Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12624 del 24/05/2010
Cassazione civile sez. I, 24/05/2010, (ud. 25/03/2010, dep. 24/05/2010), n.12624
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ADAMO Mario – Presidente –
Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –
Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –
Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –
Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
L.M.S., domiciliata in Roma, Viale delle Milizie 9,
presso l’avv. LUBERTO E., che la rappresenta e difende unitamente
all’avv. R. Cavallo, come da mandato a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Fallimento della società di fatto IMO e del socio illimitatamente
responsabile L.M.S., domiciliato in Roma, Via Muzio
Clementi 68, presso l’avv. L.Pardini, rappresentato e difeso
dall’avv. LOMARTIRE Maria Stefania, come da mandato a margine del
controricorso;
– controricorrente –
contro
L.D. e altri;
– intimati –
avverso la sentenza n. 18684/2005 della Corte di cassazione,
depositata il 23 settembre 2005;
Sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Aniello Nappi;
Udito per i resistenti il difensore avv. Prigione Udite le
conclusioni del P.M., Dr. PRATIS Pierfelice, che ha chiesto
dichiararsi inammissibile il ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 277 del 17 giugno 2002 la Corte d’appello di Lecce confermò il rigetto dell’opposizione proposta anche in proprio da L.M.S. avverso la dichiarazione di fallimento della società di fatto IMO e della stessa opponente, rimasta unica socia illimitatamente responsabile dopo l’acquisto delle quote di D. e L.R., cedutele il (OMISSIS).
Contro la sentenza d’appello propose ricorso per cassazione L. M.S., ma la Corte di cassazione, con la sentenza ora impugnata per revocazione, ne rigettò l’impugnazione.
La sentenza di legittimità è stata quindi impugnata per revocazione da L.M.S., con un ricorso, illustrato anche da memoria, cui resiste con controricorso il Fallimento della società di fatto IMO e del socio illimitatamente responsabile L.M. S., che ha depositato a sua volta memoria.
Non hanno spiegato invece difese gli altri intimati.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
La ricorrente denuncia i seguenti errori di fatto:
a) erroneamente la Corte di cassazione ha ritenuto che il valore della causa fosse di L. sei miliardi, mentre era in realtà di soli L. ottocento milioni, pari alla somma delle undici istanze di fallimento presentate, mentre l’importo di L. sei miliardi è quello dello stato passivo accertato dopo la pronuncia della sentenza di fallimento;
b) la Corte di cassazione, per un pregiudizio formato fuori del contesto giudiziario, ha omesso di considerare i documenti prodotti, dai quali risultava che la società fallita aveva i mezzi per far fronte ai debiti posti a fondamento delle istanze di fallimento;
c) la Corte di cassazione ha confuso l’esposizione debitoria della società con uno stato di insolvenza, senza considerare che il principale creditore era garantito da polizza assicurativa;
d) le difficoltà finanziarie della IMO erano dovute alla concorrenza sleale della Puglia gas, ma erano state avviate a soluzione mediante transazioni e un programma di risanamento, di cui non sì è tenuto conto per escludere lo stato di insolvenza;
e) la Corte di cassazione ha omesso di considerare il giudicato formatosi con il decreto del Tribunale di Brindisi del 21 aprile 1993, che aveva escluso l’insolvenza della società.
Premesso che la sussistenza dello stato di insolvenza potesse essere correttamente desunta anche dalle risultanze non contestate dello stato passivo relative a crediti preesistenti alla dichiarazione del fallimento (Cass., sez. 1^, 6 settembre 2006, n. 19141, m. 591599, Cass., sez. 1^, 18 giugno 2004, n. 11393, m. 573716, Cass., sez. 1^, 6 marzo 1996, n. 1771, m. 496156), il ricorso è inammissibile.
Secondo la giurisprudenza in tema di revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione, infatti, l’errore revocatorio è configurabile, oltre che rispetto alle attività proprie dello stesso procedimento di legittimità (Cass., sez. 1^, 2 aprile 2007, n. 8220, m. 596489), nelle ipotesi in cui la Corte sia giudice del fatto e, in particolare, quando abbia valutato sull’ammissibilità e procedibilità del ricorso, e si individua nell’errore meramente percettivo, risultante in modo incontrovertibile dagli atti e tale da aver indotto il giudice a fondare la valutazione della situazione processuale sulla supposta inesistenza (od esistenza) di un fatto, positivamente acquisito (od escluso) nella realtà del processo, che, ove invece esattamente percepito, avrebbe determinato una diversa valutazione della situazione processuale, e non anche nella pretesa errata valutazione di fatti esattamente rappresentati (Cass., sez. L, 11 febbraio 2009, n. 3365, m. 606715, Cass., sez. un., 23 gennaio 2009, n. 1666, m. 606126).
Nel caso in esame la Corte di cassazione ha solo espresso un giudizio di plausibilità della motivazione esibita dal giudice del merito in ordini allo stato di insolvenza della società fallita. Non ha compiuto la Corte di cassazione alcun accertamento di fatto, di cui si possa predicare l’erroneità.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese in favore del resistente, liquidandole in complessivi Euro 1.200,00 di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 25 marzo 2010.
Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2010