Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12617 del 19/05/2017


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Cassazione civile, sez. III, 19/05/2017, (ud. 27/04/2017, dep.19/05/2017),  n. 12617

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21959/2015 proposto da:

RELEASE SPA, in persona del Presidente del Consiglio di

Amministrazione nella sua qualità di Responsabile del Sevizio

Crediti e Contenzioso, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F.

DENZA 15, presso lo studio dell’avvocato SUSANNA LOLLINI, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati TEFANO DALPIAZ,

RUGGERO CAMERINI, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

TRE EMME STAMPAGGI SRL,in persona del legale rappresentante p.t.

M.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI

SCIPIONI 268 A, presso lo studio dell’avvocato FILOMENA MASI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato RENATO MARIA

CAPOCASALE, giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

GOLD RENT SRL, S.V.A., FE.DE.MI. SRL, BANCA POPOLARE

SOCIETA’ COOPERATIVA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3255/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 16/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/04/2017 dal Consigliere Dott. FRANCO DE STEFANO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto;

udito l’Avvocato FRANCESCO PAOLO SALINAS per delega.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Tre Emme Stampaggi srl, dedotta la stipula di un contratto di locazione finanziaria di un opificio industriale in (OMISSIS) con la Mercantile Leasing spa il (OMISSIS) e da questa acquistato in pari data dalla Gold Rent srl, sull’addotta non regolarità urbanistica del bene ed esistenza di una iscrizione ipotecaria sul medesimo convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Benevento sia l’una che l’altra che il notaio rogante i due contratti di vendita e di locazione finanziaria, chiedendo dichiararsene la nullità e la condanna delle controparti al rimborso dei canoni pagati o, in subordine, pronunziarsene la risoluzione per inadempimento con condanna delle controparti al risarcimento.

2. La locatrice finanziaria si costituì ed eccepì l’incompetenza territoriale in forza di clausola di deroga convenzionale esclusiva in favore del foro di Firenze, dispiegando riconvenzionale nei confronti della Gold Rent srl che del notaio rogante, S.V.A., mentre la Gold Rent chiamò in causa la FE.DE.MI. srl; e, tutte le parti essendosi costituite e contrastando le avverse pretese, infine il tribunale sannita – con sentenza 18/02/2010 – rigettò l’eccezione di incompetenza ed accolse la domanda principale dell’attrice, dichiarando la nullità dei contratti e la legittimità del mancato pagamento dei canoni da parte della conduttrice, in cui favore condannò la locatrice a restituire quelli già percepiti, maggiorati di interessi legali e maggior danno, respingendo peraltro ogni altra domanda.

3. La locatrice, cui nelle more del giudizio di primo grado era succeduta Release spa, interpose appello e la conduttrice ed il notaio rogante dispiegarono appelli incidentali: ma la corte territoriale accolse in minima parte soltanto il primo, riconoscendo non dovute soltanto le somme a titolo di maggior danno e confermando nel resto la gravata sentenza di primo grado, diversificando il regime delle spese del grado in ragione della soccombenza dinanzi ad essa.

4. Per la cassazione di tale sentenza di appello, pubblicata il 16/07/2015 col n. 3255, ricorre oggi la Release srl, affidandosi a tre motivi; resiste con controricorso la sola Tre Emme Stampaggi srl; e, per la pubblica udienza del 27.4.17, la ricorrente deposita altresì memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente Release spa articola tre motivi e:

– col primo, lamenta “violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 25 delle condizioni generali contrattuali ed art. 33 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, contestando la decisione della corte di appello in punto di ritenuta derogabilità della clausola di individuazione del foro convenzionale quale esclusivo in quello di Firenze, nonostante la previsione espressa dell’inderogabilità anche e proprio per ragione di connessione o continenza di cause;

– col secondo, denuncia “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”, questo identificato nell’anteriorità temporale del contratto di leasing rispetto a quello di compravendita; e, col terzo, deduce “violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 2 del contratto di compravendita 22 ottobre 2007, lettere b), d) della premessa ed art. 12 delle condizioni generali del contratto di locazione finanziaria in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”; sostanzialmente richiamando le censure svolte in appello in ordine all’assenza di ogni sua responsabilità per avere essa acquistato l’immobile che proprio la Tre Emme le aveva indicato, al fine di poi acquisirlo in locazione finanziaria, tanto che, nella premessa del rogito di vendita, espressamente era stato riportato che la Tre Emme aveva chiesto alla Mercantile Leasing (oggi Release spa) di concederle in locazione finanziaria l’immobile che aveva visionato e di cui aveva accertato, tra l’altro, la regolarità urbanistica, assumendosi tutti i rischi e le responsabilità inerenti, fino ad obbligarsi essa conduttrice a richiedere il rilascio del certificato di agibilità ed a manlevare l’acquirente da ogni spesa e responsabilità al riguardo.

2. Ritiene il Collegio che il primo motivo è inammissibile, perchè non si fa carico dell’espressa ratio decidendi pure posta, in uno (v. punto 1.4, a piè della quinta, non numerata, facciata della qui impugnata sentenza) ma in via autonoma (come è evidente per l’impiego della preposizione “inoltre”, che dà conto di un argomento ulteriore ed indipendente) rispetto all’altra esplicitamente criticata, dalla corte territoriale a base della ritenuta irrilevanza della clausola derogativa di competenza in via esclusiva, cioè che “la presenza di un convenuto, notaio S., terzo rispetto alle parti contraenti, rende inoperante la deroga convenzionale alla competenza territoriale”; ed è noto che, in presenza di più rationes decidendi, la mancata espressa impugnazione di una di quelle rende inammissibile il gravame, visto che la gravata sentenza potrebbe reggersi autonomamente su quella non impugnata; infatti, qualora la motivazione della pronuncia impugnata sia basata su una pluralità di ragioni, convergenti o alternative, autonome l’una dall’altra, e ciascuna da sola idonea a supportare il relativo dictum, la resistenza di una di esse all’impugnazione rende del tutto superflua la verifica di ogni ulteriore censura, perchè l’eventuale accoglimento di tutte o di una di esse mai condurrebbe alla cassazione della pronuncia suddetta (in tali espressi termini, tra le ultime: Cass. 10/02/2017, n. 3633; in precedenza, con principio affermato ai sensi dell’art. 360-bis cod. proc. civ.: Cass. ord. 03/11/2011, n. 22753; successivamente ribadito, e plurimis, da Cass. Sez. U., 29 marzo 2013 n. 7931; Cass. 29/05/2015, n. 11169; Cass. 04/03/2016, n. 4293).

3. Del resto, la censura mossa dalla ricorrente con riferimento alla clausola contrattuale che prevedeva la “… esclusione di ogni deroga per ragioni di connessione o continenza di cause” ed al richiamo all’art. 33 c.p.c., si è bensì articolata sul duplice richiamo (pag. 21, terzo cpv.) anche alle ipotesi di cumulo oggettivo e/o soggettivo ed all’omissione, da parte della corte territoriale, della considerazione che ad agire non era stato un terzo estraneo al contratto di leasing, cui effettivamente non poteva essere imposto un foro diverso da quello legale, ma appunto la stessa parte conduttrice, che aveva firmato la clausola di deroga ai sensi dell’art. 1341 c.c.; ma la corte territoriale ha poi, con il chiaro richiamo appunto al coinvolgimento del notaio per la causa di nullità del contratto di vendita, almeno implicitamente esteso la motivazione di inestensibilità della clausola di deroga in presenza di una causa di garanzia, ai sensi dell’art. 32 c.p.c., che è anch’essa connessa a quella principale, ma non per cumulo soggettivo in senso stretto.

4. In ogni caso, la secca motivazione addotta risponde al generale principio per il quale ad un soggetto estraneo al rapporto originario che, oltretutto, nella specie è stato volontariamente coinvolto proprio dalla stessa convenuta che ha contestualmente invocato pure contro di lui, estraneo al contratto che la prevedeva, la clausola di foro convenzionale esclusivo inderogabile – non può imporsi la deroga convenzionale dal foro legale (principi desumibili da Cass. ord. 11/01/2013, n. 576, oppure da Cass. 22/02/2000, n. 1962, oppure ancora da Cass. ord. 10/10/2016, n. 20310): e, non potendo di ufficio ricercarsi altre motivazioni alternative a vantaggio di chi ha sollevato l’eccezione e poi in questa sede – non rilevando a colmare le evidenti lacune del ricorso le argomentazioni svolte nella memoria ex art. 378 c.p.c., restando le prime irredimibili – non censura una delle chiare ed espresse argomentazioni su cui la corte territoriale fonda il suo rigetto, ad avviso del Collegio non può dirsi adeguatamente censurata la ratio decidendi della qui gravata sentenza e la relativa doglianza non può che essere disattesa.

5. Gli altri due motivi, complessivamente considerati per la loro evidente stretta connessione, non possono essere accolti, perchè tendono ad inficiare l’interpretazione della regolamentazione negoziale intercorsa tra le parti, avendovi ravvisato il giudice del merito un collegamento negoziale tra due contratti e la propagazione della nullità insanabile del primo al secondo, senza però dolersene con la invece doverosa adduzione della violazione delle norme di ermeneutica contrattuale, ma con una inammissibile deduzione di vizi motivazionali o di violazione di norme di legge riferite direttamente alle clausole contrattuali.

6. Infatti, l’interpretazione delle clausole contrattuali rientra tra i compiti esclusivi del giudice di merito ed è insindacabile in cassazione se rispettosa dei canoni legali di ermeneutica ed assistita da congrua motivazione, potendo il sindacato di legittimità avere ad oggetto non già la ricostruzione della volontà delle parti, bensì solo l’individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere la funzione a lui riservata, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto (tra le molte, v.: Cass. 31/03/2006, n. 7597; Cass. 01/04/2011, n. 7557; Cass. 14/02/2012, n. 2109; Cass. ord. 09/01/2013, n. 380); pertanto, al fine di far valere una violazione sotto i due richiamati profili, il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non essendo consentito il riesame del merito in sede di legittimità (Cass. 09/10/2012, n. 17168; Cass. 11/03/2014, n. 5595; Cass. 27/02/2015, n. 3980; Cass. 19/07/2016, n. 14715).

7. In difetto di tanto, anche i motivi secondo e terzo, che non si fanno carico di contestare correttamente, secondo cioè la costante giurisprudenza di questa Corte sul punto, nè l’istituito collegamento negoziale tra la vendita, nè la propagazione della sua nullità insanabile al collegato contratto di locazione finanziaria, vanno dichiarati inammissibili.

8. Del ricorso va quindi senz’altro dichiarata l’inammissibilità, con condanna del soccombente ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, ma non anche della fase ex art. 373 c.p.c., non essendo da alcuno stati rispettati gli oneri formali sul punto (Cass. 20/10/2015, n. 21198; nel caso contrario essendo possibile una riparametrazione della liquidazione dei compensi del giudizio di legittimità: Cass. ord. 08/11/2012, n. 19357).

9. Infine, va dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

PQM

 

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 27 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2017

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