Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12629 del 24/05/2010

Cassazione civile sez. I, 24/05/2010, (ud. 23/03/2010, dep. 24/05/2010), n.12629

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – rel. Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.F.D.A. (c.f. (OMISSIS)), G.

R. (C.F. (OMISSIS)), G.B. (C.F.

(OMISSIS)), P.G. (C.F. (OMISSIS)),

elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA DEL POPOLO 18, presso

l’avvocato FRISANI PIETRO, che li rappresenta e difende, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di GENOVA depositato il

31/03/2008; n. 46/08 V.G.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/03/2010 dal Consigliere Dott. CECCHERINI Aldo;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso alla Corte di appello di Genova del 25 febbraio 2008, le signore D.F.D., G.R., G.B. e P.G. chiesero che il Ministero dell’economia e delle finanze fosse condannato a corrispondere l’equa riparazione prevista dalla L. n. 89 del 2001, per la violazione dell’art. 6, sul “Diritto ad un processo equo”, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali, ratificata e resa esecutiva con la L. 4 agosto 1955, n. 848, in relazione all’eccessiva durata di un procedimento istaurato davanti alla Corte dei Conti, e definito con la sentenza n. 854 del 2006.

Con decreto del 31 marzo 2008, la Corte di appello dichiaro’ inammissibile il ricorso, perche’ la parte, pur individuando gli estremi della sentenza che aveva definito il giudizio presupposto, non ne aveva prodotto una copia conforme, privando il collegio della possibilita’ di verificare il rispetto del termine di decadenza per la proposizione della domanda di equa riparazione.

Avverso questo decreto, notificatole il 14 aprile 2008, le signore D.F.D., G.R., G.B. e P.G. hanno proposto ricorso per Cassazione, notificato dal procuratore con spedizione a mezzo posta del 12 giugno 2008 al Ministero presso l’Avvocatura generale dello Stato, con un unico motivo di ricorso. L’amministrazione resiste con controricorso notificato il 15 luglio 2008.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 la violazione e mancata applicazione della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 3, comma 5, e si formula il quesito di diritto, se la corte territoriale, nel dichiarare con il decreto impugnato l’inammissibilita’ del ricorso in ragione dell’omessa produzione della copia conforme della sentenza che definiva il giudizio presupposto, abbia violato la disposizione citata, tenuto conto della precedente richiesta di acquisizione degli atti del procedimento presupposto, disposta dalla corte medesima su istanza delle stesse ricorrenti, e del fatto che dell’omissione della richiesta allegazione non era stata data notizia alle parti.

Il ricorso e’ infondato. La L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 3, comma 5, disponendo che te parti hanno facolta’ di richiedere che la corte disponga l’acquisizione in tutto o in parte degli atti e dei documenti del procedimento in cui si assume essersi verificata la violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, detta una norma di semplificazione dell’istruttoria della causa, in conformita’ con il carattere camerale del rito adottato. Tale facolta’ attiene alla dimostrazione dell’intervenuta violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, e pertanto alla questione di merito, la cui trattazione suppone l’ammissibilita’ della domanda, perche’ proposta entro il termine di decadenza indicato dal successivo art. 4 della medesima legge; vale a dire, la soluzione positiva di un punto logicamente preliminare ad ogni questione di merito. Tale conclusione non solo discende dai principi del diritto processuale in tema di distinzione tra requisiti di ammissibilita’ e fondatezza della domanda, e di generalita’ della regola dell’onere della prova ed eccezionalita’ del potere d’ufficio del giudice, ma e’ imposta dal contenuto stesso della previsione della disposizione in esame. La data di deposito della sentenza e l’attestazione della data di passaggio in giudicato della medesima risultano di regola dalla copia autentica della sentenza che conclude il giudizio, e questa, a sua volta, e’ di regola ricevuta dal cancelliere e custodita separatamente dagli atti del fascicolo, in base ad una numerazione propria, distinta da quella del fascicolo, la cui acquisizione, conseguentemente, non consentirebbe l’esame della sentenza, ne’ darebbe la prova richiesta ai fini della tempestivita’ della domanda (nel senso che la facolta’ di cui alla L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 3, comma 5 non dispensa la parte dall’onere di dimostrare, oltre alla sua posizione nel processo presupposto, la data iniziale di questo e gli eventuali gradi in cui si e’ articolato, anche e specificamente la data della sua definizione, cfr. Cass. 28 ottobre 2005 n. 21093).

Il ricorso deve essere pertanto respinto. Le spese del giudizio sono a carico della parte soccombente, e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso, e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate in complessivi Euro 800,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Cosi’ deciso a Roma, nella camera di consiglio della sezione prima della Corte suprema di Cassazione, il 23 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2010

 

 

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