Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12628 del 18/06/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 12628 Anno 2015
Presidente: COLETTI DE CESARE GABRIELLA
Relatore: TRICOMI IRENE

SENTENZA

sul ricorso 17969-2009 proposto da:
NOZZI DOMENICANTONIO C.F. NZZDNC51B15A345P, nella
qualità di erede di PIACENTINO ITLAIA, domiciliato in
ROMA, VIA VAL MAIRA 75 presso SANDRA LOMDEI,
rappresentato e difeso dall’avvocato GUGLIELMO
MURSIA, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2015
586

contro

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE C.F. 80078750587, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato

Data pubblicazione: 18/06/2015

in ROMA,

VIA CESARE BECCARIA n.

29 presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e
difeso dagli avvocati ALESSANDRO RICCIO, CLEMENTINA
PULLI, NICOLA VALENTE, giusta delega in atti;
– controricorrente –

D’APPELLO di ROMA, depositata il 29/08/2008 R.G.N.
5860/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 03/02/2015 dal Consigliere Dott. IRENE
TRICOMI;
udito l’Avvocato PULLI CLEMENTINA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO che ha concluso per:
in via principale inammissibilità, in subordine
rigetto.

avverso la sentenza n. 2543/2008 della CORTE

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La Corte di appello di Roma, con la sentenza n. 2543/08, rigettava
l’impugnazione proposta da Nozzi Domenicantonio, quale erede di Piacentini Italia
(recte: Placentino Italia), nei confronti dell’Inps, avverso la sentenza resa, tra le parti,
dal Tribunale di Roma il 29 settembre 2005.

2. Il Nozzi, nella suddetta qualità di erede, aveva adito il giudice di primo grado
chiedendo la corresponsione degli accessori sui ratei della pensione riconosciuta in
regime internazionale, tardivamente corrisposta alla dante causa.
3. Il Tribunale aveva rigettato la domanda per aver ritenuto non provata la data
in cui la domanda di pensione presentata all’estero, nel vigore della legge n. 335 del
1995, art. 3, era pervenuta in Italia.
4. La Corte d’Appello, in primo luogo disattendeva l’eccezione di nullità della
procura alle liti apposta a margine del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado,
nonché l’eccezione di difetto di legittimazione attiva del ricorrente.
Quindi, nell’esaminare il merito dell’impugnazione, riteneva la stessa non
fondata poiché, come esattamente rilevato dall’Inps, fra la data di ricevimento in Italia
della domanda di pensione presentata all’estero, cui anche l’appellante aveva fatt o
riferimento (13 gennaio 1997) e la data di pagamento degli arretrati su cui venivano
rivendicati gli accessori (2 aprile 1997, termine finale del conteggio degli interessi
rivendicati allegato al ricorso di primo grado) decorrevano meno dei 120 giorni previsti
per l’adozione del provvedimento sulla domanda stessa, per cui non vi era alcuna
maturazione di interessi (art. 16, sesto comma, legge n. 412 del 1991).
5. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre Nozzi
Domenicoantonio, quale erede di Placentino Italia, prospettando quattro motivi di
ricorso.
3

6. Resiste l’Inps con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Devono essere dichiarati inammissibili, per difetto di interesse
all’impugnazione, il terzo ed il quarto motivo di ricorso, in quanto gli stessi si
sostanziano in argomentazioni adesive alle statuizioni della Corte di Appello che

riteneva non fondate le eccezioni relative al difetto di procura alle liti e al difetto di
rappresentanza, statuizioni rispetto alle quali l’Inps non ha interposto ricorso incidentale
in(.:~ sede.
2. Con il primo motivo di ricorso, assistito dal prescritto quesito di diritto,
‘dedotta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360, n. 3, cpc), con
riferimento all’ art. 442 cpc, come integrato dalla sentenza della Corte costituzionale n.
156 del 1991, all’art. 1219 cc, sulla costituzione in mora, all’art. 2733 cc, sulla
confessione giudiziale, all’art. 414 cpc, sulla costituzione in giudizio del convenuto.
2.1. Il ricorrente ricorda la sentenza della Corte cost. n. 156 del 1991 che ha
dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 442 cpc, nella parte in cui non prevede
che il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di
denaro per crediti relativi a prestazioni di previdenza sociale, deve determinare, oltre gli
interessi nella misura legale, il maggior danno eventualmente subito dal titolare per la
diminuzione del valore del suo credito, applicando l’indice dei prezzi calcolato
dall’ISTAT per la scala mobile nel settore dell’industria e condannando al pagamento
della somma relativa con decorrenza dal giorno in cui si sono verificate le condizioni
legali di responsabilità dell’istituto o ente debitore per il ritardo dell’adempimento.
Assume, quindi, che, nella specie le condizioni legali di responsabilità dell’Inps
si erano già verificate alla data del 22 agosto 1995 come da dichiarazione di chiara
natura confessoria (modello CI28 in data 2 aprile 1997) proveniente dalla sede italiana
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dell’Inps (L’Aquila), competente territorialmente all’erogazione della prestazione
dovuta ed indirizzata all’avente diritto nel suo noto domicilio, evidentemente a seguito
di presentazione di una domanda completa e dei dati e dei documenti. Detto documento
riportava “la sua domanda di pensione di reversibilità presentata il 22 agosto 1995 è
stata accolta” senza distinzioni del luogo ove la stessa era stata presentata.

3. Con il secondo motivo di ricorso, assistito dal prescritto quesito di diritto, è
dedotta omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art.
360, n. 5, cpc), mancato esame del modello CI28, in data 2 aprile 1997.
La Corte d’Appello non avrebbe esaminato il suddetto modello contenuto nel
fascicolo di parte allegato al ricorso introduttivo del giudizio dinanzi al Tribunale dal
quale si poteva rilevare la sussistenza delle condizioni per la corresponsione degli
accessori richiesti.
4. I suddetti motivi di ricorso devono essere trattati congiuntamente. Gli stessi
non sono fondati e devono essere rigettati.
4.1. Occorre ricordare come la citata sentenza della Corte costituzionale, con
riguardo ai crediti previdenziali, precisava che «su questi crediti gli interessi legali e la
rivalutazione delle somme dovute decorrono dalla data del provvedimento di reiezione
della domanda oppure dopo centoventi giorni dalla presentazione della medesima senza
l’istituto si sia pronunciato (arg. ex artt. 47, quarto comma, del d.P.R. 30 aprile 1970, n.
639, e 7 della legge 11 agosto 1973 n. 533, in relazione all’art. 1219, secondo comma,
n. 2, cod. civ.)».
Successivamente è intervenuta la legge n. 412 del 1991 che, al comma 6, primo
e secondo periodo, stabilisce «gli enti gestori di forme di previdenza obbligatoria sono
tenuti a corrispondere gli interessi legali, sulle prestazioni dovute, a decorrere dalla data
di scadenza del termine previsto per l’adozione del provvedimento sulla domanda,
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laddove quest’ultima risulti completa di tutti gli atti, documenti ed altri elementi
necessari per l’avvio del procedimento, salvi i documenti attestanti atti, fatti, qualità e
stati soggettivi, già in possesso della pubblica amministrazione procedente o di altre
pubbliche amministrazioni acquisibili d’ufficio ai sensi e per gli effetti dell’articolo 18,
comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. Nel caso in cui

la domanda risulti incompleta, gli interessi legali ed altri oneri accessori decorrono dalla
data del suo perfezionamento».
Detta legge, non ha ripristinato la disciplina dei crediti previdenziali dichiarata
costituzionalmente illegittima dalla sentenza della Corte costituzionale n. 156 del 1991.
La fattispecie degli effetti del pagamento ritardato resta ferma nei termini risultanti dal
dispositivo della sentenza, differenziandosi quindi dal regime comune sia per il carattere
automatico della rivalutazione (operata d’ufficio dal giudice, senza bisogno né di
domanda dell’interessato, né di alcuna prova del “maggior danno”), sia per la
decorrenza non dal giorno della maturazione del credito, ma dalla scadenza del termine
previsto per l’adozione del provvedimento dell’ente sulla domanda della prestazione
previdenziale (Corte cost., sentenza n. 394 del 1992).
L’art. 3, comma 17, della legge n. 335 del 1995, ha poi stabilito che «ai fini
dell’applicazione dell’articolo 16, comma 6, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, il
termine previsto per l’adozione del provvedimento sulle domande presentate presso enti
previdenziali di Stati legati all’Italia da una regolamentazione internazionale di
sicurezza sociale decorre, ai sensi dell’articolo 2, comma 2, della legge 7 agosto 1990,
n. 241, dal ricevimento della domanda completa dei dati e documenti richiesti da parte
del competente ente gestore della forma di previdenza obbligatoria».
Premesso che lo stesso Nozzi, nell’odierno ricorso (pag. 3, non numerata, del
ricorso), richiama, confermandolo, quanto affermato dall’Istituto nella comparsa di
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costituzione e risposta e cioè che la domanda di pensione veniva ricevuta in Italia il
13 gennaio 1997, e che la stessa era presentata il 22 agosto 1995, osserva il Collegio che
l’invio del modello CI28, al quale fa riferimento il ricorrente, in Argentina,
indirizzato a Placentino Italia Nozzi, nel suo domicilio di Calle Peirano 705 01625
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(“_bebt cti-,LAc. i i’a.
Escobar (Bs.As.), V—presuritr7aTnente, ~mem che la domanda di pensione, come

dalla Corte d’Appello,”a4
stata presentata da Placentino Italia in Argentina,
affermato dalla
nella suddetta data del 22 agosto 1995, successiva all’entrata in vigoreél 17 agosto
1995) della legge 8 agosto 1995, n. 335.
Ed infatti, il fatto in questione da provare (luogo di spedizione della domanda di
pensione) è desumibile dal fatto noto (invio del modello CI28, nel domicilio della
Placentino in Argentina), come conseguenza ragionevolmente possibile, secondo un
criterio di normalità, alla luce di canoni di probabilità, con riferimento ad una
connessione possibile e verosimile di accadimenti, la cui sequenza e ricorrenza possano
verificarsi secondo regole di esperienza (cfr., Cass., n. 16993 del 2007).
Pertanto, correttamente la Corte d’Appello, trattandosi di domanda di pensione
presentata all’estero, in applicazione dell’art. 3, comma 17, della legge n. 335 del 1995,
ha fatto riferimento alla ricezione della stessa in Italia e alla relativa data non contestata
tra le parti.
5. Il ricorso deve essere rigettato.
6. Nulla spese ai sensi dell’art. 152 disp. att. cpc., come modificato dall’art. 42,
comma 11, del decreto-legge 30 settembre 2003 n. 269, che nei giudizi promossi per
ottenere prestazioni previdenziali prevede per i cittadini aventi un reddito inferiore a un
importo prestabilito il beneficio del divieto di condanna del soccombente al pagamento
delle spese processuali t RA-■:,\L“-A0 ‘uLt vi:X”‘

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La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 3 febbraio 2015.

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