Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12612 del 09/06/2011

Cassazione civile sez. I, 09/06/2011, (ud. 26/01/2011, dep. 09/06/2011), n.12612

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

C.E., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

cancelleria della Corte di cassazione, rappresentato e difeso

dall’avv. MARRA Alfonso Luigi per procura in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore;

– intimato –

avverso l’ordinanza della Corte di appello di Napoli in data 21

agosto 2008, nel procedimento n. 1586/08 V.G.;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio in

data 26 gennaio 2011 dal relatore, Cons. Dott. Stefano Schirò;

alla presenza del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto

Procuratore Generale, Dott. PATRONE Ignazio, che nulla ha osservato.

LA CORTE:

Fatto

FATTO E DIRITTO

A) rilevato che è stata depositata in cancelleria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti:

“il Consigliere relatore, letti gli atti depositati;

ritenuto che:

1. C.E. ha proposto ricorso per cassazione avverso il decreto in data 21 agosto 2008, con il quale la Corte di appello di Napoli ha condannato il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in suo favore della somma di Euro 3.933,00 a titolo di indennizzo per il superamento in primo grado del termine di ragionevole durata di un processo, instaurato davanti al Tar Campania per una controversia in materia di pubblico impiego con ricorso depositato il 2 agosto 2000 e non ancora definito;

1.1. il Ministero intimato ha depositato atto di costituzione;

osserva:

2. la Corte di appello di Napoli ha accolto la domanda nella misura di Euro 3.933,00 pari ad Euro 800,00 per ogni anno di ritardo, a titolo di indennizzo del solo danno non patrimoniale, avendo accertato una durata del processo superiore di quattro anni e undici mesi circa a quella ragionevole, determinata in tre anni;

3. parte ricorrente censura il decreto impugnato, proponendo otto motivi di ricorso, con i quali lamenta:

3.1. la mancata applicazione della normativa comunitaria alla stregua dell’interpretazione fornita dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, con la formulazione del seguente quesito di diritto: “la L. n. 89 del 2001 e specificamente l’art. 2 costituisce applicazione dell’art. 65 par. 1 della CEDU e in ipotesi di contrasto tra la legge Pinto e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo ovvero di lacuna della legge nazionale si deve disapplicare la legge nazionale ed applicare la CEDU?” (primo motivo);

3.2. il calcolo dell’equo indennizzo solo con riferimento al periodo eccedente la ragionevole durata della causa, e non all’intera durata del giudizio e l’inosservanza, con vizio di motivazione, dei parametri europei ai fini della quantificazione del danno non patrimoniale (motivi da due a sei);

3.3. il mancato riconoscimento, in violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato e con vizio di motivazione, del bonus di Euro 2.000,00 in ragione della natura della controversia attinente a questione inerente a rapporto di pubblico impiego (settimo e ottavo motivo);

4. il primo motivo appare inammissibile, in quanto il quesito formulato è del tutto generico e senza nessuna attinenza al decisum del decreto impugnato;

4.1. i motivi da due a sei appaiono manifestamente infondati in quanto la liquidazione dell’indennizzo stabilita dalla Corte di appello è inferiore a quella applicata in casi simili da questa Corte sulla scorta dei principi fissati dalla giurisprudenza della CEDU (per un ammontare di Euro 750,00 ad anno per i primi tre anni di durata non ragionevole e di Euro 1.000,00 per ogni ulteriore anno successivo, che nel caso di specie avrebbe determinato un indennizzo di Euro 4.116,00), ma in misura non irragionevole, nell’ambito dei margini di discrezionalità riconosciuti al giudice del merito in ordine alla valutazione della fattispecie concreta, e alla stregua di congrua motivazione (riferita alla tardiva presentazione dell’istanza di prelievo, indizio di una meno intensa partecipazione morale del ricorrente alle sorti del giudizio); inoltre è vincolante per il giudice nazionale il disposto della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, lett. a), ai sensi del quale è influente solo il danno riferibile al periodo eccedente il termine ragionevole di durata del processo (Cass. 2005/21597; 2008/14);

4.2. il settimo e ottavo motivo appaiono manifestamente infondati, in quanto non può ravvisarsi un obbligo di diretta applicazione dell’orientamento della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, secondo cui va riconosciuta una somma forfetaria nel caso di violazione del termine nei giudizi aventi particolare importanza, fra cui anche la materia del lavoro; da tale principio, infatti, non può derivare automaticamente che tutte le controversie di tal genere debbano considerarsi di particolare importanza, spettando al giudice del merito valutare se, in concreto, la causa previdenziale abbia avuto una particolare incidenza sulla componente non patrimoniale del danno, con una valutazione discrezionale che non implica un obbligo di motivazione specifica, essendo sufficiente, nel caso di diniego di tale attribuzione, una motivazione implicita (Cass. 2006/9411; 2008/6898);

5. alla stregua delle considerazioni che precedono e qualora il collegio condivida i rilievi formulati, si ritiene che il ricorso possa essere trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.”;

B) osservato che non sono state depositate conclusioni scritte o memorie ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella Camera di consiglio, il collegio ha condiviso le argomentazioni esposte nella relazione in atti;

ritenuto che, in base alle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato e che nulla deve disporsi in ordine alle spese del giudizio di cassazione, non avendo il Ministero intimato svolto rituale attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2011

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