Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12615 del 24/05/2010
Cassazione civile sez. II, 24/05/2010, (ud. 04/03/2010, dep. 24/05/2010), n.12615
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –
Dott. MALZONE Ennio – Consigliere –
Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –
Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –
Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
D.G.P. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA VALADIER 53, presso lo studio dell’avvocato LUCIANI ANDREA,
che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato SANTELLI
ERNESTO;
– ricorrente –
e contro
F.G. (OMISSIS), F.V.
(OMISSIS), B.F.C. (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 86/2004 della CORTE D’APPELLO di MILANO,
depositata il 16/01/2004;
adita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
04/03/2010 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI;
udito l’Avvocato LUCIANI Andrea, difensore del ricorrente che ha
chiesto di riportarsi al ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
FINOCCHI GHERSI Renato che ha concluso per l’inammissibilità in
subordine rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione del 22.4.1994 D.G.P. chiese la condanna di F.G., F.V. e B.F.C. al pagamento di L. 325.932.210 per il corrispettivo di lavori edili in un immobile in (OMISSIS) via (OMISSIS) a far tempo dal novembre 1985, consistenti nella ristrutturazione integrale per la trasformazione in albergo, realizzati in virtù di rapporti di amicizia e nella prospettiva, poi non concretizzatasi, di diventare socio nella gestione dell’attività alberghiera.
I convenuti si costituirono tardivamente, eccependo la nullità della notifica e chiedendo il rigetto della domanda.
Il G.I. ammise le prove dedotte dall’attore ma il Tribunale accolse il reclamo dei convenuti, revocò l’ordinanza, disattese tutte le istanze istruttorie e, con successiva sentenza n. 1525/2002, respinse la domanda, decisione confermata in appello con sentenza n. 86/04 della Corte di appello di Milano che ravvisò essere pertinente la decisione del primo giudice secondo il quale il D.G. non aveva fornito la prova non solo dell’entità del preteso pagamento ma neppure del titolo in forza del quale avanzava la pretesa e del rapporto obbligatorio dedotto, preliminare all’ammissibilità delle istanze istruttorie, considerato che lo stesso attore aveva preventivamente adito il giudice del lavoro, asserendo di aver svolto prestazioni di lavoro parasubordinato.
Ricorre il D.G. con due motivi, non svolgono attività difensiva le controparti.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Col primo motivo si deduce violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’art. 113 c.p.c., perchè nella sede di merito sono stati elencati puntigliosamente i lavori eseguiti tanto che nella prima fase del primo grado ne era stata assunta la prova testimoniale e col secondo motivo si lamenta violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione agli artt. 2222, 2225 c.c., ovvero dell’art. 1657 c.c., perchè le prestazioni “previste sono soggette a corrispettivo una volta che se ne è dedotta l’entità ed il modo di individuazione”.
Osta all’esame del ricorso il preliminare rilievo che lo stesso, di fronte ad una sentenza che ha evidenziato l’assenza di prova sul rapporto dedotto in giudizio, espone il fatto in maniera vaga e generica deducendo che le ragioni della domanda erano individuate in alcuni consistenti lavori di ristrutturazione, che la sentenza di primo grado recepisce integralmente l’ordinanza collegiale; che nell’atto di citazione era individuato il periodo in cui i lavori erano stati eseguiti.
Detta esposizione non riporta nemmeno i capitoli delle prove prima ammesse e poi revocate, a seguito di reclamo, e fa generico riferimento ad una ctu in contraddittorio.
Seguono riferimento alla sentenza impugnata e l’indicazione che, prima di indicare le violazioni, occorre premettere brevi commenti sulla qualificazione giuridica.
sull’onere probatorio e sui singoli punti della sentenza impugnata.
In conclusione vengono indicati i motivi sopra riportati, solo enunciati e non argomentati.
Ne deriva che si riferiscono in modo incompleto i precedenti della vicenda in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, in virtù del quale, dal contesto dell’atto nel suo complesso, formato dalle premesse e dallo svolgimento dei motivi, “id est” dalla sola lettura di esso, escluso l’esame di ogni altro documento e della stessa decisione impugnata, deve necessariamente essere desumibile una precisa cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni assunte dalle parti, delle decisioni adottate e delle ragioni di esse, in modo da consentire al giudice di legittimità una adeguata comprensione del significato e della portata delle critiche mosse alla pronunzia (“ex plurimis” Cass. 16 settembre 2004 n. 18648, 29 luglio 2004 n. 14474, 21 luglio 2004 n. 13550, 19 aprile 2004 n. 7392, 19 luglio 2001 n. 9777 etc.) Nella specie, pur ove non si voglia considerare determinante la inadeguatezza della premessa in fatto, neppure dall’esposizione del motiva risulta possibile una chiara e completa visione dell’oggetto del giudizio, limitandosi il ricorso a riferire sommariamente di alcuni atti, senza alcuna possibilità di ricostruire l'”iter” processuale, le ragioni della decisione e di valutare le censure mosse.
Onde procedere al sindacato sulla pronunzia di merito, è indispensabile al giudice di legittimità conoscere esattamente le originarie prospettazioni delle parti, con domande ed eccezioni, e le decisioni su ciascuna di esse adottate.
La stessa articolazione dei motivi, come dedotto, si concreta in una evidente violazione delle norme sui requisiti minimi della tecnica di redazione, integrando solo generiche deduzioni assiomatiche.
In definitiva, in difetto di un’adeguata prospettazione delle ragioni della originaria domanda, delle posizioni assunte dalle parti e di adeguate censure, il ricorso va dichiarato inammissibile anche ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, senza pronunzia sulle spese in mancanza delle costituzioni delle controparti.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 4 marzo 2010.
Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2010