Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12616 del 09/06/2011

Cassazione civile sez. I, 09/06/2011, (ud. 27/04/2011, dep. 09/06/2011), n.12616

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 2426/2010 proposto da:

BUFFALO SRL ((OMISSIS)), in persona del suo liquidatore,

elettivamente domiciliata in ROMA, Via della Madonella 15,

rappresentata e difesa dall’avvocato MASSA GIUNIO, giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA ((OMISSIS)), in persona del Ministro

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 1019/08 della CORTE D’APPELLO di GENOVA del

22.5.09, depositato il 26/05/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

27/04/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE;

udito per la ricorrente l’Avvocato Giunio Massa che si riporta agli

scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MAURIZIO

VELARDI che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1.- La Corte d’appello di Genova, con decreto del 26.5.2009, ha parzialmente accolto la domanda di equa riparazione ex lege n. 89 del 2001 proposta dalla s.r.l. Buffalo in liquidazione in riferimento al giudizio promosso innanzi al Tribunale di Lucca.

Per la cassazione di questo decreto parte attrice ha proposto ricorso affidato a tre motivi.

Ha svolto difese il Ministero della Giustizia.

Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

1.1.- La presente sentenza è redatta con “motivazione semplificata” ai sensi del provvedimento del Primo Presidente in data 22 marzo 2011.

2. – Con il primo motivo parte ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge (art. 6 CEDU e L. n. 89 del 2001), con il secondo ed il terzo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla liquidazione delle spese.

3.- Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per violazione dell’art. 366 bis c.p.c. – norma abrogata soltanto in relazione ai ricorsi proposti contro provvedimenti depositati dopo il 4.7.2009 – perchè non sono stati formulati, in ricorso, i quesiti di diritto in relazione alle violazioni di legge denunciate nè risulta formulata la sintesi del fatto controverso quanto ai vizi di motivazione.

Invero, il principio di diritto che, ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., la parte ha l’onere di formulare espressamente nel ricorso per cassazione a pena di inammissibilità, deve consistere in una chiara sintesi logico-giuridica della questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimità, formulata in termini tali per cui dalla risposta – negativa od affermativa – che ad esso si dia, discenda in modo univoco l’accoglimento od il rigetto del gravame. Ne consegue che è inammissibile non solo il ricorso nel quale il suddetto quesito manchi, ma anche quello nel quale sia formulato in modo inconferente rispetto alla illustrazione dei motivi d’impugnazione; ovvero sia formulato in modo implicito, si da dovere essere ricavato per via di interpretazione dal giudice; od ancora sia formulato in modo tale da richiedere alla Corte un inammissibile accertamento di fatto; od, infine, sia formulato in modo del tutto generico (Sez. U, Sentenza n. 20360 del 2007).

Talchè non può essere condivisa la proposta formulata dal ricorrente di ritenere come valido quesito una frase estrapolata dal corpo del primo motivo. Infatti, con riferimento alle modalità espositive e contenutistiche del quesito di diritto è stato sottolineato che esso deve essere esplicito e inserito in una parte del ricorso a ciò deputata. Si è, in particolare, affermato (S.U. sentenza n. 7258/2007) che la norma di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ., non possa essere interpretata nel senso che il quesito di diritto possa desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo di ricorso, poichè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (vedi anche la sentenza n. 23153/2007 e, più recentemente, l’ordinanza della sez. 3 n. 4646/2008).

Le spese del giudizio di legittimità – liquidate in dispositivo – seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese che liquida in Euro 865,00 oltre le spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2011

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