Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12617 del 18/06/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 12617 Anno 2015
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: ROSSETTI MARCO

SENTENZA

sul ricorso 2784-2012 proposto da:
COLABETON SPA 00482420544, in persona del Presidente
del

Consiglio

di

Amministrazione

e

legale

rappresentante CARLO COLAIACOVO, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA ANAPO 20, presso lo studio
dell’avvocato CARLA RIZZO, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato FRANCESCO DEPRETIS
giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro

FALLIMENTO CAME CALCESTRUZZI MEROLLI SALVATORE DI

1

Data pubblicazione: 18/06/2015

MEROLLI FABRIZIO & C SAS 00061100681;
– intimata –

Nonché da:
CURATELA FALLIMENTARE CANE CALCESTRUZZI MEROLLI
SALVATORE DI MEROLLI FABRIZIO & C SAS 00061100681, in

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NOMENTANA 257,
presso lo studio dell’avvocato GIANFRANCO DOSI,
rappresentata e difesa dall’avvocato CETTEO MARCHESE
giusta procura in calce al controricorso e ricorso
incidentale;
– ricorrente incidentale contro

COLABETON SPA 00482420544, in persona del Presidente
del

Consiglio

di

Amministrazione

e

legale

rappresentante CARLO COLAIACOVO, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA ANAPO 20, presso lo studio
dell’avvocato CARLA RIZZO, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato FRANCESCO DEPRETIS
giusta procura a margine del ricorso principale;
– controricorrente all’incidentale –

avverso la sentenza n. 1097/2011 della CORTE D’APPELLO
di L’AQUILA, depositata il 21/11/2011 R.G.N. 170/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 10/03/2015 dal Consigliere Dott. MARCO
ROSSETTI;

2

persona del Curatore avv. DOMENICO COLLETTI,

udito l’Avvocato FRANCESCO DEPRETIS;
udito l’Avvocato GIANFRANCO DOSI per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso per
l’inammissibilità in subordine per il rigetto del
ricorso principale, rigetto del ricorso del Fallimento

Carne.

3

R.G.N. 2784/12
Udienza del’10 marzo 2015

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Il 15.2.1990 le società CAME – Calcestruzzi Merolli Fabrizio di Merolli
Fabrizio e & C. s.a.s. (d’ora innanzi, per brevità, “la CAME”) e la società
Colabeton s.r.l. stipularono un contratto di affitto d’azienda, avente ad
oggetto il complesso aziendale di proprietà della prima, con scadenza

Dopo la scadenza del contratto la Colabeton rimase nel possesso dei beni.
Ciò determinò l’insorgere d’una controversia tra le parti che venne
compromessa per arbitri, e decisa con lodo irrituale del 31.12.1996, col
quale la Colabeton venne condannata al rilascio dei beni ed al risarcimento
del danno da ritardato rilascio.

2. Nelle more del giudizio arbitrale la CAME venne dichiarata fallita con
sentenza 20.11.1996.
Nel 1998 la curatela del fallimento della CAME convenne dinanzi al Tribunale
di Pescara la Colabeton, allegando che l’inadempimento della convenuta sia
agli obblighi scaturenti dall’affitto d’azienda; sia a quelli scaturenti dal lodo
arbitrale, aveva determinato il fallimento della CAME, poiché aveva costretto
quest’ultima società a non potere adempiere le proprie obbligazioni verso i
propri creditori.
Concluse pertanto chiedendo la condanna della convenuta al risarcimento
del danno derivato dalla condotta suddetta.

3. Il Tribunale di Pescara con sentenza 22.10.2003 n. 1481 accolse la
domanda e condannò la Colabeton a pagare al fallimento CAME:
(a) il danno da “causazione del fallimento”, quantificato in 500.000 euro;
(b) il danno da ritardato rilascio dell’azienda per il periodo successivo al
termine di consegna fissato nel lodo arbitrale (ovvero dal 1°.4.1997),
quantificato in 253.000 euro.

4. La sentenza del Tribunale venne appellata in via principale dalla
Colabeton, la quale si dolse dell’affermazione della propria responsabilità;

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rik-

31.5.1995.

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Udienza del 10 marzo 2015

ed in via incidentale dalla Curatela CAME, la quale si dolse della sottostima
del danno.

5. La Corte d’appello de L’Aquila con sentenza 21.11.2011 accolse
parzialmente l’appello della Colabeton, ritenendo che:

fallimento della CAME, e comunque se v’era il danno era irrisarcibile, perché
imprevedibile ex art. 1225 c.c.;
(b)

corretta era invece la liquidazione del danno da ritardato rilascio

dell’azienda affittata.

6. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione in via principale
dalla Colabeton, sulla base di due motivi.
Ha resistito con controricorso la curatela CAME, ed ha altresì proposto
ricorso incidentale fondato anch’esso su due motivi.
MOTIVI DELLA DECISIONE

rA-

1. Il primo motivo di ricorso.
1.1. Col primo motivo di ricorso la Colabeton sostiene che la sentenza
impugnata sarebbe incorsa in un vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360,
n. 5, c.p.c..
Espone, al riguardo, che la Corte d’appello, nel liquidare il danno da
ritardato rilascio dell’azienda oggetto del contratto d’affitto (maturato nel
periodo dal 1°.4.1997 in poi), l’ha fatto dichiarando di applicare “lo stesso
criterio” adottato dagli arbitri, nel liquidare il danno del medesimo tipo
maturato nel periodo dal 31.5.1995 al 1°.4.1997.
Questa statuizione tuttavia secondo la ricorrente sarebbe illogica, perché:
(a) gli arbitri avevano liquidato il danno sottoposto al loro accertamento in
via ampiamente equitativa, e senza alcun “criterio” prestabilito;
(b) le considerazioni spese dagli arbitri per motivare la propria decisione si
attagliavano al solo danno oggetto del giudizio arbitrale, non a quello
oggetto del giudizio del tribunale;
(c) il collegio arbitrale aveva liquidato il danno in esame ritenendo che esso
fosse consistito nel mancato utile che la CAME avrebbe ricavato dalla

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(a) non vi fosse nesso di causa tra l’inadempimento della Colabeton e il

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Udienza del 10 marzo 2015

gestione diretta degli impianti, se le fossero stati tempestivamente restituiti;
mentre il Tribunale (con la decisione confermata dalla Corte d’appello), pur
dichiarando di applicare lo stesso criterio degli arbitri, aveva escluso che
sussistesse un danno da perdita dell’utile della gestione diretta.

Con esso, infatti, la Colabeton censura la motivazione con la quale la
sentenza d’appello ha sorretto la

aestimatio del danno accordato al

fallimento CAMA.
Tale questione è nuova.
Nell’atto d’appello col quale la Colabeton ha impugnato la sentenza del
Tribunale di Pescara, infatti, la società appellante formulò una istanza e due
censure:
(a) invocò la sospensione del giudizio sul danno da ritardato rilascio, sino al
passaggio in giudicato della sentenza sull’impugnazione del lodo (atto
d’appello, pp. 4-7);
(b)

Ak-

impugnò la statuizione di condanna al risarcimento del danno “da

procurato fallimento”, per mancanza di nesso di causa tra la propria
condotta ed il fallimento (ibidem, pp. 7-16);
(c) in punto di quantum debeatur, si limitò a lamentare come il Tribunale
non avesse tenuto conto degli acconti già pagati al fallimento (ibidem p. 16).
La Colabeton, dunque, non ha tempestivamente impugnato i criteri adottati
dal Tribunale per liquidare il danno da ritardato rilascio dell’azienda per il
periodo successivo al 31.3.1997.

2. Il secondo motivo del ricorso principale.
2.1. Col secondo motivo di ricorso la ricorrente sostiene che la sentenza
impugnata sarebbe affetta da una violazione di legge, ai sensi all’art. 360, n.
3, c.p.c..
Si assume violato l’art. 1226 c.c..
Espone, al riguardo, che la Corte d’appello ha motivato la liquidazione del
danno da ritardato rilascio mediante il richiamo dei (supposti) criteri adottati
dagli arbitri per liquidare l’analogo danno relativo ad un diverso periodo.

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1.2. Il motivo è inammissibile.

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Udienza del 10 marzo 2015

Così facendo, tuttavia, la Corte d’appello ha violato l’art. 1226 c.c., il quale
esige che il giudice compia una valutazione diretta del danno.

2.2. Il motivo è inammissibile per la medesima ragione già indicata al § 1.2..

3.1. Col proprio ricorso incidentale il fallimento CAME lamenta sia che la
Corte d’appello avrebbe violato l’art. 1223 c.c., nell’escludere il nesso di
causa immediato e diretto tra l’inadempimento della Colabeton ed il
fallimento della CAME (primo motivo); sia che la Corte d’appello avrebbe
violato l’art. 1225 c.c., nell’escludere la prevedibilità, per il debitore, del
danno costituito dal fallimento della CAME.

3.2. La Colabeton nel proprio ricorso incidentale ha eccepito l’inammissibilità
del ricorso, per mancata esposizione del fatto.

3.3. L’eccezione è fondata.
Il controricorso è infatti del tutto privo della narrativa dei fatti di causa.

4. Le spese.
La soccombenza reciproca costituisce giusto motivo per la compensazione
integrale delle spese del presente grado di giudizio.
P.q.m.
la Corte di cassazione, visto l’art. 380 c.p.c.:
– ) dichiara inammissibile il ricorso principale;
– ) dichiara inammissibile il ricorso incidentale;
– ) compensa integralmente le spese del presente grado di giudizio tra le
parti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile
della Corte di cassazione, addì 10 marzo 2015.

3. Il ricorso incidentale.

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