Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12616 del 17/06/2016


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Cassazione civile sez. VI, 17/06/2016, (ud. 25/05/2016, dep. 17/06/2016), n.12616

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13367-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope logis;

– ricorrente-

contro

M.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1913/25/2014 della COMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del VENETO del 24/11/2014, depositata il 25/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/05/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

IN FATTO

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti di M.A. (che non resiste), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Veneto n. 1913/25/2014, depositata in data 25/11/2014, con la quale – in controversia concernente le riunite impugnazioni del diniego (quanto agli anni dal 2005 al 2007) e del silenzio rifiuto (quanto agli anni dal 1998 al 2007) opposto dall’Amministrazione finanziaria ad istanze di rimborso, presentate dal contribuente, agente di commercio, dell’IRAP versata – è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva respinto i riuniti ricorsi del contribuente.

I giudici della C.T.P. avevano ritenuto alcune istanze di rimborso (quelle presentate il “12/06/2006” ed il “3106/2010”) tardive, per decorso del termine di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, rispetto al alcuni versamenti in acconto effettuati, nel giugno e novembre 2001 e nel giugno e novembre 2005, ed altre infondate nel merito, stante la sussistenza del presupposto dell’autonoma organizzazione (per rilevanti quote di ammortamento di beni strumentali, elevati valori di immobilizzazioni ed anche a prescindere dalla presenza di un collaboratore di impresa familiare).

In particolare, i giudici d’appello, nell’accogliere il gravarne del contribuente (il quale contestava l’esiguo valore dei beni strumentali e delle quote di ammortamento, deduceva l’assenza di lavoratori dipendenti e collaboratori e l’insufficienza della presenza di un collaboratore familiare), hanno sostenuto, da un lato, che “il complesso della strumentazione a disposizione del contribuente per lo svolgimento della sua attività non configuri l’ipotesi dell’esistenta dell’autonoma organizzazione” e, dall’altro lato, “per quanto riguarda la tardività della richiesta”, ritenuta dal primo giudice, che “il tributo acquisisce la sua identità e completezza solo al momento del versamento del saldo”.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.

Diritto

IN DIRITTO

1. L’Agenzia delle Entrate ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 4346 del 1997, artt. 2, 3, 8, 27 e 36, L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 144 e dell’art. 230 bis c.c., avendo i giudici della C.T.R. ritenuto irrilevante, ai fini dell’assoggettabilità ad IRAP, la presenza, pacifica, di un collaboratore familiare, cui veniva corrisposto il 47% del reddito d’impresa, ed, in definitiva, l’esistenza di un’impresa familiare, di per sè sufficiente, pur se non espressamente richiamata dalla disciplina di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, per configurare un’attività imprenditoriale assoggettabile ad IRAP. Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta poi la violazione c/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, avendo i giudici della C.T.R. ritenuto tempestive le richieste di rimborso anche con riferimento ai versamenti in acconto (acconti IRAP 2001 ed acconti IRAP 2005) effettuati oltre il termine di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38.

2. La prima censura è fondata.

Invero, la ricorrente incentra la sua doglianza sull’avere la C.T.R. escludendo, nella specie, valutato “il complesso della strumentazione a disposizione del ricorrente per lo svolgimento dell’attività”, la sussistenza dell’autonoma organizzazione, costituente presupposto fattuale dell’IRAP – ritenuto irrilevante la presenza di un collaboratore familiare.

La ricorrente richiama l’orientamento di questa Corte (Cass. 10777/2013; Cass. 1537/2014; Cass. 22628/2014) secondo il quale deve ritenersi soggetto all’imposta IRAP l’imprenditore commerciale, titolare di un’impresa familiare (non i familiari collaboratori), afferendo l’IRAP “non al reddito o al patrimonio in sè, ma allo svolgimento di un’attività autonomamente organizzata per la produzione di beni e servizi” ed integrando la collaborazione dei partecipanti quel quid pluris dotato di attitudine a produrre una ricchezza ulteriore, o valore aggiunto, rispetto a quella conseguibile con il solo apporto lavorativo personale del titolare.

La Commissione, trascurando il dato costituito dalla presenza di familiare, ritenuto invece sintomatico in sè di quell’attività autonomamente organizzata necessaria ai fini dell’avveramento del presupposto dell’IRAP, non si è in effetti conformata a tali principi di diritto.

3. La seconda censura è ugualmente fondata.

In caso di versamenti diretti, il termine previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 decorre, nella ipotesi di effettuazione di versamenti in acconto, dal versamento del saldo solo nel caso in cui il relativo diritto al rimborso derivi da un’eccedenza degli importi anticipatamente corrisposti rispetto all’ammontare del tributo che risulti al momento del saldo complessivamente dovuto, mentre non può che decorrere dal giorno dei singoli versamenti in acconto nel caso in cui questi, già all’atto della loro effettuazione, risultino parzialmente o totalmente non dovuti, o comunque nel caso in cui si contesti in radice l’obbligo di pagamento del tributo poichè in questi casi l’interesse e la possibilità di richiedere il rimborso sorge sin dal momento in cui avviene il versamento (cfr. Cass. 5653 del 2014; Cass. 23562/2012; Cass. n. 13478 del 2008 e n. 5978 del 2006).

Nella pronuncia di questa Corte n. 9883/2003, si è rilevato poi che tale principio non può essere confutato con il richiamo ad un obbligo incondizionato di versamento degli acconti, sancito dalla L. 23 marzo 1977, n. 97, art. 1, ed alla possibilità di verificare unicamente all’atto della presentazione della dichiarazione annuale l’effettiva esistenza dell’obbligazione tributaria alla quale essi sono correlati, atteso che “l’art. 2, comma 4, L cit., nell’escludere la samzionabilità dell’omissione del versamento nel caso in cui l’imposta non sia dovuta per fanno in corso, esplicitamente consente al contribuente di apprezzare anche prima del pagamento del saldo la necessità e la legittimità della loro corresponsione”.

Ulteriore chiarimento è intervenuto con la recente pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte n. 13676/2014 (in relazione alla questione della decorrenza del termine per l’esercizio del diritto al rimborso di somme, versate in applicazione di una norma impositiva dichiarata in contrasto col diritto comunitario da una sentenza della Corte di giustizia), nella quale è stato ribadito, in particolare, sul punto specifico della decorrenza del termine di decadenza ex art. 38 D.P.R. n. 602 del 1973, che, secondo un consolidato orientamento del giudice di legittimità, “il termine di decadenza per la presentazione dell’istanza di rimborso, con riferimento ai versamenti in acconto, decorre dal versamento del saldo, nel caso in cui il diritto al rimborso derivi da un’eccedenza dei versamenti in acconto, rispetto a quanto risulti poi dovuto a saldo oppure qualora derivi da pagamenti cui inerisca un qualche carattere di provvisorietà, poichè subordinati alla successiva determinazione in via definitiva dell’obbligazione o della sua misura, mentre decorre dal giorno del versamento dell’acconto stesso, nel caso in cui quest’ultimo, già al momento in cui venne eseguito, non fisse dovuto o non lo fosse nella misura in cui fu versato, ovvero qualora fosse inapplicabile la disposizione di legge in base alla quale venne effettuato, poichè in questi casi l’interesse e la possibilità di richiedere il rimborso sorge sin dal momento in cui avviene il versamento” (tra le altre, Cass. nn. 56 del 2000, 4282, 7926 e 14145 del 2001, 21557 del 2005,13478 del 2008, 4166 del 2014), mentre detto termine di decadenza “non può farsi decorrere dalla data della emanazione di circolari o risoluzioni ministeriali interpretatine delle norme tributarie in senso favorevole al contribuente, non avendo detti atti natura normativa ed essendo, quindi, inidonei ad incidere sul rapporto tributario (Cass. nn. 11020 del 1997, 813 del 2005, 23042 del 2012, 1577 del 2014)”.

Ne deriva che, avendo il termine di decadenza di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 portata generale, riferendosi a qualsiasi ipotesi di indebito correlato all’adempimento dell’obbligazione tributaria, qualunque sia la ragione per cui il versamento è in tutto o in parte non dovuto, e quindi ad errori tanto connessi ai versamenti, quanto riferibili all'”an” o al “quantum” del tributo, e, nascendo, nel caso di specie, il diritto al rimborso preteso dal contribuente dalla questione relativa all’assoggettabilità ad IRAP dell’attività professionale, l’istanza era tardiva, rispetto agli acconti IRAP 2001 e 2005, in quanto proposta (nel giugno 2006 e nel maggio 2010) oltre il termine di legge, previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, dalla data dei relativi versamenti.

4. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del ricorso, va cassata la sentenza impugnata con rinvio alla C.T.R. del Veneto in diversa composizione, per nuovo esame, rispetto ai rimborsi IRAP, diversi dagli acconti 2001 e 2005, con verifica della sussistenza, negli anni in contestazione, di impresa familiare, facente capo al contribuente.

Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, con rinvio, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità, alla Commissione Tributaria Regionale del Veneto in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 25 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2016

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