di risultato compensa anche l’eventuale superamento dell’orario di lavoro di cui agli artt. 17 e 18, per il raggiungimento dell’obiettivo assegnato” ed alla giurisprudenza nazionale, nella parte in cui ritiene che l’eventuale straordinario prestato oltre l’orario normale fissato dalla contrattazione collettiva possa essere compensato mediante la corresponsione di una indennità di risultato mirante a sanare anche l’eventuale superamento del monte ore settimanale fissato dalla contrattazione medesima, il tutto anche alla luce dell’art. 31, par. 2 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea;

1.2. pongono, poi, ulteriore questione pregiudiziale, da rimettere in via incidentale alla Corte costituzionale, per difformità della clausola di cui all’art. 65, comma 3, secondo periodo, come modificato dal c.c.n.l. per il quadriennio 1998-2001, confermativo del c.c.n.l. del 1996, laddove trae origine dai riferimenti al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 e D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni ed integrazioni rispetto agli artt. 3, 36 e 117 Cost., con riferimento ai principi sanciti dalla CEDU sotto il profilo del diritto ad una adeguata retribuzione, vizio del contratto collettivo nazionale e violazione del principio di ragionevolezza, anche alla luce della Carta sociale Europea, nonchè per violazione del Patto internazionale delle Nazioni Unite relativo ai diritti civili e politici adottato a New York in data 16 dicembre 1966 reso esecutivo in Italia con L. 25 ottobre 1977, n. 881 (preambolo dell’art. 2, n. 1 e art. 5, n. 2) e di quello, adottato e reso esecutivo nella medesima data relativo ai diritti economici, sociali e culturali (art. 7);

1.3. omesso esame di fatto controverso e decisivo riguardante la circostanza della preventiva autorizzazione da parte del superiore gerarchico allo svolgimento di attività straordinarie;

sostengono che nella specie, come accertato dal giudice di prime cure, vi fosse la prova di tale autorizzazione preventiva e che fosse onere dell’Azienda dimostrare l’illegittimità di tale autorizzazione;

rilevano che nessuna prova fosse stata fornita in ordine all’effettiva informazione ed applicazione della revoca del potere di pagamento da parte del Direttore Generale al Direttore sanitario ed ai Direttori di Dipartimento U.O.;

evidenziano che solo in grado di appello, e dunque, tardivamente, l’Azienda avesse sostenuto che le attestazioni prodotte dai ricorrenti fossero dichiarazioni postume ed in ogni caso sostengono che quelle rilasciate dai dirigenti medici apicali di reparto, lungi dall’essere postume, facessero espresso riferimento a preventive autorizzazioni delle ore eccedenti il lavoro ordinario;

1.4. error in procedendo in conseguenza della violazione degli artt. 115,167 c.p.c., art. 416 c.p.c., comma 3, per mancata contestazione specifica e/o difetto di prova contraria in relazione alla richiesta di remunerazione delle ulteriori prestazioni effettuate dai medici dirigenti a titolo di straordinario;

sostengono che le circostanze di fatto a base della pretesa, e cioè le ore di straordinario indicate in ciascun atto introduttivo in cui ciascuno dei ricorrenti aveva svolto attività della medesima tipologia di quella svolta nell’orario settimanale ordinario, la percentuale di maggiorazione dovuta con riferimento alle singole ore indicate e la quantificazione del credito non avevano mai formato oggetto di contestazione da parte dell’Azienda convenuta;

rilevano che della voce indennità di risultato non vi fosse alcuna traccia nelle buste paga prodotte dai ricorrenti nè l’Azienda avesse mai indicato quali fossero le altre forme di incentivazione previste dal vigente c.c.n.l.;

2. il ricorso è infondato;

2.1. come evidenziato nella stessa sentenza impugnata, già le Sezioni Unite di questa Corte, chiamate ad interpretare la disposizione che qui viene in rilievo, hanno evidenziato che “l’art. 65 del c.c.n.l. 5 dicembre 1996, area dirigenza medica e veterinaria, nel prevedere la corresponsione di una retribuzione di risultato compensativa anche dell’eventuale superamento dell’orario lavorativo per il raggiungimento dell’obiettivo assegnato, esclude in generale il diritto del dirigente, incaricato della direzione di struttura, ad essere compensato per lavoro straordinario, senza che, dunque, sia possibile la distinzione tra il superamento dell’orario di lavoro preordinato al raggiungimento dei risultati assegnati e quello imposto da esigenze del servizio ordinario, poichè la complessiva prestazione del dirigente deve essere svolta al fine di conseguire gli obiettivi propri ed immancabili dell’incarico affidatogli” (v. Cass., Sez. Un., 17 aprile 2009, n. 9146);

il principio è stato, poi, ribadito in successive decisioni con le quali si è precisato che lo stesso si applica anche al personale dirigente in posizione non apicale “rispondendo ad esigenze comuni all’intera dirigenza e ad una lettura sistematica delle norme contrattuali, che, ove hanno inteso riconoscere (come per l’attività connessa alle guardie mediche) una compensazione delle ore straordinarie per i medici-dirigenti, lo hanno specificamente previsto” (v. Cass. 4 giugno 2012, n. 8958; Cass. 16 ottobre 2015, n. 21010);

anche in più recenti pronunce è stato escluso il diritto del dirigente medico ad essere compensato per lavoro straordinario, senza che, dunque, sia possibile la distinzione tra il superamento dell’orario di lavoro preordinato al raggiungimento dei risultati assegnati e quello imposto da esigenze del servizio ordinario, poichè la complessiva prestazione del dirigente deve essere svolta al fine di conseguire gli obiettivi propri ed immancabili dell’incarico affidatogli (v. Cass. 22 marzo 2017, n. 7348; Cass. 28 marzo 2017, n. 7921; Cass. 26 aprile 2017, n. 10322; Cass. 30 novembre 2017, n. 28787; Cass. 2 luglio 2018, n. 17260; Cass. 11 luglio 2018, n. 18271; Cass. 8 novembre 2019, n. 28942);

del resto, come è stato anche affermato nelle citate decisioni, quando la disciplina collettiva ha inteso riconoscere una compensazione delle ore di lavoro straordinario per i medici-dirigenti lo ha specificamente previsto come avvenuto per l’attività connessa alle guardie mediche o alla cosiddetta pronta disponibilità (artt. 19 e 20 c.c.n.l.);

2.2. i principi affermati, che vanno qui ribaditi, tengono conto, oltre che delle peculiarità proprie del lavoro dirigenziale, della diversità fra il sistema di incentivazione basato sul criterio del plus orario e quello legato al conseguimento degli obiettivi;

interpretando, infatti, le clausole contrattuali sopra richiamate le une per mezzo delle altre si perviene alla conclusione che le parti collettive, anche al fine di armonizzare la disciplina della dirigenza medica con i principi che regolano nel settore pubblico il rapporto dirigenziale, fra i quali assume particolare rilievo quello della onnicomprensività del trattamento economico, hanno reso del tutto residuale la possibilità del compenso del lavoro straordinario, condizionandola, comunque, alla previa autorizzazione dell’ente datore di lavoro ed hanno rilevato che, nell’ambito dell’impiego pubblico contrattualizzato, l’autorizzazione medesima implica innanzitutto la valutazione sulla sussistenza delle ragioni di interesse pubblico che rendono necessario il ricorso a prestazioni straordinarie e comporta, altresì, la verifica della compatibilità della spesa con le previsioni di bilancio, compatibilità dalla quale non si può prescindere anche in tema di costo del personale;

2.3. nelle richiamate più recenti pronunce, relative ai contratti collettivi del 5.12.1996 e 8.6.2000, è stato anche precisato che le parti collettive, nel disciplinare il “trattamento accessorio legato alle condizioni di lavoro”, hanno previsto, all’art. 62, la costituzione di un fondo “finalizzato alla remunerazione di compiti che comportano oneri, rischi o disagi particolarmente rilevanti, collegati alla natura dei servizi che richiedono interventi di urgenza o per fronteggiare particolari situazioni di lavoro” (comma 2) ed al comma 3 hanno stabilito che “per quanto attiene i compensi per lavoro straordinario e le indennità per servizio notturno e festivo si applicano le disposizioni di cui al D.P.R. n. 384 del 1990, artt. 80 e 115”;

quindi, l’eccedentarietà oraria non può essere mai qualificata come straordinario trovando la propria collocazione nell’ambito del raggiungimento degli obiettivi di budget e nella determinazione delle quote della retribuzione di risultato;

2.4. ai principi affermati nelle decisioni di questa Corte innanzi richiamate deve essere data continuità perchè le ragioni indicate a fondamento del principio affermato, da intendersi qui richiamate ex art. 118 disp. att. c.p.c., sono integralmente condivise dal Collegio e perchè anche le disposizioni contenute nel c.c.n.l. del 31.11.2005 non hanno innovato rispetto alla disciplina dettata dai contratti collettivi del 1996 e del 2000 (v. Cass. n. 28787/2017 e Cass. n. 8958/2012 cit.);

2.5. ed infatti l’art. 60 del c.c.n.l. del 3.11.2005 dispone che: “nelle parti non modificate o integrate o disapplicate dal presente contratto, restano confermate tutte le norme dei sotto elencati contratti ivi comprese in particolare le disposizioni riguardanti l’orario di lavoro e l’orario notturno nonchè l’art. 62, comma 1 del c.c.n.l.” (tra i contratti elencati vi sono il c.c.n.l. del 5 dicembre 1996, quadriennio 1994 – 1997 per la parte normativa e primo biennio 1994 1995 per la parte economica, il c.c.n.l. del 5 dicembre 1996, relativo al II biennio economico 1996 – 1997, il c.c.n.l. 8 giugno 2000, quadriennio 1998 2001 per la parte normativa e I e II biennio parte economica);

l’art. 14 del medesimo c.c.n.l. del 2005, dopo avere ribadito, al comma 1, che: “i dirigenti assicurano la propria presenza in servizio ed il proprio tempo di lavoro, articolando, con le procedure individuate dall’art. 6, comma 1 lett. B), in modo flessibile l’impegno di servizio per correlarlo alle esigenze della struttura cui sono preposti ed all’espletamento dell’incarico affidato, in relazione agli obiettivi e programmi da realizzare”, che: “i volumi prestazionali richiesti all’equipe ed i relativi tempi di attesa massimi per la fruizione delle prestazioni stesse vengono definiti con le procedure dell’art. 65, comma 6 del c.c.n.l. 5 dicembre 1996 nell’assegnazione degli obiettivi annuali ai dirigenti di ciascuna unità operativa, stabilendo la previsione oraria per la realizzazione di detti programmi” ed ancora che: “l’impegno di servizio necessario per il raggiungimento degli obiettivi prestazionali eccedenti l’orario dovuto di cui al comma 2, è negoziato con le procedure e per gli effetti dell’art. 65, comma 6 citato. In tale ambito vengono individuati anche gli strumenti orientati a ridurre le liste di attesa”, ha previsto, al comma 2 che: “L’orario di lavoro dei dirigenti di cui al comma 1 è confermato in 38 ore settimanali, al fine di assicurare il mantenimento del livello di efficienza raggiunto dai servizi sanitari e per favorire lo svolgimento delle attività gestionali e/o professionali, correlate all’incarico affidato e conseguente agli obiettivi di budget negoziati a livello aziendale, nonchè quelle di didattica, ricerca ed aggiornamento” ed al comma 6 che: “Ove per il raggiungimento degli obiettivi prestazionali eccedenti quelli negoziati ai sensi dei commi 1 e 5, sia necessario un impegno aggiuntivo, l’azienda, sulla base delle linee di indirizzo regionali di cui all’art. 9, comma 1, lett. g) ed ove ne ricorrano i requisiti e le condizioni, può concordare con l’equipe interessata l’applicazione dell’istituto previsto dall’art. 55, comma 2 del c.c.n.l. 8 giugno 2000 in base al regolamento adottato con le procedure dell’art. 4, comma 2, lett. G)”;

2.6. l’interpretazione della contrattazione collettiva offre dunque una ricostruzione complessiva del sistema retributivo scelto per compensare l’attività dei dirigenti-medici, che depone in senso univoco per la non configurabilità del lavoro straordinario da parte di tutti i dirigenti medici (siano o meno preposti ad una struttura complessa), in ragione della sussistenza di un regime orario flessibile delle loro prestazioni e di un sistema di retribuzione incentivante basato sulla valorizzazione degli obiettivi perseguiti, anzichè sul computo del tempo impiegato per lo svolgimento delle prestazioni lavorative;

2.7. da tali premesse di carattere generale e dalla prospettazione della domanda come intesa ad ottenere la corresponsione dello straordinario sulla base del semplice superamento dell’orario di 38 ore settimanali (e, dunque, senza alcuna specifica deduzione circa la sussistenza di situazioni che, per straordinarietà e per peculiarità, fossero tali da rientrare nell’ambito delle deroghe contrattualmente previste) discende come logica conseguenza l’irrilevanza delle difese formulate dalle parti al fine di valutare se fosse stata fornita la prova dell’entità delle prestazioni lavorative espletate dagli odierni ricorrenti oltre il limite orario di 38 ore settimanali e se vi fosse un’autorizzazione all’espletamento di tale lavoro straordinario;

2.8. nè rileva in questa sede la dedotta mancata corresponsione dell’indennità di risultato (per quanto si evince dalla stessa sentenza impugnata prevista espressamente in sede dei contratti individuali) in quanto tale fatto in sè non giustifica la rivendicazione di emolumenti per straordinario non dovuti, ma semmai l’esercizio della pretesa al pagamento di tale indennità;

d’altra parte, in un sistema di incentivazione che presuppone la programmazione degli obiettivi, il fatto che l’azienda sanitaria non abbia eventualmente provveduto a dare attuazione alla disciplina contrattuale, così da rendere concretamente operativo il sistema budgetario e la compensazione delle prestazioni lavorative espletate in eccedenza per mezzo della retribuzione di risultato, non potrebbe di certo legittimare la rivendicazione del compenso per siffatte prestazioni a titolo di lavoro straordinario, ma, al limite, consentire ai dirigenti di agire in giudizio per ottenere il risarcimento del danno patrimoniale subito in conseguenza dell’inadempimento o inesatto/tardivo adempimento dell’azienda sanitaria;

2.9. le considerazioni svolte e, dunque, l’esistenza di un meccanismo compensatorio contrattualmente previsto, risultano del tutto in linea con i principi sanciti dall’Unione Europea e con il principio di proporzionalità costituzionalmente previsto;

2.10. si ricorda, del resto, che, come affermato dalla Corte Costituzionale (v. sentenza n. 470/2002, n. 141/1979), l’art. 36 Cost., “nel proclamare il diritto del lavoratore a una retribuzione proporzionata al suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare un’esistenza libera e dignitosa, non può essere riferito alle singole fonti della retribuzione del lavoratore, ma alla sua globalità”;

ne consegue, secondo quanto affermato dalla stessa Corte costituzionale nella sentenza n. 164 del 1994 – che “il silenzio dell’art. 36 Cost., sulla struttura della retribuzione e sull’articolazione delle voci che la compongono significa che è rimessa insindacabilmente alla contrattazione collettiva la determinazione degli elementi che concorrono a formare, condizionandosi a vicenda, il trattamento economico complessivo dei lavoratori, del quale il giudice potrà poi essere chiamato a verificare la corrispondenza ai minimi garantiti dalla norma costituzionale”;

ragionamento che vale anche per il richiamo alle fonti di diritto internazionale nella parte relativa al diritto alla retribuzione, in quanto del tutto coerente con i principi della Costituzione (Patto internazionale di New York relativo ai diritti economici, sociali e culturali, art. 7, lett. a);

2.11. d’altra parte, sempre con riferimento a tale Convenzione, appare comunque inconferente, per i fini retributivi cui è diretta la presente causa, il richiamo agli indiscussi principi di limitazione degli orari di lavoro (art. 7, lett. d);

2.12. nè la norma che qui viene in rilievo si pone in contrasto con l’art. 4, comma 1, della Carta Sociale Europea del 3 maggio 1996 (ratificata e resa esecutiva con L. 9 febbraio 1999, n. 30), secondo cui le parti si impegnano a riconoscere il diritto dei lavoratori ad un tasso retribuivo maggiorato per le ore di lavoro straordinario ad eccezione di alcuni casi particolari, in quanto i vincoli derivanti dalla Carta riguardano soltanto lo straordinario legale e non quello contrattuale (v. Cass. 25 giugno 2014, n. 14484; Cass. 28 marzo 2014, n. 7377; Cass. 25 giugno 2011, n. 1717);

senza dire che, la situazione de quo rientrerebbe comunque nell’ambito dei “casi particolari” previsti dalla Carta Sociale;

2.13. anche la richiamata direttiva 2003/88/CE, eccezion fatta per l’ipotesi peculiare delle ferie annuali retribuite, di cui all’art. 7, par. 1, si limita a disciplinare taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro al fine di garantire la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori, cosicchè, in linea di principio, essa non si applica alla retribuzione dei lavoratori (v. Corte di giustizia UE, 20 novembre 2018, Sindicatul Familia Constanta, Us. Cv. e a., C-147/17; Corte di Giustizia 26 luglio 2017, Hàlvà e a., C-175/16; Corte di Giustizia 21 febbraio 2018, Matzak, C-518/15);

2.14. d’altra parte, questa Corte costantemente ammette la possibilità di far valere in via risarcitoria il danno che possa in sè conseguire al superamento dei limiti di tollerabilità oraria del lavoro, sicchè non è esclusa la responsabilità datoriale e gli effetti dissuasivi ad essa riconnessi, rispetto ai comportamenti illeciti in tal senso, sia in relazione al superamento di specifici limiti (Cass. 10 maggio 2019, n. 12538, con riferimento agli straordinari; in riferimento ai riposi: Cass. 14 luglio 2015, n. 14710; Cass. 20 agosto 2004, n. 16398, con danno ritenuto in re ipsa per la corrispondente violazione), sia, deve ritenersi, pur in assenza di limiti orari espliciti, allorquando le prestazioni richieste o accettate dovessero risultare esorbitanti, per la misura del lavoro e l’inadeguatezza dei mezzi predisposti, rispetto alla normalità e dovessero illegittimamente sacrificare l’integrità psico-fisica o la personalità morale del dipendente, in violazione dell’art. 2087 c.c., quale espressione, ora, dei corrispondenti diritti costituzionalmente garantiti alla salute (art. 32) ed alla dignità del lavoro (artt. 35 e 2): ipotesi che tuttavia in alcun modo si identificano con l’azione qui dispiegata e finalizzata al pagamento del “corrispettivo” per gli asseriti straordinari, nè è integrata in sè soltanto dallo svolgimento di un numero elevato di ore di lavoro (Cass. 28 marzo 2017, n. 7921);

2.15. non si ravvisa, pertanto, necessità alcuna dell’invocato rinvio pregiudiziale;

il giudice nazionale di ultima istanza non è soggetto all’obbligo di rimettere alla Corte di giustizia la questione di interpretazione di una norma comunitaria quando (come nella specie) non la ritenga rilevante ai fini della decisione o quando ritenga di essere in presenza di un acte claire che, in ragione dell’esistenza di precedenti pronunce della Corte ovvero dell’evidenza dell’interpretazione, rende inutile (o non obbligato) il rinvio pregiudiziale (tra le altre: Cass., Sez. Un., 24 maggio 2007, n. 12067; Cass., 22 ottobre 2007, n. 22103; Cass. 26 marzo 2012, n. 4776; Cass. 29 novembre 2013, n. 26924);

non è configurabile, infatti, “alcun diritto della parte all’automatico rinvio pregiudiziale ogni qualvolta la Corte di cassazione non ne condivida le tesi difensive, bastando che le ragioni del diniego siano espresse (Corte EDU, caso Ullens de Schooten & Rezabek vs. Belgio) ovvero implicite laddove la questione pregiudiziale sia manifestamente inammissibile o manifestamente infondata” (Corte EDU, caso Wind Telecomunicazioni vs. Italia, p.36) (in termini: Cass., Sez. Un., 8 luglio 2016, n. 14042; Cass. 7 giugno 2018, n. 14828);

2.16. quanto alla prospettata questione di incostituzionalità dell’art. 65 del c.c.n.l. 1996 nella parte in cui, nel testo del contratto, si fa anche riferimento ai decreti legislativi 30 dicembre 1992, n. 502 e 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni ed integrazioni, la stessa è inammissibile in quanto, discutendosi di clausole contrattuali (ancorchè richiamanti disposizioni di legge), spetta al giudice ordinario stabilire se sussista o meno l’asserito contrasto tra le clausole stesse con norme imperative di legge e, a maggior ragione, con precetti costituzionali o derivanti da accordi internazionali efficaci nell’ordinamento interno e, in caso affermativo, disattenderla nella controversia della quale è giudice;

nella specie, per tutto quanto già sopra evidenziato, tale contrasto non sussiste;

3. conclusivamente il ricorso deve essere rigettato;

4. la regolamentazione delle spese segue la soccombenza;

5. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, ricorrono le condizioni previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti al pagamento, in favore dell’Azienda controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 6.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario in misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo prescritto a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 giugno 2020

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