Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1262 del 19/01/2018


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 1262 Anno 2018
Presidente: CHIARINI MARIA MARGHERITA
Relatore: SESTINI DANILO

Ud. 11/10/2017

SENTENZA

PU

sul ricorso 13784-2016 proposto da:
DEGLI ALBIZZI GIOVANNA, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIALE TUPINI 113, presso lo studio
dell’avvocato NICOLA CORBO, che la rappresenta e
difende giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente 2017
1928

contro

MENO MARA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
CESARE BECCARIA 84, presso lo studio dell’avvocato
CLAUDIO GALLI’, che la rappresenta e difende giusta
procura speciale in calce al controricorso;

Data pubblicazione: 19/01/2018

- controricorrente

avverso la sentenza n. 5235/2015 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 24/11/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/10/2017 dal Consigliere Dott. DANILO

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CARDINO che ha concluso per il
rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato NICOLA CORBO;
udito l’Avvocato CLAUDIO GALLI;

SESTINI;

FATTI DI CAUSA
Mara Memo, già conduttrice di un appartamento ad uso abitativo
concessole in locazione da Giovanna Degli Albizzi, agì avanti al
Tribunale di Roma per sentir accertare la simulazione della clausola di
uso transitorio contenuta in due contratti stipulati, in successione, nel
gennaio 1995 e nel marzo 1998 e per sentir condannare la locatrice

richiese, altresì, che venisse rideterminato il canone relativo ad un
terzo contratto (stipulato nel mese di ottobre 2000 ai sensi della I. n.
431/98), con condanna della controparte alla restituzione degli
importi eccedenti il dovuto.
Il Tribunale dichiarò la simulazione della clausola di transitorietà
e, dato atto della transazione intervenuta in relazione al primo
contratto, condannò la locatrice alla restituzione delle somme versate
dalla Memo in misura eccedente l’equo canone in ordine al secondo
contratto (C 34.477,21) nonché al pagamento di oltre 11.000,00 per
importi riscossi oltre il dovuto in relazione al terzo contratto.
La Corte di Appello di Roma ha rigettato l’appello proposto dalla
Degli Albizzi, che ricorre per cassazione, affidandosi a tre motivi,
illustrati da memoria; resiste l’intimata a mezzo di controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo («violazione e falsa applicazione dell’art.
2697 c.c. e degli artt. 1965 e ss. nonché di ogni altra norma e
principio in materia di prova, ed in particolare di prova della
simulazione anche relativa o parziale del contratto di locazione,
nonché di efficacia preclusiva della transazione»), la ricorrente si
duole che la Corte abbia rigettato il motivo di appello con cui aveva
censurato il giudice di primo grado per avere dichiarato la simulazione
del secondo contratto sulla base di prove che riguardavano solo il
primo; rileva che il secondo contratto era stato stipulato dopo che il
primo aveva cessato di produrre i suoi effetti e assume che la prova
della simulazione avrebbe dovuto essere data in riferimento al
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alla restituzione delle somme eccedenti la misura dell’equo canone;

momento in cui era stato concluso il contratto del 1998; sostiene che
«non gravava sulla Degli Albizzi provare che la situazione di fatto
accertata nel 1995 si era modificata nel tempo successivo e, dunque,
non esisteva più nel 1998» e che, trattandosi di contratti autonomi ed
essendo intervenuta una transazione sul primo contratto, «sarebbe
stato invece onere della Memo provare che quando era stato stipulato

1998, essa intendeva far fronte ad esigenze abitative stabili e che di
ciò vi fosse consapevolezza da parte della Degli Albizzi».
1.1. Sul punto, la Corte di Appello ha disatteso il gravame
rilevando come lo stesso contenesse «la mera affermazione di
erroneità per essere cessati gli effetti del primo contratto, in assenza
di alcuna deduzione circa l’intervento di modifiche nella situazione di
fatto come accertata dal Tribunale, né in ordine alla valutazione delle
prove assunte in punto di stabilità delle esigenze abitative della
conduttrice -e della relativa conoscenza da parte della locatricesussistenti senza soluzione di continuità rispetto ai due contratti».
1.2. Il motivo è infondato.
A prescindere dall’autonomia dei due contratti e dal fatto che la
transazione impedisse di accertare la fondatezza delle pretese
restitutorie relative al contratto del 1995, le prove offerte dalla
conduttrice per dimostrare la simulazione della clausola di
transitorietà del primo contratto potevano ben essere utilizzate per
ritenere egualmente simulata la clausola di transitorietà apposta al
secondo, a fronte della sostanziale continuità del rapporto e in difetto
di deduzione -da parte della locatrice- dell’intervento di modifiche
della situazione di fatto accertata dal Tribunale in relazione alla
stipula del primo contratto.
La Corte non ha dunque violato il criterio che onera la parte
conduttrice della prova della simulazione della clausola di
transitorietà, ma ha correttamente ritenuto che, in difetto
dell’allegazione di fatti modificativi da parte della locatrice, le prove
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il secondo contratto, proprio in quello specifico momento e cioè nel

offerte in relazione al primo contratto potessero valere a dimostrare
la simulazione della clausola contenuta nel secondo, stipulato in
sostanziale continuità col precedente (tenuto conto che il primo cessò
il 18.2.1998 e il secondo decorse dal 2.3.1998).
2. Il secondo motivo denuncia la «violazione e falsa applicazione
degli artt. 112, 115 e 116 cod. proc. civ.» nonché l’omesso esame di

apparenza» della motivazione con cui la Corte ha rigettato la censura
concernente

la

valutazione

degli

elementi

posti

a

base

dell’affermazione della simulazione della clausola di transitorietà e
lamenta la mancata considerazione di un documento decisivo,
costituito dalla parte del contratto in cui la Memo aveva dichiarato di
avere residenza in altro immobile.
2.1. Il motivo è inammissibile, in quanto si risolve nella
contestazione dell’apprezzamento degli elementi valutati dalla Corte
(e prima ancora dal Tribunale), in funzione di una lettura alternativa,
funzionale alla tesi della ricorrente; senza, peraltro, che sia
evidenziato effettivamente l’omesso esame di un fatto decisivo,
giacché -per quanto emerge dal controricorso (a pag. 11)- la
circostanza della persistenza della resistenza anagrafica in altro
immobile era stata valutata dal primo giudice (che ne aveva escluso
la rilevanza ai fini di provare la stabilità della destinazione abitativa
nel diverso immobile) con la sentenza cui la Corte ha prestato totale
adesione.
3. Col terzo motivo («violazione e falsa applicazione dell’art. 79 I.
n. 392/78 e di ogni altra norma e principio in materia di abrogazione
di legge, di successione dei contratti di locazione e di decadenza»), la
ricorrente censura la Corte per avere ritenuto applicabile la norma
dell’art. 79 I. n. 392/78 benché all’epoca in cui era stato introdotto il
giudizio la stessa fosse stata abrogata (per gli immobili ad uso
abitativo) dalla I. n. 431/98 e -più specificamente- per avere fatto
decorrere il termine semestrale di decadenza previsto dall’art. 79 non
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un fatto decisivo: la ricorrente deduce l’erroneità e la «mera

dalla data in cui era cessato il secondo contratto disciplinato dalla I. n.
392/78 (1.3.2000), ma dalla restituzione dell’appartamento alla
scadenza del terzo contratto (quello stipulato ai sensi della I. n.
431/98).
3.1. Il motivo è infondato, alla luce del principio secondo cui «il
termine decadenziale di sei mesi, entro il quale il conduttore ha

eccedenza rispetto al canone previsto dalla legge 27 luglio 1978, n.
392, decorre dalla materiale riconsegna dell’immobile oggetto del
contratto – la quale coincide con la data in cui il bene viene posto
nell’effettiva disponibilità del locatore – e non dalla cessazione del
rapporto giuridico tra le parti. È, pertanto, irrilevante ai fini del
decorso del suddetto termine la circostanza che, alla scadenza del
contratto soggetto al regime vincolistico, le parti ne abbiano stipulato
uno nuovo, sottratto a tale regime, quando non vi sia stata soluzione
di continuità nel godimento dell’immobile da parte del conduttore»
(Cass. n. 8143/2009); deve, infatti, ritenersi -con Cass. n.
15353/2013- che «nel caso di specie […] trova applicazione la stessa
ragione ispiratrice di cui alla I. n. 392 del 1978, art. 79, inteso ad
assicurare anzitutto il pacifico godimento del bene locato, rinviando a
data successiva al predetto godimento la scadenza del termine per far
valere eventuali violazioni di diritto. Di fatti la locatrice avrebbe
sempre potuto adottare ritorsioni sul conduttore anche in relazione
alla nuova locazione ed al prosieguo del nuovo contratto».
4. Le spese di lite seguono la soccombenza.
5. Trattandosi di ricorso proposto successivamente al 30.1.2013,
sussistono le condizioni per l’applicazione dell’art. 13, comma 1
quater del D.P.R. n. 115/2002.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento
delle spese di lite, liquidate in euro 4.000,00 per compensi, oltre alle

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l’onere di domandare la restituzione delle somme pagate in

spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi
(liquidati in euro 200,00) e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà
atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delegt
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso

Roma, 11.10.2017

Il C

ere est.

Il Presidente

articolo 13.

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