Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12626 del 18/06/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 12626 Anno 2015
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: BALESTRIERI FEDERICO

SENTENZA

sul ricorso 14284-2009 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2015

contro

323

BALDASSARRI MASSIMO;
– intimato –

Nonché da:

Data pubblicazione: 18/06/2015

BALDASSARRI MASSIMO nella qualità di erede di TESTA
ISABELLA, già elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
TACITO 23, presso lo studio dell’avvocato LORENZO DI
BACCO, che lo rappresenta e difende, giusta delega in
atti e da ultimo domiciliato presso LA CANCELLERIA

– controricorrente e ricorrente incidentale contro

POSTE ITALIANE S.P.A. c.f. 97103880585;
– intimata –

avverso la sentenza n. 913/2008 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 12/06/2008 R.G.N. 8144/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 22/01/2015 dal Consigliere Dott. FEDERICO
BALESTRIERI;
udito l’Avvocato MICELI MARIO per delega verbale
FIORILLO LUIGI;
udito l’Avvocato RIZZO ROBERTO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per
rigetto del ricorso principale, inammissibilità del
ricorso incidentale, per sopravvenuto difetto di
interesse.

DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;

Svolgimento del processo
La Corte d’appello di Roma, con sentenza depositata il 12 giugno
2008, dichiarava la nullità delle clausole appositive del termine
ai contratti di lavoro stipulati tra Isabella Testa e la società Poste
Italiane in date 4.6.99 (ritenuto legittimo il contratto a termine
per ferie dell’8.6.98) e 10.5.02, e pertanto l’esistenza tra le parti
4.6.99 sino al decesso della Testa (21.2.06), condannando la
società Poste al pagamento, in favore dell’unico erede Massimo
Baldassarri, del risarcimento dei danni pari alle retribuzioni
maturate dalla costituzione in mora (19.11.02) e per un triennio
dalla cessazione di fatto del rapporto e quindi sino al 30.6.05,
oltre accessori di legge.
Per la cassazione propone ricorso la società Poste, affidato a
quattro motivi.
Resiste il Baldassarri con controricorso, contenente ricorso
incidentale, poi illustrato con memoria, inerente l’ulteriore
risarcimento del danno pari alle retribuzioni maturate dal
19.11.02 al 21.2.06.
Motivi della decisione
Debbono pregiudizialmente riunirsi i ricorsi proposti avverso la
medesima sentenza (art. 335 c.p.c.).
1.- Con il primo e secondo motivo la società Poste denuncia la
violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 L.n. 230\62, 23 L.
n. 56 del 1987; dell’art. 8 del c.c.n.l. 26.11.94 e successive
integrazioni, nonché dell’art. 1362 e seguenti c.c., nonché
omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio (art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 c.p.c.),
lamentando che la Corte di merito, in contrasto con le norme
richiamate, non considerò adeguatamente che con la delega
contenuta nel citato art. 23, le parti sociali erano libere di
individuare nuove e diverse ipotesi di assunzione a tempo
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di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato dal

determinato, senza altri limiti se non quello dell’osservanza di un
limite percentuale dei lavoratori da assumere, sicché le
pattuizioni collettive erano sottratte dal sindacato giurisdizionale,
e segnatamente in ordine all’esistenza di un nesso causale tra le
ragioni di assunzione e la singola stipula del contratto a tempo
determinato.

adeguatamente considerato che nessun limite temporale, sino
all’entrata in vigore del d.lgs n. 368 del 2001, poteva essere
imposto alle pattuizioni sindacali delegate.
1.1- I motivi, che stante la loro connessione possono essere
congiuntamente trattati, risultano infondati.
La sentenza impugnata, infatti, non ha ritenuto le pattuizioni
collettive, in tema di individuazione di nuove ipotesi di contratto
a tempo determinato ex art. 23 L. n. 56 del 1987, soggette ai
requisiti di cui all’art. 1 L. n.230 del 1962, ma solo che esse
avessero inteso prevedere un limite temporale alle specifiche
esigenze organizzative legittimanti le assunzioni a termine di cui
al c.c.n.l. 26 novembre 1994 e successivi accordi integrativi.
L’assunto risulta assolutamente rispettoso dell’autonomia
negoziale collettiva, che, delegata alla individuazione di nuove
ipotesi di assunzione a tempo determinato, è parimenti libera di
stabilire una loro scadenza temporale.
Come efficacemente chiarito da Cass. 9 aprile 2008 n. 9259 e
quindi da Cass. 28 ottobre 2010 n. 22015, l’art. 23 della legge n.
56 del 1987, nel consentire alla contrattazione collettiva di
individuare nuove ipotesi rispetto a quelle previste dalla legge n.
230 del 1962, non impone di fissare contrattualmente dei limiti
temporali alla facoltà di assumere lavoratori a tempo
determinato, ma, ove un limite sia stato invece previsto, la sua
inosservanza determina la illegittimità del termine apposto.

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Lamenta inoltre che i giudici di merito non avevano

Nella specie la limitata efficacia temporale degli accordi
intervenuti all’interno della società Poste risulta rispettosa
dell’autonomia negoziale collettiva ed in linea col consolidato
orientamento di questa Corte (ex plur(mis, Cass. 9 giugno 2006
n.13458, Cass.20 gennaio 2006 n.1074, Cass.3 febbraio 2006
n.2345, Cass. 2 marzo 2006 n.4603), secondo cui dall’esame dei
la stipula di contratti a tempo determinato per le causali di cui
all’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994, sino al 30 aprile 1998.
Da ciò consegue l’assorbimento della censura inerente la prova,
in tesi non dovuta, del nesso causale tra le esigenze individuate
dai contraenti collettivi e la singola assunzione.
3.- Con il terzo motivo la società Poste denuncia la violazione e
falsa applicazione degli artt. 1217 e 1233 c.c. (art. 360, comma 1,
n. 3 c.p.c.) per avere erroneamente la sentenza impugnata
condannato la società al pagamento delle retribuzioni dalla data
di asserita costituzione in mora e non dalla effettiva
riammissione in servizio.
A tale riguardo deve esaminarsi altresì il ricorso incidentale del
Baldassarri, con cui è richiesto l’ulteriore risarcimento del danno
pari alle retribuzioni maturate dal 19.11.02 al 21.2.06, senza
dunque la limitazione al triennio dalla cessazione di fatto del
rapporto.
3.1-Osserva la Corte che mentre il motivo proposto dalla società
Poste risulta inammissibile, oltre che per l’insufficienza del
quesito di diritto, del tutto tautologico, anche e comunque per
non chiarire per quale ragione l’atto del 19.11.02 non
conterrebbe una valida costituzione in mora della società, il
ricorso incidentale coinvolge direttamente le conseguenze
economiche derivanti dall’accertata illegittimità del contratto a
termine del 4.6.99 (essendo irrilevante la dichiarata illegittimità
anche del successivo contratto del 10.5.02), dolendosi della
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vari accordi in materia si evince che le parti sociali autorizzarono

limitazione del risarcimento dal 19.11.02 al 30.6.05, termine
finale del triennio rilevante, secondo la Corte di merito, ai fini
risarcitori.
Viene quindi in considerazione l’art. 32 della L. n. 183\10,
applicabile anche ai giudizi in corso ed anche in sede di
legittimità (cfr., da ultimo, ex professo, Cass. 29 febbraio 2012 n.

Il ricorso incidentale difetta tuttavia di interesse, e dunque va
dichiarato inammissibile, essendo il risarcimento del danno
riconosciuto in sentenza di gran lunga superiore a quello
massimo previsto dal menzionato ‘ius superveniens’ (cfr. ex aliis,
Cass. n. 2044\13; Cass. n.1843\13; Cass. n.11787/2012).
5. – Entrambi i ricorsi debbono essere pertanto rigettati. La
reciproca soccombenza consente la compensazione delle spese
del presente giudizio di legittimità.
P. Q . M .
La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta entrambi. Compensa le
spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 22 gennaio 2015
IL CONSIGLIERE est.

IL PRESIDENTE

3056).

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