Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12618 del 19/05/2017


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Cassazione civile, sez. III, 19/05/2017, (ud. 27/04/2017, dep.19/05/2017),  n. 12618

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23580/2015 proposto da:

F.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

FLAMINIA, 357, presso lo studio dell’avvocato EUGENIO TRISTANO, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALESSANDRA RESTANI,

giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

M.A., in persona del titolare omonimo, domiciliata ex lege in

ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata

e difesa dall’avvocato LUCA AMEDEO MELEGARI, giusta procura speciale

in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1524/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 06/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/04/2017 dal Consigliere Dott. FRANCO DE STEFANO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto;

udito l’Avvocato GIOVANNI D’ERME per delega orale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso notificato il 5.10.15 ed articolato su due motivi, F.C. chiede la cassazione della sentenza n. 1524 del 6.3.15 con cui la corte di appello di Roma ha rigettato l’appello avverso il rigetto della querela di falso da lei proposta in merito a due documenti a sua firma, consistenti in una lettera di dimissioni ed in una quietanza e relativi ad un rapporto di lavoro già intercorso con M.C.: la quale resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio, preliminarmente rilevato che solo in via mediata il ricorso attiene ad una materia tabellarmente attribuita ad altra sezione di questa Corte, investendo problematiche processuali inerenti al ruolo delle presunzioni nella ricostruzione della volontà delle parti, ha disposto la redazione della motivazione in forma semplificata.

2. La corte territoriale ha confermato le valutazioni del giudice di primo grado, il quale: da un lato, aveva escluso la rilevanza dei fatti resi oggetto dei capitoli di prova orale, siccome relativi a circostanze anteriori o successive ai fatti per cui era causa e quindi inidonei a dimostrare l’abusivo riempimento dei fogli in questione, che la lavoratrice aveva indicato fatti a lei firmare in bianco con il pretesto che sarebbero serviti per non meglio specificati adempimenti fiscali e contributivi; dall’altro lato, non aveva attribuito rilevanza alle molteplici correzioni dei documenti oggetto di querela, recependo le conclusioni del c.t.u. sull’impossibilità di stabilire la contestualità della compilazione delle diverse parti ed escludendo l’abusività del riempimento. Ed ha poi ampiamente argomentato sulla persistente carenza di articolazione di prove sulle circostanze relative al rilascio dei documenti ed all’abusività del loro successivo riempimento, analiticamente esaminando i contenuti delle capitolazioni delle prove orali per escluderne la riferibilità a dette invece determinanti circostanze, come pure sulla presenza di prova positiva sulla circostanza della sottoscrizione dei documenti in altro contesto corrispondente a quanto sostenuto dalla datrice, mentre, in ordine alle critiche alla consulenza, ha puntualmente esaminato le tesi dell’appellante per escluderne la condivisibilità, nonostante la pure riscontrata sussistenza di alcune anomalie nella redazione dei documenti: sul riscontro della quale ha disposto la compensazione delle spese del grado.

3. Ciò posto, i due motivi di ricorso (il primo: di “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 221 c.p.c., comma 2, artt. 222 e 184 c.p.c., art. 111 Cost., art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) e/o 5) – mancata coerenza logico-formale”; il secondo: di “violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2702, 2704 c.c. – violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2727 c.c. e segg. e art. 2702 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 5) e 3)”), vanno congiuntamente esaminati per la loro intima connessione: ma (esclusa, in primo luogo, la pertinenza del richiamo all’art. 2697 c.c., posto che la violazione o la falsa applicazione di questo precetto è configurabile soltanto nell’ipotesi che il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne risulta gravata, non anche quando, a seguito di una valutazione delle acquisizioni istruttorie ritenuta incongrua, si deduca avere il giudice errato nel ritenere che la parte onerata non abbia assolto tale onere, in questo caso prospettandosi soltanto un erroneo apprezzamento sull’esito della prova: da ultimo, v. Cass. Sez. U. 31/05/2016, n. 11383) sono all’evidenza inammissibili.

4. Infatti, essi involgono a vario titolo la ricostruzione del fatto, anche sotto il profilo dell’esclusione della operatività delle presunzioni invocate dall’attore, come operata dalla corte di merito pure al fine di escludere la rilevanza delle circostanze rese oggetto della capitolazione: ciò che invece è sempre precluso in questa sede, a maggior ragione dopo la novella dell’art. 360 c.p.c., n. 5, che ha ridotto al minimo costituzionale il controllo in sede di legittimità sulla motivazione (Cass. Sez. U. nn. 8053, 8054 e 19881 del 2014), rimanendo comunque gli apprezzamenti di fatto – se scevri, come lo sono nella specie, da quei soli ed evidenti vizi logici o giuridici ammessi dalle or ora richiamate pronunzie delle Sezioni Unite – istituzionalmente riservati al giudice del merito (tanto corrispondendo a consolidato insegnamento, su cui, per tutte, v. Cass. Sez. U., n. 20412 del 2015, ove ulteriori riferimenti).

5. Neppure il ricorso alle presunzioni può essere utilmente censurato, visto che le stesse pronunzie delle Sezioni Unite sopra ricordate (Cass. Sez. U. nn. 8053 e 8054 del 2014) puntualizzano che “… la peculiare conformazione del controllo sulla motivazione non elimina, sebbene riduca (ma sarebbe meglio dire, trasformi), il controllo sulla sussistenza degli estremi cui l’art. 2729 c.c., comma 1, subordina l’ammissione della presunzione semplice. In realtà è in proposito possibile il sindacato per violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. Ciò non solo nell’ipotesi (davvero rara) in cui il giudice abbia direttamente violato la norma in questione deliberando che il ragionamento presuntivo possa basarsi su indizi che non siano gravi, precisi e concordanti, ma anche quando egli abbia fondato la presunzione su indizi privi di gravità, precisione e concordanza, sussumendo, cioè, sotto la previsione dell’art. 2729 c.c., fatti privi dei caratteri legali, e incorrendo, quindi, in una falsa applicazione della norma, esattamente assunta nella enunciazione della “fattispecie astratta”, ma erroneamente applicata alla “fattispecie concreta””.

6. Pertanto, il controllo va operato appunto da un punto di vista formale, sulla correttezza della regola di esperienza applicata e del giudizio di inferenza esperita, mai sul suo risultato: sicchè la gravità, precisione e concordanza degli indizi deve essere macroscopica e manifesta, sostanzialmente tale da non ammettere diversa valutazione, per potere essere rilevata come tale in un giudizio di legittimità; sicchè, tanto non potendosi sostenere nella presente fattispecie, attesa la congruenza delle conclusioni con un coerente sviluppo motivazionale delle premesse compatibile con la valutazione delle circostanze fattuali e l’applicazione ad esse di canoni di giudizio, il vizio deve essere escluso e il motivo disatteso.

7. Del ricorso va quindi senz’altro dichiarata l’inammissibilità, con condanna della soccombente ricorrente alle spese del giudizio di legittimità; mentre va dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (Cass. 14/03/2014, n. 5955) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

PQM

 

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 27 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2017

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