Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12623 del 17/06/2016

Cassazione civile sez. II, 17/06/2016, (ud. 11/12/2015, dep. 17/06/2016), n.12623

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13403-2009 proposto da:

G.C. (OMISSIS), GI.CA.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in Roma, Via Chisimaio

9, presso lo studio dell’avvocato CALOGERO GIARDINA, che li

rappresenta e difende per procura speciale atto notaio Bartoli in

Riesi del 3 marzo 2015;

– ricorrenti –

contro

L.V., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

Roma, Via Sesto Fiorentino, presso lo studio dell’avvocato CARMELO

FABRIZIO FERRARA, rappresentato e difeso dall’avvocato GIOACCHINO

MARLETTA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 62/2009 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 17/03/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/12/2015 dal Consigliere Ippolisto Parziale;

udito il sostituto procuratore generale, Velardi Maurizio, che

conclude per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Così la sentenza impugnata riassume la vicenda processuale, indica le posizioni delle parti e motiva la sua decisione.

“Con la sentenza n. 14312005 del 19 febbraio – 28 aprile 2005 il Tribunale di Gela ha rigettato l’istanza con la quale L. V. aveva chiesto che fosse affermato il suo diritto di essere reintegrato nel possesso di un vano esistente nella via (OMISSIS), possesso del quale si doleva di esser stato privato a seguito dell’operato di G.C. e Gi.Ca.. Per la riforma di tale pronuncia ha proposto appello il L.; i G., ritualmente costituitisi, hanno chiesto il rigetto del gravame…. Con l’unico articolato motivo di gravame l’appellante si duole che il Tribunale abbia escluso che egli avesse amato, sul bene de quo, quel possesso per la cui reintegra aveva agito. Il L. si sofferma diffusamente sulle risultanze probatorie della fase sommaria del procedimento, sostenendo che “una più attenta lettura delle carte processuali e delle deposizioni rese dagli informatori sentiti avrebbe dovuto fondare il convincimento del Tribunale di Gela della bontà dei fatti posti a fondamento della domanda”. Gli appellati, a loro volta, sostengono che il L. non aveva “dato alcuna prova seria, rigorosa, del suo preteso possesso”, da ciò dovendo, quindi, scaturire “il rigetto dell’appello e l’onere delle spese a carico” del medesimo L.”.

2. Così riassunte le posizioni delle parti la Corte locale, dopo aver rivalutato analiticamente il materiale probatorio, ha accolto l’appello, ritenendo che vi fosse la prova del possesso da parte del L., il quale quando vi fu la chiusura delle porte si oppose, manifestando così “l’intenzione di continuare a mantenere sulla cosa la propria signoria, sia pure solo animo”.

3. Impugnano tale decisione C. e GI.Ca., che articolano un unico motivo di ricorso. Resiste con controricorso la parte intimata.

4. All’udienza del 10 settembre 2015, la causa è stata rinviata a nuovo ruolo per la tardiva notifica dell’avviso di udienza al difensore dei ricorrenti.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I motivi del ricorso.

1.1 – Con l’unico motivo di ricorso si deduce “difetto di motivazione, o comunque assoluta insufficienza della stessa, sul possesso dell’immobile in contestazione da parte dei contendenti, e cioè su un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5)”.

Sostengono i ricorrenti che la Corte di appello di Caltanisetta “nella valutazione finale delle deposizioni ha dato immotivatamente la preferenza a quelle dell’appellante, senza tener adeguato conto di quelle degli appellati, fondate su argomentazioni più complete e sopportate da documenti aventi data certa”. La Corte locale non aveva tenuto adeguato conto delle deposizioni rese, che “trovavano conferma documentale nelle due foto prodotte dai convenuti G. in primo grado (ed allegate a quel fascicolo) dalle quali si poteva rilevare ictu oculi che tutte e due le porte del fatiscente immobile in contestazione alla data del 25 agosto 1988, erano murate, per cui l’immobile era inaccessibile (e le feto avevano data certa, perchè rilasciate per copia conforme dalla Soprintendenza dei Beni Culturali di Caltanissetta il 23/9/1988)”.

2. Il ricorso è inammissibile e, comunque, infondato.

2.1 – Appare opportuno riportare la motivazione della Corte locale sul materiale probatorio disponibile. La Corte osserva quanto segue.

“in questo grado del giudizio si è preceduto all’audizione dei testi di entrambe le parti. Comparando il tenore delle deposizioni dei testi di appellante e di appellati, emerge che i secondi hanno fatto un riferimento del tutto generico ad un utilizzo che i fratelli G. avrebbero effettuato del vano in questione. Più precisamente, la teste D.C. ha dichiarato che tale immobile, dopo la vendita a G.C., utilizzato solo dai fratelli G.C. e Gi.Ca.”, mentre la teste D.M.A. ha sostenuto di aver constatato personalmente, che dopo la vendita:.. il locale era stato nella disponibilità del G.”; nell’uno e nell’altro caso è dunque mancata – lo si ribadisce – la specificazione delle (eventuali) modalità dell’utilizzo, che i predetti G. avrebbero e ettuato del vano conteso. Il teste O., sentito su istanza dell’appellante, ha invece, affermato che in passato, quando aveva bisogno di un imbianchino, si recava dal L., il quale prendeva i suoi attrezzi dal vano che dà sia su via (OMISSIS). Lui apriva dalla via (OMISSIS) dove c’ero una porta di legno”. L’ O. ha, dunque, effittuato un’indicazione puntuale dell’uso che il L. avrebbe fatto del bene, nè sussistono valide ragioni per ritenere che il contenuto della deposizione dell’ O. medesimo possa non essere veritiero. Ciò posto, si osserva che è pacifico, e sul punto concordano i testi di entrambe le parh, che ad un certo punto le aperture del vano furono murate, ma non v’è prova che ciò comportò pure la volontà del L. di dismetterne il possesso; ed è appena il caso di evidenziare che un comportamento passivo del possessore, relativamente ad un bene immobile che possa essere goduto anche con il non uso, intanto può costituire manifestazione inequivoca della volontà di dionissione del possesso, in quanto l’attività altrui sul bene impedisce il ripristino del corpus, mentre, sin quando ciò non accada, l’inerzia del possessore solo animo non ha un significato univoco (Cass. 13138/2003). Ora, nel caso di specie è provato che, allorchè i G. provvidero ad eliminare le chiusure in muratura, il L. si ribellò” (si confronti la deposizione del teste R.), così manifestando l’intenzione di continuare a mantenere sulla cosa la propria signoria, sia pure solo animo. Ritenuto, dunque di poter affermare che il L. esercitò, sulla res controversa, un potere che si manifestava in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà (art. 1140 c.c..), e ritenuto, altresì, che i G., con la loro incontestata condotta, hanno inciso su quel possesso, va dunque accolta, in riforma dell’impugnata sentenza, istanza di reintegra”.

2.2 – Come risulta evidente dalla trascritta motivazione della Corte locale, il giudice dell’appello si è fatto pienamente carico di tutte le obiezioni e considerazioni svolte dagli odierni ricorrenti, ha valutato compiutamente il materiale probatorio e all’esito, con una motivazione adeguata, logicamente coerente e convincente, priva di vizi censurabili in questa sede, è giunta alle conclusioni che i ricorrenti contestano, nella sostanza, prospettando una diversa lettura del materiale probatorio, inammissibile in questa sede.

3. Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta ìl ricorso. Condanna la parte ricorrente alle spese di giudizio, liquidate in 1800,00 (milleottocento) Euro per compensi e 200,00 (duecento) Euro per spese, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 11 dicembre 2015.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2016

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