Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12615 del 25/06/2020

Cassazione civile sez. I, 25/06/2020, (ud. 29/01/2020, dep. 25/06/2020), n.12615

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2126/2015 proposto da:

Comune di Aggius, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma, Via Postumia 1, presso lo studio dell’avvocato

Giancaspro Nicola, rappresentato e difeso dagli avvocati Congiu

Silvana, Pes Fernando, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

F.F., F.M.G.S., F.M.,

elettivamente domiciliati in Roma, Via Portuense 104, presso lo

studio della Sig.ra De Angelis Antonia, rappresentati e difesi

dall’avvocato Piras Giorgio Jr., giusta procura in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 508/2013 della CORTE D’APPELLO SEZ. DIST. di

SASSARI, depositata il 16/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

29/01/2020 dal Cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 508/2013 depositata il 16/12/2013, la Corte d’Appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, accoglieva per quanto di ragione l’appello proposto dal Comune di Aggius e, in parziale riforma della sentenza impugnata, condannava il Comune appellante al risarcimento del danno in favore di P.L., per i titoli che specificava nella motivazione della sentenza, liquidato, in valori attualizzati alla data della sentenza, in Euro 1.055.205,19. La Corte d’appello, per quanto ancora di interesse, determinava il valore di mercato dell’area trasformata (mq. 13.557) in Lire 27.680 al mq. alla data del marzo 1987 (Euro 193.804,46), come stabilito dal Tribunale in conformità alla CTU espletata in primo grado, ritenendo infondata la censura del Comune relativa all’individuazione dell’indice territoriale di edificabilità ed invece accogliendo la doglianza relativa alla data di riferimento per stabilire il valore di mercato dell’area, da individuarsi al 6 luglio 1981, quando era avvenuta l’irreversibile trasformazione, e non a quella del 1985 indicata dal Tribunale. La Corte territoriale devalutava la somma indicata dal CTU al luglio 1981, dando atto che la P. non aveva censurato il procedimento di devalutazione effettuato dal Tribunale per un periodo temporale inferiore, e quindi determinava in Euro 110.555,88 il danno da perdita della proprietà al luglio 1981 e rivalutava detto importo, maggiorandolo di interessi legali alla data della sentenza, così ottenendo l’importo complessivo, per il suddetto titolo, di Euro 876.277,83. La Corte d’appello procedeva a riliquidare anche il danno per lo spossessamento del terreno protrattosi dal settembre 1979 al luglio 1981, nonchè per lo spossessamento e la perdita di proprietà di area di mq. 94 inserita nella zona B, confermando, altresì, la sentenza di primo grado in relazione al riconoscimento del danno derivante dalla perdita della proprietà delle pietre di granito depositate sull’area e quello derivante dalla perdita delle piante che insistevano sul fondo. L’appello del Comune veniva accolto, e, di conseguenza, venivano rigettate le correlate pretese risarcitorie della P., anche con riferimento alle seguenti poste: (i) danno liquidato per la mancata utilizzazione dell’area residua (mq. 5.377, che la Corte riteneva suscettibile di lottizzazione per effetto della variante del 20-1-1981); (iil) danno inerente al mancato utilizzo ed alla demolizione delle strutture consistenti in un fabbricato rurale, in una vasca e in una fonte; (iii) importo della tassazione sulle somme liquidate ai sensi della L. n. 431 del 1991, art. 11.

2. Avverso questa sentenza, il Comune di Aggius propone ricorso affidato a due motivi e illustrato con memoria, resistito con controricorso da F.F., F.M. e F.M.G.S., eredi legittimi di P.L..

3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c.. Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso il Comune ricorrente lamenta “Violazione di legge ex art. 360 c.p.c., punto 3, per violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento alla norma di attuazione del Programma di fabbricazione vigente nel Comune di Aggius che stabilisce, per le zone “C”, l’indice di volumetria fondiaria di mcl/mq.. Violazione di legge ex art. 360 c.p.c., punto 5, per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio già oggetto di discussione tra le parti (con riferimento alla relazione del CTU riguardo all’applicazione dell’indice fondiario di volumetria di mcl/mq)”. Ad avviso del Comune ricorrente la Corte d’appello erroneamente ha confuso l’indice territoriale con l’indice fondiario ed il CTU aveva attribuito il valore di mercato con riferimento all’indice fondiario di 3 mc/mq, erroneamente utilizzato dal medesimo. Assume il ricorrente che il valore dell’area espropriata possa essere determinato solo in base all’indice fondiario. Deduce che neppure il riferimento ad atti notarili risalenti agli anni 1986 e 1987 può essere di sostegno alla valutazione effettuata dalla Corte territoriale, in quanto l’irreversibile trasformazione era avvenuta nel 1981 e successivamente l’indice fondiario delle zone C era stato aumentato da 1 a 1,5 mc/mq.. Inoltre adduce il Comune che gli atti notarili non erano allegati alla C.T.U. e il consulente non aveva specificato quale standard di volumetria fondiaria era stato consentito, sicchè non era possibile la verifica dell’effettiva equivalenza tra le differenti valutazioni. Ad avviso dell’Ente, inoltre, l’offerta economica del Comune stesso citata in sentenza e riportata genericamente nella C.T.U. riguardava un’area con destinazione diversa ed indice di volumetria superiore. Richiama il doc.n. 13 dell’allegato B alla relazione tecnica del 4-11-2009 e adduce che la valutazione di mercato è stata effettuata con riferimento all’indice fondiario di 3 mc/mq.. Lamenta, quindi, che la Corte territoriale non abbia preso in considerazione un documento determinante, perchè dalla C.T.U. risulta che il valore di mercato era stato determinato in base all’indice fondiario di 3 mc/mq.

2. Con il secondo motivo il Comune ricorrente denuncia “Violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione del principio del giusto procedimento, della domanda e del corretto contraddittorio con riferimento alla statuizione su domande non introdotte e/o nuove, nonchè sull’eccezione di prescrizione”. Lamenta che la Corte territoriale erroneamente abbia ritenuto compresi nella domanda di primo grado i danni indiretti, relativi al deprezzamento dell’area residua, estranea alla procedura espropriativa, e relativi all’attività agricola (irrigazione). In particolare la pretesa risarcitoria dei suddetti danni risarcitori non può ritenersi formulata mediante la generica richiesta di risarcimento “di tutti i danni derivanti dall’espropriazione e dalla irreversibile trasformazione dell’area”, nè ad avviso del Comune può considerarsi introdotta la domanda nuova mediante il quesito formulato al CTU, non rilevando la circostanza che il Comune non si sia opposto al suddetto quesito specifico. Inoltre la prescrizione della pretesa risarcitoria era maturata allo spirare dei cinque anni dal fatto che aveva causato il danno indiretto, non potendo confondersi la domanda di risarcimento del danno diretto, per la perdita della proprietà e lo spossessamento, da quella relativa ai danni indiretti su aree non oggetto di occupazione e di realizzazione di intervento pubblico.

3. Il primo motivo è infondato.

3.1. Per determinare il danno derivante dalla perdita della proprietà, la Corte territoriale ha ritenuto congruo il valore, alla data del 1987, di Lire 27.680 al mq., ed ha precisato che si tratta del prezzo di mercato corrispondente a quello per terreni similari in Aggius (pag. n. 12 sentenza), richiamando gli atti pubblici notarili in dettaglio specificati nella C.T.U. a pag. 14. La Corte d’appello ha, dunque, applicato il metodo sintetico comparativo, i termini di comparazione sono stati sufficientemente specificati, anche con l’ulteriore precisazione, a supporto della congruità del valore come sopra stabilito, che il Comune aveva offerto la somma di Lire 30.000 al mq. alla stessa P. nel gennaio 1992 in relazione ad area limitrofa.

Ciò posto, non hanno fondamento le doglianze del Comune riferite alla determinazione del valore del terreno con metodo sintetico comparativo, che è stata effettuata dalla Corte d’appello con la corretta applicazione di quel metodo e con l’utilizzo di specifici termini di comparazione, individuati tramite le risultanze della C.T.U. e con apprezzamento di fatto incensurabile, in quanto adeguatamente motivato.

Le considerazioni svolte dal ricorrente sull’indice fondiario e su quello territoriale non sono pertinenti, atteso che i suddetti indici vengono utilizzati quando si procede alla valutazione del bene mediante il metodo analitico-ricostruttivo, che la Corte territoriale ha dato atto di non avere utilizzato (cfr. pag. n. 12 e n. 13 della sentenza impugnata; la Corte d’appello afferma che, in base al metodo della cd. trasformazione, il valore risulterebbe superiore a quello determinato in base al prezzo di mercato).

Neppure sussiste il denunciato vizio motivazionale, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, atteso che l’esame dell’elemento fattuale che si assume omesso (adozione dell’indice fondiario o di quello territoriale) non ha connotazioni di decisività, fondandosi la ratio decidendi sul metodo sintetico-comparativo, in disparte ogni considerazione sia sulla configurabilità come fatto storico del suddetto elemento, sia sulla necessità di utilizzo dell’indice territoriale ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione dei suoli edificatori mediante l’adozione del metodo analitico-ricostruttivo (Cass. n. 9891/2007 e n. 4711/2018).

4. Anche il secondo motivo è infondato.

4.1. Occorre premettere, per chiarezza espositiva, che il motivo d’appello del Comune in ordine all’infondatezza della domanda risarcitoria relativa alla mancata possibilità di utilizzo a fini edificatori dell’area residua è stato accolto dalla Corte d’appello (pag. n. 13 sentenza impugnata). Il ricorrente ha dato atto che la relativa statuizione è stata impugnata dagli eredi P. con citazione per revocazione ex art. 395 c.p.c., n. 4, ma nella memoria illustrativa del Comune non è indicato quale sia stato l’esito di detto giudizio, instaurato avanti alla Corte d’appello di Cagliari, sez. distaccata di Sassari, prima della notifica del ricorso per cassazione che si sta scrutinando. In base al decisum impugnato con il ricorso per cassazione ed in assenza di ulteriori precisazioni delle parti sul punto, le domande risarcitorie afferenti al cd. danno indiretto, delle quali il Comune lamenta la novità e in ogni caso l’intervenuta prescrizione del corrispondente diritto e il cui accoglimento è stato confermato in sede d’appello, sono solo quelle che hanno ad oggetto la perdita di proprietà delle pietre di granito depositate sull’area e la perdita delle piante e del soprassuolo, non anche quella riferita al danno ad altre aree limitrofe, nonostante che il Comune, nel ricorso (pag. n. 24), pure a detta ultima domanda faccia richiamo.

4.2. Ciò posto, secondo l’orientamento di questa Corte al quale il Collegio intende dare continuità, l’interpretazione della domanda spetta al giudice del merito, la cui statuizione, ancorchè erronea, non può essere direttamente censurata per ultrapetizione, atteso che, avendo il giudice svolto una motivazione sul punto, dimostrando come una certa questione dovesse ritenersi ricompresa tra quelle da decidere, il difetto di ultrapetizione non è logicamente verificabile prima di avere accertato la erroneità di quella motivazione, sicchè, in tal caso, il dedotto errore non si configura come error in procedendo, ma attiene al momento logico dell’accertamento in concreto della volontà della parte (Cass. n. 1545/2016).

Nel caso di specie, la Corte territoriale ha, motivatamente, escluso la novità delle domande di cui trattasi e il ricorrente, lamentando il vizio di violazione di legge, non indica quali siano i criteri ermeneutici violati dai Giudici di merito nell’interpretazione della domanda risarcitoria, nè censura l’erroneità della motivazione sul capo in questione, secondo il paradigma del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis. Sotto ulteriore profilo, si osserva che il giudizio di primo grado è iniziato nel 1987 e il Comune ricorrente riconosce espressamente di non essersi opposto alla formulazione del quesito al CTU che riguardava anche i danni cd. indiretti, difendendosi nel merito e così accettando tacitamente il contraddittorio (Cass. S.U. n. 4712/1996 e Cass. n. 14625/2010).

4.3. Anche la doglianza in ordine all’intervenuta prescrizione del diritto risarcitorio dei danni cd. indiretti è infondata.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte anteriore alla nota decisione a Sezioni unite n. 735 del 2015, l’occupazione appropriativa e l’occupazione usurpativa erano caratterizzate l’una dall’irreversibile trasformazione del fondo in assenza del decreto di esproprio, e l’altra dalla trasformazione in mancanza, originaria o sopravvenuta, della dichiarazione di pubblica utilità. Tale distinzione è ormai superata, in quanto, in conformità alla giurisprudenza della Cedu, si è affermato che la fonte della responsabilità risarcitoria è lo spossessamento del privato da parte della P.A., che ha natura di illecito permanente e viene a cessare solo per effetto della restituzione del terreno, di un accordo transattivo, della compiuta usucapione da parte dell’occupante che lo ha trasformato, ovvero della rinuncia del proprietario al suo diritto, implicita nella richiesta di risarcimento dei danni per equivalente. In tale ultima ipotesi, la prescrizione della pretesa risarcitoria decorre dalla data della domanda ed un analogo principio vale anche per la prescrizione del diritto al risarcimento per i danni cd. indiretti, quale ad esempio quelli relativi al deprezzamento delle aree residue, che ugualmente si realizzano solo a seguito della rinuncia del proprietario al suo diritto (così espressamente Cass. n. 20231/2016, in senso conforme a Cass. S.U. n. 735/2015).

Nel caso di specie la Corte territoriale ha dichiarato incontroversa la natura usurpativa dell’occupazione, considerato che il decreto di occupazione d’urgenza del settembre 1979, a cui era seguita, a luglio del 1981, l’irreversibile trasformazione dell’area per la costruzione di abitazioni di edilizia economica e popolare, con ultimazione dei lavori nel 1985, era stato annullato dal Tar Sardegna nel febbraio 1983 e nel maggio 1986 il TAR Sardegna aveva annullato anche il PEEP.

La Corte d’appello, avuto riguardo alla successione temporale dei fatti e all’indubbia sussistenza dell’illecito di cui si è detto, ha ritenuto non prescritto il credito risarcitorio, azionato dalle attrici P. in data 103-1987 con la notifica della citazione avanti al Tribunale di Tempio Pausania, così attenendosi ai principi di diritto suesposti.

5. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e le spese di lite del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

6. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. n. 23535/2019).

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 7.000 per compensi e in Euro 200 per esborsi, oltre accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 giugno 2020

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